LA RETROATTIVITÀ DEGLI ATTI NORMATIVI NELL’AMBITO DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO
4. Profili garantistici delle norme sanzionatorie amministrative: premessa
4.1. L’irretroattività della disciplina sfavorevole: l’impostazione “pan penalistica” della Corte europea dei diritti dell’uomo
L’analisi del primo dei due sopracitati profili attinenti alla dimensione temporale delle norme sanzionatorie amministrative richiede che sia, innanzitutto, fatta chiarezza in merito alla valenza ed alla portata assunta dai principi di legalità e di irretroattività delle sanzioni amministrative nell’ambito del diritto comunitario, a seguito dell’interpretazione evolutiva fornita dalla Corte di Strasburgo, a cui il nostro ordinamento si è progressivamente allineato in un’ottica di maggiore tutela del soggetto sanzionato.
Il punto di partenza di tale processo è rappresentato dal riconoscimento, in seno alla giurisprudenza della Corte EDU, della natura sostanzialmente “penale” di numerose sanzioni tradizionalmente concepite come amministrative, allo specifico fine di estendere anche a queste ultime il regime delle garanzie procedimentali e giurisdizionali proprio delle sanzioni penali, così come delineato dagli artt. 6 e 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In particolare, l’art. 6 definisce il diritto dell’incolpato ad un equo processo, condotto secondo regole certe, prestabilite o comunque ragionevolmente prevedibili, nell’ambito del diritto penale e civile, senza, quindi, apparentemente fare alcun riferimento ad altre controversie, come quelle di natura amministrativa518.
516 Cfr. A. TRAVI, Incertezza delle regole e sanzioni amministrative, in Dir. amm., 2014, fasc. n. 4, p.
627 e ss.
517 Così, V. PAMPANIN, Retroattività delle sanzioni amministrative, successione di leggi nel tempo e
tutela del destinatario, in Dir. amm., 2018, fasc. n. 1, pp. 159 – 160.
518 In base all’art. 6 della Convenzione, norma invero equiparabile al nostro art. 100 Cost., “ogni persona
ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata
Analogamente, l’art. 7 codifica il principio nullum crimen, nulla poena sine lege, in cui si sostanzia la certezza del diritto e la prevedibilità della sanzione, con riguardo alle sole sanzioni penali519.
La Corte di Strasburgo ha, tuttavia, ormai da tempo riconosciuto la natura di living
instrument della Convenzione, come tale interpretabile in maniera dinamica e coerente
rispetto all’evoluzione della società520. In questa ottica, il concetto di illecito penale ha
assunto un valore sostanziale ed autonomo rispetto a quello proprio dei singoli ordinamenti nazionali, in modo tale da evitare che i principi di legalità ed irretroattività potessero essere elusi dagli Stati membri attraverso formali depenalizzazioni delle fattispecie punitive, con conseguente smodata proliferazione delle ipotesi di illecito amministrativo. L’elaborazione di una siffatta nozione di sanzione assume allora una specifica rilevanza al fine del rafforzamento delle garanzie connesse alla materia penale, di cui ai sopra citati artt. 6 e 7 CEDU, in quanto ne ricollega l’operatività non alla qualificazione giuridica del comportamento o della sanzione prescelta dai singoli ordinamenti, bensì alla natura sostanziale della violazione e della relativa sanzione,
strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia”. La norma stabilisce poi al secondo comma che “ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata”, per poi specificare al terzo comma i precisi diritti dell’accusato. Per un approfondimento si
veda M. ALLENA, Art. 6 CEDU: procedimento e processo amministrativo, Napoli, Editoriale scientifica, 2012.
519 Tale disposizione, che può essere assimilata al nostro art. 25 Cost., stabilisce infatti al primo comma
che “nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata
commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”. A tal
riguardo si veda V. MANES, Commento all’art. 7 CEDU, in Commentario breve alla Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo, a cura di S. BERTOLE, P. DE SENA, V. ZAGREBELSKY, Padova,
Cedam, 2012, p. 260, ove si osserva che “posto che la Convenzione e i relativi protocolli non offrono una
definizione esplicita del concetto di «materia penale» - limitandosi a far riferimento, in taluni articoli, ai concetti di «reato» e «pena»...ed impiegando in altri l’aggettivo «penale»… - il progressivo chiarimento della nozione è frutto di una copiosa elaborazione giurisprudenziale, di approccio spiccatamente pragmatico ed attento alle circostanze del caso concreto, che ha via via ampliato il campo di applicazione ed i margini di operatività delle garanzie alla nozione riconnesse, consentendo al contempo di smascherare vere e proprie ipotesi di «truffa delle etichette»”.
520 Cfr. Corte EDU, 12 luglio 2001, caso n. 44759/98, Ferrazini v. Italy, § 26, ove si legge “the
Convention is, however a living instrument to be interpreted in the light of present-day conditions (see, among other authorities, Johnston and Others v. Ireland, judgment of 18 December 1986, Series A n. 112, pp. 24 – 25, § 53) and it is incumbent on the Court to review either, in the light of changed attitudes in society as to legal protection that falls to be accorded to individuals in their relations with the State, the scope of Article 6 § 1 should not be extended to cover disputes between citizens and public authorities as the lawfulness under domestic law of the tax authorities’ decisions”. In dottrina si veda D.
SPIELMANN, M. TSIRLI, P. VOYATZIS, European Convention on Human Rights, a living instrument,
evitando così che si possa dare luogo a distorsioni della realtà mediante fittizie classificazioni formali521.
Più in dettaglio, la Corte di Strasburgo, a partire dal famoso arresto Engel c. Paesi Bassi dell’8 giugno 1976522, secondo una giurisprudenza consolidatasi nel 1984 con la nota pronuncia Öztürk c. Germania523, ha individuato tre principali criteri sostanziali, tra loro
alternativi, per determinare il carattere repressivo di una sanzione e, quindi, la sua sostanziale natura penale524.
Il primo, nonché più rilevante525, fra i c.d. criteri Engel, attiene alla natura della
disposizione punitiva. Tale parametro può essere, a sua volta, distinto in due ulteriori
521 Così, tra i tanti, CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto amministrativo, a cura di C. PADULA,
cit., pp. 221 – 224; F. GOISIS, Nuove prospettive per il principio di legalità in materia sanzionatoria-
amministrativa: gli obblighi discendenti dall’art. 7 CEDU, in Foro amm. TAR, 2013, fasc. n. 4, pp. 1228
– 1246.
522 Cfr. Corte EDU, Engel c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, serie A n. 22, casi nn. 5100/71, 5101/71,
5102/71, in www.echr.coe.int, con riferimento alla quale C.E. PALIERO, “Materia penale” e illecito
amministrativo secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo: una questione “classica” a una svolta radicale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1985, fasc. n. 3, p. 908, ha osservato che “proprio a partire dal caso Engel ed altri (...) la Corte Europea ha compiutamente elaborato una teoria che ha rappresentato la bussola con cui potersi orientare in questo territorio insidioso e frammentato: alludiamo alla c.d. concezione «autonomista» della «materia penale»”.
523 V. Corte EDU, Öztürk c. Germania, 21 febbraio 1984, caso n. 8544/679, in www.echr.coe.int.
524 La letteratura sui c.d. criteri Engel è sterminata. Tra i tanti si vedano, in particolare, V. PAMPANIN,
Retroattività delle sanzioni amministrative, successione di leggi nel tempo e tutela del destinatario, cit.,
p. 148 e ss.; F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto
nazionale ed europeo, Giappichelli, Torino, 2018, p. 1 e ss.; ID., La full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della funzione sanzionatoria v. separazione dei poteri, in Dir. amm., 2018,
fasc. n. 1, p. 1 e ss.; P. PROVENZANO, Note minime in tema di sanzioni amministrative e “materia
penale”, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2018, fasc. n. 6, pp. 1087 – 1093; B. RANDAZZO, I principi del diritto e del processo penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, quaderno
predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionale italiana, spagnola e portoghese (Madrid, 13-15 ottobre 2011), in www.cortecostituzionale.it, ottobre 2011, p. 9 e ss.; S. CIMINI, Il potere
sanzionatorio delle amministrazioni pubbliche. Uno studio critico, Napoli, Editoriale scientifica, 2017, p.
168 e ss.; V. MANES, Commento all’art. 7 CEDU, cit., p. 260 e ss.; W. TROISE MANGONI,
L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti e garanzie a tutela dell’individuo, cit., p. 187 e
ss.; M. ALLENA, Il caso Grande Stevens c. Italia: le sanzioni CONSOB alla prova dei principi CEDU, in Giornale dir. amm., 2014, fasc. n. 11, p. 1053 e ss.; M. ALLENA, La potestà sanzionatoria delle
Autorità indipendenti come luogo di emersione di nuove sistemazioni concettuali e di più elevati canoni di tutela dettati dal diritto sovranazionale europeo, in Il potere sanzionatorio delle autorità amministrative indipendenti, a cura di M. ALLENA e S. CIMINI, in Il Dir. dell’economia, Approfondimenti, 2013, p. 11 e ss.; M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU: il problema della tassatività-determinatezza e prevedibilità, in federalismi.it, 22
febbraio 2017, p. 9 e ss.; W. TROISE MANGONI, Il potere sanzionatorio della Consob. Profili
procedimentali e strumentalità rispetto alla funzione regolatoria, Milano, Giuffré, 2012; P. CERBO, Il principio di irretroattività, in La sanzione amministrativa. Profili generali, a cura di A. CAGNAZZO, S.
TOSCHEI, Giappichelli, Torino, 2012, p. 234 e ss.
525 Come ricorda S. CIMINI, Il potere sanzionatorio delle amministrazioni pubbliche. Uno studio critico,
cit. p. 171, tale circostanza deriva dal fatto che, nella prassi applicativa, il criterio della natura dell’illecito continua a rappresentare quello più decisivo al fine di determinare la natura sostanzialmente penale di una determinata sanzione.
sub-criteri: il primo concerne prettamente la natura, l’ambito di applicazione e la struttura della norma violata, che deve essere generale, nel senso di mirare a reprimere comportamenti incompatibili con il vivere associato526, e deve altresì riconoscere in capo ad una pubblica Amministrazione il potere di accertare la relativa responsabilità527; il secondo, c.d. teleologico528, riguarda, invece, la finalità del precetto violato, che deve
avere carattere repressivo e punitivo, quindi non soltanto risarcitorio, ed anche preventivo, ossia deterrente.
La Corte è, in secondo luogo, chiamata a verificare il grado di severità della sanzione, nel senso che la misura punitiva deve essere potenzialmente in grado di incidere in maniera rilevante sulla sfera giuridica del destinatario. Ciò significa che, per qualificare una sanzione come penale, non è necessario che essa incida, direttamente o indirettamente, sulla libertà personale del soggetto cui venga applicata, essendo anche solo sufficiente che la stessa si esaurisca in un obbligo a carico del responsabile di corrispondere una somma di denaro, di entità superiore a quanto occorrerebbe per risarcire i danni causati dalla condotta illecita529 e, comunque, di ammontare tale da determinare gravi conseguenze finanziarie in capo al soggetto sanzionato530.
È bene inoltre precisare che nel valutare il grado di severità della sanzione, la Corte EDU deve tenere in considerazione il massimo edittale previsto dalla legge astrattamente applicabile e non da quella applicata al caso concreto, ritenendosi più corretta una valutazione complessiva del regime sanzionatorio previsto in relazione ad una determinata condotta illecita.
Quanto all’ultimo criterio, occorre, infine, verificare la qualificazione giuridica dell’illecito fornita nel singolo ordinamento, con la precisazione, tuttavia, che il nomem
iuris prescelto dal legislatore nazionale non è vincolante laddove venga accertata la
526 In tal senso V. MANES, Commento all’art. 7 CEDU, cit., p. 182.
527 Così B. RANDAZZO, I principi del diritto e del processo penale nella giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, cit. p. 8.
528 P. PROVENZANO, Note minime in tema di sanzioni amministrative e “materia penale”, cit., p. 1092. 529 Così P. CERBO, La nozione di sanzione amministrativa e la disciplina applicabile, in La Sanzione
amministrativa, a cura di A. CAGNAZZO, S. TOSCHEI, F.F. TUCCARI, Milano, Giuffré, 2016, p. 19.
530 Cfr. Così Corte EDU, 11 giugno 2009, Dubus S.A. c. Francia; 1 febbraio 2005; Ziliberberg c.
Moldavia
natura “intrinsecamente” penale della misura531. In sostanza, la classificazione formale ai sensi del diritto interno non è in alcun modo dirimente al fine di verificare l’applicabilità delle garanzie penalistiche, risultando tutt’al più utile soltanto nell’ipotesi in cui non siano integrati gli altri requisiti prescritti dai giudici di Strasburgo532.
L’impostazione sostanzialistica ed autonomistica adottata dalla giurisprudenza della Corte EDU ha, quindi, condotto ad una vera e propria “rivoluzione dogmatica”533,
consistente nel superamento della tradizionale e rigida dicotomia tra modello sanzionatorio penale ed amministrativo534 e nella elaborazione di una nuova nozione
“pan-penalistica” di sanzione535, ancorata alla sussistenza dei c.d. criteri Engel, idonea a “prevenire e frustrare radicalmente ogni tentazione di elusione degli obblighi
convenzionali da parte dei legislatori nazionali attraverso una c.d. «truffa delle etichette»”536. La Corte, superando la classica logica che individua nel legislatore “il
padrone delle qualificazioni giuridiche”537, ha, dunque, ritenuto estensibili, in via pretoria, le garanzie convenzionali, tradizionalmente ricondotte alla materia penale, anche alle sanzioni di carattere extrapenale, ed in particolare, anche a quelle di natura amministrativa, fra le quali, peraltro, vengono fatte rientrare non solo le sanzioni di
531 Come, infatti, precisa F. GOISIS, Nuove prospettive per il principio di legalità in materia
sanzionatoria-amministrativa: gli obblighi discendenti dall’art. 7 CEDU, cit., p. 1232, la qualificazione
formale fornita nell’ordinamento interno è vincolante “esclusivamente in senso estensivo, ossia,
nell’ambito di quella che è stata felicemente definita una one-way autonomy, (solo) per affermare l’applicabilità degli artt. 6 e 7 CEDU, ove anche non siano integrati tutti i requisiti affermati dai giudici di Strasburgo, epperò la sanzione sia di carattere penale nel proprio diritto di appartenenza”.
532 La qualificazione giuridica della norma fornita dal legislatore nazionale non è quindi che il solo “punto
di partenza”, cfr. Corte EDU, Engel c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, cit., § 82, in www.echr.coe.int.
533 In tal senso V. MANES, Profili e confini dell’illecito para-penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017,
fasc. n. 3, p. 988 e ss., ma anche F. GOISIS, Verso una nuova nozione di sanzione amministrativa in
senso stretto: il contributo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. pubbl. com.,
2014, fasc. n. 2, p. 337 e ss.
534 Con il superamento del tradizionale orientamento che concepiva il tema delle sanzioni amministrative
come la “linea di confine” tra diritto penale e diritto amministrativo, cfr. C.E. PALIERO, A. TRAVI, La
sanzione amministrativa, Profili sistematici, Milano, Giuffré, 1988, p. 307 e ss.
535 Così D. BIANCHI, Il problema della “successione impropria”: un’occasione di (rinnovata?)
riflessione sul sistema punitivo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, fasc. n. 1, p. 321. Secondo la Corte EDU
sanzione penale e sanzione amministrativa farebbero, quindi, parte di un unicum indivisibile, similmente ravvisato anche dalla dottrina italiana negli anni successivi alla legge di depenalizzazione nella figura dell’ “illecito di diritto pubblico”, cfr. M. SINISCALCO, Depenalizzazione e garanzia, Bologna, Il Mulino, 1983.
536 Così F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto
nazionale ed europeo, cit., p. 4.
537 In tal senso si è espresso N. MAZZACUVA, Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e
carattere punitivo ed afflittivo538, disciplinate in Italia dalla l. n. 689 del 1981, comprese quelle irrogate dalle Autorità amministrative indipendenti, ma anche le sanzioni di carattere reale, interdittivo o con finalità ripristinatorie, che siano comunque connotate da un certo grado di afflittività e deterrenza539.
Appare inoltre importante osservare che l’impostazione offerta dalla Corte EDU in tema di legalità ed irretroattività della sanzione risulta improntata alla valorizzazione delle garanzie procedimentali e giurisprudenziali offerte al cittadino non solo sotto il profilo dell’affermazione del divieto di retroattività in malam partem delle sanzioni, ma anche in relazione alla definizione di un sufficiente grado di prevedibilità delle stesse.
Ed infatti, tra le specificità delle garanzie offerte dall’art. 7 CEDU, rientra anche la peculiare declinazione del principio di legalità come prevedibilità, sul piano sostanziale, delle conseguenze che derivano da una determinata condotta, attiva od omissiva. In altri termini, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Strasburgo, coerentemente alla prospettiva garantista che ispira la Convenzione, il principio nulla poena sine lege comporta non solo la predeterminazione, normativa o giurisprudenziale, dei profili costitutivi della pretesa sanzionatoria, ma anche l’effettiva prevedibilità della sanzione, nel senso che colui che pone in essere un illecito “sostanzialmente” penale deve essere messo nelle condizioni di conoscere e prevedere le conseguenze pregiudizievoli che l’ordinamento riconduce al suo comportamento540.
538 Sul punto si veda F. GOISIS, Nuove prospettive per il principio di legalità in materia sanzionatoria-
amministrativa: gli obblighi discendenti dall’art. 7 CEDU, cit., pp. 1233 – 1234, insieme alle pronunce
esemplificativamente richiamate.
539 Come, pertanto, osserva M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e
principi CEDU: il problema della tassatività-determinatezza e prevedibilità, cit., pp. 3 – 4, l’approccio
sostanzialistico della Corte EDU ha condotto anche a superare la distinzione, tradizionale del nostro ordinamento, fra sanzioni in senso stretto o in senso tecnico, denotate da un prevalente carattere di afflittività e rientranti nell’ambito applicativo della cit. l. n. 689 del 1981, e le sanzioni in senso lato, ossia provvedimenti ablatori-ripristinatori, preordinati alla cura in concreto di un interesse pubblico e dotati di un certo grado di severità. Con riferimento alla natura penale delle sanzioni di carattere interdittivo si vedano in giurisprudenza, a titolo di esempio, Corte EDU, 30 maggio 2006, Matyjec c. Polonia, con la quale è stata riconosciuta la natura penale dell’interdizione per dieci anni dai pubblici uffici e da talune professioni per i soggetti colpevoli di aver reso false dichiarazioni in ordine alla collaborazione con il regime comunista, nonché Corte EDU, 20 gennaio 2001, Vernes c. Francia (tutte in www.echr.coe.it), che ha assimilato alla sanzione penale l’interdizione perpetua dall’esercizio di attività di gestione di altrui investimenti finanziari. Di diverso avviso è, invece, A. CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto
amministrativo, a cura di C. PADULA, cit., p. 223, secondo cui le misure di carattere risarcitorio,
indennitario e ripristinatorio, in quanto non finalizzate a logiche punitive, resterebbero, invece, escluse dall’ambito applicativo dell’art. 7 CEDU.
540 Così Corte EDU, 15 novembre 1996, ricorso n. 17862/91, Cantoni c. Francia, § 29; più di recente si
In tale ottica, è altresì necessario che l’interpretazione giurisprudenziale intervenuta in ordine a fattispecie sanzionatorie più favorevoli si sviluppi in maniera coerente, senza, quindi, poter dare luogo ad interpretazioni analogiche o estensive in malam partem, in modo tale che anche un eventuale overruling sia ragionevolmente prevedibile da parte del destinatario del trattamento sanzionatorio541.
Anche in questo caso, pertanto, la giurisprudenza europea mostra chiaramente di privilegiare i profili sostanziali del principio di legalità, inteso come tassatività e determinatezza, anziché quelli attinenti alla fonte formale nella quale è contenuto il precetto penale542, con consequenziale valorizzazione della certezza giuridica e, più in particolare, della libertà di autodeterminazione del soggetto destinatario della norma sanzionatoria, a cui sarebbe quindi consentito apprezzare a priori le conseguenze pregiudizievoli della propria condotta.