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LINGUA DEI SEGNI E DISABILITÀ COMUNICATIVE

3.6 Lingua dei segni e Autismo

3.6.2 Scegliere i segni come strumento di comunicazione nell’autismo “Pensare ad un modo diverso di comunicare apre nuove strade

3.6.2.1 Lingua dei segni e abilità di produzione

Per quanto riguarda la produzione dunque, le ricerche dimostrano come la lingua dei segni sia anche in grado di promuovere lo sviluppo della componente verbale e vocale, incrementano la comunicazione spontanea e il numero delle vocalizzazioni tramite appunto quella che viene definita Total Communication.

I segni, se presentati in combinazione alla modalità orale, sono in grado di incrementare le risposte vocali in questi bambini. Come descritto precedentemente, già verso gli anni Ottanta iniziano studi volti all’analisi di questa tipologia di training segnico e vocale. Nel 1978 Brady e Smouse compararono gli effetti ottenuti da tre diverse tipologie di training: solo vocale, puramente segnico e realizzato in combinazione. I risultati ottenuti dimostrarono che il TC training aveva prodotto risultati positivi e un effettivo incremento delle produzioni vocali dei soggetti, contrariamente a quanto ottenuto durante il training vocale. Risultati simili vengono riportati da Casey (1978) e Kostantareas et al. (1979). Quest’ultimi investigarono gli effetti derivanti dalla Total

Communication in quattro bambini con autismo e per quanto riguarda vari aspetti della

comunicazione: la capacità di imitazione, di ricezione, di elicitazione e di produzione spontanea. Due dei partecipanti prima del trattamento possedevano un repertorio di ripetizione vocale scarso ed erano in grado di produrre solo qualche vocalizzazione spontanea. Gli altri due soggetti invece non erano in grado di produrre nessun tipo di suono, né su ripetizion, né spontaneamente. Dopo il TC training invece il numero di produzioni vocali sia elicitate che spontanee subì un incremento positivo.

Una comunicazione realizzata combinando segni e modalità vocale sembra quindi essere la strategia più efficace per insegnare ai bambini con autismo capacità di comunicative sia espressive che ricettive. Presentare la modalità orale in isolamento sembra invece essere meno opportuno, soprattutto nel caso in cui i soggetti presentino scarse capacità di imitazione verbale. Allo stesso tempo sembra non essere nemmeno molto efficace proporre solo l’uso dei segni, in quanto ciò sembra diminuire le probabilità di produzione verbale (Goldstein, 2002).

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Evidenze positive in tal senso giungono anche da studi più recenti. Nel lavoro di Bartman e Freeman (2003) il training a due soggetti autistici venne realizzato sempre utilizzando una Total Communication. L’obiettivo era quello di insegnare ai bambini a richiedere quattro oggetti per loro fortemente motivanti. Il primo segno diventò stabile e indipendente dopo 34 sessioni, il secondo dopo 21, il terzo dopo 12 e il quarto solo dopo 9, dimostrando un avanzamento crescente di apprendimento. Inoltre gli autori osservarono come i bambini stassero iniziando a ripetere il nome degli item durante la produzione del segno. Nonostante si tratti di un processo lento e graduale, l’emersione del linguaggio vocale suggerisce anche in questo caso una connessione tra l’introduzione e l’insegnamento dei segni e il successivo emergere delle produzioni vocali.

Lo stesso viene riscontrato da Carbone et al. (2006) e i risultati seguono questo trend positivo. Nel loro lavoro A comparison of two approaches for teaching VB Functions:

Total Communication vs. Vocal-Alone, vengono utilizzate due diverse tipologie di

approccio, tra cui appunto la Total Communication (uso dei segni manuali con la loro corrispondente parola vocale) e un training definito Vocal-Alone che prevedeva invece solo l’uso della lingua orale. La partecipante allo studio è Sarah, una bambina di 7;0 anni con diagnosi di autismo alla quale vengono proposte le due differenti modalità di insegnamento. L’attività svolta consisteva nel denominare delle figure rappresentanti degli oggetti, che le venivano presentate a tavolino: durante il training puramente vocale (VA Training) venivano utilizzati solamente input e prompts appunto di tipo orale, mentre in quello che prevedeva l’uso di segni (TC Training) lo stimolo verbale veniva dato (ed insegnato) sia in segni (estrapolati dall’ASL tali e quali oppure semplificati) che tramite la modalità vocale. I prompts utilizzati quindi erano sia manuali che orali.

Dopo i 28 giorni di intervento, i risultati furono i seguenti: il primo tact (vedi paragrafo 2.5.5) durante il TC venne acquisito nella quinta sessione, e dopo 89 prove. Il primo tact nel VA Training invece non venne acquisito fino alle settima sessione, e dopo ben 148 prove. Alla fine del periodo di intervento inoltre i tact imparati durante il TC Training erano decisamente superiori (30) rispetto a quelli acquisiti durante gli insegnamenti orali (8). I risultati indicano come per questo caso clinico nello specifico un insegnamento realizzato con la combinazione di entrambe le modalità avesse apportato

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benefici maggiori alla bambina e questi dati supportano ulteriori studi precedentemente realizzati in letteratura.

Anche nel loro articolo Increasing the vocal responses of children with autism and

developmental disabilities using manual sign mand training and promt delay, Carbone e

Sweeney-Kerwin (2010) avevano l’obiettivo di determinare gli effetti ottenuti dal mand

sign training (contenente quindi l’utilizzo di segni), nella produzione vocale di bambini

non verbali e con deficit di comunicazione.

Il loro approccio, di tipologia comportamentale (v. cap. 2, paragrafo 2.5) presentava strategie appunto tipiche del metodo, tramite quelli che vengono definiti prompt delay e

vocal prompting. Lo scopo dell’articolo era quello di considerare gli effetti ottenuti

nella produzione verbale, ma non utilizzando una metodologia esclusivamente vocale, bensì inserendo nel repertorio comunicativo insegnato ai bambini partecipanti dello studio la lingua dei segni.

Due dei tre partecipanti presentavano sindrome dello Spettro Autistico (Tony, 4;0; Nick, 6;0) mentre uno la sindrome di Down (Ralph, 4;0). Per ognuno venne scelta una variabile indipendente di 6 items, sulla base delle caratteristiche motivazionali di ogni singolo bambino (comprendenti film, giochi o cibi) che venivano presentati in 50 prove per sessione, effettuate due volte al giorno. Il training di insegnamento del segno consisteva in aiuti sia inizialmente gestuali che fisici (realizzati con scadenze e sequenza temporali precise e la presenza di rinforzi62) se necessario, al fine di giungere alla corretta esecuzione del segno in maniera indipendente.

Dai risultati delle prove si può evincere come gli effetti ottenuti su questi bambini siano altamente positivi. Tutti i partecipanti infatti incrementarono la loro produzione vocale, con esiti variabili a seconda delle diverse variabili dipendenti misurate durante le prove, ovvero la produzione vocale sia in forma assistita che non (includendo nella gamma di possibili produzioni semplici suoni, approssimazione di parole e termini nella loro forma corretta).

Tony infatti riuscì ad acquisire 5 parole, pronunciate in modo approssimato; Ralph 7 e Nick invece non fallì in nessuno degli item proposti. Questi risultati, sebbene modesti, sono comunque importanti e confermano la lingua dei segni come mezzo efficace di CAA.

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In un primo momento può erroneamente considerarsi arduo insegnare una lingua dei segni a dei bambini magari anche molto piccoli, e far loro apprendere la relazione che il segno ha con uno specifico oggetto o azione, ma una volta che questi vengono acquisiti, i progressi procedono in maniera abbastanza spedita (come si potrà notare successivamente nel quarto capitolo, riguardante l’insegnamento della comunicazione funzionale a un bambino autistico di 5;11 anni, tramite l’uso di segni estrapolati dalla LIS).

Bisogna comunque tenere in considerazione che nell’uso dei segni potrebbero presentarsi difficoltà legate ai problemi di disprassia motoria nell’autismo. Queste limitazioni potrebbero rendere più difficoltosa l’acquisizione e la produzione dei segni (Hilton et al., 2012; Isenhower et al., 2012).

Alcune ricerche indicano anche come i segni possano essere incorporati all’interno di sistemi multi modali di CAA e come questo tipo di strategia risulti spesso più vantaggiosa (Williams, Marra, 2011).