• Non ci sono risultati.

IL CASO CLINICO

4.3 Primo periodo

4.3.1 Osservazioni iniziali

Durante la prima supervisione (05/07/2017) la Dott.ssa Albertini aveva eseguito un colloquio conoscitivo con i genitori, al fine di reperire informazioni sul bambino e sul percorso riabilitativo attivo nella zona di residenza. Inoltre aveva osservato lei stessa V. ed interagito con lui per valutarne i vari comportamenti: di comunicazione, imitazione, interazione sociale, autonomie, presenza, frequenza e intensità di comportamenti problema; oltre che per testare qualcune delle acquisizioni registrate nelle prese dati dal precedente Supervisore.

Al momento della presa in carico la situazione di V. risultava dunque la seguente:

Comunicazione: produzione di approssimazioni vocali, (ad esempio /ka/ per

“acqua”). Nonostante i genitori riportavano che era già stato impostato dal Supervisore precedente un sistema di Comunicazione Aumentativa Alternativa in LIS, con adattamenti (di configurazione, movimento, ecc.) ove necessario, il bambino non utilizzava spontaneamente nessun segno per richiedere. Non erano presenti infatti forme di richiesta funzionali; tendeva a prendere in modo autonomo ciò che desiderava e non emetteva nessun segno tra quelli che risultano acquisiti dagli storici84 (es. ACQUA, PALLA, PATATA, ecc.). Non era presente inoltre la deissi per la scelta tra due oggetti.

Solo nel caso in cui qualcuno tratteneva degli oggetti che lui desiderava, emetteva delle vocalizzazioni di difficile comprensione, talvolta accompagnate dal contatto oculare. In caso di necessità di aiuto da parte dell’adulto si limitava a guardarlo, rimanendo in attesa, e se l’adulto non coglieva subito la necessità, provava a svolgere l’attività in maniera autonoma.

Non sapendo formulare una chiara richiesta per essere accompagnato in bagno, al bisogno si recava autonomamente, oppure emetteva alcuni comportamenti “riconoscibili”, come ad esempio toccarsi le parti intime;

172

Capacità di imitazione: era in grado di imitare qualche azione con oggetto, ma solo se aiutato dall’uso funzionale dell’oggetto stesso (ad esempio:. guardava usare lo scivolo delle palline e riproponeva la sequenza). Non era capace invece di imitare su richiesta (“fai come me”) sia con oggetto che senza oggetto;

Interazione sociale: non ricercava l’interazione con l’adulto ed era

prevalentemente orientato verso oggetti di suo interesse. La sua attitudine era prevalentemente apatica e il suo andamento lento e goffo. Si orientava al nome solo se richiamato per più volte e solo raramente mostrava espressioni di gioia in risposta a sorrisi dell’altro (sorriso sociale) o ad attività divertenti. Non offriva o mostrava oggetti agli altri. Non era presente l’attenzione condivisa per riferirsi a qualcosa fuori dalla sua portata.

4.3.2 Obiettivi del primo periodo (dal 05/07/2017 al 18/07/2017)

Gli obiettivi della programmazione per il primo periodo di lavoro concordato si concentravano sul favorire un clima relazionale piacevole tra bambino e tutor, sullo sviluppo delle abilità comunicative e dell’intersoggettività di V., tramite un’iniziale attività di pairing85.

Venivano presentati a V. vari giochi, attività e cibi graditi. Fin da subito si era dimostrato maggiormente interessato ad attività che prevedevano l’uso dell’acqua, al gioco motorio del solletico, all’uso della trottola e degli oggetti realizzati personalmente dalle tutor (ad esempio un cilindro sonoro giallo, realizzato con un rotolo di carta igienica contenente della pasta; e un cubo variopinto con all’interno delle graffette). Per quanto riguarda i cibi, invece, quelli in grado di stimolare in lui forte motivazione erano dei salatini (chiamati dalla famiglia con il nome di stick), i biscotti e le patatine. Durante le sessioni di pairing era richiesto di prendere nota (tramite una presa dati specifica) del tipo di attività proposte al bambino, della durata e del livello di gradimento per ciascuna di esse.

Di seguito viene riportato un esempio (v. tabella 1):

173

Contatto oculare

La comunicazione funzionale di V. si caratterizzava per la presenza di due tipi di vocalizzazioni (/to-to/; /ta-ta/) che il bambino utilizzava per esprimere concetti come “ancora”, “dammi”, “sì lo voglio”. Per “ancora” usava inoltre il contatto oculare, abilità però non stabilmente acquisita. Per tale motivo si decise di inserirla negli obiettivi preposti. La procedura di insegnamento in questo caso doveva consistere nel proporre a V. diverse attività molto gradite. Nel momento in cui il bambino mostrava interesse e segnali di coinvolgimento e divertimento, bisognava interrompere l’attività e aspettare attivamente il contatto oculare, che veniva considerato come una richiesta per ripresa dell’attività in corso. • Sci vol o pa l l i ne • Trottol a • Cubo s onoro • Acqua gi ochi mi x • Ci bo

(bi s cotto/pa ta ta /s tick) • Sol l etico • Ecc.

05/07/2017

• 1 mi nuti ci rca /2 • 30 s econdi ci rca /1 • 10 mi nuti ci rca /3 • 10 mi nuti ci rca /3 • 10 mi nuti ci rca /3 • 5 mi nuti ci rca /3

Tabella 1

Pres a da ti prove per a tti vi tà : s egna re i l da to per ogni a tti vi tà propos ta i n s es s i one. Indi ca re l a da ta , i l tipo di gi oco pres enta to, qua nto è

dura ta l ’a ttenzi one s ul gi oco propos to e i l l i vel l o di gra di mento di mos tra to (0 = nes s un i nteres s e; 1 = poco gra di to; 2 = medi a mente

gra di to; 3 = mol to gra di to)

174

Ad esempio dopo aver proposto il gioco della trottola e aver notato un buon coinvolgimento da parte di V. nel gioco, bisognava mettere in standby la trottola e aspettare lo sguardo del bambino. Nel momento in cui V. guardava negli occhi l’adulto allora il gioco poteva ripartire e l’adulto, oltre a far ripartire il gioco, doveva verbalizzare il nome del gioco in questione (esempio “trottola”).

Insegnamento delle competenze comunicative

Un primo obiettivo fu anche quello di insegnare a V. abilità di comunicazione, sia tramite la deissi che attraverso una Comunicazione Aumentativa Alternativa con i segni (lavorando al recupero di quelli attivi e all’acquisizione di nuovi segni).

Ciò veniva realizzato secondo i principi del Verbal Behavior86 (Skinner, 1957),

incentivando la produzione sia di comportamenti verbali non vocali (segni) che vocali (approssimazioni vocali associate al segno).

I requisiti indispensabili per l’insegnamento della richiesta sono sostanzialmente due: la motivazione da parte del bambino ad ottenere il rinforzatore87 (Motivating Operation –

MO) e il controllo ambientale da parte dell’adulto. L’MO aumenterà la probabilità di

emissione di un comportamento (esempio la richiesta) in presenza di un set di condizioni antecedenti (Stimolo discrimitativo SD) che segnalano la disponibilità del rinforzatore. (Michael 1982; Sundberg, 1993).

L’ambiente doveva essere strutturato in modo tale che V. potesse avere gli oggetti per lui più motivanti visibili ma non accessibili; questo affinché potesse ottenere ciò che voleva solo tramite la mediazione dell’adulto, a seguito di una richiesta.

Era fondamentale, affinché ci fosse comunicazione, che V. fosse davvero motivato ad avere un oggetto (MO). Gli indicatori della presenza di motivazione da parte del bambino erano tendenzialmente variabili, come ad esempio il provare a prendere quello che desiderava o avvicinarsi all’adulto che possedeva l’oggetto voluto. In altri casi guardava insistentemente l’oggetto, il cibo o la bevanda.

86 Per approfondimenti v. capitolo 2, paragrafo 2.5.5. 87

175

Procedura di insegnamento del segno

I segni target venivano insegnati uno alla volta, e inseriti all’interno delle varie attività. Nel momento in cui il bambino dimostrava interesse per uno degli oggetti/segni target, il terapista offriva immediatamente il modello imitativo e, se necessaria, la guida fisica per aiutare V. ad emettere il segno. All’emissione del segno doveva sempre seguire la consegna dell’oggetto richiesto ed era importante fornire a V. l’aiuto adeguato per l’emissione della richiesta.

I tipi di aiuto potevano essere guida fisica totale, guida fisica parziale, modello imitativo e modello verbale e dovevano essere forniti con l’obiettivo di giungere ad una produzione indipendente. Gli aiuti quindi dovevano essere forniti, ma era necessario programmare e sfumarli gradualmente, per permettere a V. di raggiungere l’indipendenza nell’emissione della richiesta e quindi l’acquisizione della richiesta stessa. A seguito della richiesta, l’adulto oltre a consegnare doveva sempre pronunciare il nome dell’oggetto che stava consegnando, per un totale di 3 verbalizzazioni: la prima nel momento in cui il bambino dimostrava interesse o richiedeva l’oggetto o attività; la seconda contemporaneamente alla consegna e la terza quando il bambino aveva ricevuto l’oggetto. Queste ripetizioni venivano realizzate con l’obiettivo di esporre V. all’etichetta verbale corrispondente all’oggetto richiesto e favorire l’emissione di vocalizzazioni da parte del bambino.

I segni target

Dal primo colloquio, risultava che V. possedeva un repertorio di segni acquisito in passato che però, al momento della prima supervisione, non dimostrò di usare spontaneamente e in modo funzionale. Spesso infatti, quando gli era richiesta l’emissione dei segni, faceva uno scrolling tra di essi. Con il termine scrolling si intende una confusione nella produzione dell’emissione del segno.

Ad esempio nel caso in cui bambino voleva dell’acqua, conosceva il segno ma prima di arrivare ad emettere la forma corretta ne produceva altri conosciuti. Probabilmente lo

scrolling poteva dipendere da più fattori: dal fatto che il bambino possedeva un

176

multipla discriminazione (insegnamento parallelo), causando un pescaggio casuale all’interno del repertorio del bambino; e dalla sospensione del loro uso a partire dall’autunno 2016. La decisione della sospensione, riportano i genitori, era stata presa dal supervisore precedente a seguito di iniziali vocalizzazioni (seppure immature e non comprensibili).

V. presentava diverse approssimazioni vocali che utilizzava per richiedere cose di suo gradimento, come ad esempio “ka” per acqua o “toto” per solletico, ma nessuna di esse poteva essere compresa da una comunità linguistica se non grazie all’aiuto di chi lo conosceva molto bene ed era in grado di decifrare questi suoni. Non vi era nessuna approssimazione convenzionale e dunque nessuna comunicazione.

Per tale motivo all’atto della presa in carico, si scelse di reintrodurre i segni e di mantenere le vocalizzazioni spontanee in associazione.

Per incoraggiare dunque lo sviluppo linguistico di V. e fornire al bambino uno strumento che gli permettesse di comunicare in modo funzionale ed efficace, si decise di riprendere l’uso dei segni che già gli erano stati insegnati (per stabilizzarli) e insegnarne di nuovi.

Nel suo caso i segni, sia quelli proposti in passato che quelli nuovi inseriti durante l’intervento in questione vennero tratti dalla LIS (lingua dei segni italiana) adattando la forma citazione alle capacità grosso e fino motorie di V. I primi obiettivi da insegnare attraverso l’allenamento alla richiesta (Mand Training) erano 8 segni:

1. DARE-ME;