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I censimenti dalle origini al consolidamento del fascismo

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 41-48)

CENSUARIA NEGLI ULTIMI 150 ANNI

3. I censimenti dalle origini al consolidamento del fascismo

Si è scelto di collocare in questo periodo storico, insieme ai censimenti del fa-scismo, anche quello del 1921, poiché venne eseguito nell’anno che segnò la fine del periodo liberale, il perdurare di una forte crisi politico-istituzionale e l’avanzare del movimento fascista.26

Il censimento del 1921, essendo la prima rilevazione post bellica, assunse una certa rilevanza amministrativa e storica. Innanzitutto, si rese necessario contare la popolazione italiana, decimata dalla grande guerra, soprattutto nella sua componen-te maschile, e occorreva conoscere i nuovi italiani dei componen-territori annessi.27 Divenne impellente, dunque, una ricognizione dell’assetto demografico, territoriale, sociale, lavorativo e abitativo di un’Italia che usciva provata dal primo conflitto mondiale. Per questo motivo il censimento del 1921 assume un carattere “esplorativo” para-gonabile, almeno in parte, al primo censimento del 1861.

Corrado Gini, presidente dell’Istituto centrale di statistica, istituito nel 1926, firmò la relazione relativa al censimento del 1921, datata 22 maggio 1928, rivol-gendosi al cavaliere Benito Mussolini, capo del governo, definendola come: “… il

primo e più importante documento, nel campo statistico, dell’Italia nuova, ricom-posta nei confini lungamente auspicati”.

Una delle novità di questo censimento fu il passaggio dell’alta direzione e sor-veglianza delle operazioni censuarie dal Maic al Ministero del lavoro e previdenza sociale mentre la Direzione generale della statistica continuò a essere l’organo cen-trale. Il modello organizzativo rimase identico a quello dei passati censimenti. I Fogli di famiglia dovevano essere compilati in doppia copia, una da inviare all’Ufficio centrale di statistica, l’altra da trattenere presso i Comuni per le opera-zioni di revisione dei registri anagrafici.28 Per i territori annessi al Regno vennero predisposti, per i Comuni con popolazione allogena, dei Fogli di famiglia con la traduzione dei quesiti in lingua tedesca, slovena e serbo-croata. La distribuzione e la raccolta dei Fogli di famiglia avveniva ancora a spese dei Comuni mentre i rile-vatori, sempre nominati dalla commissione comunale di censimento, non venivano più chiamati commessi ma ufficiali di censimento.

Come per i censimenti precedenti, anche per il 1921 lo spoglio era soltanto in minima parte a carico dei Comuni mentre era l’Ufficio temporaneo del censimen-to,29 istituito presso l’Istituto centrale di statistica, a effettuare gran parte dello spo-glio, la revisione, l’elaborazione e la pubblicazione dei dati (Prospetto 2). Tuttavia, l’Ufficio temporaneo non poté realizzare spogli meccanici, come in precedenza,30

26 Mussolini salì al governo il 31 ottobre 1922.

27 Con Regio decreto fu estesa la legge di indizione della rilevazione (Regio decreto n. 457 del 7 aprile 1921) e le norme relative alla tenuta dei registri comunali della popolazione ai territori annessi al regno in seguito alla prima guerra mondiale che sono il Trentino, l’Alto Adige, Gorizia ed il Friuli orientale, l’Istria, Trieste, Zara e le isole del Carnaro, di Lagosta, di Cazza e di Pelagosa.

28 Entro quattro mesi dalla data del censimento (marzo 1922) dovevano eseguire un’accurata revisione del regi-stro della popolazione stabile mediante la copia dei fogli di famiglia conservata dai Comuni, secondo le norme del regolamento n. 445 del 21 settembre 1901. Il Comune doveva continuare a tenere aggiornato il registro per nascite, matrimoni, morti, immigrazioni, emigrazioni e cambiamenti di casa all’interno dello stesso comune.

29 Questo Ufficio iniziò ad entrare in funzione dal marzo del 1923.

pertanto dovette ricorrere a due tipi di cartoline individuali, una per il capofami-glia31 e l’altra per i censiti non capofamiglia.32

Dalla relazione risulta che la raccolta,33 il confezionamento e la spedizione dei Fogli di famiglia da parte dei Comuni avvenne con netto ritardo e con tante diffi-coltà; infatti, non soltanto disguidi postali ma anche calamità naturali e incendi ge-nerarono dispersione del materiale censuario.34 Tuttavia, fu possibile ricostruire il censimento grazie ad alcuni documenti salvati dalle catastrofi.

Inoltre, in fase di revisione dei Fogli di famiglia emersero delle irregolarità – pe-raltro presumibili anche nelle altre rilevazioni censuarie – da parte di alcuni Comuni della Puglia, Calabria e Sicilia che, per accedere a benefici amministrativi, alterarono intenzionalmente i risultati censuari includendo nella popolazione persone residenti all’estero o inesistenti, ricorrendo anche alla duplicazione dei Fogli di famiglia o alla creazione di numeri civici fittizi. Si cercò di porre rimedio correggendo i dati gonfiati e, laddove il lavoro del Comune risultò incompleto, fu disposto di ripetere comple-tamente le operazioni censuarie.35 In alcuni aree del Paese, tuttavia, la forte differen-za tra dato di popolazione al 1921 e quello al 1911 era da attribuire a eventi particola-ri che determinarono un decremento della popolazione.36

Le difficoltà di varia natura nella definizione della popolazione legale riscon-trate in alcuni Comuni portò a due rettifiche – nel 1925 e nel 1927 – del dato di po-polazione legale censita nel 1921 (Prospetto 2).

Il comportamento “deliberatamente” irregolare da parte di alcuni Comuni, lo-calizzati prevalentemente nelle aree del Centro e del Mezzogiorno, è stato perpe-tuato nel tempo e si rileverà anche nei censimenti successivi; in ciò si avverte una forte continuità storica tra passato e presente e questa negativa eredità del passato si è cristallizzata in una consuetudine di condotta che, sebbene controllabile e veri-ficabile, resta a tutt’oggi di difficile estirpazione.

Le osservazioni critiche sul censimento del 1921, contenute nella relazione, costituiscono una preziosa fonte di informazioni sulle difficoltà pratiche e organiz-zative incontrate durante le operazioni censuarie. La metà dei Comuni non utilizzò la carta dell’Istituto geografico militare per i piani topografici, che risultarono, per-tanto, inutilizzabili. La mancata predisposizione di un apposito foglio per le convi-venze, con forma e colore diversi, nonché dei fogli aggiuntivi per i membri della famiglia, rese difficoltose le operazioni di rilevazione e di spoglio, richiedendo ap-posite revisioni, con aggravio di lavoro e di tempo. Inoltre, non aver predisposto

31 Gialla per i maschi e verde per le femmine.

32 Rossa per i maschi e bianca per le femmine.

33 Si protrasse per tutto l’anno e furono centinaia le sollecitazioni da parte dell’organo centrale e degli organi in-termedi.

34 A San Fratello (Me) il materiale fu sepolto nella frana del gennaio 1922, a Berteggi (Ge) ci fu lo scoppio di una polveriera, a Lotzorai (Ca) si incendiarono gli uffici comunali.

35 L’Istituto centrale di statistica dispose di verificare tutto il materiale inviato dai Comuni attraverso un con-fronto tra i censiti che risultavano nati tra il 1918 e il 1921, con il numero dei nati vivi negli stessi anni. Da questa indagine venne prodotta una mappatura delle aree più a rischio di irregolarità e si diede avvio alla vigilanza preventiva.

36 In alcuni Comuni cagliaritani, ad esempio, si rilevò un forte calo demografico, dovuto alla cessazione delle attività degli stabilimenti minerari che portò al licenziamento degli operai, quindi ad un flusso migratorio degli stessi; ad Avezzano, invece, il forte decremento era dovuto al terremoto del 1915 a cui sopravvisse soltanto un terzo della popolazione.

modelli riepilogativi standardizzati per tutti i Comuni rese ancora più difficile lo spoglio dei dati, così come anche l’eccessiva dimensione e la piegatura del Foglio di famiglia. L’Istituto, a questo proposito, raccomandò per il futuro la distribuzione ai Comuni di modelli riepilogativi stampati. Infine, anche la diffusione risentì del forte ritardo che si accumulò sull’intero processo censuario.37

Dopo quello del 1921, un censimento a cavallo tra la fine dell’Italia liberale e l’affermarsi dell’Italia mussoliniana, si entra nell’era dei censimenti “fascisti”. Dalla letteratura emerge come questo periodo storico sia stato caratterizzato da una concezione talvolta “utilitaristica” della statistica, intesa come strumento per la raccolta delle informazioni demografiche, tuttavia proiettata verso una strate-gia di potere volta al controllo della popolazione (Favero 2006). Venne meno la partecipazione spontanea tipica degli albori del Regno d’Italia e cominciò ad af-fermarsi l’idea del censimento anche come atto investigativo, di accertamento. Fu in questa fase, infatti, che l’impianto organizzativo censuario venne pianificato nei minimi dettagli, dando luogo a un processo particolarmente articolato e capil-lare, in grado di raggiungere l’Italia intera, tutti i livelli socioculturali della popo-lazione e tutti i livelli territoriali del Paese. Ciò consentì certamente di rispondere ai criteri di esaustività che un censimento richiede e di conferire scientificità ed accuratezza alla rilevazione, tuttavia l’intento che vi era alla base risentì talvolta delle ingerenze governative.

I censimenti del 1931 e del 1936 si collocano storicamente nel ventennio fasci-sta, un periodo della storia nazionale che si rivela di particolare interesse sul piano dei rapporti tra demografia e politica, tra studi sulla popolazione ed esercizio del po-tere38 (Favero 2006). Mussolini intuì l’importanza della statistica, in particolare della demografia, utilizzandola anche ai fini della campagna pronatalista del regime, il cui intento era di indirizzare le scelte famigliari degli italiani per meglio imporre il suo progetto di rinvigorimento demografico e di trasformazione del Paese.39

L’Istituto centrale di statistica del Regno nacque nel 1926, in pieno regime fa-scista, e questo avvenimento segnò il rilancio della statistica italiana. L’Istat, che passò dal Maic alla diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio, era presiedu-to da Corrado Gini, il quale, in virtù dei suoi stretti legami con il duce, procedette a centralizzare le rilevazioni statistiche e a rafforzare l’Istituto attraverso assunzione di personale. Grazie al forte interesse mostrato dal governo, che si manifestò anche

37 Si legge nella relazione: “A differenza del censimento precedente, date le condizioni particolari in cui avvenne la elaborazione del materiale del VI censimento, per la quale l’Ufficio dispose del materiale necessario ai suoi spogli soltanto gradualmente, si ritenne utile di pubblicare i risultati della elaborazione stessa per Comparti-menti. Affine di evitare un eccessivo ritardo nelle pubblicazioni, non si poté seguire in questa pubblicazione l’ordine geografico, ma si dovette tener conto dei dati disponibili e pubblicare man mano i volumi di quei Compartimenti per i quali si disponeva di un materiale completo”.

38 Proprio in quegli anni si assiste ad un proliferare di studi e di enti volti alle ricerche demografiche, quali il Co-mitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione, costituito nel 1928 da Gini, il quale fonda tra il 1935 e il 1936 a Roma anche la Facoltà italiana di Scienze statistiche demografiche e attuariali; ma nasce nel 1939 a Padova, grazie a Gaetano Pietra, anche la Società italiana di statistica, contraltare della Società italiana di demografia e statistica, fondata a Firenze da Livio Livi l’anno precedente.

39 Così recita Mussolini nel discorso del 26 marzo 1926 con il quale lancia la politica demografica del regime: “Qualche inintelligente dice: siamo in troppi. Gli intelligenti rispondono: Siamo in pochi. Il numero è la forza dei popoli che dispongono della terra necessaria: e ciò non occorre nemmeno dimostrarlo. Ma è anche la forza dei popoli che non dispongono della terra necessaria, se sanno tendere mente e muscoli per conquistarla […] solo le nazioni numerose hanno dominato il mondo…”.

attraverso assegnazione di fondi, l’Istat visse un potenziamento delle sue attività che raggiunsero l’apice nell’esecuzione dei censimenti, ritenuti dal governo stru-menti essenziali per conoscere il Paese e mettere in atto una strategia di controllo e di indirizzo sulla popolazione italiana40 (Favero 2006). Infatti, fu proprio di quegli anni la decisione governativa di eseguire i censimenti a cadenza quinquennale.41

Da uno stralcio della relazione al disegno di legge sulla quinquennalità dei censi-menti si legge: “…la politica demografica ruralizzatrice e bonificatrice del Regime

e il dinamico evolversi della vita economica moderna hanno inciso e incidono pro-fondamente la struttura demografica della Nazione nel giro di pochi anni. Il go-verno deve quindi poter seguire a intervalli di tempo non troppo lunghi queste tra-sformazioni…”.

Tuttavia, la stretta relazione che si stabilì tra il potere fascista e la statistica ita-liana rese molto elevato il rischio di ingerenze politiche nelle scelte dell’Istituto e nelle sue attività istituzionali di ricerca e di studio (Favero 2006).

Dal 1930 l’allora direttore generale dell’Istat, Molinari, cominciò a riorganiz-zare l’Istituto indirizzandolo verso la meccanizzazione delle procedure di tratta-mento dei dati. Occorreva velocizzare le complesse operazioni di classificazione, revisione ed elaborazione e ciò si tradusse, nelle occasioni censuarie, in consistenti assunzioni di personale a tempo determinato che Molinari provvide a far assumere in pianta stabile. Anche in questo aspetto si intravede una continuità storica tra pas-sato e presente: l’assunzione di personale a contratto a ogni tornata censuaria af-fonda le radici nel periodo fascista e diviene una consuetudine che si protrae nel tempo fino a giungere ai giorni nostri.

Per entrambi i censimenti del ventennio fascista la data di riferimento fu fissa-ta per il 21 aprile, scelfissa-ta apposifissa-tamente perché coincidente con due ricorrenze, il Natale di Roma e la Festa Fascista del Lavoro.

La preparazione della rilevazione del 1931,42 ovvero il censimento della popo-lazione del Regno, delle colonie e dei possedimenti italiani, registrò un certo ritar-do e l’Istat ritar-dovette procedere affannosamente nelle attività propedeutiche, costi-tuendo anche un’apposita commissione di studio, presieduta da Corrado Gini e composta da dieci professori universitari, le cui proposte furono valutate dal Comi-tato tecnico dell’Istituto.

Per entrambi i censimenti fascisti si investì molto nella campagna di sensibi-lizzazione tanto che, tra gli organi censuari, furono previsti e istituiti dai Prefetti

40 Con il Regio decreto legge n. 1285 del 27 maggio 1929 venne modificato l’ordinamento dell’Istituto centrale di statistica e si stabilì l’obbligo di collaborazione con l’Istituto delle amministrazioni governative centrali e loca-li, le amministrazioni provinciali e comunaloca-li, gli organismi corporativi, ogni altro ente pubblico nonché enti privati soggetti a tutela, vigilanza o controllo da parte dello Stato.

41 Il Regio decreto legge n. 1503 del 6 novembre 1930 stabilisce le norme per i censimenti della popolazione del re-gno, delle colonie e dei possedimenti italiani. L’articolo 1 stabilisce che i censimenti generali della popolazione si effettueranno a cura dell’Istituto centrale ogni cinque anni alla data fissa e immutabile del 21 aprile. Dal 1929 sono riformate le norme per la tenuta dei registri comunali responsabili della popolazione: essi devono tenere un elenco della popolazione residente, raccogliere statistiche su nascite, matrimoni, morti, migrazioni.

42 Il Regio decreto legge n. 1503 del 6 novembre 1930 dettava le norme per i censimenti generali della popolazio-ne e indiceva il settimo censimento gepopolazio-nerale mentre le norme esecutive furono approvate con il Regio decreto n. 166 del 26 febbraio 1931.

appositi organi, le Commissioni comunali di propaganda43 e le Commissioni pro-vinciali di propaganda,44 con il compito di far conoscere i fini del censimento e fornire chiarimenti ai capi famiglia o di convivenza. L’intensa propaganda45 aveva l’obiettivo di raggiungere tutti i cittadini, soprattutto quelli di estrazione sociocultu-rale più umile, per veicolare il messaggio del censimento e della sua rilevanza per il Paese e per agevolare la comprensione dei quesiti e, quindi, la corretta compila-zione dei questionari.

Per rendere efficace e capillare la campagna pubblicitaria vennero utilizzati molteplici mezzi di comunicazione: fu stampata e divulgata la pubblicazione di un fascicolo dal titolo “Il Censimento”,46 contenente articoli di divulgazione e illustra-zione del censimento stesso, avvertenze ed esempi utili per l’esatta compilaillustra-zione delle schede dei questionari; le varie amministrazioni centrali47 provvidero a dira-mare apposite circolari per la diffusione degli scopi e delle modalità del censimen-to; anche la radio e il “cinematografo” vennero utilizzati nella campagna di sensibi-lizzazione tanto che l’Istituto Luce realizzò, in collaborazione con l’Istat, un’apposita rassegna cinematografica; chiaramente anche la stampa venne messa al servizio della propaganda censuaria.

Entrambi i censimenti seguirono il modello organizzativo dei precedenti, tut-tavia conferendo all’intero processo un impianto particolarmente articolato e capil-lare, con accurate ripartizioni di competenze e funzioni. Anche il calendario delle operazioni che i Comuni dovevano compiere assunse toni perentori tanto che il termine “improrogabilmente” venne utilizzato diffusamente.

L’Istituto centrale di statistica, in qualità di organo centrale, sovrintese a tutti i lavori preparatori del censimento e all’organizzazione degli uffici, impartì le istru-zioni e controllò che i Comuni si attenessero alle direttive emanate e mantenessero uniformità dei procedimenti.

L’Istat si avvalse delle Prefetture che rappresentarono, per i censimenti, gli or-gani che operavano sul territorio provinciale;48 in ogni provincia venne istituito dal Prefetto l’Ufficio provinciale di censimento (Prospetto 2), con il compito di effet-tuare, sia prima che dopo il censimento, ripetute ispezioni49 presso i Comuni della

43 Essa era formata dal podestà con funzione di presidente, dal segretario politico del Fascio o suo delegato, dal direttore didattico o insegnante elementare del comune, designato dal provveditore agli studi, dai rappresentan-ti di associazioni di datori di lavoro, dai rappresentanrappresentan-ti di associazioni di prestatori d’opera, da un rappresen-tante dell’associazione dei professionisti e artisti, da un parroco e dal segretario comunale.

44 Essa era costituita dal Prefetto della provincia o suo delegato, quale presidente, dal segretario federale del Pnf o suo delegato, da un rappresentante del Consiglio provinciale dell’economia corporativa, dal provveditore agli studi o suo delegato, da rappresentanti di associazioni di datori di lavoro, da rappresentanti di associazioni di prestatori d’opera, da un rappresentante dell’associazione dei professionisti e artisti, da un parroco e dal diret-tore dell’Ufficio provinciale dell’economia corporativa.

45 Essa era ramificata in vari ministeri: dell’Interno, dell’Agricoltura e foreste, delle Corporazioni e della Stampa e propaganda, nel Partito nazionale fascista, nelle organizzazioni sindacali.

46 Ne furono stampate oltre 250 mila copie e diffuse gratuitamente in tutta Italia.

47

Il Ministero della Giustizia e degli affari di culto, ad esempio, invitò i parroci a svolgere nelle chiese opera di

divulgazione degli scopi censuari. Anche la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale partecipò a quest’opera di propaganda.

48 Oltre alle prefetture, i Consigli provinciali dell’economia funzionarono da organi locali dell’Istituto.

49 Questi compiti di vigilanza venivano assolti per la circoscrizione del governatorato di Roma dall’Istituto cen-trale di statistica.

provincia di competenza, il cui esito doveva essere riferito con cadenza settimanale al Prefetto e all’Istituto.

In ciascun Comune, quale organo periferico esecutivo del censimento, venne istituito l’Ufficio comunale di censimento (Ucc) il cui responsabile era il Podestà, coadiuvato dal Segretario comunale. La nomina degli ufficiali di censimento,50 ef-fettuata dal Podestà, avveniva previo esame sulle istruzioni emanate dall’Istat e in virtù di garanzie di moralità e capacità.51 Venne costituita anche una Commissione comunale di vigilanza composta da un magistrato con funzioni di presidente, un direttore didattico o, in sostituzione, un maestro delle elementari, un rappresentante dei datori di lavoro nominato dal Prefetto, un rappresentante dei “prestatori d’opera” nominato dal Prefetto e un parroco.

L’intero processo di rilevazione, sia per il 1931 che per il 1936, si rifà alle pas-sate esperienze, ad eccezione di alcune innovazioni, diverse delle quali ereditate dai censimenti successivi, fino ai giorni nostri.

Innanzitutto, al censimento del 1931 divenne obbligatoria la formazione dei piani topografici mediante l’utilizzo delle carte dell’Istituto geografico militare di Firenze e per la prima volta tali piani dovevano essere compilati e trasmessi all’Istat che provvedeva alla loro approvazione.

Anche per la rilevazione delle convivenze fu impiegato un apposito Foglio di convivenza e nel Foglio di famiglia furono previste sei colonne, contrassegnate progressivamente con lettere alfabetiche, riservate alla numerazione convenzionale per gli spogli meccanici.52

I questionari compilati non vennero inviati più direttamente all’Istituto ma agli Uffici provinciali di censimento che provvidero alla loro revisione. La spedizione dei pacchi di modelli compilati all’Istat fu completata soltanto un anno dopo la data di riferimento del censimento e la popolazione legale fu pubblicata subito dopo.

Durante il periodo fascista, coerentemente con la politica demografica lan-ciata dal governo, fu dato particolare rilievo alle anagrafi, le quali furono sotto-poste a ripetute e sistematiche ispezioni, sia contestualmente al censimento che successivamente. L’attività ispettiva per la tornata censuaria del 1931 fu intensa a tal punto che si contarono complessivamente 5.802 ispezioni durante le quali vennero alla luce alcune alterazioni compiute durante il censimento precedente. Ciò indusse le autorità a far eseguire, tramite i Prefetti, un’indagine nazionale che portò ad una diminuzione del dato di popolazione del Regno al 1° dicembre 1921 di 781.599 unità.53

50 Per il censimento del 1936 vennero reclutati circa 80 mila ufficiali di censimento.

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 41-48)