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Misure di prevenzione personal

6. Le classi di prevenzione

Abbiamo visto come, nel tempo, si è cercato di far sopravvivere il sistema preventivo e adeguarlo ai principi costituzionali, con attenzione al principio di legalità e determinatezza e alle garanzie giurisdizionali.

La legge n. 1423 del 1956 elencava all’art. 1 cinque classi di soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali; tale articolo è stato modificato con la legge n. 327 del 1988, che ne prevedeva soltanto tre.

Queste tre categorie sono rimaste immutate anche dopo il decreto legislativo n. 159 del 2011, Codice delle leggi Antimafia, che rappresenta la disciplina di riferimento per quanto riguarda la materia preventiva. l’art. 1 del decreto legislativo n. 159 del 201147, indica i

soggetti destinatari delle misure preventive applicabili dall’autorità amministrativa. Vi rientrano: chi debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dedito a traffici delittuosi; chi, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; chi, per il suo comportamento, sulla base di elementi di fatto, debba ritenersi dedito alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Si tratta di tre ipotesi di pericolosità generica, infatti, il legislatore ha descritto i destinatari delle misure, rimettendo all’autorità preposta il giudizio sulla sussistenza della loro pericolosità.

Sono state espunte dall’ordinamento le categorie degli “oziosi e vagabondi abituali validi al lavoro” e “coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume”, in quanto la percezione criminogena di tali

47 A. Martini, “Essere pericolosi, giudizi soggettivi e misure personali”, Giappichelli, Torino, 2017.

comportamenti, sul piano sociale, ha assunto, col passare del tempo, una connotazione diversa.

La tre categorie presuppongono un legame tra il soggetto e uno o più fatti di reato; la prima e la terza prevedono la “dedizione”, questa può essere definita non solo come reiterazione, ma proprio come una scelta impegnativa di dare, nella propria vita, un ruolo decisivo ad un determinato modello comportamentale.

Nella prima categoria si rinviene il termine “traffico delittuoso”, che implica una pluralità di atti, funzionalmente legati alla commissione di delitti; tali atti sarebbero, individualmente, irrilevanti penalmente, ma nella loro considerazione complessiva, costituiscono indizi di un modello di vita illecito del soggetto; questa categoria sembra quindi voler punire la tipologia di autore. Nella terza classe ci si riferisce alla dedizione a specifici reati, potenzialmente o concretamente lesivi di particolari beni. Il testo di quest’ultima categoria è stato integrato dall’art. 15 lett. a) del decreto legge n.14 del 201748, che fornisce un

criterio di interpretazione del concetto di elementi di fatto, attribuendo rilevanza alle “reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio […], nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa”; questa disciplina sembra che faccia conseguire l’appartenenza ad una classe di prevenzione, al mancato rispetto reiterato di precedenti misure di prevenzione. La seconda categoria comprendente i soggetti che si sospetta vivano, anche in parte, dei proventi di un’attività delittuosa, prevede una formula normativa indeterminata perché sembrerebbe creare un nesso con l’agire penale di coloro che forniscono quei mezzi di sostentamento necessari per chi li utilizza.

Inoltre, il fatto che il soggetto non provveda ai propri bisogni finanziari lecitamente deve essere fondata su elementi di fatto relativi alla condotta e al tenore di vita, senza determinazione normativa di ciò che potrebbe portare a tale convincimento.

L’art. 4 del decreto legislativo n. 159 del 201149 comprende i

destinatari delle misure di prevenzione applicabili dall’autorità giudiziaria; si tratta di soggetti con pericolosità qualificata, cioè legata a specifiche fattispecie criminose.

Tali misure hanno la loro nascita nella classe dell’art. 1 della legge n. 575 del 1965, vi rientrano: i soggetti che rientrano nell’art. 1 dello stesso decreto legislativo, ai quali possono essere applicate tutte la misure id prevenzione, ad eccezione del DASPO (divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive); coloro che sono indiziati di appartenere alle associazioni mafiose, ex art. 416 bis c.p., per essi sarebbe necessario un elemento di fatto che indichi il legame tra il soggetto e la vicenda criminosa, bastando il solo indizio, il legislatore attribuisce tale valore ad elementi ambigui; soggetti meramente indiziati di aver commesso uno dei reati previsti dall’art. 51, 3° comma bis c.p.p. (partecipazione ad associazioni per delinquere qualificate dalla natura dei reati di scopo; ogni delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. o per agevolare l’attività delle stesse associazioni mafiose; le associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti, al contrabbando o al traffico illecito di rifiuti) o il delitto previsto dall’art. 12 quinquies 1° comma del decreto legge n. 306 del 1992 (delitto di trasferimento fraudolento di valori); soggetti indiziati di aver agevolato gruppi o persone, che, a loro volta, hanno preso parte attiva, in più occasioni, a fatti di violenza sportiva di cui all’art. 6 della legge n. 401 del 1989, in questa stessa classe si aggiungono anche coloro che, avendo subito più DASPO, o per il comportamento tenuto e per il fatto di aver partecipato alle stesse manifestazioni di violenza, debba ritenersi che siano dediti alla commissione di reati che pongono in pericolo la sicurezza pubblica o l’incolumità delle persone “in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive”;

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coloro che, isolatamente o come parte di un gruppo, pongano in essere atti preparatori “obiettivamente rilevanti”, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di specifici delitti, o altri caratterizzati dalla finalità di terrorismo, anche internazionale, o a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue finalità di terrorismo internazionale; in tale caso si attribuisce “rilevanza atti pretipici di fatti criminosi, che, difettando indicazioni in contrario, devono però ritenersi provati”50; soggetti che hanno commesso atti diretti alla

ricostituzione del partito fascista, in base all’art. 1 delle legge n. 656 del 1952, “in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza”, tale modalità esprime la condotta concretamente offensiva; coloro che abbiano “fatto parte di associazioni politiche disciolte” in base alla legge n. 645 del 1952, per i quali si debba ritenere che, in base al comportamento successivo, continui a partecipare ad un’associazione politica di stampo fascista; soggetti che abbiano subito condanne penali per uno dei delitti previsti dalla normativa in materia di armi e che siano proclivi a commettere reati della stessa specie; soggetti quali, istigatori, mandanti e finanziatori di uno qualsiasi dei reati “indicati nelle lettere precedenti” dell’art 4 del decreto legislativi n. 159 del 2011; le tre condotte sono definite come figure tradizionali di concorrenti eventuali e il reato identificabile con le lettere da a) ad i), non deve essere stato integrato neppure come tentativo, altrimenti non si configurerebbe una misura ante delictum, ma in tal senso la norma “considera però esclusivamente i propositi di un agire inespresso, il cui stesso riscontro implica formulazione di vere e proprie illazioni”51, “le tre

50 A. Martini, “Essere pericolosi, giudizi soggettivi e misure personali”, Giappichelli, Torino, 2017.

51 A. Martini, “Essere pericolosi, giudizi soggettivi e misure personali”, Giappichelli, Torino, 2017.

condotte sono del resto assolutamente lecite e inespressive, sia pure in potenza, di una qualche pericolosità soggettiva”52.

Una classe speciale di soggetti cui può essere applicata la misura della prevenzione DASPO è descritta dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989: soggetti che hanno avuto pregresse denunce o condanne infraquinquennali per determinati reati; soggetti che hanno preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose; soggetti che hanno incitato, inneggiato o indotto alla violenza; soggetti indiziati, sulla base di “elementi di fatto”, di aver avuto, in Italia o all’estero, una condotta, individuale o di gruppo, “evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico”, in occasione di manifestazioni sportive.

Un’ulteriore classe di prevenzione è costituita dagli stranieri destinatari della misura dell’espulsione, statuita dal 2° comma, lett c) del decreto legislativo n. 286 del 1998, disposta dall’autorità amministrativa, vi sono sottoponibili gli stranieri che rientrano nelle classi degli artt. 1, 4, 16 del decreto legislativo n. 159 del 2011. Con il decreto legge n. 14 del 2017, convertito con modificazioni in legge n. 48 del 2017, è stata introdotta all’art. 10 del decreto legge, il divieti d’accesso ai luoghi, non per sanzionare un illecito, ma appunto per prevenire un “pericolo per la sicurezza”, che viene applicata ai soggetti che abbiano reiterato condotte previste dal 1° comma e dal 2° comma dell’art. 9 dello stesso decreto, il quale prevede l’ordine di allontanamento dai luoghi, che sembra doversi inquadrare come misura di polizia al fine di ripristinare la legalità. La misura di prevenzione in questione si applica ad una serie composita di soggetti, che per le più diverse ragioni, hanno interferito con la

52 A. Martini, “Essere pericolosi, giudizi soggettivi e misure personali”, Giappichelli, Torino, 2017.

fruizione di quei luoghi e quelle infrastrutture o “aree urbane”53 che il

legislatore vuole preservare.

Tale misura si applica anche a questi stessi soggetti che in aggiunta abbiano subito una condanna “con sentenza definitiva o confermata in appello, nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio”.

L’art. 13 del decreto legge n. 14 del 2017 racchiude soggetti che negli ultimi tre anni, hanno subito una condanna ex art. 73 del T.U. 309 del 1990, per la vendita o la cessione di stupefacenti, se i fatti sono stati commessi “all’interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in uno dei pubblici esercizi di cui all’art. 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287”. Ad essi il Questore può applicare il divieto d’accesso ai luoghi in base alle eventuali esigenze del destinatario della misura.

Come nelle altre misure di prevenzione, anche qui, si riscontra una certa indeterminatezza nella formulazione delle norme e la mancanza di convalida da parte del giudice, limitata solo ai casi più gravi.

53 “aree urbane su cui insistono scuole, plessi scolastici e siti universitari,

musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico”, art. 9, 3°comma, decreto legge n. 14 del