• Non ci sono risultati.

LINGUA DEI SEGNI E DISABILITÀ COMUNICATIVE

3.5 Lingua dei segni come CAA

3.5.2 Perché utilizzare la lingua dei segni?

La lingua dei segni è presente in sempre più numerosi programmi riabilitativi per soggetti con complessi bisogni comunicativi. Approcci di questo tipo iniziano già negli anni ’60-’70 e i segni cominciano ad essere inseriti all’interno di interventi per bambini senza deficit uditivi ma con difficoltà di comunicazione (Brereton, 2008).

La lingua dei segni può essere utilizzata in molte modalità e con una popolazione molto eterogenea caratterizzata da diverse condizioni di deficit comunicativo. Le ricadute positive dell’uso di una lingua segnata in questi casi sono molteplici in quanto capace di offrire modalità comunicative alternative alla lingua vocale, il cui sviluppo in questi soggetti spesso si presenta difficoltoso e limitato. Esse consentono dunque di superare i comportamenti problema derivanti dalla frustrazione causata dalla mancanza di capacità di espressione e col tempo sono in grado di regalare strumenti fondamentali quali autostima, autonomia personale e sviluppo della propria identità (Branchini e Cardinaletti, 2016:7).

I segni possono quindi aiutare a diminuire la frustrazione provocata da incapacità comunicative, e di conseguenza relazionali, grazie allo sviluppo crescente di abilità di comprensione e di produzione. Attraverso di essi si possono superare le barriere imposte dallo scarsa o assente capacità vocale ed instaurare di conseguenza con successo scambi comunicativi efficaci. Questa riuscita a sua volta è in grado di accrescere in questi bambini sempre maggiore autostima, aumentando allo stesso tempo lo sviluppo linguistico e personale. Ogni bambino con la sua personale storia clinica può così sentirsi libero di trovare il canale comunicativo a lui più funzionale e naturale allo sviluppo delle sue potenzialità (Vallotton, 2011).

A sottolineare l’importanza delle lingue dei segni un crescente corpus di ricerche si è dedicato ai vantaggi apportati dal loro uso in ambiti educativi differenti, dimostrando come esse siano in grado di migliorare le competenze comunicative di questi bambini. Esse consentono, in accordo con Simpson e Lynch (2007), grosse opportunità, accrescendo la propria autostima come comunicatori e fornendo quindi un mezzo tramite il quale comunicare i propri bisogni, desideri e idee nel caso in cui non possano farlo con la parola. Attraverso questa modalità di comunicazione possono riuscire quindi ad esprimere in modo più rapido le loro necessità.

99

Risultati positivi si riscontrano sia in produzione che in comprensione. Per quanto riguarda le capacità espressive già dagli studi citati precedentemente (v. paragrafo 3.3) la letteratura dimostra come forme di comunicazione alternativa non inibiscano bensì favoriscano lo sviluppo della modalità vocale, e questo vale anche per le lingue dei segni. Anche alcuni studi italiani dimostrano come la lingua dei segni favorisca l’apprendimento della lingua vocale (in questo caso per i bambini sordi) ma questo aspetto è stato più volte riscontrato anche attraverso l’incremento delle vocalizzazioni e della produzione vocale in bambini con deficit comunicativi che si approcciano all’utilizzo dei segni (Schlosser e Wendt, 200856

; Carbone et al., 2006; Dunst et al., 2011).

È importante anche sottolineare che quando si introduce un bambino ad una comunicazione alternativa (in questo caso in segni), come avviene per tutte le forme di CAA, si intende favorire una modalità che almeno momentaneamente sostituisca quella vocale. Con questo non si intende escludere che in futuro la lingua orale possa essere appresa e sostituisca a sua volta i segni proprio perché offrire forme di CAA non limita, anzi potenzia lo sviluppo della lingua vocale, chiaramente nella misura in cui questo sia possibile (Cafiero, 2009).

A tal proposito, con l’obiettivo di valutare i risultati ottenuti sulle capacità espressive di interventi che prevedevano l’uso simultaneo di segni e modalità vocale, nel 2011 venne realizzata una review (Dunst C.J., Meter D., Hamby D.W.). L’analisi prendeva in considerazione 33 studi realizzati tramite l’uso contemporaneo delle due modalità e comprendeva un totale di 216 bambini con diverse disabilità evolutive come la Sindrome dello Spettro Autistico, la sindrome di Down, deficit intellettivi e dello sviluppo o socio-emozionali/fisici.

L’età media dei soggetti analizzati era di 60 mesi e le tipologie di lingua dei segni presenti nei diversi studi erano molteplici: American Sign Language (N = 14), Japanese

Sign Language (N = 1), Ontario Sign Language (n =1), Signed English (N = 11), altre

lingue dei segni non specificate (N = 13) e in aggiunta anche quella del Makaton (N = 1).

56

Review riguardante gli effetti della CAA (sia aided che unaided) sulle capacità di produzione orale di bambini con autismo o altri disturbi pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati. Schlosser e Wendt citano anche Schwartz J.B. e Nye (2006) autori di uno studio che valutava gli effetti derivanti dall’utilizzo dei segni (sia da soli che in combinazione con la modalità vocale – Total Communication).

100

I risultati raccolti dagli studi prendevano in considerazione le vocalizzazioni e le verbalizzazioni prodotte dai bambini, includendo sia suoni vocali che vere e proprie parole.

I risultati di suddetta analisi furono molto positivi, dimostrando che indipendentemente dalla tipologia di lingua dei segni usata e dal tipo di disabilità, modalità simultanee di approccio determinavano miglioramenti e facilitavano le capacità di comunicazione vocale di questi soggetti.

Citando la Dott.ssa Morena Mari numerose sono le ragioni per le quali “sceglierei, e ho già scelto più volte, i segni” (Cavaliere, A.A. 2009/2010:58). In primo luogo i segni, a differenza delle foto o dei disegni, non propongono un’immagine statica.

Bisogna considerare poi che produrre significati più complessi, come ad esempio PANE + BUONO, comportano l’utilizzo di due foto, oltre alla loro ricerca nel quadernone e alla discriminazione corretta delle figure. Tutto ciò implica un abbondante lasso di tempo in cui compiere queste azioni e il bambino può essere indotto a non voler comunicare a causa di questo procedimento dispendioso. Con i segni invece anche se il bambino non diventerà un bravo segnante, il loro utilizzo consentirà sicuramente tempi di esecuzione molto più brevi.

In secondo luogo, se un bambino dovesse trovarsi in difficoltà nel cercare una determinata figura, per l’adulto sarebbe molto più difficile provare a capire la sua intenzione comunicativa, mentre probabilmente se il bambino faticasse nel recupero di un segno, potrebbe procedere a tentativi che agevolerebbero il suo partner nell’intuizione della precisa volontà comunicativa. Oltre al fatto che una volta capito il segno in questione, potrebbe aiutare fisicamente il bambino a completarlo in modo corretto.

I segni inoltre non comportano un lavoro di ricerca e reperimento delle immagini necessarie ed infine, fanno parte di una vera e propria lingua, ovvero la lingua dei segni, dotata di proprietà fonologiche, grammaticali e sintattiche.

Anche Toth (2009) riporta come sia bambini con Sindrome dello Spettro Autistico che con altre disabilità evolutive come la Sindrome di Down, la Sindrome di Cri du Chat o Paralisi Cerebrali Infantili abbiano dimostrato miglioramenti nello sviluppo delle capacità comunicative grazie all’utilizzo dei segni.

101

Bridge of Signs (Toth, 2009)

Bridge of Signs è il nome di uno studio pilota, ideato nel 2004, che aveva l’obiettivo di

esaminare gli effetti determinati dall’uso della lingua dei segni utilizzata come mezzo di comunicazione con bambini che presentavano disabilità comunicative.

L’idea nacque sulla base di un’analisi effettuata sulla letteratura precedente al riguardo, e anche grazie al supporto finanziario del Social Development Partnerships Program della Canadian Association of the Deaf (CAD). Lo studio comprendeva un totale di 38 partecipanti, suddivisi in due gruppi: il primo formato da soggetti che presentavano diverse patologie (sindrome dello Spettro Autistico, sindrome di Down e disturbi dell’apprendimento), mentre il secondo (il gruppo di controllo) da bambini sordi di età anagrafica simile. Il range di età dei partecipanti, quando iniziò lo studio, andava tra gli 0 e i 6;0 anni: 16 bambini erano nati nel 1999, 7 nel 1998 e 5 nel 2000.

Il modello di insegnamento utilizzato venne ideato con l’assistenza di professionisti nel settore delle disabilità comunicative, e i ricercatori di Bridge of Signs avevano l’obiettivo di fornire a questi bambini un mezzo di comunicazione efficace tramite appunto l’uso della lingua dei segni.

Inoltre in questo progetto, venne coinvolta anche la comunità sorda canadese con lo scopo di incorporare appieno le quattro culture implicate nel programma (la cultura udente e sorda - inglese e francese -; e quella udente - inglese e francese - ). Alcune posizioni di ruolo furono dunque assegnate a membri nativi di ogni comunità coinvolta. Dopo aver completato il training formativo dello staff scelto per il programma (terapisti del linguaggio, insegnanti e gli stessi familiari) ed aver ottenuto i permessi necessari dalle famiglie dei bambini partecipanti, il progetto prese vita per la durata di 6 mesi. I risultati raccolti alla fine dello studio pilota furono molteplici. Per quanto riguarda il gruppo di bambini sordi, tutti i soggetti partecipanti avevano riscontrato benefici dal programma dal training. Il programma infatti incoraggiava le conoscenze che già possedevano in lingua dei segni. Considerando inoltre il fatto che solo due bambini del gruppo in questione erano stati esposti ad un uso fluente della lingua dei segni, non sorprese che il restante dei bambini (che all’inizio del programma presentava deficit comunicativi), ricevette benefici dal training intrapreso.

Il gruppo di bambini udenti invece, rispose al training in modo variabile. Rispecchiando le aspettative in termine di abilità linguistiche e comunicative, i bambini di età inferiore

102

ai 3;0 anni, seppur quindi ancora troppo piccoli per seguire con estrema precisione i compiti previsti dal programma, dimostrarono come un miglioramento comunicativo potesse davvero essere raggiunto tramite questo modello57. In linea generale, in molti casi la lingua dei segni consentì a questi bambini di diminuire fortemente i comportamenti problematici, e di realizzare scambi comunicativi efficaci. La lingua dei segni quindi si mostrò capace di incentivare il loro sviluppo linguistico. Inoltre alcuni bambini mostrarono miglioramenti anche nella produzione della lingua vocale58.

Numerose sono le esperienze già sperimentate in altri paesi, e da alcuni anni hanno cominciato ad essere utilizzate anche in Italia, offrendo dunque metodologie di riabilitazione basate su sistemi di comunicazione alternativi capaci di conseguire in modo rapido ed efficace importanti risultati e miglioramenti sia sul piano linguistico che cognitivo. A tal proposito si tenne a Venezia, il 30 settembre 2013, un convegno organizzato dal Dipartimento di Studi Linguistici e Comparati dell’Università “Ca’ Foscari”, presso l’Auditorium Santa Margherita. Il convegno, intitolato La lingua dei

segni nelle disabilità comunicative, era stato realizzato in collaborazione con il CNR di

Roma ed era finalizzato ad organizzare una giornata in cui si sarebbero confrontate le diverse esperienze clinico-educative realizzate utilizzando la lingua dei segni italiana (LIS).

Relatori e relatrici provenivano dal settore delle disabilità comunicative e utilizzavano appunto la LIS con bambini udenti affetti da varie sindromi.

Gli obiettivi principali erano essenzialmente due: mostrare le potenzialità di utilizzo della LIS, in diversi ambiti di intervento riabilitativo, e ribadire come la LIS avesse il diritto al riconoscimento del proprio status di lingua naturale propria della comunità sorda. Anche a Roma, il 10 maggio 2014, presso l’Istituto Statale per Sordi, si tenne una tavola rotonda moderata da Olga Capirci dal tema “LIS e disabilità: esperienze e sfide”, alla quale parteciparono numerosi specialisti di area linguistica, educativa e riabilitativa. L’obiettivo anche in questo caso era quello di realizzare un confronto su come utilizzare la LIS con bambini udenti aventi disabilità comunicative e linguistiche (con o senza ritardi cognitivi) causate dalla presenza di diverse sindromi.

57 Inteso come programma formativo “Bridg the Signs”. 58 Per approfondimenti v. Toth, Findings (2009:91-93).

103