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ACQUISIZIONE E SVILUPPO DEL LINGUAGGIO

1.4 Disordini di acquisizione del linguaggio in età evolutiva

1.4.1 Classificazione e caratteristiche

La questione è di complessa trattazione e ciò è dovuto a due principali fattori. Il primo è costituito dalla natura stessa della capacità linguistica, la quale non rappresenta un insieme unitario, bensì è formata da più abilità e ognuna di esse può risultare deficitaria o ritardata. Il secondo invece è dovuto all’elevata variabilità individuale nei modi e nei tempi di apprendimento linguistico, anche in condizioni di sviluppo tipico del linguaggio.

Le difficoltà nel processo di acquisizione possono manifestarsi sia in combinazione con altre condizioni patologiche, che in forma isolata. Nel primo caso vengono definiti

Disturbi Secondari, perché considerati come l’effetto di un disordine primario, mentre

nel secondo caso prendono il nome di Specifici o Primitivi (Gullotta, 2010:7919). Dunque con la definizione di Disturbo Specifico del Linguaggio (Specific Language

Impairment – SLI – Leonard, 1998) (DSL, Chilosi, Cipriani, Fapore, 2002) si intende

indicare uno sviluppo linguistico compromesso in assenza di altri fattori quali: deficit sensoriali (ipoacusia), sindromi cromosomiche (es. Sindrome di Down, Sindrome di Williams20), danni neurologici, deficit cognitivi, Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (es. Autismo, Mutismo Selettivo) e problematiche di motricità orale (Cipriani e Chilosi, 1995).

Vengono anche definiti Disfasie Evolutive o di Sviluppo e sono diagnosticati quindi sulla base di alcuni criteri di esclusione (Bishop e Rosenbloom, 1987):

 Livello cognitivo con QI non verbale uguale o maggiore a 85;

 Nessun episodio recente di otite media;

 Prestazioni linguistiche nei test adeguate all’età di sviluppo con punteggio inferiore a 1.5 Deviazioni Standard;

 Udito normale con esiti negativi agli esami di routine;

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https://www.google.it/books; V. Gullotta (2010), Didattica delle Discipline Tecnico Scientifiche;

consultato in data 08/02/2017.

20 Nota anche come Sindrome di William-Beuren, comporta una compromissione dell’emisfero destro,

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 Assenza di epilessia e paralisi cerebrale;

 Apparato orale privo di anomalie strutturali.

In letteratura nel tempo i criteri di classificazione sono stati molteplici.

A partire dal lavoro di Broca (1865) lo sviluppo della neurolinguistica da avvio ad una nuova prospettiva di ricerca orientata alla spiegazione dei fenomeni linguistici osservabili in diverse condizioni patologiche. Già Vaisse (1866, cit. da Aram e Nation, 1982) descrive ritardi dello sviluppo del linguaggio in gruppi di bambini normodotati ai quali attribuisce il nome di “afasie congenite” avanzando l’ipotesi che fautrici dei deficit fossero lesioni focali analoghe a quelle presenti in soggetti afasici adulti.

Nel 1937 invece, Orton, nella sua opera Reading, writing and speech problems in

children: a presentation of certain types of disorders in the development of language faculties, affronta il rapporto tra afasia acquisita nell’adulto e disordini congeniti dello

sviluppo, fornendo criteri di classificazione, parametrici descrittivi e protocolli d’intervento per casi di deficit linguistico in età infantile. Alcune sue conclusioni applicative possono considerarsi non adeguate, ma il suo lavoro può ugualmente essere valutato come un punto di riferimento importante per la letteratura dell’epoca e anche per la ricerca sviluppatasi negli anni successivi.

Anche la letteratura degli anni ’50-’60 è particolarmente ricca di contributi teorici, sempre legati ai modelli afasici nell’adulto ma con un’iniziale differenziazione dei disturbi linguistici in espressivi e ricettivi e anche il termine stesso “afasia”, per questa tipologia di disturbi, comincia ad essere messo in discussione da alcuni autori (Benton, 1959).

Negli anni ’70 appare un nuovo modello di classificazione di carattere clinico- eziologico (Ingram, 1972) il quale prevedeva sei raggruppamenti diagnostici, che tenevano in considerazione le caratteristiche cliniche associate alle principali funzioni linguistiche compromesse in ogni tipologia di disturbo). Molti autori però sottolinearono i vari limiti di tale proposta (Bishop e Rosenbloom, 1987) la quale prendeva in considerazione solo le cause e non i profili funzionali dei diversi disturbi, risultando inoltre inadeguata per i DSL in quanto indirizzerebbe verso una diagnosi per esclusione e l’afflusso di quadri clinici molto diversi in una sola categoria diagnostica (Chilosi e Cipriani, 1995).

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Pochi anni dopo anche Levi et al. (1977) pubblicano uno studio epidemiologico utilizzando una suddivisone in tre grandi categorie: disturbi specifici, disturbi di integrazione e disturbi strumentali. Secondo questa prospettiva quindi vengono definiti specifici i disturbi caratterizzati da una difficoltà linguistica che non è dipesa dal livello di sviluppo affettivo e cognitivo del bambino; e strumentali quelli legati alla realizzazione e alla percezione della parola ed infine di integrazione quelli invece correlati a situazioni di ritardo mentale, motorio, psicosi, condizioni socio-economiche di isolamento e ipostimolazione.

Altre proposte più recenti hanno adottato criteri clinici (International Classification of

Disorders, ICD-10 1992; Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, DSM-V,

2013) mentre altri ancora si sono basati su aspetti neurolinguistici (Rapin e Allen, 1983).

Il fatto che i disturbi possano essere molto eterogenei fra loro e in alcuni casi ad esempio limitarsi alla produzione mentre in altri estendersi anche ad altri aspetti del linguaggio ha comportato la formulazione di diverse tipologie di classificazione, di natura funzionale e/o linguistica.

ICD-10

L’ICD-10 (AA.VV., 1992) definisce i DSL come “una condizione in cui l’acquisizione delle normali abilità linguistiche è disturbata sin dai primi stadi dello sviluppo”. Inoltre il disturbo non è direttamente attribuibile alla presenza di altri deficit come “alterazioni neurologiche o ad anomalie di meccanismi fisiologici dell’eloquio, a compromissioni del sensorio, a ritardo mentale o a fattori ambientali”.

La suddivisione qui proposta si compone di 4 parti, ognuna delle quali presenta sigle specifiche:

F80.0: Disturbo Specifico dell’articolazione e dell’eloquio

In questo caso comprensione ed espressione, valutate con test standardizzati sono comprese entro il livello soglia di 2 DS, mentre la capacità di articolazione dei suoni verbali è almeno 1 DS al di sotto del QI non verbale (sempre valutato tramite test standardizzati).

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Vengono anche definiti da altri autori come Disturbi della voce e della parola (Gullotta, 2010) e prevedono un’alterazione della componente fonetica e quindi la capacità di articolazione dei suoni. Il repertorio di difficoltà varia in base alla gravità del disturbo e comprende ad esempio errori di produzione, organizzazione e uso dei suoni (sostituzione di un suono con un altro, omissioni e distorsioni).

A loro volta si distinguono in:

 DISFONIA: disturbo della voce dovuto a cause locali malformative, infiammatorie o traumatiche dell’apparato fonatorio e dei suoi meccanismi nervosi;

 DISARTRIA: disturbo di articolazione dei fonemi complessi, conseguente ad anomalie funzionali e strutturali degli apparati deputati alla produzione del linguaggio. Ad esempio malformazioni bucco-laringo-faringee (come l’insufficienza congenita velo-faringea, o la labiopalatoschisi), anomalie nell’innervazione (comportanti paresi o movimenti involontari) e alterazioni dei muscoli bucco-fonatori o della via nervosa centrale motoria (miopatie e paralisi cerebrali infantili);

 BALBUZIE (o DISRITMIE): alterazioni di origine psicologica della normale cadenza e ritmo dell’eloquio. Il manifestarsi di differenti caratteristiche (anche in comorbidità) come il prolungamento dei suoni, o la ripetizione di parole monosillabiche, spesso è accompagnato da tremori, scosse e sbattimenti d’occhio;

 DISLALIE (DISTURBO SPECIFICO DELL’ARTICOLAZIONE

DELL’ELOQUIO): si tratta di alterazioni articolatorie non associate alla presenza di altri disturbi (come deficit delle componenti espressive, ritardo mentale, etc.) definite quindi “isolate” (anche in Chilosi et al., 2002, “Disturbo

fonologico isolato”). I bambini con questo tipo di disordine hanno problemi

nell’apprendere come distinguere i vari suoni e come (e quindi nell’apprendere le regole della pronuncia della propria lingua madre); non sembrano invece avere particolari difficoltà negli aspetti riguardanti l’articolazione.

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F80.1: Disturbi del Linguaggio Espressivo:

In questo caso le capacità verbali espressive si presentano al di sotto di quanto atteso per età anagrafica, e quindi linguistica, a fronte però, come già detto, di abilità cognitive nella norma. Nei soggetti con questo disturbo si osserva un vocabolario limitato, un ordine insolito delle parole, errori di coniugazione dei verbi, un’acquisizione limitata del lessico, una strutturazione frasale e grammaticale semplificata, forme di omissione o sostituzione e tendenzialmente una comparsa ritardata dello sviluppo del linguaggio. Le difficoltà in questo caso possono insorgere sia nella comunicazione verbale che gestuale e le caratteristiche del disturbo variano in base alla gravità e all’età del soggetto, includendo le seguenti manifestazioni osservabili:

 linguaggio limitato sul piano quantitativo (vocabolario limitato, difficoltà a imparare nuove parole);

 errori nel lessico e nell’operazione di individuazione di nuove parole;

 strutture grammaticali semplificate e frasi accorciate;

 varietà limitata di strutture grammaticali;

 omissioni di parti importanti dell’enunciato;

 uso insolito nell’ordine delle parole;

 basso livello di sviluppo del linguaggio.

Il funzionamento non linguistico e le capacità di comprensione si presentano invece nella norma. Esso può essere di tipo acquisito, quando la compromissione si manifesta a seguito di una mutazione nelle condizioni neurologiche o di una situazione medica grave (es. trauma cranico, encefalite); o di sviluppo, quando il deficit non è associato a una lesione neurologica. In questo secondo caso i bambini generalmente cominciano a parlare in ritardo rispetto ai normali tempi di comparsa del linguaggio e progrediscono anche più lentamente nelle varie tappe dello sviluppo.

La valutazione del soggetto deve comunque tener conto del contesto culturale e linguistico in cui è inserito, soprattutto per coloro cresciuti in ambienti bilingui.

I criteri diagnostici stabiliti sono di 2 Deviazioni Standard al di sotto del livello atteso e 1 DS al di sotto del QI non verbale.

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F80.2: Disturbo della Comprensione:

in questa seconda tipologia è la comprensione a presentarsi al di sotto dei livelli attesi per età anagrafica. Queste anomalie nella comprensione possono essere meno evidenti perché difficilmente notabili dall’osservatore ed è per questo che necessitano di una valutazione formale. La difficoltà del bambino di comprendere frasi semplici e complesse quindi può far sì che a tratti sia confuso, non abbia sentito o non presti attenzione. Può inoltre rispondere in modo inadeguato alle domande ed eseguire gli ordini in maniera scorretta. Anche le capacità di conversazione sono spesso scarse o non adeguate.

Inoltre tendenzialmente è compromessa anche la capacità espressiva oltre a quella articolatoria (anomalie di produzione dei suoni linguistici). Nei casi più gravi compare anche un deficit dell’elaborazione uditiva (costruzione di sequenze, immagazzinamento dell’informazione, discriminazione di suoni e associazione di suoni/simboli). Generalmente si associano conseguenti disturbi dell’apprendimento e frequenti problemi comportamentali (disattenzione, iperattività).

Per quanto riguarda i criteri diagnostici, si presentano analoghi a quelli sopra citati per i Disturbi del Linguaggio Espressivo, ma in riferimento chiaramente ai punteggi ottenuti nei test standardizzati rivolti alla comprensione.

I disturbi Espressivi e Ricettivi sopra citati a loro volta comprendono ulteriori sottocategorie. Numerosi sforzi nel tempo sono stati condotti con l’obiettivo di una sempre più dettagliata differenziazione di vari sottotipi. All’interno dei DSL espressivi ad esempio è stata osservata una differenza tra Disturbi Semantici e Fonologici (Rapin, 1996; Bishop, 2000), mentre ancora poche ricerche si sono concentrate sull’approfondimento dei diversi livelli di compromissione della comprensione verbale nei Disturbi Misti (Espressivi e Ricettivi) (Korkman e Hakkinen-Rihu, 1994).

Possiamo quindi distinguere fra:

 Disturbo di decodificazione fonologica;

 Disprassia verbale: la difficoltà risiede nella trasformazione di immagini verbali in comandi motori al fine della produzione del messaggio verbale che risulterà quindi ridotto nella fluenza;

 Agnosia verbale uditiva: deficit che interessa la componente fonologica e prevede difficoltà di tipo ricettivo;

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 Disturbo di codificazione e decodificazione morfologia e sintattica;

 Deficit di programmazione fonologica: il bambino sa produrre i suoni della lingua ma ha difficoltà nell’organizzarli tra loro per formare parole rispettando le regole fonologiche. Ne conseguono sostituzioni, omissioni e produzione di suoni inattese;

 Deficit fonologico-sintattico: in questo caso le difficoltà sono sia di tipo espressivo che ricettivo estendendosi oltre che alla componente fonologica anche a quella morfo-sintattica;

 Deficit semantico-pragmatici;

 Deficit lessicale-sintattico: è l’area lessicale quella ad essere maggiormente colpita causando difficoltà sia nel riconoscimento che nel recupero delle varie parole (anomie).

F80.3: Afasia acquisita con epilessia (Sindrome di Landau-Kleffner):

si tratta di un raro quadro sindromico che si caratterizza per disturbi comportamentali associati ad epilessia e agnosia verbale, la quale precede spesso una conseguente afasia espressiva.

DSM-V

All’interno della quinta edizione del manuale i DSL vengono inseriti in quelli che si definiscono “Communication Disorders”21

e vengono classificati in quattro diverse tipologie:

Disturbo del Linguaggio

Prevede una persistente difficoltà sia nell’acquisizione che nell’uso delle diverse forme e modalità di linguaggio (scritto, parlato, gestuale, etc.) dovute a deficit di comprensione e di produzione

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Nelle due versioni precedenti invece (DSM-IV – 1994; DSM-IV-TR – 2000) veniva proposta invece una ripartizione molto simile a quella dell’ICD-10: disturbo misto ricettivo ed espressivo; disturbo del linguaggio espressivo e disturbo fonologico.

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Disturbo fonetico-fonologico

Deficit nell’articolazione dei suoni dell’eloquio il quale interferisce con la comprensione degli enunciati prodotti e impedisce una corretta comunicazione verbale

Disturbo della Fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie)

Comprende le alterazioni della normale cadenza e ritmo dell’eloquio

Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica)

In questo caso le difficoltà sono nell’uso sociale della comunicazione, sia verbale che non verbale. L’esordio avviene nei primi anni dello sviluppo e il deficit non è attribuibile né a compromissioni sensoriali, né a disfunzioni motorie o condizioni mediche e neurologiche.