• Non ci sono risultati.

Il censimento degli italiani all’estero del 1881

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 165-171)

I CENSIMENTI DEGLI ITALIANI ALL ’ ESTERO NELLA STATISTICA UFFICIALE (1861-1927)

3. Il censimento degli italiani all’estero del 1881

Le lacune e i gravi difetti delle rilevazioni consolari del 1871 furono comun-que una lezione preziosa per il successivo censimento degli italiani all’estero, comun- quel-lo del 1881. La Giunta centrale di statistica decise, infatti, su suggerimento del de-legato del Mae, di non ricorrere più alle rilevazioni dei consoli ovunque fosse stato possibile sostituirle con i censimenti generali della popolazione dei paesi ospiti, nella oramai comprovata consapevolezza che

per quanto tempo, denaro e pazienza s’impieghi, alle autorità diplomati-che e consolari, diplomati-che mancano non solo di mezzi coercitivi perché i nazionali rispondano alle loro chiamate, ma anche di mezzi perché le chiamate arrivino a chi dovrebbe ascoltare, si sottrarrà sempre in ogni ricerca censuaria, un gran numero di censibili, vuoi per sospetto di pericoli giudiziari o fiscali, vuoi per naturale indolenza, vuoi ancora più spesso, per ingenua ignoranza.11

Su richiesta di Roma, dunque, in ben 25 nazioni estere gli italiani furono censi-ti dalle iscensi-tituzioni stacensi-tiscensi-tiche locali. Tuttavia solo 17 di queste rilevarono tutcensi-ti o quasi tutti i caratteri sociodemografici richiesti dalla Giunta e così mentre per i censimenti migliori si accettarono senz’altro le statistiche estere – (era il caso di Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca e colonie, Francia e colonie, Germania, Gran Bretagna e colonie, India britannica, Lussemburgo, Macao (Portogallo), Principato di Monaco, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera, Venezuela) –, i censimenti esteri più sommari furono rettificati dalle autorità italiane all’estero o dalle amministrazioni centrali italiane (Mae e Direzione generale di statistica del Maic) – (era il caso di Argentina per la sola provincia di Buenos Aires, Bulgaria, Cile, Grecia, Guatemala, Russia solo per Riga e San Pietroburgo, Stati Uniti d’America, Uruguay). Nelle ri-manenti 37 nazioni censite si ricorse alle rilevazioni consolari, vuoi per mancanza di censimenti locali, vuoi perché la data di questi era troppo distante da quella pre-scritta. In questi casi, però, vista la difficoltà sperimentata nel 1871 di ricorrere a giunte di statistica reclutate tra i connazionali all’estero, si lasciò liberi i consolati di non ricorrervi e, di fatto, furono costituite solo le giunte di Alessandria d’Egitto e di Rosario (Argentina), anche se non mancò la collaborazione a titolo individuale di diversi emigrati. Non solo, per semplificare il lavoro dei consoli e la risposta verbale o scritta degli emigrati, per i censimenti consolari si prescrissero solo 6 quesiti essenziali – sesso, età (sotto o sopra il 14 anni), stato civile, luogo d’origine, alfabetismo e condizione professionale – anche se si lasciarono liberi i consolati di inserire più quesiti. Vennero meno, dunque, le domande più indicative dell’attaccamento alla madrepatria, quelle, cioè, della lingua parlata in famiglia e della religione professata, quesiti che del resto le istruzioni ministeriali italiane non prescrissero neppure per i censimenti locali richiesti ai governi esteri. In compenso,

11 Così Alberto Pisani Dossi (Carlo Dossi) nella sua relazione al censimento del 1881: Ministero degli Affari este-ri 1884: XVII-XVIII. Per l’attività di Carlo Dossi come diplomatico confronta Serra 1987.

la domanda sulla condizione professionale fu molto più perfezionata rispetto al 1871 ricorrendo a ben 34 voci relative ad altrettanti mestieri, ciò che concorre a rivelare l’interesse di natura specialmente economica che le autorità italiane oramai attribui-vano all’emigrazione. Le stesse circolari ministeriali ai consolati e ai governi stranieri relative ai modi di svolgimento del censimento specificavano che esso aveva “carat-tere prettamente economico” (Ministero degli Affari esteri 1884: XXIII).

Infine, come progresso generale rispetto al censimento del 1871 va ricordato che, a giudizio di Pisani Dossi, il personale diplomatico e consolare rispose senza quasi ec-cezione all’ordine di censire e “nel più lodevole modo”, ciò che permise di limitare di molto le regioni del tutto trascurate (Ministero degli Affari esteri 1884: XXVI).

Benché i censimenti generali stranieri offrissero, a parere della Giunta centrale di statistica, buone o ottime garanzie di certezza sulla rilevazione numerica degli italiani all’estero, tuttavia erano spesso lacunosi per i caratteri sociodemografici. Lo stralcio relativo agli italiani del censimento austro-ungarico risultava ancora una volta, come nel 1871, il più completo poiché, oltre alle domande prescritte dalle au-torità italiane, aggiungeva i quesiti sulla lingua parlata in famiglia, sulla religione, su alcune infermità, specificava, inoltre, l’anno, la provincia e il comune di nascita. Poco meno approfondito era lo stralcio sugli italiani del censimento tedesco e di quello bavarese che trascuravano i quesiti del censimento austro-ungarico sull’istruzione, sulla lingua abituale e sui “difetti fisici e morali”. Il censimento svedese adottava esclusivamente i quesiti richiesti dalle istruzioni italiane (numero di italiani, sesso, nome, Stato, provincia e comune di nascita, Stato, provincia e comune di dimora, età esatta e se maggiore o minore dei 14 anni, stato civile, istru-zione, condizione professionale “principale”). I censimenti francese e svizzero erano piuttosto sommari trascurando il nome, lo Stato, la provincia e il comune di nascita, l’istruzione, la religione professata e la lingua abitualmente parlata e, circa la profes-sione, ricorrevano a una classificazione dei mestieri parecchio più sommaria rispetto ai 34 mestieri prescritti dalle istruzioni italiane. Ancora più impreciso era il censi-mento britannico che non rilevava il nome dell’emigrato (per ragioni di privacy), lo Stato, la provincia e il comune di nascita, l’età precisa, lo stato civile, la religione e la lingua abituale, mentre l’istruzione e la condizione professionale erano rilevate solo occasionalmente. Il Granducato del Lussemburgo si dimostrò la nazione più generosa e disponibile verso le richieste del Mae poiché, in mancanza di un censi-mento generale della popolazione utile ai fini italiani per data di esecuzione, realiz-zò un censimento apposito dei soli italiani mediante le gendarmerie e i volontari locali. Mancava però, in esso, l’indicazione dell’istruzione, della lingua abituale e della religione, mentre il quesito sulla professione ricorreva a categorie di classifi-cazione sommarie. Il Principato di Monaco rilevava solo il numero, il sesso e lo stato civile, mentre il censimento danese rilevava solo il numero, il sesso e lo Stato di dimora. I censimenti locali di Canada, Olanda e Uruguay rilevavano il numero degli italiani ma non il sesso e trascuravano pressoché tutti gli altri quesiti (Mini-stero degli Affari esteri 1884: XIX-XXX).

In definitiva furono censiti 1.032.392 italiani all’estero, ma di questi solo 400.296 erano stati rilevati nominativamente dai censimenti esteri e da quelli con-solari “senza lacune”; 424.666 erano stati rilevati nominativamente dai consolati ma “con lacune” e i rimanenti 207.430 risultavano “da rettificazioni, calcoli,

indu-zioni, eccetera”. La proporzione di italiani all’estero puramente stimati era dunque tuttora notevole (Ministero degli Affari esteri 1884: XXXI-XXXII).

Anche nel 1881 le rilevazioni più dubbie, le “vaste lacune”, le “grandi rettifi-che” a seguito di informazioni consolari o per semplice stima erano quelle relative specialmente ai paesi transoceanici e ciò anche per il fatto che i censimenti generali della popolazione erano molto meno disponibili o utilizzabili che in Europa. Come nel 1871 gli ostacoli erano dipendenti, nelle parole di Pisani Dossi, “dalla sconfina-ta ampiezza di quelle circoscrizioni consolari, dai luoghi impervii, dalla qualità stessa dei censendi rappresentati in gran parte da campagnuoli rozzi e però sospet-tosi”, nonché “dallo svogliato concorso delle autorità territoriali, anzi [la difficoltà di censire] è spesso accresciuta dalla opposizione di queste”. Infine, in non poche nazioni americane gli stranieri nati in loco erano censiti come cittadini autoctoni. Certo, osservava Dossi cogliendo in pieno la ben differente attitudine europea ver-so gli stranieri, lo jus ver-soli vigeva anche in buona parte d’Europa e nella stessa Ita-lia, ma, da un lato, qui gli immigrati non invocavano la cittadinanza locale; dall’altro lato, soprattutto gli Stati non avevano nessun interesse ad attribuirla. “Mentre infatti – concludeva Dossi con l’efficacia espressiva del fine letterato – l’America per prosperare, richiede altre molte infusioni di sangue, quasi tutta l’Europa per vivere, ha necessità, si direbbe, di salassi” (Ministero degli Affari esteri 1884: LII-LIII).

Circa le maggiori destinazioni transoceaniche, i problemi erano i seguenti: in Argentina, che risultava essere ancora il primo paese al mondo per presenza italia-na, nella circoscrizione consolare di Buenos Aires il censimento locale del 1880 aveva rilevato solo i “nati in Italia”, 57.128; a questi, dunque furono aggiunti i connazionali calcolati mediante le statistiche italiane e argentine dei flussi a partire dal 1872, mentre non furono calcolati né i nati, né i morti, i rimpatriati e neppure gli sbarcati e passati ad altri Stati latinoamericani, né gli entrati in Argentina da questi ultimi in quanto tutte queste cifre presumibilmente si annullavano a vicenda. Su questi calcoli complessi e dunque presumibilmente incerti, il censimento accettò così la cifra di 211.234 italiani per la circoscrizione consolare di Buenos Aires. Per la circoscrizione consolare di Rosario di Santa Fé la cifra – 43.154 – fu rilevata dal censimento consolare, ma il console stesso le riteneva “lontana dal rappresentare il vero numero dei nazionali affluiti”. La cifra degli italiani rilevati nel 1879 dal cen-simento nazionale dell’Uruguay oltre che antiquata era considerata “incompleta” e fu dunque rettificata dal console di Montevideo sulla base di suoi dati sulle nascite e dei dati uruguayani sui flussi di arrivo tra il 1880 e il 1881, ma il risultato finale era comunque giudicato da Pisani Dossi “probabilmente inferiore alla realtà”. Per il Paraguay la cifra era giudicata dubbia poiché composta, tra l’altro, “da un censi-mento generale ivi avvenuto, Dio sa come, nel 1876”, ma si trattava comunque di un progresso poiché in quella repubblica il censimento del 1871 non aveva saputo rilevare nulla. Per il Perù il contrasto d’opinioni tra il Mae e il console di Lima cir-ca la cifra in malo modo rilevata portò a scegliere una cifra di compromesso. Più certa era ritenuta la cifra degli italiani del Venezuela ottenuta da un censimento lo-cale e dal calcolo dei flussi fatto dalle autorità venezuelane. In Brasile fu necessario eseguire il censimento consolare che diede una cifra di 61.509 italiani in buona par-te censiti nominalmenpar-te, ma comprensiva anche di cifre desunpar-te solo da “informa-zioni”. A questo numero i consoli di Rio De Janeiro e di Porto Alegre aggiunsero

altri 20.687 italiani semplicemente presunti. Il totale – 82.196 – venne confrontato e confermato con un calcolo fondato sulla cifra rilevata dal censimento degli italia-ni all’estero del 1871 alla quale furono aggiunte le cifre lacunose dei flussi rilevati dal Brasile tra il 1872 e il 1881, mentre non furono calcolate né le nascite né le morti (che si sarebbero annullate a vicenda), né i rimpatri ritenendo, infatti, che la grande emigrazione dei coloni veneti e lombardi esplosa dal 1876 non avrebbe dato adito a rimpatrio alcuno poiché i patti colonici e i relativi debiti avrebbero reso quei contadini, nelle parole di Pisani Dossi, “piuttosto servi che lavoratori della gleba lor consegnata”. Più certe apparivano invece le cifre per le colonie caraibiche e centroamericane di Francia, Inghilterra e Olanda poiché qui tali nazioni avevano censito espressamente gli italiani per corrispondere alla richiesta di Roma. Dove, invece, sempre in Centro America, avevano rilevato i consolati italiani, Pisani Dos-si parlava in più caDos-si di “scabroso” lavoro censuario. Le autorità locali riuscirono a censire in Messico, una delle gravi lacune del 1871, ma i dati furono rilevati in modo molto differente dai numerosi governatori locali, a volte censendo solo il numero delle famiglie e non quello degli individui, e dunque le rettifiche operate da Dossi furono radicali e, comunque, la cifra finale risultò nettamente inferiore a quella suggerita dalle statistiche italiane dei flussi per quel paese (Ministero degli Affari esteri 1884: LV-LXV). Circa gli Stati Uniti d’America, altro grande punto interrogativo del censimento del 1871, i progressi erano notevoli poiché i consoli di New York e di San Francisco questa volta riuscirono a censire direttamente arri-vando ad una cifra complessiva di 170 mila italiani a fronte di quella del censimen-to Usa del 1880 che, rilevando solo i nati in Italia, dava una cifra di soli 44.230 ita-liani. Tuttavia la cifra consolare si componeva per una porzione notevole di “indu-zioni e calcoli” e non di rileva“indu-zioni nominative e lo stesso console di New York ammetteva che con altre indagini la cifra relativa alla propria circoscrizione sareb-be risultata diversa (Ministero degli Affari esteri 1884: LXV-LXIX).

Riguardo alle semplici cifre della presenza, in Europa Pisani Dossi confidava nei censimenti locali; problemi esistevano però per la Russia dove, a parte i censi-menti municipali di San Pietroburgo e di Riga, si ricorse alle “notizie sommarie fornite dai r.r. consoli”. A Costantinopoli ai 6.122 connazionali censiti nominati-vamente dal consolato furono aggiunti altri 4 mila italiani suggeriti dal console per pura stima. In Africa le cose andarono meglio che nel 1871 poiché per molte delle colonie francesi e inglesi si poté ricorrere ai censimenti locali effettuati da tali na-zioni. In Egitto, a Tripoli di Libia, a Tunisi, in Marocco, a Tenerife e a Madera censirono i consoli con risultati giudicati quasi sempre accurati. Tuttavia, nel caso della circoscrizione consolare di Alessandria d’Egitto, ai 10.980 italiani censiti nominativamente dal consolato vennero aggiunti altri 1.200 connazionali per pura “induzione” (Ministero degli Affari esteri 1884: XLVI-LII). La lacuna più preoc-cupante, a volte “gravissima”, era quella sui caratteri sociodemografici: dei 170 mi-la italiani rilevati negli Stati Uniti, ad esempio, il sesso di ben 140.455 di loro era ignoto, essendo stati per la maggior parte desunti dalle statistiche dei flussi e degli sbarchi e da stime. Il censimento locale olandese non aveva rilevato il sesso, ma in Europa la lacuna era lieve, nel complesso delle “Americhe”, invece, dei 579.335 italiani rilevati, era ignoto il sesso di ben 251.990 e, comunque, i dati dei consoli, ove presenti, davano una percentuale così elevata di maschi che Pisani Dossi prefe-rì rifiutarli, nella consapevolezza che oltreoceano erano già molto numerose le

coppie e le intere famiglie (Ministero degli Affari esteri 1884: LXXIV-LXXVI). Ancora meno numerose erano le rilevazioni dell’età degli emigranti che, dove pre-sente, specificava quasi solo se si trattava di minori o maggiori di 14 anni. Il luogo di nascita era specificato solo per metà dei censiti del 1881 e spesso si trattava solo dello Stato, non della provincia e del comune. Per i nati all’estero spesso non era detto lo Stato e dunque non si sapeva se erano nati nel paese straniero in cui risie-devano. I dati certi permettevano, comunque, di capire che l’emigrazione proveni-va ancora preproveni-valentemente dall’Italia settentrionale. Ancora meno numerosi erano i dati sullo stato civile e non si poteva conoscere, ad esempio, quanti ammogliati in Italia avessero costituito nuove famiglie all’estero, curiosità che rispecchiava pro-babilmente la persistente preoccupazione del Ministero degli Affari esteri e degli statistici per la conservazione del cordone ombelicale con la madrepatria. Più in generale, i quesiti sullo stato civile degli immigrati e la presenza di donne e bambi-ni erano usati da Pisabambi-ni Dossi per giudicare della maggiore o minore “stabilità” del-le diverse colonie, secondo la già ricordata importanza attribuita alla distinzione tra migrazione temporanea e migrazione definitiva. Anche nel 1881 la percentuale di analfabeti tra gli italiani all’estero risultava molto più bassa che in patria (43,83 per cento contro 67,26 per cento) e in ulteriore calo rispetto al 1871, ciò che in parte era determinato dalla maggiore presenza di maschi e di adulti tra gli espatriati ri-spetto alla popolazione nei confini nazionali, ma quale affidamento meritavano tali dati visto che l’istruzione non era stata rilevata in moltissimi paesi e persino in di-versi europei tra cui la Francia, la prima meta continentale del tempo? Anche i dati sui mestieri praticati all’estero erano molto lacunosi e spesso le classificazioni adottate dai censimenti esteri erano sommarie e quindi ambigue. Quanto ai censi-menti consolari che utilizzavano la classificazione prescritta in 34 diversi mestieri, spesso erano gli stessi rilevatori ad attribuire in modo erroneo il mestiere dichiarato dall’immigrato all’una o all’altra categoria. A giudizio di Pisani Dossi, gli errori si compensavano a vicenda offrendo così un quadro abbastanza affidabile delle diver-se occupazioni e, tuttavia, la prevalenza dei mestieri operai insospettì talmente gli statistici che il Mae rettificò i dati aumentando la percentuale dei contadini e brac-cianti agricoli. Pur nella loro incertezza, le cifre permettevano comunque “di ralle-grarci, che, contrariamente all’accusa di talune gazzette straniere, l’indigenza e il va-gabondaggio più o meno dissimulati e la detenzione, sieno, sulla cifra totale, quasi impercettibili” (Ministero degli Affari esteri 1884: LXXVII-CIV).

Più contenute che nel 1871 erano le osservazioni di carattere, per così dire, ideologico del relatore al censimento. Con toni molto retorici Pisani Dossi loda-va, ad esempio, l’attaccamento alla patria degli emigrati che avevano risposto alle rilevazioni,

quei nazionali, i quali, benché sequestrati nelle più remote e sterili terre d’America e ancor poveri della natia povertà, tuttavia, senza che nulla ve li potesse obbligare, salvo la loro coscienza d’italiani, non si diedero pace fin-ché le loro dichiarazioni non fossero pervenute al lontano console. L’esame de’ documenti originali che servirono alla formazione de’ registri, ci ha offer-to – e quesoffer-to dove più infieriva la tempesta dell’errore oroffer-tografico – offer- toccan-tissimi esempi di quanto l’amore della patria perduta, duri nei più rozzi emi-grati. Foglietti di crassa carta stentatamente scritti da mano assuefatta alla marra, finiscono spesso colla esclamazione di Viva l’Italia. E certamente

questa è una manifestazione di patriottismo che noi preferiamo a qualsiasi al-tra più adorna ossia meno sincera (Ministero degli Affari esteri 1884: XXX). Similmente, circa gli italiani sparsi sulle coste del Mediterraneo e che non sa-rebbero rimpatriati, affermava:

Senonché, la voce dell’antica madre parla sempre in loro, e noi li ve-diamo affollati, per così dire, sulle sponde del Mediterraneo, quasi attendenti la nave che li debba ricondurre in patria. È una cintura di 270.000 italiani, che stendesi tutto intorno al fecondo bacino di cui potrebbe essere vigile custode e insieme fruitrice, mentre non è che spettante o strumento delle altrui mieti-ture (Ministero degli Affari esteri 1884: XL).

Probabilmente l’auspicato controllo italiano del Mediterraneo non era estraneo alla recente crisi diplomatica con la Francia per l’occupazione della Tunisia e al fatto che, in politica estera, Pisani Dossi era strettamente legato a Crispi.

Al Consiglio superiore di statistica (già Giunta centrale di statistica), presiedu-ta da Correnti e con Bodio nel ruolo di segrepresiedu-tario, la relazione di Pisani Dossi sol-levò la consueta polemica sulle cifre. Leone Carpi lamentò che non si fosse tenuto conto delle sue cifre rilevate per il 1871 con l’aiuto dei consoli, cifre che davano un numero di italiani all’estero ben superiore a quello del censimento ufficiale (da 432 mila a 478 mila), e segnalava anche che il fatto che le cifre dei paesi esteri fossero sistematicamente superiori a quelle rilevate dai consoli italiani dimostrava che il censimento era in errore per difetto. L’intento dello studioso emiliano era sempre quello di dimostrare quanto gravi fossero le cause dell’emigrazione di massa e le responsabilità che di esse aveva la classe dirigente e non senza ragione osservava che “Se non fosse la miseria la causa principale che determina la emigrazione ita-liana, ci sarebbe da allietarsi dell’ampiezza della nostra corrente migratoria” (Mini-stero degli Affari esteri 1884: 137-138). Il consigliere Attilio Brunialti, deputato vicentino di simpatie crispine e socio attivo della Società geografica italiana, la-mentava, da un lato, che le cifre accettate da Pisani Dossi e dal Consiglio superiore di statistica per i paesi latinoamericani erano inferiori a quelle suggerite per stima dai consoli e, dall’altro, che era venuto meno il quesito sulla conservazione della lingua italiana tra gli emigrati e che occorresse anche un’indagine speciale sull’influenza della cultura italiana all’estero che, a suo dire, era in regresso. Il se-natore Gerolamo Boccardo, economista liberista e statistico, raccomandava che i futuri censimenti degli emigrati si giovassero del concorso delle costituende came-re di commercio italiane all’estero, suggerimento che forse rivelava i noti intenti di espansione commerciale attribuiti all’emigrazione. Pisani Dossi, di fatto, accettò il consiglio ritenendo le camere di commercio un adeguato sostituto di quelle giunte di statistica da cui, come sappiamo, nel 1871 il Mae aveva sperato anche un ausilio all’espansione commerciale. Giovanni Florenzano, benché fosse stato anch’egli in precedenza autore di statistiche non ufficiali dei meridionali all’estero, difendeva il ricorso esclusivo alle statistiche ufficiali e il rifiuto, quindi, di quelle di Carpi. Ce-sare Correnti approfittava dell’osservazione di Florenzano e convinceva in modo

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 165-171)