• Non ci sono risultati.

OPG e profili di costituzionalità

Misure di sicurezza e infermità mentale

3. OPG e profili di costituzionalità

Dopo la riforma dell’ordinamento Penitenziario del 1975, venne varato il regolamento di esecuzione, il D.P.R. n. 431 del 1976 e si sollevarono dubbi di costituzionalità in relazione al principio fissato nell’art. 32 Cost. Il nuovo regolamento dettava una normativa specifica per gli internati, ma che sostanzialmente non cambiava quella del regolamento precedente (1931).

La terapia veniva accantonata in favore di mezzi di coercizione e di utilizzo della forza fisica; l’art. 13, comma 4 Cost. stabilisce che “è punita ogni violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”, certo il regolamento non ha recepito il contenuto di tale articolo. Inoltre, siamo lontani dal rispetto del 1° comma Cost. se pensiamo che le sanzioni disciplinari, che nel precedente regolamento erano previste solo per esigenze tecnico-sanitarie, ora possono essere applicate se secondo il sanitario “esista la sufficiente capacità naturale che consenta loro coscienza dell’infrazione commessa ed adeguata percezione della sanzione conseguente”25.

In relazione al 2° comma dell’art. 32 Cost., bisogna valutare se il trattamento del malato internato sia rispettoso della persona; in questa direzione ci si è mossi con l’abrogazione delle presunzioni di pericolosità sociale, per cui deve essere accertata la pericolosità periodicamente.

Negli OPG, come detto sopra, uno dei problemi, tra gli altri, era la multiforme classe dei soggetti destinati a tale misura; infatti, quest’ultima si utilizzava anche per casi non legati a pericolosità o in casi in cui non c’era un legame tra la commissione del reato e la malattia mentale o in casi in cui non c’era la prova del fatto

25 T. Padovani, “L’ospedale psichiatrico giudiziario e la tutela costituzionale della salute”, in Tutela della salute e diritto privato, Milano, Giuffrè, 1978.

commesso o non veniva accertata la presenza della malattia mentale. L’unica soluzione che si cercava per questi soggetti era la custodia. Col nuovo regolamento penitenziario, D.P.R. n. 230 del 2000 si è cercato di ridurre il numero degli internamenti negli OPG ai casi strettamente necessari e tenendo in considerazione i disturbi del soggetto, prevedendo l’istituzione di sezioni speciali all’interno del circuito carcerario; si salva la disciplina degli OPG sulla base del fatto che è stato commesso un reato che legittimerebbe il trattamento per esigenze di ordine pubblico.

La compatibilità di tale misura di sicurezza con il 3° comma dell’art 27 Cost. va valutata stabilendo se tale articolo si riferisca solo alle pene o anche alle misure di sicurezza; la Corte Costituzionale ha ritenuto che l’articolo si riferisse solo alle prime. Il convincimento che esclusivamente la pena abbia funzione retributiva sembrerebbe smentito dalle più moderne teorie sulla pena e sul sistema penale. In effetti, come detto nel precedente capitolo, le misure di sicurezza possono essere classificate come sanzioni penali, dato il loro carattere limitativo della libertà, la loro afflittività e la loro applicazione da parte del giudice penale all’interno del processo penale.

Compatibilmente con il dettato costituzionale, la funzione dell’ospedale psichiatrico giudiziario, dovrebbe essere quella di trattare i soggetti infermi di mente pericolosi, attraverso la cura dell’infermità, con la valorizzazione della funzione rieducativa e terapeutica; ma proprio lo scopo curativo non sembra essere soddisfatto da tali strutture, dove, piuttosto, risulta dominante l’aspetto custodiale.

Il nostro sistema penale, per i malati di mente che non delinquono, prevede, dopo la soppressione dei manicomi civili, un trattamento non custodiale e non segregante; in merito ad una violazione dell’art. 3 Cost., la Corte Costituzionale ha affermato che è ragionevole un

trattamento diversificato in quanto sono differenti le situazioni, dato che il malato di mente “comune” non ha commesso un reato26.

La Corte è tornata sul tema dell’ospedale psichiatrico giudiziario anche successivamente, con la sentenza n. 324 del 1998, in cui aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 222 c.p., che prevedeva l’applicazione della misura nei confronti dei minori infermi di mente, ritenendo che tale struttura non sia rispondente alle esigenze di cura e riabilitazione del minore; la Corte ha messo in generale in discussione lo stesso ospedale psichiatrico giudiziario sostenendo che “il legislatore, recependo le acquisizioni più recenti della scienza e della coscienza sociale, ha riconosciuto come la cura della malattia mentale non debba attuarsi se non eccezionalmente in condizioni di degenza ospedaliera, bensì di norma attraverso servizi e presidi psichiatrici extra-ospedalieri, e comunque non attraverso la segregazione dei malati in strutture chiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali”.

Anche la giurisprudenza di merito cercava una soluzione che potesse dare risposta alle esigenze sia terapeutiche che di controllo, escludendo la pericolosità sociale, tutte le volte in cui l’infermo di mente potesse essere controllato in strutture esterne, o attraverso percorsi terapeutici ambulatoriali, o attraverso i trattamenti sanitari obbligatori nei momenti di crisi; si trattava però di soluzioni che davano maggiore risalto alle esigenze di cura piuttosto che di controllo, con la conseguenza che vi era mancanza di controllo nei confronti di soggetti che era opportuno mantenere nel circuito penale, ma senza il carico dell’approccio custodiale.

Le sentenze della Corte Costituzionale n. 253 del 2003 e n. 367 del 2004, hanno dato un deciso colpo all’ospedale psichiatrico giudiziario, consentendo di applicare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, corredata di prescrizioni imposte dal giudice, non tipizzate, tutte le volte in cui la pericolosità

dell’autore, anche se sussistente, non sia tale da richiedere l’applicazione della misura custodiale.

Così la Corte Costituzionale, per sopperire alle mancanze di interventi legislativi relativi alle misure di sicurezza, è intervenuta per riequilibrare lo scopo difensivo della collettività e l’interesse terapeutico dell’infermo di mente.

Sebbene tali interventi abbiano avuto grande rilevanza, l’OPG ha continuato a svolgere il suo ruolo nei confronti dei soggetti non imputabili.