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La “riforma Orlando” e le proposte di modifica della disciplina delle misure di sicurezza

Misure di sicurezza personali.

8. La “riforma Orlando” e le proposte di modifica della disciplina delle misure di sicurezza

La c.d. “riforma Orlando”, dopo oltre due anni di lavori parlamentari è composta da un unico articolo con 95 commi, nel quale sono stati trasfusi tre progetti di legge approvati dalla Camera e i risultati della Commissione Canzio. Tale riforma21 ha toccato, tra gli

altri, anche la disciplina delle misure di sicurezza e dell’imputabilità, anche se, purtroppo, la legge n. 103 del 2018, che contemplava la revisione della definizione di infermità e della materia delle misure di sicurezza, non ha trovato alla fine attuazione.

La riforma, certamente, risente degli indirizzi della giurisprudenza nazionale e internazionale, e si propone di dare risposte alle esigenze di efficienza, alleggerimento del carico penale, semplificazione delle forme processuali, in funzione del principio di ragionevole durata del processo, più come garanzia oggettiva che come garanzia soggettiva. L’idea riformista di un efficiente processo penale ha portato a muoversi in uno spazio che ha tenuto ben poco in considerazione le garanzie processuali dell’individuo, anziché, come sarebbe opportuno, riconsiderare le fattispecie penali e quelle processuali, coniugando il nuovo volto degli illeciti penali e dei beni giuridici da proteggere con un giusto processo, che segua i principi e le garanzie di una visione moderna dell’ordinamento penale.

A seguito della delega parlamentare il Ministro della Giustizia Orlando, ha istituito una Commissione con l’incarico di redigere uno

21 G.L. Gatta, “La delega in materia di misure di sicurezza personali. Verso un

ridimensionamento del doppio binario”, in Dirittopenalecontemporaneo.it,

schema di decreto legislativo per modificare la disciplina delle misure di sicurezza e di assistenza sanitaria. I testi di tali lavori, conclusi nel dicembre 2017, sono stati tenuti riservati.

Nella legge delega il Parlamento ha formulato direttive molto vaghe e imprecise, senza individuare principi chiari e senza indicare i mezzi adeguati per raggiungere gli obiettivi.

Già da tempo, da più parti, si chiedeva un cambiamento radicale del sistema penale italiano, nel momento dell’esecuzione penale, (pensiamo al sovraffollamento carcerario), senza mai trovare soluzioni complessive, che partissero dalla riorganizzazione dell’apparato delle pene, presupposto per una migliore riforma dell’esecuzione. Anche la grave situazione all’interno degli OPG, evidenziata dalla Commissione Marino, era un’emergenza affrontata in modo superficiale dal legislatore, affrettando la chiusura di tali strutture, senza che ancora esistessero alternative strutture per la cura e la custodia degli infermi di mente.

Il Ministro della Giustizia ha predisposto l’organizzazione dei lavori degli “Stati Generali dell’Esecuzione Penale”, in 18 tavoli, tra i quali sono stati divisi i temi da affrontare. Il testo relativo alle misure di sicurezza e alla nuova definizione di imputabilità non è stato riportato in uno schema di decreto legislativo.

Il tavolo 11 degli Stati Generali22 ha proposto quattro interventi: il

primo riguarda i soggetti imputabili e vuole il superamento della casa di lavoro, che emargina i soggetti e non risponde alle esigenze

22 Tale Tavolo è stato coordinato dal Prof. Nicola Mazzamuto, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Messina. Il gruppo di lavoro era composto da Desi Bruno, Alessandro De Federicis, Ugo Fornari, Michele Miravalle, Francesco Patrone, Daniele Piccione, Angela Anna Bruna Piarulli, Nunziante Rosania, Massino Ruaro ed Emilio Santoro.

trattamentali. Nel caso di reati gravi e se c’è il pericolo di ricommettere reati di particolare gravità per i quali è previsto l’arresto in flagranza, viene applicata la libertà vigilata con un contenuto rivisitato, che possa essere personalizzata in base alla situazione soggettiva e oggettiva concreta. Solo nell’ipotesi di più violazioni delle prescrizioni, tale misura diverrebbe detentiva, da eseguirsi in strutture per la semilibertà o in ambito lavorativo e/o agricolo, ma per periodi di tempo limitati.

I criteri per l’accertamento della pericolosità sociale per i soggetti non imputabili vengono utilizzati anche per i soggetti imputabili. Infine si prevede l’eliminazione degli istituti di pericolosità qualificata della professionalità e della tendenza a delinquere, e l’abitualità a delinquere viene modificata, legandola a parametri più significativi. Inoltre viene abolita la misura di sicurezza per i fatti non preveduti dalla legge come reati.

Un’altra proposta riguarda i soggetti non imputabili, ritenendo che ci siano troppe valutazioni di non imputabilità e auspicando che queste ultime si riducano, per essere limitate a quei soggetti che soffrono di disturbi psicotici e di gravi disturbi della personalità, che necessitano di cura e terapie a breve e medio termine.

Il ricovero detentivo del soggetto non imputabili avviene solo in casi eccezionali; in tutti gli altri casi sono previste distinte aree di trattamento, in relazione alla gravità del reato commesso, improntate alle esigenze terapeutiche del soggetto, chiamate “misure giudiziarie di cura e controllo”.

La terza proposta riguarda un nuovo ordinamento per i servizi psichiatrici per pazienti giudiziari, che sia autonomi e non rinvii all’Ordinamento Penitenziario.

La quarta proposta propone di dare rilevanza ai disturbi della personalità, purché abbiano inciso concretamente sulla capacità di intendere o di volere e ci sia un legame causale tra disturbo mentale e condotta del reo.

I lavori del Tavolo 11 hanno però ribadito la sopravvivenza del doppio binario per i soggetti imputabili, nei soli casi dei gravi delitti previsti all’art. 407 comma 2, lett. a) c.p.p. Questa scelta, ad oggi, sarebbe dovuta essere abbandonata, in quanto, come detto sopra, in base all’art. 27 comma 3 Cost., la pena non ha più solo la funzione retributiva, ma anche una funzione rieducativa, che ben potrebbe rispondere alle esigenze che il codice del ‘30 riteneva dovessero essere riferite alle misure di sicurezza. Una volta abolite le presunzioni di pericolosità e con gli interventi della Corte Costituzionale prima e del legislatore poi, le misure di sicurezza sono sopravvissute a stento con l’applicazione oculata da parte dei magistrati di Sorveglianza, che con difficoltà hanno continuato ad applicarle, a causa del loro debole giustificazione razionale.

Perciò la legge delega n.103 del 2017, mantenendo in vita il “doppio binario” per i soggetti imputabili, lega la pericolosità del reo alla gravità del reato e agli indici presuntivi di gravità dell’art. 407 c.p.p. Sarebbe stato certamente più opportuna lasciare al passato il doppio binario, dato il fatto che già la pena risponde alle funzioni retributiva e rieducativa, mentre la misura di sicurezza non avrebbe più un

razionale e logico compito per i soggetti imputabili nel sistema penale.

Il tavolo 11, probabilmente, avrebbe dovuto, considerare, inoltre, la presenza nel nostro ordinamento delle misure di prevenzione, basate anch’esse sulla pericolosità sociale, e applicabili ad un vastissimo elenco di destinatari; per cui sarebbe stato auspicabile che le misure di sicurezza per i soggetti imputabili venissero abrogate e si lavorasse per delimitare le misure di prevenzione che finiscono per essere delle vere e proprie pene, dato il loro carattere fortemente afflittivo.

I lavori degli esperti del Tavolo 11 hanno previsto per i soggetti non imputabili, come detto sopra, l’applicazione di misure giudiziarie di cura e controllo, suddivise in tre aree in relazione al tipo e alla gravità del reato. È stata proposta l’abrogazione della casa di cura e di custodia (art.219 c.p.) per i soggetti semi-imputabili, prevedendo, per essi, un trattamento non coercitivo, più vicino all’affidamento terapeutico previsto per i tossicodipendenti.

Per quanto attiene al trattamento dei soggetti non imputabili, si è trovato un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di difesa della collettività con le esigenze di cura di tali soggetti.

Il sistema segregativo, contenitivo e di neutralizzazione non riesce a dare risposte positive in relazione al trattamento terapeutico e alla cura degli internati, soprattutto quando le misure si protraggono per un tempo indeterminato e in luoghi non consoni; perciò i giudici di cognizione e di sorveglianza devono avere un’ampia scelta riguardo le misure da poter adottare, collaborando con i servizi di salute

mentale, personalizzandole in base al caso concreto e con un limite temporale.

Per quanto riguarda i soggetti semi-imputabili, vi sono esigenze sia di cura che di difesa sociale; oltre l’abrogazione dell’art. 219 c.p., si è prevista una sanzione unica dove sia prevalente la funzione curativa.

Alcuni dubbi sono sorti relativamente al fatto che una tale sanzione, data la scarsa funzione punitiva, possa indurre i giudici a restringere ancor di più il riconoscimento della seminfermità, data la difficoltà di distinguere, per i reati più gravi, i comportamenti più crudeli dai disturbi mentali gravi che presuppongono il vizio parziale di mente. Lo stesso pericolo di riduzione del numero di soggetti a cui possa essere riconosciuta la semi-infermità è dovuto anche ai criteri stringenti per valutarne la sussistenza, così da rilevarla solo in casi molto vicini al vizio totale di mente. Inoltre qualche perplessità si può riscontrare nel fatto che il trattamento, per una periodo di durata, possa avvenire in carcere e quindi mettere a rischio la sua funzione di cura.

Sicuramente le elaborazioni e le soluzioni trovate dal Tavolo 11 dovranno essere valutate dal legislatore, ma creano alcune linee guida per una riforma delle misure di sicurezza che da tempo il sistema penale attende.

Capitolo III