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Disturbo Specifico del Linguaggio o ritardo nello sviluppo?

ACQUISIZIONE E SVILUPPO DEL LINGUAGGIO

1.4 Disordini di acquisizione del linguaggio in età evolutiva

1.4.2 Disturbo Specifico del Linguaggio o ritardo nello sviluppo?

Quando la produzione linguistica si presenta in ritardo in soggetti a sviluppo tipico e normoudenti, si parla di una categoria definita “Late-Talkers” (“parlatori tardivi”, Rescorla, Roberts, 1997). Questi bambini presentano un vocabolario espressivo a 24 mesi inferiore o uguale al 10%, e assenza di linguaggio combinatorio a 30 mesi (Rescorla, 1989; Rescorla e Schwartz, 1990; Thal, Bates, Goodman, Jahn-Samilo, 1997). La maggior parte dei bambini che all’età di due anni mostra un ritardo linguistico, colma il divario nello sviluppo espressivo e anche se in età prescolare continua ad esibire delle difficoltà di tipo sintattico, fonologico e narrativo (Paul, 1996), in età scolare invece mostra competenze linguistiche rientrate nella norma (Paul, 2000). Come riuscire quindi a distinguere un semplice ritardo di acquisizione da un disturbo del linguaggio? Prevedere l’evoluzione di un deficit linguistico precoce in un disturbo specifico è una questione che da molti anni costituisce fonte di ricerca e di dibattito, in quanto un’individuazione tempestiva è raccomandabile ai fini di un miglioramento della prognosi evolutiva. Numerosi ricercatori indagano le caratteristiche dei profili linguistici di vari bambini late-talkers al fine di individuarne le condizioni semiologiche chiave in grado di distinguere i futuri soggetti con DSL (Botting, Conti-Ramsden,

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2004). Alcuni autori considerano l’età cronologica come una variabile critica nella definizione del ritardo vs. futuro DSL e in questa direzione si svolge ad esempio uno studio italiano (Cipriani et al., 1998), che considera appunto l’età di 36 mesi come critica e identificativa del limite dei ritardi considerabili transitori. Questo perché le caratteristiche di questi soggetti, rispetto a quelle dei bambini che anche dopo i 3 anni non sono ancora giunti ai livelli di prestazione attesa, si mostrano differenti. Nella loro ricerca infatti hanno esaminato un totale di 32 bambini, sia all’età di 28 che di 36 mesi, che sono stati successivamente differenziati in base all’evoluzione del deficit osservata. Per questi soggetti parlatori tardivi quindi si sono delineate due diverse traiettorie possibili: la prima prevede una normalizzazione entro i 36-40 mesi (definiti dalla letteratura anglosassone come “Late Bloomers”) mentre la seconda prevede la presenza di un futuro DSL (Chilosi et al., 2002). Anche altri autori si presentano in parziale accordo indicando i 48 mesi come età cronologica critica (Rescorla, Lee, 2000).

È anche vero però che come dimostrato da alcune ricerche, la maggior parte di questi bambini giunti in età scolare dimostrano un recupero soddisfacente delle competenze (Bishop, Edmundson, 1987; Paul, 2000). D’altro canto bisogna anche tenere in considerazione che maggiore è l’età del bambino al momento della diagnosi e tanto più alta sarà la possibilità di trovare quadri linguistici gravi (Chilosi, Cipriani e Fapore, 2002).

Altri ricercatori si sono invece concentrati sulla scoperta di indicatori predittivi anche in età cronologiche successive. Ad esempio Botting et al. (2001) hanno osservato i parametri linguistici di un gruppo di 117 bambini con DSL, sia a 7 anni che a 11 anni dimostrando che la competenza sintattica in produzione e la capacità di raccontare una storia ascoltata (“narrative retelling”) all’età di 7 anni sono i migliori predittori di un futuro DSL a 11 anni.

La maggior parte di altri autori inoltre concorda sull’importanza di considerare l’ampiezza del vocabolario del bambino e la sua capacità di produrre enunciati di più parole come gli indici più stabili della diagnosi di DSL. Sono considerati a rischio i soggetti che all’età di 24 mesi presentano un vocabolario inferiore alle 50 parole e ai 36 mesi assenza di più parole in combinazione (Rescorla, 1989; Thal, Bates, 1988; Paul, 1991; Chilosi et al., 2002).

In aggiunta a questi indici linguistici la letteratura documenta anche alcuni fattori di tipo extralinguistico associati alla presenza di DSL, quali: la familiarità per disturbo

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linguistico (è probabile la natura genetica dei DSL; Guerriero, Hage, Guimaraes, 2002; Vargha-Khadem, Gadian, Copp, Mishkin, 2005); l’appartenenza al sesso maschile (risulta che il DSL colpisca prevalentemente i soggetti di sesso maschile con un rapporto di tre quarti a uno; Aglioti, Fabbro, 2006); e la presenza di otiti ricorrenti nei primi due anni di vita (il fatto che le soglie uditive fluttuino durante un’età critica per l’acquisizione del linguaggio rappresenta un elemento determinante alla successiva comparsa di deficit linguistici).

Per poter delineare quindi precocemente il disturbo specifico risulta evidente l’utilizzo di un’ottica multifattoriale che tenga conto di indici predittivi sia di tipo linguistico che extralinguistico. Come già detto precedentemente sono indispensabili diagnosi tempestive in quanto difficoltà primitive della comparsa del linguaggio nel bambino possono costituire indici di rischio per il suo futuro sviluppo mentale, ostacolandone quindi una corretta maturazione (Chilosi et al., 2002).

Conclusioni

In questo capitolo, dedicato all’acquisizione del linguistica, ci siamo interrogati sulla capacità comunicativa dell’uomo e sull’uso del linguaggio, facoltà biologicamente determinata. In pochissimi anni ogni bambino impara la lingua alla quale viene esposto, ricevendo pochi insegnamenti espliciti dall’ambiente che lo circonda. La panoramica esistente sulle posizioni teoriche che trattano dell’argomento è varia, ma fondamentalmente il dibattito, a partire dagli anni ’50, è ruotato attorno ai concetti di “innato” e “appreso”. Lo sviluppo del linguaggio, nei casi tipici (ovvero in assenza di deficit evolutivi), avviene attraverso una serie di tappe, a partire dalla fase prelinguistica, per poi passare alla capacità di produzione dei primi suoni e all’esplosione del vocabolario; fino allo sviluppo morfosintattico e alla fase di consolidamento e generalizzazione delle competenze. Nei casi invece in cui sia presente un deficit evolutivo è possibile che emerga quello che viene chiamato DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio). Con questo termine si intende indicare uno sviluppo linguistico compromesso in assenza di altri fattori, quali deficit sensoriali, sindromi cromosomiche, danni neurologici, deficit cognitivi e Disturbi Generalizzati dello Sviluppo. Le classificazioni principali dei DSL sono fornite dall’ICD-10 e dal DSM-V.

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Inoltre quando la produzione linguistica si presenta in ritardo in soggetti a sviluppo tipico, è necessario distinguere tra un semplice ritardo e un DSL. Le ricerche che indagano le caratteristiche dei profili linguistici dei late-talkers sono numerose e segnalano la necessità di utilizzare una visione multifattoriale per poter diagnosticare precocemente un DSL.

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CAPITOLO II