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Le unità di rilevazione

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 81-86)

L’ EVOLUZIONE DEI CONTENUTI INFORMATIVI DEL CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE

3. Le unità di rilevazione

La definizione delle unità di rilevazione riveste enorme importanza, da una parte per il valore strumentale ai fini della rilevazione e dall’altra perché l’appartenenza delle persone alle famiglie o alle convivenze (o il coincidere di una singola persona con una famiglia) può essere considerata una particolare modalità riferibile alle persone stesse. Da non sottovalutare la portata della definizione che se ne dà in sede di censimento ai fini dell’interpretazione dei relativi dati numerici e delle distribuzioni prodotte.

Le unità di rilevazione del censimento della popolazione sono: la famiglia e la convivenza. Nel 2001 si aggiungono anche le persone singole, ovvero le persone che non costituiscono famiglia ai sensi del regolamento anagrafico (ad esempio

3 Si riporta, a titolo esemplificativo, l’elenco delle possibili ragioni di assenza temporanea dal comune del 1951: 1. affari, diporto, breve cura e simili; 2. baliatico (bambini dati a balia); 3. istruzione, riabilitazione, noviziato reli-gioso; 4. servizio militare di leva, di richiamo alle armi, di volontariato; 5. servizio statale all’estero; 6. missione fuori sede; 7. attività svolte continuativamente in comune diverso da quello ove è l’abitazione della famiglia, pur-ché coloro che si trovano in tali condizioni rientrino in famiglia almeno settimanalmente; 8. lavori stagionali o co-munque temporanei; 9. mancanza di sede fissa di lavoro; 10. imbarco su navi della marina militare o mercantile; 11. ricovero temporaneo in luoghi di cura o di assistenza, compreso il ricovero in istituto psichiatrici se dura da meno di tre anni; 12. detenzione in attesa di giudizio o condanna a pena inferiore a cinque anni o confino.

4 Sotto il profilo giuridico, il concetto di popolazione residente di un comune, cui si riferiscono le disposizioni normative del censimento, è quello stabilito dall’articolo 43 del Codice civile e dall’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 30 maggio 1989, concernente il nuovo regolamento anagrafico. La defi-nizione di popolazione presente, invece, deriva da fonti di natura non giuridica bensì statistica.

persone occasionalmente presenti nell’abitazione per motivi di studio, vacanze ec-cetera), rilevate a fini esclusivamente statistici(Istat 2006).

A partire dal 1951, contestualmente al censimento della popolazione viene ef-fettuato anche quello delle abitazioni; tuttavia, nel presente lavoro si focalizza l’attenzione solo sulle unità di rilevazione del censimento della popolazione, ri-mandando ad altri documenti eventuali approfondimenti sulle abitazioni (e sugli edifici).

Indispensabili ai fini dell’esatta individuazione delle unità di rilevazione sono le definizioni di famiglia e convivenza, nonché i concetti di residenza e assenza temporanea. Dal 1961, le definizioni e i concetti sono essenzialmente gli stessi adottati nel regolamento di esecuzione della legge n. 1228 del 24 dicembre 1954, sull’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 136 del 31 gennaio 1958 e applicati nelle varie rilevazioni statistiche e, dal 1991, sono quelli adottati nel nuovo regolamento ana-grafico (decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989).

3.1 La famiglia

Il concetto di famiglia recepito dalle definizioni censuarie non è rimasto immutato nel tempo nel senso che la definizione di famiglia ha subito delle modifiche da un censimento all’altro (Cortese 1985).

Nei primi due censimenti, la famiglia considerata a fini statistici era generica-mente definita in base al concetto della convivenza, cosicché essendo tale concetto valido sia per le famiglie che per le convivenze vere e proprie, fra le une e le altre non era operata alcuna distinzione. Per il terzo censimento fu fissata la “distinzione tra famiglie propriamente dette e convivenze sociali e la rilevazione portò all’accertamento delle famiglie presenti” (Cortese 1985).

Nei primi censimenti del XX secolo si cominciò a delineare la “famiglia di censimento”, corrispondente al concetto comune di aggregato di due o più persone, unite da vincolo di sangue o di affinità e conviventi sotto un medesimo tetto; la fa-miglia continuò comunque ad essere costituita dai membri presenti conviventi.5

128 Anche le persone che vivevano da sole, o perché non avevano una famiglia propria o perché, pur avendola, vivevano separati da essa, costituivano una famiglia a sé stante. A partire dal 1921, venne considerata come entità economica familiare di-stinta anche la persona che, da sola o con qualche congiunto, alloggiava presso una famiglia ma non partecipava alla vita in comune di questa. È il caso dei subaffittua-ri, che avevano soltanto l’alloggio nell’abitazione in cui venivano censiti.

Nel 1936, a differenza dei censimenti precedenti, a causa dell’assenza di nu-merosi capi famiglia impegnati in Africa orientale o nelle Colonie, si ritenne op-portuno considerare la famiglia residente tenendo conto dei membri residenti, a prescindere dalla loro presenza in famiglia al momento del censimento.

5128Andavano considerati come facenti parte della famiglia, anche coloro che abitualmente convivevano con essa, senza avere alcun vincolo di parentela, per ragioni di servizio (domestici), di lavoro (garzoni e simili), di im-piego (istitutori) e gli ospiti che nel giorno del censimento si trovassero presso la famiglia, avendo trascorso nell’abitazione la notte del censimento.

Nel 1951, i caratteri distintivi dell’unità demografica furono fissati con estrema precisione tanto che la definizione di famiglia restò immutata ai tre censimenti successivi risultando poi confermata dalle disposizioni legislative che in quegli anni regolamentarono la tenuta delle anagrafi della popolazione residente. L’accento fu posto – più esplicitamente rispetto al passato – sul re-quisito della convivenza abituale (un’economia unica, sia pure limitatamente alla sola alimentazione) oltre che su quello naturalmente della coabitazione (Cortese 1985).

In occasione del censimento del 1991 si registra una differenza sostanziale ri-spetto al passato nella definizione della famiglia. Si recepisce la definizione data dal nuovo regolamento anagrafico6

129 che si era posto il problema di porre un argine al proliferare delle “scissioni” di famiglia. A questo fine fu abolito uno degli ele-menti costitutivi della famiglia anagrafica del passato: la messa in comune del red-dito da parte dei singoli componenti. La condizione di unicità del bilancio (almeno per la parte delle entrate e delle spese destinate al soddisfacimento dei bisogni pri-mari della famiglia, quali l’alimentazione e i servizi dell’abitazione) era presente, accanto al vincolo di parentela o affinità e alla coabitazione, nella definizione di famiglia del censimento del 1981.7

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E così, ai fini del censimento, dal 1991 in poi, per famiglia s’intende la fami-glia anagrafica8

131 ovvero “un insieme di persone legate da un vincolo di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono ancora iscritte all’anagrafe della popolazione del comune medesimo)” (Istat 1993). Diventano così solo due le con-dizioni perché un insieme di persone costituisca una famiglia, ovvero che coabiti e che sia legato da uno di questi vincoli: matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o vincoli affettivi. Nel caso in cui manchi una delle due condizioni, la coabi-tazione o il vincolo, non si può parlare di unica famiglia.

Ruolo importante è svolto dal capofamiglia (o capo convivenza). Sin dal primo censimento era specificato che il capofamiglia doveva (aveva l’obbligo di) riempire il modello di rilevazione per sé e gli altri membri della famiglia o della convivenza. La definizione di “capofamiglia” è cambiata con il passare dei decenni; non è sem-pre facile per ciascuna famiglia sem-precisare la persona che ha questa qualifica, poiché la molteplicità e varietà dei casi impedisce di dare una norma distinta e comune per tutti. Talvolta il capofamiglia è stato definito “la persona che ha sopra di sé il cari-co della famiglia o che cari-come tale è cari-considerata, sia per vincari-coli del sangue, sia per altre ragioni” (come nel 1921), in altri casi “la persona considerata tale dalla fami-glia” (come nel 1951). E poi ancora “chi esercita la patria potestà, la tutela o chi ha l’amministrazione e la cura degli interessi della famiglia” (come nel 1961). Dal censimento del 1991, non si parla più di capofamiglia (a seguito della variazione

6129 Il nuovo regolamento anagrafico, a sua volta, recepisce il mutamento avvenuto nel Diritto di famiglia. Il nuovo diritto di famiglia (entrato in vigore nel 1975) ha assicurato la parità assoluta – l’uguaglianza giuridica – tra i coniugi e, quindi tra i genitori. Si veda: Rossi. 1978. La figura del capo famiglia alla luce della nuova legisla-zione in materia familiare. Atti XXIX Riunione scientifica Sis, Bologna.

7130 Un riepilogo sulle definizioni di famiglia ai censimenti dal 1861 al 1981 è presente nell’Appendice al lavoro di Cortese. 1985. Le modificazioni della famiglia attraverso i censimenti. Roma: Istat. (Annali di statistica).

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131 Prevista dall’articolo 4 del regolamento anagrafico, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 30 maggio 1989.

introdotta nella definizione di famiglia anagrafica) ma di intestatario del Foglio di famiglia che, preferibilmente, si identifica nella persona a cui è intestata la scheda di famiglia in anagrafe.

Già nel 1861 era contemplata la coabitazione di più famiglie: “quando in uno stesso appartamento convivessero più famiglie senza però fare un solo fuoco, si dovrà consegnare a ciascuna di esse una scheda separata” (Ministro d’Agricoltura, industria e commercio 1864). Pertanto, se più famiglie avevano l’abitazione in co-mune si dovevano compilare fogli separati per ciascuna di esse, richiamando su ogni foglio il numero d’ordine del foglio dell’altra o delle altre famiglie. L’attenzione era posta non sulla convivenza ma sulla coabitazione: famiglie che mangiavano insieme passavano da coabitanti a conviventi e se la convivenza era abituale a fini censuari dovevano essere considerate come un’unica famiglia, men-tre nuclei familiari coabitanti ma non conviventi, cioè con economie separate, co-stituivano altrettante distinte famiglie, anche se sussistevano vincoli di parentela o affinità (1951). Nel 1991, con la variazione nella definizione di famiglia, viene meno il vincolo della messa in comune del reddito e la compresenza sotto lo stesso tetto dovuta a ragioni economiche di persone non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, tutela, affettività, porta all’individuazione di più famiglie, una principale e le altre coabitanti. La famiglia principale è quella che occupa l’abitazione a maggior titolo, perché proprietaria o intestataria del contratto; nel ca-so di famiglie coabitanti che occupano l’abitazione allo stesca-so titolo, viene conside-rata famiglia principale quella che occupa l’abitazione da più tempo o che ne occu-pa la maggior occu-parte.

Dal 1881, anno in cui si comincia a stabilire una distinzione tra famiglia e convivenza, è lasciata facoltà alle famiglie che facevano vita in comune con altre, di compilare ciascuna una scheda distinta e agli individui che vivevano isolati in camere ammobiliate in affitto oppure si trovavano in un albergo o locanda, di iscri-versi su una scheda di famiglia diversa da quella del padrone di casa, dell’albergo o della locanda. La novità riguarda prevalentemente le famiglie che vivono in convi-venza, ad esempio le famiglie che abitano stabilmente in esercizi alberghieri: non devono essere considerate tra i membri della convivenza ma rilevati con fogli di famiglia. Un altro caso speciale è quello dei proprietari o conduttori, dei direttori di alberghi o di convivenze di qualsiasi specie nonché delle altre persone appartenenti al personale amministrativo di servizio, di assistenza, di custodia eccetera, i quali, se abitano con la famiglia propria nei locali della convivenza o, anche da soli, in locali separati nell’ambito della convivenza, devono compilare un proprio Foglio di famiglia distinto da quello della convivenza.

Sin dal 1871 si fa menzione di particolari gruppi di persone e vengono fornite indicazioni su come devono essere censiti.

La numerazione di tutti coloro che la notte del censimento si trovassero nelle miniere o cave, ovvero in capanne, o sotto tettoie o tende, o all’aria aperta, o, più generalmente in qualsiasi luogo che non si possa chiamare fo-colare od abitazione ordinaria, sarà fatta alla mattina dopo la data di riferi-mento della rilevazione, da Commessi a ciò specialmente incaricati dalle Commissioni locali di censimento, mediante le schede ordinarie di famiglia (Ministero di Agricoltura, industria e commercio 1871).

Dal 1921, per coloro che non avevano un domicilio e che di solito passavano la notte sotto i portici di edifici pubblici, nei sottoscala di case private o dovunque potessero essere meglio al riparo dalle intemperie, l’Ufficiale di censimento doveva recarsi in quelle località che notoriamente offrivano asilo ai cosiddetti “senza tetto” nelle ore in cui era più facile trovarli, per raccogliere da essi le risposte ai quesiti. Man mano il “censimento dei senza tetto” (come è stato definito fin dal 1931) vie-ne perfezionato vie-nella conduziovie-ne mentre lo strumento per la rilevaziovie-ne è lo stesso modello utilizzato per le famiglie. L’Ufficio di censimento comunale prepara la ri-levazione individuando i luoghi in cui solitamente vivono queste persone, coinvol-gendo tutti i rilevatori nella fase di ricognizione della propria sezione di censimen-to, con l’aiuto anche di associazioni di volontariato che mantengono più di ogni al-tro contatti con queste persone e rappresentano un valido supporto sia per indivi-duarle che per raccoglierne notizie attendibili. I senza tetto sono le persone che non dimorano né in abitazione né in altro tipo di alloggio. Al fine di evitare duplicazio-ni, la rilevazione dei senza tetto viene eseguita nella notte del censimento, contem-poraneamente su tutto il territorio comunale. La compilazione dei fogli di famiglia viene fatta dal rilevatore (senza consegnare i modelli) sulla scorta delle notizie for-nite dai “senza tetto” e dei documenti esibiti dagli stessi.9

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3.2 La convivenza

Già nel 1861, articoli del regolamento di censimento davano “disposizioni per la certificazione censuaria degli istituti pubblici, dei corpi collettivi (collegi, convit-ti, conservatori, seminari, comunità religiose maschili e femminili, guarnigioni, ospedali, reclusori di poveri, ospizi, luoghi di pena, eccetera), dei viaggiatori, che alloggiano nelle locande e negli alberghi, dei militari non accasermati, dei marinari, barcaiuoli, navicellai, che sotto bandiera nazionale od estera, militare o mercantile, avessero trascorso la notte del censimento a bordo dei rispettivi legni nelle rade e porti dello Stato, o sui laghi, canali e fiumi navigabili” (Ministro d’Agricoltura, in-dustria e commercio 1864).

A partire dal 1901, le istruzioni si differenziarono: il censimento della gente di mare fu effettuato a cura degli uffici di porto; il personale diplomatico e consolare di stati esteri, gli ufficiali, marinai e altro personale a bordo delle Regie navi, fuori dalle acque territoriali del Regno e le Regie truppe all’estero, furono censiti dai Ministeri degli affari esteri, della marina e della guerra; le persone alloggiate in al-berghi, locande, pensioni/camere ammobiliate furono iscritte nel modello dai pro-prietari o conduttori considerati come capi famiglia,10

133 come anche le persone rico-verate in istituti pubblici o privati di beneficenza o di assistenza e quelle apparte-nenti ad altre convivenze (come i militari e le guardie alloggiati in caserme, le per-sone che vivono in collegi, educatori, ritiri, seminari, case religiose, gli operai

9 Dal 1951 l’indicazione fornita agli uffici di censimento comunale è di iscrivere i senza tetto del comune in una sezione fittizia (estesa a tutto il territorio del comune) contraddistinta dal numero successivo a quello della se-zione con il numero più alto. A partire dal 1961 per le persone senza fissa dimora viene considerato comune di residenza quello di iscrizione anagrafica.

10 Qualora famiglie o gruppi di persone desiderassero fornire le notizie richieste per il censimento in un foglio distinto da quello della famiglia dell’albergatore, bisognava richiedere al “commesso” i fogli di famiglia neces-sari a soddisfare tale desiderio.

loggiati in stabilimenti industriali, o attendati per lavoro all’aperto, i detenuti nelle carceri giudiziarie, nei riformatori, nelle case di pena e simili).11134

Dal 1951 in poi, le convivenze militari dipendenti dai Ministeri della difesa e dell’interno sono state censite a cura dei ministeri; le persone imbarcate su navi mercantili italiane e straniere dalle capitanerie di porto. Per gli agenti diplomatici e consolari di nazionalità straniera, consegna e ritiro dei fogli di censimento sono a cura rispettivamente del Ministero degli affari esteri e delle prefetture.

Dal 1961, a seguito dell’approvazione del regolamento anagrafico, viene defi-nita la convivenza (ai fini del censimento) come un insieme di persone che, senza essere legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità e simili, conducono vita comune per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili.12

135 Si

considera capo convivenza colui che normalmente amministra la convivenza stes-sa. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente sono considerate membri della convivenza purché non co-stituiscano famiglia a sé stante. Da questo censimento in poi, particolare importan-za assume la suddivisione delle persone che vivono in convivenimportan-za tra membri per-manenti e membri temporanei. I membri perper-manenti sono coloro che hanno dimora abituale nella convivenza (sono inclusi anche coloro che sono addetti alla convi-venza per ragioni di impiego o di lavoro, purché non costituiscano famiglia a sé stante) mentre gli altri vengono considerati temporaneamente presenti.

Nel 2001 si specifica che le convivenze anagrafiche costituiscono un sotto-insieme delle convivenze da censire;13136infatti ai fini del censimento sono conside-rate convivenze anche altre tipologie di convivenza che, nella maggior parte dei ca-si, ospitano solo persone non dimoranti abitualmente: è il caso, ad esempio, degli alberghi o di alcuni ospedali.

4. I modelli di rilevazione dal 1861 al 2011: dalla Scheda di censimento al Foglio

Nel documento I censimenti nell’Italia unita (pagine 81-86)