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La “riforma Orlando” per i soggetti non imputabili e semi-imputabili.

Misure di sicurezza e infermità mentale

10. La “riforma Orlando” per i soggetti non imputabili e semi-imputabili.

Abbiamo parlato nel precedente capitolo, della “riforma Orlando”, legge n. 103 del 2017, che ha previsto un considerevole ridimensionamento del sistema del “doppio binario” a vantaggio di misure a carattere riabilitativo e terapeutico col minor sacrificio possibile per la libertà personale, e in questo contesto si è occupata anche dei soggetti semi-imputabili e non imputabili.

Con tale riforma si prevedeva la ridefinizione della normativa sulle misure id sicurezza e una ridefinizione del concetto di infermità mentale, anche se, alla fine, l’idea riformista è rimasta sulla carta. Nonostante l’importanza delle materie che si volevano revisionare, il Parlamento, nella legge delega38, ha utilizzato espressioni vaghe e

indeterminate, senza indicare linee guida indicative e ferme, ma perseguendo generiche finalità di politica criminale.

La situazione doveva necessariamente mutare, e tale bisogno si fece sentire sempre più forte all’indomani della relazione della Commissione Marino, che aveva aperto una drammatica visione sulla situazione degli internati negli ospedali psichiatrico giudiziari. Data la mole di lavoro che aspettava gli “Stati Generali dell’Esecuzione Penale”, i diversi temi da affrontare sono stati divisi in Tavoli; il Tavolo 11 si è occupato delle misure di sicurezza e dell’imputabilità, anche se purtroppo, il testo di tale Tavolo, non è poi stato inserito in un decreto legislativo per la sua attuazione. La base da cui gli esperti sono partiti era rappresentata dai disegni di legge presenti in Parlamento, C-2798 e S-2067.

38 G. L. Gatta, “Riforma Orlando, la delega in materia di misure di

sicurezza personali. Verso un ridimensionamento del sistema del doppio binario”, in Dirittopenalecontemporaneo.it, fasc. 6 del 2017.

Per i soggetti non imputabili, partendo dalla considerazione che gli accertamenti di non imputabilità fossero eccessivi, si auspicava una loro riduzione, in modo che fossero valutati non imputabili solo i soggetti con gravi psicosi e gravi disturbi di personalità, nei quali sussiste una necessità di cura, escludendo, invece, coloro che presentano disturbi di personalità non gravi, per i quali non si configura un vizio di mente.

Si prevedono tre tipi di trattamento per l’infermo di mente, a seconda della gravità del reato commesso e con differenti trattamenti a seconda delle necessità terapeutiche del soggetto, previsti come “misure giudiziarie di cura e controllo”, distinte in misure obbligatorie di cura e controllo e Servizio Psichiatrico per Paziente Giudiziario (S.P.P.G.). Per tali Servizi Psichiatrici, la cui denominazione avrebbe dovuto sostituire quella di REMS, si prevedeva un ordinamento autonomo che ne valorizzasse la funzione curativa.

Inoltre si assegnava una maggiore rilevanza ai disturbi della personalità, che avrebbero potuto incidere sul riconoscimento del vizio di mente, se fossero di consistenza, gravità e intensità tali da poter incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere o se fosse presente un nesso causale tra tali disturbi e la commissione del reato; in mancanza di quei caratteri il disturbo di personalità non può rientrare nel campo dell’infermità.

L’equilibrio tra esigenze di cura e di difesa della collettività viene raggiunto con un particolare e giusto riguardo nei confronti della prima; il modello segregazionista per la cura degli infermi di mente viene ritenuto non rispondente alle esigenze di cura del soggetto infermo di mente soprattutto quando si protrae nel tempo e in luoghi non consoni a tale scopo.

Al giudice della cognizione e a quello di Sorveglianza vengono offerte misure da applicare in collaborazione con i servizi di salute

mentale competenti; le misure terapeutiche personalizzate devono essere limitate nel tempo per non trasformarsi in mascherate sanzioni penali.

Per i semi-imputabili si proponeva l’abolizione del sistema del doppio binario e l’introduzione di trattamenti terapeutico-riabilitativi e la possibilità di applicare misure alternative, sempre tenendo conto, però, dell’esigenza di difesa sociale. Si indicava al legislatore delegato la via verso la finalità curativa dei soggetti, già perseguita con la normativa riguardante il superamento degli OPG e delle CCC. Per tali soggetti, per cui continuerebbero a convivere le esigenze di cura e controllo, è stata proposta l’abolizione dell’art. 219 c.p. che prevede la duplicazione della sanzione detentiva, applicando la cura dopo l’esecuzione della pena, ed è stata presentata la proposta di una sanzione unica dove sia prevalente la funzione curativa e non quella punitiva.

Vi sono, però, alcune preoccupazioni riguardo la previsione di un trattamento più improntato alla cura per i semi-infermi di mente; infatti, poiché il riconoscimento del vizio parziale di mente è molto rigoroso, potrebbe portare ad una riduzione dei casi in cui viene riscontrato e relegarlo solo ai soggetti prossimi ai disturbi psicotici; inoltre, poiché si prevedono sanzioni improntate maggiormente a finalità curative, gli stessi giudici potrebbero non essere, nella pratica, particolarmente propensi ad applicarla, in specie nei reati di elevata gravità dove è difficile distinguere la presenza di un’infermità dai caratteri anomali della personalità espressi con la condotta criminosa; e il fatto che, almeno per un certo periodo di tempo, la misura sia custodiale, porta con sé le preoccupazioni che questo assorba, in effetti, la finalità curativa della sanzione.

Per i non imputabili, si prospettavano misure terapeutiche insieme a misure di controllo, da svolgere, ove possibile, fuori dal circuito carcerario, ritenendo la funzione custodiale come ultima istanza e

solo nei casi in cui non sia possibile utilizzare una misura alternativa che sia rispondente alle esigenze preventive senza sacrificare quelle curative.

La legge delega del Parlamento, auspicava, che la riforma rendesse le REMS, non solo, come già sono, strutture atte ad accogliere i soggetti non imputabili, ma anche coloro nei confronti dei quali è necessario accertare le condizioni psichiche, qualora le sezioni degli istituti penitenziari non siano idonei per i trattamenti curativi di tali soggetti.

Dunque, se per i soggetti non imputabili, si prevedeva una condivisibile maggiore attenzione per il loro trattamento terapeutico, per i soggetti semi-imputabili, permaneva la difficile conciliazione tra esigenze curative e punitive.

Si auspica che le proposte offerte dal Tavolo 11 possano essere trasfuse in legge per l’attuazione di una riforma che da tempo è attesa in tali materie.

11. Concludendo

Per fare in modo che gli infermi e i semi-infermi di mente possano usufruire del trattamento terapeutico-riabilitativo di cui necessitano devono essere rafforzate le strutture regionali che li accolgono, i servizi psichiatrici territoriali che predispongono i percorsi curativi personalizzati; i soggetti che, spesso, per tanti anni, sono stati internati in strutture strettamente custodiali, anche quando ormai era cessata la loro pericolosità sociale, devono essere posti nelle condizioni di riprendere in mano la loro vita, per quanto possibile, nei casi in cui non persista più una pericolosità tale da rendere necessario il loro internamento; i soggetti nei cui confronti l’unica soluzione rimane la misura custodiale, a causa della gravità della loro

infermità e dell’incompatibilità della stessa con misure alternative, devono essere trattati in modo decoroso e dignitoso, data la loro condizione, sì di autori di reati, ma soprattutto e in primis, di persone, che in quanto più “deboli”, uno Stato che si possa dire civile, deve assolutamente rispettare, senza rendere mai più possibile la visione degradante e svilente resa nota dalla Commissione Marino.

Capitolo IV