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Il centrosinistra organico e il tentato ritorno ad una programmazione indicativa

3. GLI ANNI SESSANTA: PROGRAMMAZIONE NAZIONALE SENZA PIANIFICAZIONE REGIONALE

3.4 Il centrosinistra organico e il tentato ritorno ad una programmazione indicativa

testimoniava la volontà del leader democristiano di inserire Di Nardi all’interno di una cerchia di suoi stretti consulenti, che avrebbero dovuto ispirare la politica di programmazione economica del suo governo nel quadro del nascente centro-sinistra organico.

3.4 Il centrosinistra organico e il tentato ritorno ad una programmazione indicativa

Sotto il profilo politico fino all’inizio degli anni Sessanta Di Nardi era stato vicino agli ambienti democristiani, ai quali doveva le nomine nei vari istituti pubblici e nelle commissioni presso cui aveva operato. Tuttavia, non aveva mai fatto parte di nessuna cerchia di potere. Questo limite fu valicato con l’emergere della figura di Aldo Moro, divenuto segretario della Dc nel 1959. La sua corrente proponeva politiche riformiste, l’avvio della programmazione economica, la costituzione delle regioni, il prolungamento dell’interveto straordinario nel Mezzogiorno. Tutti obiettivi che si accordavano perfettamente con l’indirizzo di Giuseppe Di Nardi. Ma nel consolidare il rapporto tra Di Nardi e Moro contarono probabilmente anche fattori biografici. Entrambi erano pugliesi e la Puglia costituì un importante «laboratorio» per Moro422. Inoltre nel 1963 i due sarebbero diventati anche colleghi alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma, dopo il trasferimento di Moro dall’Università di Bari (altro elemento in comune). Di Nardi entrò così nella cerchia degli esperti di politica economica consultati da Moro, prendendo parte alla discussione sul programma elettorale della Dc per le elezioni del 1963. Quelle che avrebbero dato vita al primo governo di centrosinistra organico e dunque avvio ad uno dei capisaldi

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«Carissimo Moro, ho avuto un lungo colloquio con l’on. D’Angelo [Presidente della Regione Sicilia]. Ho fatto del mio meglio per corrispondere al tuo cortese invito; ma non ho potuto assumere con l’on. D’Angelo l’impegno di partecipare personalmente e attivamente al Comitato per il piano [di sviluppo della Sicilia], che egli vuole costituire. Mi corre l’obbligo di dirtene brevemente le ragioni. In questo momento io devo far fronte all’impegno con la Cassa per il Mezzogiorno; devo dare una mano all’iniziativa dell’on. Colombo per unificare il metodo e per controllare la elaborazione dei piani regionali; devo assolvere, come ho sempre cercato di fare con diligenza, i miei obblighi di insegnamento verso una scolaresca sempre più numerosa e sempre più esigente […]»; Afus, Adn, busta 67, lettera di Giuseppe Di Nardi ad Aldo Moro dell’8 dicembre 1961. Evidentemente incalzato dal Presidente della Regione >Sicilia, Moro prova ad insistere affinché Di Nardi accetti l’incarico «Caro Di Nardi, so che l’amico D’Angelo, Presidente della Regione Siciliana, ti ha chiesto di occuparti a fondo del piano per lo sviluppo economico della Sicilia. So che sei molto occupato: vorrei però dirti che sarei anch’io molto contento se potessi accettare di offrire la tua preziosa collaborazione agli amici siciliani. Approfitto dell’occasione per inviarti i miei più fervidi auguri e vive cordialità»; Ivi, lettera di Aldo Moro a Giuseppe Di Nardi del 28 dicembre 1961. Di Nardi prese poi parte ad una tavola rotonda organizzata dal Ceres a Palermo il 18 aprile 1962 e dedicata al Piano di sviluppo siciliano presentato il 7 marzo 1962. Al dibattito intervennero, tra gli altri, Barbaro Lo Giudice, presidente del gruppo Dc all’Assemblea regionale, Corallo, presidente del gruppo socialista all’Assemblea regionale siciliana, l’assessore per lo sviluppo economico Bino Napoli, La Loggia, presidente della Commissione speciale per il piano, l’assessore all’Agricoltura Fasino, Morello direttore dell’Isida, Claudio Majorana presidente dell’Irfis, il direttore del Sofis Domenico La Cavera l’on Scalia, il presidente della Regione Sicilia D’Angelo. Significativamente, non parteciparono esponenti del Pci e della Cgil. Afus, Adn, busta 34, fascicolo 291.

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F. Pirro, Il laboratorio di Ado Moro. Dc, organizzazione del consenso e governo dell’accumulazione in Puglia

dell’alleanza tra Dc e Psi: la politica di programmazione423.

La scelta di coinvolgere Di Nardi era particolarmente significativa. Egli era il sostenitore di una programmazione indicativa, un indirizzo che abbiamo visto essere proprio del centrismo e superato nel momento in cui con il governo Fanfani IV la Dc cominciò ad aprire al dialogo sulla formazione di un governo con i socialisti. Proprio ora, quando si stava per formalizzare l’alleanza di governo, e mentre Saraceno guidava ancora la Cnpe, Moro, prefigurando un ministero del Bilancio affidato ad un socialista, innestava la retromarcia. Oltre al coinvolgimento che ora esamineremo di Di Nardi, portiamo altri due elementi a supporto di questa tesi. Il primo è lo stato di isolamento all’interno della Dc in cui Saraceno si trovò a concludere i lavori della Cnpe424. Il secondo elemento è che Di Nardi fu coinvolto nel dibattito interno alla cerchia Moro sulla redazione del programma elettorale da Mario Ferrari-Aggradi, cui spettava il compito di definire la posizione della Dc in materia di programmazione economica425. Ricordiamo come Ferrari Aggradi avesse preso parte alla redazione dello Schema Vanoni, che traduceva una idea di programmazione economica indicativa. Si trattava di una impostazione che aveva mantenuto e che è ben visibile nel suo volume Perché una politica

di programmazione? pubblicato proprio nel 1963, in cui sono evidenti punti di contatto con

l’indirizzo di Di Nardi426. In questo modo, tra gli economisti consultati da Moro, assumeva dunque

423 Della possibile costituzione di un centro-sinistra si cominciò a riflettere dalla seconda metà degli anni Cinquanta in

concomitanza con la realizzazione del boom economico, che rendeva necessarie l’adozione di politiche riformiste e dunque il superamento dello schema di governo centrista. Si trattava di anni in cui tra l’altro il Psi, a seguito della condanna dei crimini di Stalin e della repressione della insurrezione in Ungheria (entrambi nel 1956), aveva cominciato una politica di marcamento dalle posizione del Pci. Nel frattempo la nuova alleanza riceveva il consenso anche della Chiesa guidata da Giovanni XXIII e dell’amministrazione Kennedy. A livello comunale, già a seguito delle elezioni amministrative del 1960, furono sperimentate le prime alleanza tra Dc e Psi a Milano, Genova, Firenze, Venezia e altri centri minori. Nel gennaio 1962 Moro vinse l'VIII Congresso della Dc tenuto a Napoli sulla base di una cauta apertura al Psi. Nella primavera successiva si procedette alla formazione di un governo guidato da Fanfani con la partecipazione diretta di Dc, Psdi e Pri e l’appoggio esterno del Psi. Giunta a scadenza la terza legislatura, nel febbraio 1963 il presidente della Repubblica Segni sciolse le camere ed indisse nuove elezioni per il 28-29 marzo 1963. Da queste elezioni doveva nascere il centrosinistra organico, con l’effettivo ingresso del Psi nella compagine di governo. Sull’esperienza del centrosinistra cfr. P. Nenni, Gli anni del centro sinistra. Diari 1957-1966, Sugarco, Milano 1982; V. Spini, I socialisti e la politica di piano (1945-1964), Sansoni, Firenze 1982; G. Tamburrano, Storia e cronaca del

centro-sinistra, Rizzoli, Milano 1990; Y. Voulgaris, L’Italia del centrosinistra (1960-1968), Carocci, Roma 1998.

424 Il 24 dicembre 1963 Saraceno scriveva a Moro, appena divenuto presidente del Consiglio, confessando «l’assoluto

isolamento nel quale continua a svolgersi nel partito il mio lavoro»; Cfr. C. Cristiano, Come si fa politica di

programmazione. Pasquale Saraceno e i lavori della Commissione nazionale della programmazione economica, cit. p.

282, nota 2.

425 Lo si evince dalle trattative per la formazione del governo di centrosinistra ricostruite da Tamburrano, quando, con

riferimento ai negoziati che si sarebbero svolti nel giugno successivo, ed in particolare con riferimento alla notte tra il 16 e 17 giugno quando «si rese necessario buttare giù dal letto Ferrari-Aggradi per chiedergli spiegazioni circa la parte relativa alla programmazione»; G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, cit., p. 242. Ferrari Aggradi sarebbe stato poi ministro dell’Agricoltura nel primo governo Moro, dovendo cedere la poltrona del Bilancio, cui afferiva la programmazione economica, ad un socialista, che sarà Antonio Giolitti.

426 Nella visione di Ferrari-Aggradi attraverso la politica di programmazione «lo Stato viene così ad adempiere una

funzione dinamica di coordinatore e di interprete del benessere collettivo della società, ricorrendo all’ausilio di strumenti di intervento atti a rendere compatibili le scelte dei singoli con quelle generali della collettività. Lo Stato, cioè, può e deve intervenire per coordinare l’azione degli operatori verso i fini di interesse generale che sono stati assunti come obiettivi della politica economica, nonché per evitare eventuali abusi, ovvero per impedire che le scelte degli operatori non si armonizzino o, addirittura, contrastino con i fini fissati»; M. Ferrari-Aggradi, Perché una politica

preminenza il gruppo dei fautori di una programmazione indicativa.

Di Nardi cominciò a lavorare al documento probabilmente il 24 gennaio 1963, quando ricevette da Ferrari Aggradi il programma della Dc per il quinquennio 1958-1963, certamente come base su cui impostare un discorso relativo al quinquennio successivo427.

Nella settimana successiva, fino al 31 gennaio, nell’archivio Di Nardi risultano una serie di appunti su quelle che dovevano essere le linee programmatiche di politica economica della Dc per il quinquennio 1963-68. Dalla modalità in cui sono redatti – una scrittura molto veloce e sintetica – è lecito pensare che fossero il frutto di scambi telefonici avuti probabilmente sempre con lo stesso Ferrari-Aggradi e, come si evince dal riferimento ad una riunione del comitato dei ministri svoltasi il 31 gennaio 1963 in «via Boncompagni 30», probabilmente anche dalla partecipazione ad alcune riunioni del Consiglio dei ministri428.

Le annotazioni di Di Nardi individuavano una serie di aspetti nodali di cui tener conto per favorire lo sviluppo economico e sociale ed a partire dai quali l’economista pugliese passò alla redazione del suo documento429.

dello Stato ricorda il passo in cui Di Nardi conteneva il compito della programmazione in una azione di «guida» degli operatori privati. Inoltre, sempre in armonia con le posizioni di Di Nardi, Ferrari-Aggradi sottolineava come la programmazione economica dovesse armonizzarsi con l’esigenza della stabilità monetaria, presupponendo dunque una limitazione dell’impiego sociale del reddito, che invece caratterizzava l’orientamento di Saraceno: «Altro problema fondamentale, che condiziona tutta la politica di piano e ne garantisce la concretezza, è quello dell’adeguamento dei mezzi finanziari ai fini che si intende perseguire. A tale problema di fondo si ricollega direttamente la stessa stabilità

monetaria che costituisce il presupposto essenziale per uno sviluppo sicuro e permanente dell’economia di un Paese.

Nel perseguire la stabilità monetaria sta l’intendimento di garantire con il mantenimento del valore della moneta, le condizioni perché non si determinino processi inflazionistici tali da turbare il rapporto salari-prezzi e da incidere sulla formazione del risparmio monetario»; Ivi, p. 153. Infine, Ferrari-Aggradi riconosceva il collegamento tra programmazione nazionale e programmazione regionale affermando che «piano nazionale e piano regionale, quindi, si integrano l’un l’altro, correggendosi e dimensionandosi a vicenda, ed ambedue permettono non solo una più efficiente e qualificata politica di sviluppo, ma anche una maggiore stabilità del sistema economico nel suo complesso, in quanto contribuiscono, come si è detto, a conciliare ex ante i piani pubblici e privati, e, pertanto, ad attenuare anche le fluttuazioni economiche»; Ivi, p. 171. Anche qui è semplice leggere la posizione di Di Nardi, di cui infatti a p. 168 è esplicitamente richiamato lo scritto Prologomeni ai piani di sviluppo regionale.

427 Afus, Adn, busta 67, fascicolo 460, copia del programma elettorale della Dc per il periodo 1958-1963, inviato il 24

gennaio 1963 da Ferrari Aggradi a Di Nardi.

428 Ivi, appunto senza data, risalente comunque alla settimana 24-31 gennaio 1963.

429 Un appunto indicava la necessità di mantenere elevato il tasso di sviluppo; valorizzare i talenti; ammodernare lo

Stato attraverso la costituzione di un organo di programmazione, attuare le regioni a statuto ordinario e mantenere un indirizzo di politica economica misto tra pubblico e privato. Ivi, altro appunto senza data, risalente comunque alla settimana 24-31 gennaio 1963. Un altro appunto si focalizzava sui problemi che rimanevano al centro dell’attenzione della politica economica della Dc. Alcuni di vecchia data: l’agricoltura e il mondo rurale, lo sviluppo del Mezzogiorno. Alcuni nuovi: la casa, la scuola. Altri di tipo strettamente economico: i monopoli, gli enti pubblici. Lo stesso appunto proseguiva segnalando la necessità di «formulare il progr[amma] in questi termini: concentrare tutto sul probl[erma] econ[omico] e soc[iale]. Cosa si è fatto nel dopoguerra: due parti: 1° i risultati 2° le scelte dicendo in questo caso ciò che si è fatto e ciò che si è evitato. Quali sono i probl[emi] che rimangono: trovare una formula che affermi la progr[ammazione] come conseguenza di una azione già iniziata e che bisogna completare. I probl[emi] da risolvere sono i vecchi: insuff[icienza] dello svil[uppo] e squil[ibrio]. I nuovi probl[emi] connessi con le trasformaz[ione] della società in via di svil[uppo] sono probl[emi] sociali ed umani. Non tutto è risolvibile: necessità di procedere a scelte. In relaz[ione] al peso che diamo all’uomo, si risolvono le scelte. Il metodo: respingiamo la collettivizz[azione] e l’automatismo. Accett[iamo] la programm[azione]. Chiarire in termini cauti cosa si intende per progr[ammazione]. Azioni da compiere: az[ioni] di rif[orme] strutturali: P.A., scuola ecc. Politica di questo tipo è politica di civiltà». Ivi, terzo appunto senza data, risalente comunque alla settimana 24-31 gennaio 1963.

Esso si apriva con un ampio preambolo relativo alla concezione dello Stato democratico, del modello economico che doveva ispirarlo e dei progressi registrati dall’Italia fino a quel momento430.

430 «Alla vigilia di una nuova consultazione elettorale la D.C. sente il dovere e la necessità di riaffermare la propria

fedeltà al passato e l’impegno di continuare, nel prossimo quinquennio, quella politica di rinnovamento, che affronti, con capacità e strumenti adeguati i nuovi problemi della società garantendo, nella pace e nella libertà, un crescente ed armonico progresso politico, sociale e civile del Paese. La D.C., consapevole della odierna validità dei propri ideali politici, rivendica, come segno di distinzione del regime democratico, la libertà politica e, quale segno di riconoscimento e impegno di onore di tutti gli uomini veramente liberi, il rispetto del metodo della libertà. Impegno del partito rimane quello di dare un contributo alla libertà per rendere effettiva, nel godimento dei beni dell’economia e della cultura, la partecipazione di tutti allo sviluppo della società. In questa visione la D.C. ha agito nei venti anni della sua vita per realizzare uno Stato realmente democratico nel quale, la graduale impostazione e risoluzione dei problemi, consentisse il rapido superamento delle opposizioni tra classe dirigente e masse popolari. In particolare, la D.C. vede nello Stato democratico uno strumento indispensabile per la libera attuazione della giustizia nella società attribuendogli il preciso dovere di intervenire con le leggi e con l’azione solidale della collettività per fini di giustizia e di tutela della dignità umana. Tenendo ferme queste prospettive, la D.C. guarda al passato con legittima fierezza. I governi di cui essa ha portato la massima responsabilità hanno guidato il Paese, dalle rovine della guerra, alla rinascita e alla ricostruzione prima, e in seguito, su posizioni che possono essere definite di avanguardia e di riferimento nei confronti della politica e dell’economia di molti paesi europei. La disoccupazione e la sottoccupazione, che fino a pochi anni or sono tenevano in stato di avvilimento e di sfiducia larghi strati della popolazione, sono ora in rapida e completa sparizione. L’industria italiana, una volta timorosa dei confronti internazionali dai quali l’aveva protetta il regime d’autarchia, entra oggi apertamente e con successo in competizione con l’industria dei paesi più progrediti. Gli squilibri sociali ed economici, e particolarmente quelli esistenti nel Mezzogiorno d’Italia, sono in costante e visibile attenuazione. Mentre la crescita economica e civile interessa, pur negli inevitabili assestamenti di strutture e di settori, l’intero paese, la società italiana può affrontare oggi, per la prima volta, il dibattito sulle riforme della struttura dello Stato, rivolte alla effettiva e generale partecipazione popolare al governo della cosa pubblica. La D.C. guarda quindi al futuro con coraggio e serenità. Il processo di sviluppo del Paese, che è visibile agli occhi di tutti i cittadini, ed è riconosciuto da Stati con larga e proficua tradizione democratica, ha lasciato scoperti dei problemi non ancora risolti e ne ha creati di nuovi. Ma di fronte ai vecchi problemi non ancora risolti e ai nuovi che si presentano, la D.C. ha oggi maggiore esperienza, un’economia più forte, una società più fiduciosa. La D.C. è consapevole, perché capace di comprendere le trasformazioni in atto, che il livello di progresso civile ed economico raggiunto dal Paese impone un adeguamento degli strumenti politici; sia di quelli relativi alla organizzazione dello Stato, sia di quelli relativi all’organizzazione dell’economia e di una più articolata vita sociale. Questa esigenza di rinnovamento è il segno stesso del progresso e non chiede nessun rinnegamento né rifiuto del passato. La D.C. affronta questa esigenza di progresso mantenendo la sua concezione di superamento nella continuità. Soprattutto, la D.C. mantiene inalterata la sua concezione cristiana del progresso sociale. Ciò significa il cammino verso una società che organizza e accresce la propria forza politica ed economi[c]a per meglio garantire il libero sviluppo della personalità degli individui. È da questa concezione cristiana dell’ascesa economica, che accompagna e condizione il progredire degli individui verso le più alte forme di vita associata, che la D.C. attinge la consapevolezza necessaria per riconoscere e affrontare le esigenze di rinnovamento della sua azione politica. Ora sembra evidente alla D.C., e confermato dalle più significative esperienze dei paesi ad alto sviluppo economico, che i problemi economico-sociali che si pongono ad una comunità nazionale, con un grado di maturazione analogo a quello dell’attuale società italiana, non possono essere affrontati singolarmente, né episodicamente, ma richiedono invece di essere conosciuti, pensati e risolti in una visione d’insieme, secondo la scala di priorità che il popolo indica con le sue scelte politiche. Questa visione d’insieme comporta una condotta dello Stato, delle comunità locali e degli individui in cui la programmazione assume la funzione di strumento primario: essa deve essere considerata il mezzo che consente, in una visione unitaria della società e con l’apporto di tutte le forze, la scelta ragionata degli obiettivi di progresso economico-sociale ed un comune impegno a perseguire, nei tempi e nei modi necessari, tali obiettivi. Lo Stato democratico dovrà rispettare i diritti naturali dell’uomo e della famiglia e considerare le autonomie locali, sindacali, culturali ed economiche come lo spazio vitale del cittadino. La nuova e auspicata società democratica si fonda sull’armonia delle forze che vivono in essa per indirizzarle alla realizzazione del bene comune, e sulla necessità di garantire gli individui contro ogni sopraffazione dei singoli o dei gruppi. Sono questi stessi principi, che ieri guidarono la rinascita democratica del Paese, a giustificare e a rendere indispensabile oggi la programmazione economi[c]a, per il corretto e armonico sviluppo della nazione. Proprio la ripresa e il nuovo slancio del Paese – con il quasi raggiunto pieno impiego, con il reddito crescente e l’espansione generale del sistema economico – consentono una più ampia partecipazione delle forze sociali allo sviluppo italiano. Così molte delle funzioni di cui lo Stato si è dato carico in passato possono oggi essere attribuite alle forze sociali per una diretta, più efficace ed agile gestione da parte degli interessati». Afus, Adn, busta 67, fascicolo 460, testo dattiloscritto senza titolo, destinato alla redazione della parte economica del programma elettorale della Democrazia cristiana del 1963, pp. 1-4.

Di Nardi passava poi ad indicare l’opportunità di una politica di programmazione economica che era chiaramente indicativa, perché sottolineava più che l’intervento diretto dello Stato, l’obiettivo di coordinare l’attività dei privati e della società civile verso il raggiungimento dell’interesse collettivo

La politica di piano può in tal modo diventare la occasione di una larga collaborazione tra forze svolgenti ciascuna un ruolo definito e insostituibile in uno Stato democratico, e può, al tempo stesso, liberare nuove e vitali energie della società civile, per garantirne e accompagnarne lo sviluppo qualitativo.

Per la D.C. quindi la programmazione non è solo un fatto di moderna tecnica economica e politica, né tantomeno uno strumento oppressivo dell’uomo e mortificante le singole iniziative. È un atto di fiducia nella capacità degli uomini di scegliere le loro condizioni attuali e future. La programmazione perciò non si ferma all’iniziale e necessario fatto tecnico, opera degli specialisti di settore. Essa prende l’avvio da questi strumenti ma trova la propria validità e dignità allorché tutti i cittadini concorrono, a indirizzarla secondo i fini generali e naturali dell’uomo.

Per queste ragioni la D.C. pensa la programmazione come un’ampia operazione politica, con la quale tutto il