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I censimenti dall’Unità del Regno all’Italia liberale

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 34-41)

CENSUARIA NEGLI ULTIMI 150 ANNI

2. I censimenti dall’Unità del Regno all’Italia liberale

Il periodo storico che va dall’Unità all’Italia liberale fu fortemente caratteriz-zato dalla nascita del nuovo Regno e il censimento rappresentò, in quel contesto, un atto statistico-amministrativo che contribuì a sancire quel principio di unità na-zionale nel quale il popolo italiano cominciava a riconoscersi. Questa fu la fase in cui si gettarono le basi per il consolidamento del processo censuario e fu in quegli anni che il censimento, in virtù dell’avvenuto processo di unificazione, poté bene-ficiare, più che in altri periodi storici, dello spirito collaborativo della cittadinanza e della condivisione delle finalità.

Il primo censimento generale della popolazione è stato qui maggiormente ar-gomentato rispetto ai successivi poiché, per molteplici motivi, merita una particola-re attenzione. Innanzitutto, questa operazione assunse una forte valenza storica ol-tre che amministrativa1 e va ben oltre la semplice conta statistica di una popolazio-ne; esso fu il primo censimento generale,2 esteso a tutti i territori fin lì annessi al nuovo Regno, e rispose a quel bisogno di un Paese appena unificato di riconoscersi nella prima “fotografia di gruppo”, di riflettersi in un’immagine comune che esprimesse quel nascente sentimento di appartenenza nazionale. La realizzazione di un censimento, dopo anni di dominazione straniera e di divisioni territoriali, nasce-va dalla impellente necessità di rilenasce-vare, oltre alla consistenza numerica, anche la distribuzione geografica della popolazione italiana e di conoscerne le caratteristi-che demograficaratteristi-che e sociali. Inoltre, essendo il primo censimento generale, ha costi-tuito il modello di riferimento a cui si rifecero i censimenti a venire e gettò le basi di un impianto organizzativo che, sebbene rivisitato e perfezionato nel tempo, è tut-tora in uso e, in una prospettiva storica, caratterizzato da forti elementi di continui-tà tra passato e presente (Prospetto 1). Infine, è doveroso riconoscere gli sforzi che i promotori del primo censimento sostennero nel realizzare, con i mezzi di allora, un’operazione così impegnativa come quella censuaria che si estendeva su un terri-torio che fino a poco prima era frazionato, diviso, segnato da profonde differenze territoriali, storiche, sociali, linguistiche nonché amministrative.

Tuttavia è altrettanto doveroso affermare che, per la mancanza di un termine di confronto precedente e per il carattere esplorativo che ha assunto il primo censi-mento generale della popolazione, è più che mai opportuno assumere una posizione cauta rispetto alla bontà del suo esito, immaginando lecitamente anomalie e irrego-larità che, con buona probabilità, possono essersi verificate durante la sua esecu-zione. In altre parole, occorre andare oltre lo stile elogiativo di cui sono pervasi i volumi del censimento del 1861 e osservare la rilevazione nella sua autenticità ri-conoscendole, da un lato, quel significato simbolico che essa assunse per un popolo

1 A riguardo si riporta uno stralcio della relazione di Manna sul censimento del 1861 (11 marzo 1864), l’allora Ministro dell’Agricoltura, industria e commercio, al re: “Codesta operazione, che, preparata nel breve giro di

tre mesi, poté nondimeno compiersi in uno stesso momento e in tutto il Regno, con norme eguali, merita, Sire, un attento esame, come quella che fu uno de’ primi e più importanti atti amministrativi, che rispondessero alle nuove necessità del Regno ricostituito ed unificato e nel tempo stesso una delle più innegabili manifestazioni della forza e della diffusione del concetto nazionale ed unitario…”.

2 Prima dell’Unità d’Italia, i censimenti della popolazione venivano effettuati nell’ambito dei singoli Stati nei quali era suddiviso il territorio italiano, adottando sistemi di rilevazione diversi da uno Stato all’altro e, talvolta, carenti e inadeguati.

appena unificato, e dall’altro, ipotizzando margini di correttezza e di qualità vero-similmente ridotti. Si è, dunque, legittimati a supporre che l’altissimo tasso di anal-fabetismo o i presumibili tentativi di falsificazione dei dati – peraltro reiterati anche in altre occasioni censuarie – oppure la limitata capacità di controllo del territorio possano aver influito sull’attendibilità dei risultati finali.

Nel luglio del 1860, su proposta dell’allora Capo del Governo, Camillo Benso di Cavour, fu istituito il Ministero di Agricoltura, industria e commercio (di segui-to, Maic) al quale fu attribuita anche la Direzione della statistica generale del Re-gno, dunque anche quella del censimento della popolazione e dei mezzi di esecu-zione.3 Presso il suddetto Ministero, con a capo Filippo Cordova, fu istituita la Di-visione di statistica e fu allora che vennero approvati il decreto per l’esecuzione del primo censimento della popolazione e il decreto per l’ordinamento dei servizi stati-stici del Regno.4

Cordova fu una figura chiave poiché seppe interpretare quel fabbisogno cono-scitivo delle condizioni di un Paese che, subito dopo l’unificazione, si configurava come un territorio spezzettato in tante realtà diverse e indipendenti tra loro. La sta-tistica, dunque, si affermava come lo strumento necessario per raccogliere con si-stematicità informazioni sugli aspetti demografici, sociali, economici e culturali del nuovo Regno.

Il primo censimento generale della popolazione fu indetto con decreto dell’8 set-tembre 1861 n. 227 con riferimento alla notte tra il 31 dicembre 1861 e il 1° gennaio 1862. La scelta dell’ultimo giorno dell’anno come data di riferimento è dovuta alla convinzione che la popolazione italiana, durante le feste natalizie, fosse più pro-pensa a riunirsi, a rimanere in casa, pertanto più facilmente reperibile. Invece, si dimostrò una scelta poco felice perché, essendo l’Italia un Paese fortemente agrico-lo, in cui la pastorizia giocava un ruolo forte nell’economia nazionale, durante la stagione invernale avvenivano consistenti spostamenti di popolazione dalla campa-gna verso le città, dai paesi di montacampa-gna verso la pianura (transumanza). Inoltre, non si ritenne opportuno impegnare i dipendenti comunali nella gravosa operazione censuaria durante le festività.

Tuttavia, la scelta della data di riferimento, che sarà la stessa anche per i due censimenti successivi, era motivata anche dall’esigenza di uniformarsi agli altri paesi europei al fine di consentire la confrontabilità dei dati censuari. In ciò si scorge un elemento di forte continuità tra passato e presente, una anticipazione di quelle che saranno, nei decenni più recenti, le direttive europee, una sorta di “rac-comandazione internazionale ante litteram”.

Rispetto ai censimenti precedenti, circoscritti ai singoli Stati e Regni italiani, l’innovazione del primo censimento generale non era data soltanto dall’estensione della rilevazione all’intero territorio unificato, ma anche dall’idea, diffusamente af-fermata nel primo volume censuario del 1864, di un censimento che si avvalesse

3 Istat, Dal censimento dell’Unità ai censimenti del centenario 1861-1961.

4 In occasione dell’esposizione italiana di Industria e belle arti a Firenze si fece strada l’idea di fondare un congresso statistico-economico con il compito di raccogliere tutti gli studi economici e statistici italiani effettuati sul Paese e di unificarli in una direzione centralizzata della statistica. Dalla proposta pubblicata sul giornale milanese Il

Lom-bardo si legge: “Noi abbiamo supremo bisogno d’una statistica economica e civile della penisola, la quale renda volgari i fatti a beneficio de’ governanti, de’ pubblicisti”.

della compartecipazione della cittadinanza, della collaborazione spontanea della popolazione.5

L’organo centrale con funzioni di alta direzione e sorveglianza sul censimento era il Maic in seno al quale l’Ufficio centrale di statistica definiva tutta la strategia censuaria nonché i contenuti informativi ed emanava le direttive a tutti i soggetti coinvolti. Gli organi periferici con funzioni operative erano i Comuni in ognuno dei quali veniva costituita una Commissione locale di censimento, coordinata dal Sindaco, incaricata di svolgere le operazioni preliminari, di dirigere il lavoro dei “commessi Comunitativi del censimento”,6 di revisionare le schede compilate e di eseguirne lo spoglio (Prospetto 1). L’organizzazione censuaria prevedeva anche gli organi intermedi, rappresentati dai Prefetti e dai Sottoprefetti, con competenze sui Circondari, e dai Commissari distrettuali;7 presso questi organi vennero costituiti gli Uffici temporanei di censimento che avevano il compito di verificare i lavori preliminari dei Comuni, inviare loro le schede e trasmettere al Ministero copia dei riepiloghi di Circondario.8

I Comuni, come prima operazione, effettuarono la suddivisione del territorio comunale in centri principali, centri secondari, casali e case sparse, per poi proce-dere alla formazione delle sezioni.9 Successivamente veniva eseguita la “verifica-zione” di isolati, vie, case e famiglie di ciascuna sezione. Prima di avviare la rile-vazione sul campo, il sindaco sceglieva i commessi comunitativi che avevano il compito di distribuire alle famiglie le schede.10

Durante la fase di rilevazione sul campo i commessi, recandosi presso ogni ca-sa abitata, appartamento, famiglia o “fuoco”, distribuivano ai capifamiglia le sche-de nominative di censimento e compilavano lo stato di sezione. Essi dovevano for-nire anche gli “schiarimenti” necessari alla compilazione e rassicurare i cittadini che il fine del censimento non era né finanziario né fiscale. In caso di capofamiglia analfabeta,11 era il commesso che procedeva alla compilazione della scheda. Le schede compilate dovevano essere raccolte a domicilio dai commessi e riunite negli

5 Sempre dalla succitata relazione di Manna, si legge: “Imperocché se l’assentimento della pubblica opinione,

anzi se il consentimento e il concorso individuale non avessero aiutato quest’operazione […]certo le scarse preparazioni, che si erano potuto fare per l’angustia del tempo e la solerzia dei pubblici ufficiali, nuovi anch’essi la più parte a questa sorta di lavori e intenti a tropp’altre cose, non avrebbero potuto bastare. Code-sto era e non poteva essere che il miracolo operato dalla conquistata unità e dalla libertà ricuperata…”.

6 Sono gli attuali rilevatori; essi venivano scelti dalle Commissioni locali di censimento e svolgevano il lavoro di consegna e raccolta dei questionari gratuitamente.

7 Il Circondario era un ente amministrativo intermedio tra la provincia e il comune, istituito nel Regno d’Italia nel 1859 con la Legge Rattazzi. Venne soppresso come istituzione nel 1927. Si precisa che, secondo la legge votata il 20 marzo 1865, enti territoriali veri e propri erano solo i comuni e le province. La provincia era suddivisa in suc-cessivi livelli amministrativi gerarchicamente dipendenti dal precedente; a livello immediatamente successivo alla provincia si individuano i distretti che a loro volta erano suddivisi in circondari costituiti dai comuni.

8 Nelle città di Firenze, Napoli e Palermo furono costituiti gli Uffici centrali di direzione da dove venivano invia-te le schede ai singoli Comuni.

9 Si precisa che il concetto di sezione dei primi censimenti italiani non coincide esattamente con la definizione della sezione di censimento dei censimenti degli anni più recenti.

10 Dal regolamento di esecuzione, decreto dell’8 settembre 1861: “Essi (i commessi di censimento) dovranno

di-mostrare di avere probità, capacità, pratica conoscenza dei luoghi e amore del pubblico bene”.

11 Dai dati del censimento del 1861 l’analfabetismo della popolazione italiana in età scolare ammontava al 78 per cento.

Uffici comunitativi,12 tuttavia non prima di aver verificato la completezza e l’esattezza delle informazioni rilasciate dai rispondenti.

Nella fase successiva alla raccolta dei dati, gli Uffici comunitativi procedevano a copiare le schede sulle cartoline della carta di spoglio che erano di due colori (una per i maschi e una per le femmine); ultimata la loro compilazione, le cartoline venivano ritagliate dalla carta di spoglio e venivano fatti tanti pacchi quanti erano i centri, i casali e le case sparse con l’indicazione del nome. Le schede, una volta co-piate, venivano archiviate dal Comune. Successivamente, gli Uffici comunitativi riprendevano i pacchi di cartoline e procedevano al loro spoglio13 e alla loro classi-ficazione. Queste ultime operazioni, come anche quelle preliminari, dovevano esse-re verificate e controllate dai Pesse-refetti e Sottopesse-refetti che sollecitavano i Comuni a inviare una copia dei riepiloghi comunali al Ministero e una copia all’Ufficio tem-poraneo di censimento, il quale provvedeva a compilare i riepiloghi di Circondario. L’Ufficio centrale di statistica, infine, forniva i dati totali, riferiti all’intero Regno. Nella relazione sul censimento 1861 il Ministro Manna dichiara che i lavori si con-clusero nell’arco di tre mesi.

Relativamente alle spese censuarie, i Comuni ebbero a proprio carico la spesa di distribuzione, ritiro e spoglio delle schede e di compilazione dei riepiloghi. Il governo sostenne le spese di stampa delle schede di censimento distribuite ai Co-muni, della carta di spoglio e del Registro comunitativo, con l’aggiunta di parte del contributo ai Comuni per la distribuzione e la “collezione” delle schede e le inden-nità ai delegati speciali che coadiuvarono la Prefettura e la Sottoprefettura. Fu pre-vista anche una distribuzione di gratificazione degli impiegati degli uffici tempora-nei di Circondario (da 300 a 500 lire per ogni ufficio). Il costo totale per il primo censimento fu di 640.000 lire, circa 29 lire e 38 centesimi ogni mille abitanti.

Riguardo le penalità, l’articolo 3 della legge del 20 febbraio 1862 disponeva che coloro che si rifiutavano di adempire agli atti prescritti o alterassero sciente-mente la verità incorrevano in una ammenda fino a 50 lire. Ma questa norma, con-siderato che recava una data successiva al periodo di riferimento del censimento, non era applicabile; tuttavia non ci fu motivo di ricorrervi.

Il lavoro di trascrizione delle notizie contenute nelle schede sulle cartoline in-dividuali fu eseguito anche per le due rilevazioni successive, ma nel censimento del 1881 si riconobbe che il sistema della copiatura delle cartoline comportava un’elevata spesa per i Comuni.14 Inoltre, a circa il 25 per cento dei Comuni furono rinviate le cartoline a causa del numero discordante rispetto a quello dichiarato nel prospetto riepilogativo; 10 milioni di cartoline vennero contate due volte e 6 milio-ni, tre volte. Queste operazioni comportarono non soltanto un aggravio economico per l’Ufficio centrale di 22.300 lire, ma anche un ritardo di molti mesi nell’invio

12 Erano gli Uffici comunali.

13 Lo spoglio dei dati consiste nel riordinare le unità statistiche classificandole opportunamente per poterle poi utilizzare. Lo spoglio può essere manuale o automatico; con lo spoglio manuale, i dati vengono ordinati in una tabella “semplice” che è costituita da due colonne: nella prima figurano le modalità qualitative-quantitative, nella seconda i numeri che indicano quante sono le unità statistiche che appartengono a ciascuna classe, ossia la frequenza; con lo spoglio automatico si utilizzano procedimenti meccanici o elettrici che consentono di rac-cogliere le risposte e di visualizzare i risultati.

14 Si calcolò che un “impiegato diligente” non poteva trascrivere più di 50 cartoline l’ora e la spesa per Comune,

dei modelli da parte dei Comuni. Infatti, soltanto nell’agosto del 1882 (circa sette mesi dopo la data prevista) tutti i Comuni avevano inviato le cartoline di spoglio in numero concorde con quello dei prospetti riepilogativi e venne pertanto pubblicata la popolazione del Regno.

Tre anni dopo il primo censimento generale, con il Regio decreto n. 2105 del 31 dicembre 1864 venne istituito il servizio anagrafico che nell’articolo 6 definì l’Ufficio delle anagrafi e istituì il Registro della popolazione in ogni Comune del Regno sulla base del censimento della popolazione del 31 dicembre 1861.15

Se per il 1861 e il 1871 i lavori di spoglio sulle cartoline furono eseguiti dai Comuni, per il 1881 gran parte dello spoglio fu effettuato dall’Ufficio centrale; a questo scopo venne istituito un Ufficio straordinario temporaneo del censimento, che rimase in funzione per quasi un anno, con il compito di fare una revisione ac-curata dei documenti ricevuti dalle Giunte comunali e provinciali di censimento e di procedere alle classificazioni.

Questo passaggio di consegne può essere interpretato come uno dei primi ten-tativi di far convergere a livello centrale alcune operazioni statistiche, non tanto per alleggerire il carico di lavoro dei Comuni, quanto per garantire quella accuratezza dei risultati che i troppi passaggi intermedi (dai Comuni ai circondari e da questi alla Direzione generale di statistica) e la moltitudine di soggetti coinvolti avrebbero pregiudicato.

Per il censimento del 1881 si richiese la cooperazione anche di altri enti della Pubblica Amministrazione, quali ad esempio il Ministero della Pubblica istruzione per il coinvolgimento dei maestri e dei professori, il Ministero della Marina e quel-lo della Guerra per il censimento delle convivenze. Vennero coinvolti anche i me-dici comunali che, mediante una circolare al Ministero della Sanità, furono inseriti nella giunta comunale di statistica.

Per l’esecuzione del censimento del 1881 furono stanziate dal Parlamento 720 mila lire a cui erano da aggiungere le spese fatte dai Comuni, pari a circa 2 milioni di lire, distribuiti nei bilanci degli anni 1881, 1882 e 1883. Con questa somma i Comuni effettuarono le operazioni di censimento e fecero la revisione del registro

15 Come riportato nella prefazione di Istat. 1992. Anagrafe della Popolazione. Roma: Istat. (Metodi e norme, serie

B, n. 29), l’articolo 3 del suddetto provvedimento prescriveva che “il censimento della popolazione del 31 di-cembre 1861, corretto e completato in ciascun comune secondo le variazioni avvenute nello stato delle persone ed in quello della popolazione fino al 1° gennaio 1865 e tenuto conto delle sole persone aventi in esso domici-lio legale o residenza stabile, servirà di base al registro di popolazione”. Tuttavia molti Comuni non ottempera-rono alle predette prescrizioni; infatti, in occasione del secondo censimento generale della popolazione vennero inseriti nella legge di indizione n. 297 del 20 giugno 1871 due articoli sulla tenuta del registro della popolazio-ne: in particolare, l’articolo 7 stabiliva: “In ogni Comune vi sarà un registro di popolazione, compilato e corret-to, dove già esistesse, secondo i risultati ottenuti col nuovo censimento. Nei registri comunali dovranno tenersi in evidenza tutti i successivi e al termine di ogni anno sarà fatto il riassunto della popolazione totale”. L’articolo 8 disponeva che “I cambiamenti di domicilio e di residenza da un Comune ad un altro, e di abitazio-ne abitazio-nell’interno di uno stesso Comuabitazio-ne, dovranno essere notificati agli uffici comunali abitazio-nelle forme e dentro i termini che saranno stabiliti dal regolamento”. Successivamente con il Regio decreto n. 666 del 28 gennaio 1872 viene ribadito l’obbligo di denunciare i cambiamenti di abitazione e i cambiamenti di residenza, il che prova che ancora non tutti i Comuni provvedevano ad assicurare la regolare tenuta del registro di popolazione. Perdurando tale stato di cose, la Giunta centrale di statistica nella seduta del 23 aprile 1872 discuteva le modi-ficazioni più opportune da introdursi nel regolamento del 1864 sulla tenuta del registro di popolazione, allo scopo di renderne obbligatoria l’attuazione in tutti i Comuni dello Stato. Di qui nasce il nuovo regolamento n. 1363 del 1873, il quale all’articolo 1 disponeva: “In ogni Comune del Regno si terrà il registro della popolazio-ne. Dove non esiste, verrà impiantato entro sei mesi dalla pubblicazione del presente regolamento. Dove esiste, sa-rà completato e corretto nel medesimo periodo di tempo”.

di anagrafe o, laddove ancora non esistente, lo istituirono. In totale la spesa am-montò a 2.800.000 lire.16

Il censimento del 1891 non fu eseguito17 a causa di una grave crisi economi-ca che investì il Paese; ci fu la economi-caduta del primo governo Crispi, dovuta, tra l’altro, al peggioramento dei rapporti con la Francia con cui si instaurò una guer-ra doganale che causò un aumento dei prezzi dei generi alimentari. Nell’anno successivo si insediò il primo governo Giolitti (maggio 1892-dicembre1893)che portò, in un’alternanza di governi,18 alla cosiddetta età giolittiana (1903-1914), caratterizzata dalla costruzione dello stato sociale, dalle prime grandi riforme (pensioni, riposo festivo, sanità pubblica), con l’appoggio dei liberali e dei socia-listi riformisti; molte aziende vennero municipalizzate, venne riconosciuta mag-giore autonomia ai Comuni, in un’ottica di decentramento amministrativo. Que-sto è, dunque, il conteQue-sto Que-storico che precede e accompagna sia il quarto che il quinto censimento della popolazione.

La rilevazione del 1901 apportò alcune novità rispetto al passato. Innanzitutto, per i motivi a cui si accennava nelle pagine precedenti, rispetto ai passati censimen-ti venne spostata la data di riferimento che fu fissata nella notte tra il 10 e l’11 feb-braio. L’organizzazione delle operazioni censuarie ricalcava quella dei censimenti passati, con il coinvolgimento di altri enti della Pubblica Amministrazione.19 An-che per le operazioni preliminari e per la rilevazione sul campo si fece tesoro delle passate esperienze. Ciò che fu modificato è la scheda di censimento e, con essa, anche il lavoro dei Comuni successivo alla rilevazione sul campo. Infatti, a diffe-renza dei primi tre censimenti nei quali tutte le notizie venivano richieste per

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