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Classificazioni teoriche del fenomeno retroattivo

4. La retroattività come eccezione nell’impostazione giuridica tradizionale

4.2. Il dibattito sulla problematica nozione di retroattività

4.2.1. Classificazioni teoriche del fenomeno retroattivo

Le numerose perplessità destate sia in dottrina che in giurisprudenza dalle sopra citate considerazioni di Gabba hanno dato luogo a numerosi tentativi di ricostruzione teorica del fenomeno in questione, che si sono per lo più tradotti nella distinzione fra diverse classi o categorie di retroattività.

In particolare, la dottrina e la giurisprudenza tedesche hanno per prime elaborato l’ormai nota ripartizione tra retroattività “propria” (echte Rückwirkung) ed

120 Cfr. C.F. GABBA, Teoria della retroattività della legge, cit., pp. 3 e ss., il quale, nel cogliere il fulcro

della questione, affermava che le leggi sopravvenute “tendono veramente ad influire non soltanto sui

nuovi casi che verranno posti in essere, dopo che esse hanno cominciato ad avere vigore, ma eziandio sulle relazioni di quella natura, che siano state poste in essere prima di quel momento, e che continuino a sussistere e produrre effetti posteriormente”. L’A. mostrava inoltre meraviglia per il fatto che tale

constatazione non fosse stata posta al centro del dibattito inerente ai rapporti tra tempo e legge e che, al contrario, si continuasse unicamente a professare l’irretroattività della legge. E sebbene, nell’ambito del dibattito che ne è seguito, la dottrina non ha mancato di porre in luce tale peculiare attitudine delle nuove leggi, tuttavia la stessa non risulta ancora oggi pienamente valorizzata dagli interpreti e dagli organi di applicazione della legge, che paiono trascurare ampiamente la questione.

“impropria”, o “apparente”, o “non autentica” (unechte Rückwirkung)121, laddove la prima si riferisce all’ipotesi in cui la legge “interviene successivamente su situazioni di

fatto già svolte e appartenenti al passato”, mentre la seconda riguarda i casi in cui la

legge “opera pro futuro su fattispecie e relazioni giuridiche non ancora concluse”122. La distinzione assumerebbe rilevanza nella misura in cui soltanto la prima ipotesi sarebbe incompatibile con la Legge fondamentale tedesca, la quale, come sopra si ricordava, all’art. 103, rubricato “Diritto di essere ascoltato, divieto di leggi penali retroattive e

del cumulo di pene”, sancisce il divieto assoluto di retroattività delle leggi penali,

prevedendo, al comma 2, che “un’azione è punibile solo se la criminalità della

medesima sia stata stabilita per legge prima che l’azione fosse commessa”123.

Tale fondamentale ripartizione venne successivamente posta alla base di numerosi studi dottrinali in materia, i quali se ne servirono quale spunto riflessivo di partenza per

121 Cfr., per un’analisi della dottrina tedesca L. ANTONINI, Manovra fiscale: proroga di termini di

decadenza scaduti. Retroattività irragionevole, in Giur. Cost., 1990, pp. 1329 ss. Come ricorda anche R.

TARCHI, Le leggi di sanatoria nella teoria del diritto intertemporale, cit., pp. 38 e ss. quella tra retroattività intesa in senso proprio ed improprio è una delle distinzioni più frequenti nell’ambito della nozione di retroattività. Sul punto si veda altresì A. GIULIANI, Retroattività e diritti quesiti nel diritto

civile, in Le leggi retroattive nei diversi rami dell’ordinamento, a cura di C. PADULA, cit., p. 101 e ss. In

particolare, l’espressione irretroattività “impropria” sarebbe stata utilizzata anche alla giurisprudenza italiana, la quale, tuttavia, non è stata capace di darne una definizione unitaria, vedi, ex multis, Cass., Sez. Un., 1 aprile 1993, n. 3888, in www.cortedicassazione.it; tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, sent., 24 aprile 2017, n. 1908, in www.giustizia-amministrativa.it; contra, Cass., Sez. Lav., 28 agosto 2004, n. 17264, in www.cortedicassazione.it.

122 Tale è la distinzione proposta dalla prevalente dottrina tedesca (la cui evoluzione risulta ben ricostruita

da F. X. AFFOLTER, System des deutschen Übergangsrechts, Leipzig, 1903, p. 54 e ss.), che è stata poi recepita dalla giurisprudenza del Tribunale costituzionale federale tedesco con la nota sentenza del Bundesverfassungsgericht (BVerfG), del 31 maggio 1960, in Ent. des BVerfG’s, 11, p. 139 e ss. (concernente, in particolare, la legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge sulle spese giudiziali del 7 agosto 1952, in base alla quale la stessa sarebbe applicabile alle controversie pendenti prima della sua entrata in vigore ma non alle istanza che si sono chiuse prima di questo momento). In verità, la giurisprudenza tedesca, come ricorda M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività. Una questione

fondamentale del diritto intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit. par. 2.4, non risulta unitaria nel definire quando una situazione giuridica

intertemporale possa dirsi esaurita. In particolare, vi è una netta divergenza tra Primo Senato, che fa riferimento alla ripartizione sopra menzionata, e Secondo Senato, che invece distingue tra l’ipotesi in cui gli effetti di una norma siano ricollegati ad un momento antecedente alla sua entrata in vigore (Rückbewirkung von Rechtsfolgen) e quella in cui le conseguenze giuridiche di una legge siano, invece, connesse a condizioni sorte prima della sua adozione (tatbestandlichen Rückanknupfung). Senonché, come ricorda l’A., i più (cfr. B. PIEROTH, Rückwirkung und Übergangsrecht: verfassungsrechtliche

Massstäbe für intertemporale Gesetzgebuns, Berlin, Duncker & Humblot 1981, spec. p. 79 e ss., p. 381 e

ss.; R. CAPONI, La nozione di retroattività della legge, cit., pp. 1348 e ss.), hanno sostenuto l’incapacità della giurisprudenza, nonostante gli evidenti sforzi, di porre effettivamente in luce gli elementi differenziali tra le diverse tipologie di retroattività, e di chiarire, in definitiva, che cosa si intenda con tale nozione.

123 Del quale, come sopra si diceva, il Tribunale costituzionale federale tedesco ha riconosciuto la portata

elaborare nuove teorie, che si focalizzarono sulla individuazione di classi o categorie di retroattività. Venne così proposta, ad esempio, la possibilità di distinguere tra diversi “gradi di retroattività”, in base al livello di somiglianza o di differenza rispetto all’ideale modello di legge irretroattiva124. Oppure vi era anche chi, nel solco di una forte critica alla nozione stessa di retroattività, ritenne di poter identificare quattro diversi “gradi di esclusività” della vecchia legge rispetto a quella nuova, ossia per esclusione della vigenza, efficacia, o applicabilità della precedente norma rispetto a quella sopravvenuta125.

Siffatta ultima e peculiare ricostruzione non ottenne, tuttavia, il consenso sperato ed anzi venne fortemente criticata soprattutto dalla dottrina italiana, e in particolare da Donato Donati, il quale identificava quale retroattività propriamente intesa la sola produzione di effetti ex tunc da parte della nuova norma, distinguendola dalla retroattività in senso improprio, ossia l’efficacia ex nunc della nuova norma, che non sarebbe mai qualificabile come retroattività, anche se questo tipo di efficacia si

124 Tra i quali vedi F. SATTA, voce “Irretroattività degli atti normativi”, cit., pp. 1 – 2; G.U.

RESCIGNO, L’atto normativo, Bologna, Zanichelli, 1998, p. 74; o anche, nella dottrina straniera, vedi F.C.V. SAVIGNY, System des heutigen römischen Rechts, Berlin, 1949, nella traduzione italiana di V. SCIALOJA, Sistema del diritto romano attuale, Vol. VIII, Torino, 1886 – 1898, p. 383, che distingueva due gradi di retroattività, i quali avrebbero finito per coincidere sostanzialmente con la dicotomia tra retroattività “propria” ed “impropria”. Ed infine anche M. POPOVILIEV, Le droit civil transitoire ou

intertemporal (Sa nature juridique, sa règle générale et sa place dans la législation), in Rev. dr. civ.,

1908, p. 502., il quale, come ricorda M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività. Una questione

fondamentale del diritto intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit., par. 2, “distinse, in una quadripartizione, fra retroattività c.d. ordinaria, nell’ipotesi in cui la legge posteriore disciplini le conseguenze di fatti anteriori manifestatesi dopo la propria entrata in vigore; retroattività c.d. rinforzata, nell’ipotesi in cui la legge posteriore disciplini per l’avvenire le conseguenze giuridiche già prodottesi per effetto della legge anteriore; retroattività c.d. radicale, nell’ipotesi in cui la legge posteriore si applichi alle conseguenze giuridiche già anteriormente prodottesi, come se fosse già in vigore al momento del loro verificarsi; e retroattività c.d. ripristinatoria, nell’ipotesi in cui la legge posteriore incida anche sui rapporti esauriti”.

125 Tale è la teoria di F. X. AFFOLTER, System des deutschen Übergangsrechts, cit., p. 56 (così come

ricordato da G.U. RESCIGNO, voce “Disposizioni transitorie”, in Enc. dir., Vol. VIII, Varese, 1964, p. 219), che ritiene la retroattività configurabile unicamente nell’ipotesi in cui i fatti sorti nel passato, sotto la vigenza di una legge precedente, si sarebbero dovuti considerare come sorti fin dall’inizio sulla base della nuova disciplina. Come specificatamente descrive M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività.

Una questione fondamentale del diritto intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit., par. 2, tali quattro gradi corrisponderebbero alla “esclusività cd. semplice – schlichte Ausschließlichkeit – quando gli effetti dei rapporti giuridici sorti nella vigenza della legge vecchia possono prodursi ancora a condizione che la legge nuova lo consenta, fermi però restando gli effetti già prodotti; esclusività c.d. aggravata – erschwerte Ausschließlichkeit – quando anche gli effetti già prodottisi in base alla legge vecchia sono regolati, dal momento della sua entrata in vigore, da quella nuova; esclusività c.d. radicale – radikale Ausschließlichkeit – quando gli effetti prodottisi in base alla legge vecchia vengono trattati come se la nuova fosse stata in vigore già al momento della loro produzione; esclusività c.d. ripristinatoria o restitutiva – wiedereinsetzende o restitutive Ausschließlichkeit – quando la legge posteriore travolge anche i rapporti esauriti”.

esplicasse rispetto a rapporti ancora pendenti126. I presunti diversi “gradi” di retroattività non rappresenterebbero altro che fenomeni del tutto differenti, accomunati dalla produzione di effetti – non tanto sul passato, quanto rispetto al futuro – in grado di incidere su situazioni ormai consolidatesi, che non possono essere ricondotti all’interno della nozione di retroattività, rischiandosi, in caso contrario, di trasformare quasi tutte le leggi in retroattive e di cambiare la natura del principio di irretroattività da regola ad eccezione.

A tale posizione critica nei confronti della dottrina dei “gradi” di retroattività, si affiancò, se non per alcuni tratti differenziali, Gaetano Pace, a detta del quale la frequenza e la vastità delle inestricabili connessioni tra fatti presenti e fatti futuri non avrebbero consentito di intendere come retroattiva qualsiasi norma che presentasse collegamenti con fattispecie passate, perché in quel caso non sarebbe potuta esistere alcuna legge retroattiva127.

Entrambe le suddette teorizzazioni, pur contenendo interessanti spunti in merito alla reale utilità di alcune delle precedenti classificazioni dottrinali, non si sono, tuttavia, dimostrate in grado di spiegare e di risolvere i problemi connessi al fenomeno descritto da Gabba, finendo, quindi, semplicemente per porre le premesse della successiva elaborazione di una nuova ed originale concezione del fenomeno, basata sul superamento della rigida dicotomia retroattività-irretroattività, che risulterebbe ormai priva di valore128. Secondo Massimo Luciani la tradizionale classificazione tra diversi “gradi” di retroattività sarebbe, infatti, sintomatica della crisi della nozione stessa di retroattività, che, oltre a risultare di difficile inquadramento, non sarebbe nemmeno idonea, nei tentativi ricostruttivi sopra descritti, a fungere da criterio utile all’interprete al fine della gestione dei controversi rapporti con i principi di certezza e di tutela dell’affidamento. L’Autore richiama, quindi, l’attenzione sulla necessità non tanto di ripensare, quanto, addirittura, di abbandonare la sfuggente nozione di retroattività,

126 Cfr. D. DONATI, Il contenuto del principio della irretroattività della legge, cit., p. 12 e ss. e p. 60.

Pertanto, secondo l’A., “se la nuova legge agisce sugli effetti attuali del fatto passato, in sé e per sé

considerati, allora non si ha retroattività; ma se si agisce su essi, in quanto valuta diversamente il fatto, che ne è il presupposto, o riconnettendo al fatto stesso effetti diversi o riconnettendo gli stessi effetti a un diverso fatto, allora si ha retroattività”.

127 Vedi. G. PACE, Il diritto transitorio con particolare riguardo al diritto privato, cit., p. 132.

128 Cfr. M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività. Una questione fondamentale del diritto

intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit.,

adottando, invece, quale prospettiva maggiormente corretta quella offerta dalla nozione di “retrovalutazione giuridica” del passato, sul presupposto che tutte le norme, e non solo quelle retroattive, anche quando dispongono per il futuro compiono una valutazione giuridica di fatti precedenti, constatandone l’esistenza e dettandone la relativa disciplina129. Tale nuova prospettiva, infatti, focalizzando maggiormente

l’attenzione sull’analisi della tipologia di conseguenze giuridiche prodotte dalla norma attraverso la suddetta rivalutazione ex tunc, piuttosto che sull’identificazione della natura degli effetti (retroattivi o meno) prodotti dalla norma stessa, consente di spostare la questione “sul diverso piano della determinazione della nozione di affidamento

meritevole e di pregiudizio tollerabile”130, individuando, in tal modo, il vero fulcro del problema della retroattività, consistente nel bilanciamento tra valori costituzionalmente rilevanti. È così possibile avvedersi del fatto che, laddove il diritto positivo richiama la nozione di retroattività e, specularmente, di irretroattività, in realtà non intende evocare un “istituto”, che, in quanto tale, richiederebbe di essere precisamente definito131, ma, piuttosto, un “fascio di valori”, quali la certezza, l’affidamento o l’eguaglianza dei cittadini, la cui tutela presuppone l’esistenza di una “regola generale di governo del

rapporto fra norma e tempo nel continuum delle molteplici relazioni che tra l’uno e

129 Come ricorda infatti anche G. PACE, Il diritto transitorio con particolare riguardo al diritto privato,

p. 134 e ss., p. 315 e ss., nonché R. CAPONI, La nozione di retroattività della legge, cit. p. 1346, le norme giuridiche, oltre a disporre e a comandare, esprimono allo stesso tempo un giudizio, una valutazione. Contra, cfr. R. QUADRI, Dell’applicazione della legge in generale, cit., p. 54 e ss.

130 Così M. LUCIANI, Il dissolvimento della retroattività. Una questione fondamentale del diritto

intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit.,

par. 2.2.

131 Sintomatici dell’impossibilità di considerare la retroattività-irretroattività un vero e proprio istituto

giuridico da definire sono stati i sopra descritti fallimentari tentativi della dottrina e della giurisprudenza di darle un senso. La ragione di tale fallimento può essere rinvenuta nella “assenza, nella legislazione, di

una qualunque definizione della nozione di retroattività. È osservazione comune che negli ordinamenti positivi non si è mai davvero tentato di chiarire cosa la retroattività sia. Anche quando sembra che se ne sia offerta una definizione indiretta, in realtà, non si è detto nulla di utile. Cosí, si può ritenere che, quando il nostro codice civile ha stabilito, all’art. 11 disp. prel., che «la legge non dispone che per l’avvenire. Essa non ha effetto retroattivo», abbia sottointeso che, essendo il proprium della non retroattività il disporre solo per l’avvenire, il proprium della retroattività sarebbe il disporre (anche) per il passato. Con il che, però, non si chiarisce minimamente in cosa consista il disporre per il passato, fenomeno che...può avere le più varie manifestazioni, tra le quali tuttavia (a seguire la stessa dottrina dominante) occorrerebbe identificare quelle qualificabili come retroattive. Specularmente, l’art. 25, 2° comma, Cost., viene comunemente letto come la disposizione che fisserebbe il principio dell’irretroattività della legge penale, ma è evidente che la sua formulazione...è tale ch’essa, lungi dal presentarsi come una definizione generale della vaga nozione di (ir)retroattività, identifica con una certa precisione un determinato rapporto fra la legge penale ed il tempo, che viene fatto oggetto di specifico divieto”, ivi, p. 3.

l’altro possono intercorrere”132. La tesi prospettata arriva, pertanto, a negare dignità scientifica e utilità pratica ai concetti stessi di retroattività e di irretroattività, per affermare che quello che più importa è il grado di tutela offerto dall’ordinamento ai suddetti principi di rilievo costituzionale, miranti alla tutela della stabilità dei rapporti giuridici e dell’affidamento dei privati. Tale presa d’atto consente di comprendere le ragioni sottese alla perdurante sopravvivenza della nozione di retroattività, nonostante la sua inadeguatezza133, consistenti, appunto, nella necessità di definire cosa retroattivo

non può essere, e, quindi, i limiti entro cui le leggi possono esplicare effetti ex tunc. Siffatti confini risultano delineati dal contenuto precettivo134 del principio di cui al cit. art. 11 disp. prel., il quale viene fatto coincidere con “l’esigenza di non sacrificare

(ovvero di non sacrificare se non in presenza di valori contrastanti almeno equiordinati e nel rispetto dei principi di proporzionalità e non eccessività) alcuni fondamentali valori ordinamentali”135, in tutte le ipotesi in cui si verifichi una retrovalutazione di fatti passati. Ogni mutamento normativo imprevedibile ed ingiustificato pone, infatti, problemi sia di tipo applicativo, consistenti nella scelta della disciplina applicabile al caso concreto, sia di legittimità costituzionale, ossia di conformità della normativa scelta rispetto ai suddetti confini costituzionali. Ebbene, dal momento che l’illegittimità della norma retroattiva non può dipendere dalla sua semplice proiezione verso il passato, bensì soltanto dal suo contrasto rispetto a taluno dei principi sopra ricordati, ciò che più conta non è tanto la definizione del concetto di retroattività, quanto l’individuazione e la classificazione delle conseguenze giuridiche prodotte dalle leggi retroattive in relazione alla molteplicità di ipotesi in cui il fenomeno si realizza.

La teoria proposta da Luciani ha, quindi, avuto il merito di essere riuscita ad elaborare un concetto di retroattività, intesa come retrovalutazione dei fatti passati, che potesse comunque sopravvivere al dibattito concernente la sua difficile definizione –il quale si

132 Ivi, pp. 4 – 5.

133 Come evidenziata anche da parte di A. M. SANDULLI, Il principio della irretroattività delle leggi e

la Costituzione, cit., pp. 81 – 82.

134 Il quale contenuto precettivo è stato diversamente interpretato da parte di M. LUCIANI, Il

dissolvimento della retroattività. Una questione fondamentale del diritto intertemporale nella prospettiva delle vicende delle leggi di incentivazione economica (Parte prima), cit., par. 2.2, a seconda che il

soggetto cui esso si riferisce sia il giudice o il legislatore.

135 Ibidem. Sicché, come sostiene l’Autore, “pur in assenza d’una sua definizione legislativa, quella di

irretroattività non cessa d’essere...una nozione di diritto positivo...essendo – infatti – ben possibile dare al principio un senso preciso, sebbene assai diverso da quello immaginato dalla dottrina dominante”.

sarebbe inevitabilmente scontrato di fronte alla constatazione del dissolvimento della nozione stessa di retroattività – e che potesse esplicare un’utilità concreta nella risoluzione dei singoli casi, segnando così il passaggio da un approccio teorico ad un approccio più pratico al problema della retroattività. Ciò è stato possibile mediante la valorizzazione del principio di irretroattività quale regola che, nella sostanza, impone l’esigenza di non sacrificare alcuni valori fondamentali del nostro ordinamento.

Tale operazione ricostruttiva si è, quindi, dimostrata molto più utile, rispetto a quelle precedenti, per la risoluzione dei problemi pratici attinenti alla scelta della legge, tra le varie succedutesi nel tempo, da applicare alla singola fattispecie, suggerendo la necessità, insita nella regola dell’irretroattività, di preservare le situazioni giuridiche dei privati da mutamenti improvvisi delle fonti normative136.

Anche la giurisprudenza della Corte costituzionale ha, peraltro, condiviso le conclusioni di Luciani, adottando un approccio sempre più “sostanzialista” al problema della retroattività. Già a partire dalla fine degli anni ’80, il Giudice delle leggi mostrava la propria intenzione di spostare la questione da un piano meramente definitorio, attinente al solo rapporto fra diverse fonti del sistema, a quello più concreto ed attuale riguardante l’individuazione di una nozione condivisa di ragionevolezza, affidamento meritevole di tutela e pregiudizio “tollerabile”137. Tale orientamento si è poi radicato in tempi più recenti, laddove la Corte ha mostrato più apertamente di aderire ad una lettura del problema della retroattività quasi esclusivamente nei termini del rispetto della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei cittadini138.

136 Vedi A. CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto amministrativo, in Le leggi retroattive nei diversi

rami dell’ordinamento, a cura di C. PADULA, cit., p. 208.

137 Vedi Corte cost., sent., 14 luglio 1988, n. 822; sent., 4 aprile 1990, n. 155, in www.giurcost.org. Per

una lettura in tal senso di quest’ultima pronuncia, si veda L. ANTONINI, Manovra fiscale: proroga di

termini di decadenza scaduti. Retroattività irragionevole, cit., p. 1329 e ss.

138 Vedi Corte cost., sent., 22 novembre 2000, n. 525, in www.giurcost.org, laddove qualifica

“l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica” come “principio che, quale elemento essenziale

dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetti retroattivi che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti”; similmente, vedi anche Corte cost., sent., 7 luglio 2005, n.

264, in www.giurcost.org, ove di ribadisce che “nel nostro sistema costituzionale non è affatto interdetto

al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti

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