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Tempus regit actum e invalidità sopravvenuta dei provvedimenti amministrativi: il caso peculiare delle leggi di interpretazione autentica

LA RETROATTIVITÀ DEGLI ATTI NORMATIVI NELL’AMBITO DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

3. Tempus regit actum e invalidità sopravvenuta dei provvedimenti amministrativi: il caso peculiare delle leggi di interpretazione autentica

Come è stato evidenziato, nel nostro ordinamento vige il principio tempus regit actum, il quale, oltre a rilevare in relazione al sopravvenire di una nuova normativa nel corso di un procedimento pendente, disciplina anche il regime di invalidità dei singoli atti adottati nel corso del procedimento.

Tale regola, così come affermato da parte dell’indirizzo maggioritario, implica che la legittimità del provvedimento amministrativo sia valutata con riguardo alla situazione di fatto e di diritto sussistente al momento della sua emanazione, con la conseguenza che eventuali sopravvenienze normative non potrebbero mai inficiarne la validità488. Siffatto indirizzo, suffragato anche dalla giurisprudenza489, conduce, quindi, a negare in radice la configurabilità di una qualunque ipotesi di invalidità successiva o sopravvenuta490 inficiante provvedimenti ad efficacia durevole ed originariamente legittimi, quali, ad esempio, quelli assunti sulla base di norme poi annullate o di decreti legge non convertiti, sul presupposto che, anche in tali casi, l’illegittimità che colpisce successivamente il provvedimento altro non è che il risultato della difformità dello stesso rispetto alla norma che risulta, a seguito dell’annullamento o della decadenza,

487 Al punto che, infatti, spesso la Corte costituzionale e la Corte di giustizia finiscono per assimilare gli

stessi concetti di “diritti quesiti” e di “legittimo affidamento”, cfr. V. PAMPANIN, Legittimo affidamento

e irretroattività della legge nella giurisprudenza costituzionale e amministrativa, cit. pp. 7 – 10.

488 Cfr. G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 238; P. VIRGA, Il

provvedimento amministrativo, cit., pp. 88 – 89; B. CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di G. SANTANIELLO, cit. p. 310 e ss.; G. PAGLIARI, Contributo allo studio della c.d. invalidità successiva degli atti amministrativi, Padova, Cedam, 1991, p.

108 e ss.; G. FALCON, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento amministrativo nel

tempo, in Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, cit., p. 181 e ss.

489 Vedi, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, sent., 20 maggio 1995, n. 498; Sez. V, sent., 18 ottobre 2003;

Sez. IV, sent., 3 settembre 2014, n. 4484, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

490 In merito alla nozione di invalidità sopravvenuta o successiva, si vedano S. ROMANO, Osservazioni

sulla invalidità successiva degli atti amministrativi, in Studi di diritto pubblico in onore di Giovanni Vacchelli, Milano, Giuffré, 1938, p. 431 e ss.; A. SUSCA, L’invalidità del provvedimento amministrativo dopo le leggi n. 15/2005 e n. 80/2005, Milano, Giuffrè, 2005; A. CALEGARI, L’invalidità derivata nei rapporti tra atti amministrativi, Padova, Cedam, 2012; R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 448 e ss.

essere stata in vigore al momento della sua adozione491. Su tale regola si fonda, pertanto, un atteggiamento marcatamente negativo, il quale, tuttavia, è apparso assai poco convincente, laddove al fine di destituire di fondamento il richiamo alla figura della invalidità successiva ha evidentemente fatto ricorso a petizioni di principio492, che invece richiedevano di essere specificamente giustificate493, le quali sono poi state

superate da una parte della dottrina e della giurisprudenza, che, al contrario, ammette alcune fattispecie di invalidità sopravvenuta, seppur sempre in via eccezionale494.

Il dibattito scaturito dalle diverse letture del fenomeno della invalidità sopravvenuta, la cui nozione appare ancora oggi piuttosto problematica e controversa, si è solitamente concentrato su quattro diverse fattispecie, le quali trovano in genere spiegazione in fenomeni di retroattività495.

Queste sono l’ipotesi dell’atto originariamente rispondente alla normativa regolatrice della fattispecie, che poi risulti difforme alla nuova disciplina retroattiva, che impone un requisito di validità in origine non previsto; l’ipotesi del provvedimento adottato sulla base di una legge dichiarata successivamente incostituzionale o di un decreto legge poi non convertito; ed infine l’ipotesi in cui l’atto risulta successivamente invalido in ragione di una legge di interpretazione autentica che assegna alla norma preesistente, sulla base della quale l’atto stesso era stato adottato, un significato differente.

Ebbene, l’analisi di tale ultima fattispecie assume particolare rilevanza nell’ambito della presente trattazione, in quanto, rappresentando una delle più importanti eccezioni alla regola della irretroattività normativa amministrativa, fornisce l’occasione di svolgere ulteriori riflessioni in merito ai limiti di operatività delle leggi retroattive.

A tal fine, occorre brevemente ricordare che per legge di interpretazione autentica si

491 Così recentemente in dottrina A. CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto amministrativo, in Le

leggi retroattive nei diversi rami dell’ordinamento, a cura di C. PADULA, cit., p. 209.

492 Come ricordano R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 449, a cui si

rinvia per l’illustre dottrina ivi citata, in base a tale indirizzo, quello della invalidità sopravvenuta rappresenterebbe un “falso problema”, o addirittura “una strana creatura”, fondata su un ordine concettuale inaccettabile.

493 Così R. VILLATA, L’atto amministrativo, in Diritto amministrativo, a cura di L. MAZZAROLLI, G.

PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA, cit., p. 825.

494 Cfr. R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 450 e ss.; R.

GAROFOLI, G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 1306; F. CARINGELLA, Manuale

di diritto amministrativo, cit., p. 1215 e ss. In giurisprudenza si veda Cons. Stato, Sez. IV, sent., 17 luglio

2013, n. 3880, in www.giustizia-amministrativa.it.

495 Così G. FALCON, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento amministrativo nel

intende generalmente la norma con cui il legislatore, a fronte di leggi preesistenti dal significato incerto, oppure di indirizzi giurisprudenziali contrari alla voluntas legis delle disposizioni interpretate, o ancora di conseguenze imprevedibili e dannose derivanti da una non corretta lettura di norme preesistenti, impone una specifica interpretazione di tali precedenti leggi, che può anche essere diversa da quella offerta dai giudici496.

Considerate tali caratteristiche, la dottrina e giurisprudenza sono pressoché unanimi nell’affermare la natura retroattiva delle leggi di interpretazione autentica497, sul

presupposto che esse non innovano il diritto, non dettano nuove prescrizioni, ma si limitano, almeno in linea teorica, a specificare retroattivamente il significato di una precedente normativa. Detto in altri termini, le norme interpretative retroattive, quando si limitano ad obbligare gli interpreti ad attribuire alla norma preesistente il significato voluto dal legislatore, così come generalmente desumibile dal titolo della legge o dalla formulazione delle sue disposizioni o anche dai lavori preparatori, non possono essere considerate, in quanto tali, costituzionalmente illegittime per violazione del principio di irretroattività di cui all’art. 11 disp. prel. c.c., non essendo nei fatti volte ad introdurre nuove norme498.

Il problema si pone allora in quei casi, in verità non sporadici, in cui il legislatore, a fronte del decorso del tempo e di mutamenti della situazione economica e sociale, adotti una legge soltanto in apparenza interpretativa, ma in realtà sostanzialmente innovativa, attribuendo alla norma precedente un significato che ragionevolmente quest’ultima non avrebbe potuto avere499, derogando in maniera surrettizia il principio di irretroattività.

496 Quanto alla nozione di interpretazione autentica si rinvia a G. MARZANO, L’interpretazione della

legge con particolare riguardo ai rapporti fra interpretazione autentica e giurisprudenziale, Milano,

Giuffré, 1955; Cfr. G. GAVAZZI, Sulla interpretazione autentica della legge, in Studi giuridici in

memoria di Alfredo Passerini, Milano, Giuffré, 1955; C. LAVAGNA, Ricerche sul sistema normativo,

Milano, Giuffré, 1984; R. GUASTINI, Interpretare e argomentare, Milano, Giuffré, 2011.

497 Contra A. PUGIOTTO, Le leggi interpretative a Corte: vademecum per giudici a quibus, in Giur.

cost., 2008, fasc. n. 3, p. 2751, a detta del quale la naturale o implicita retroattività di tali leggi

corrisponde semmai ad una “abitudine mentale frutto di pigrizia ermeneutica…priva di una

corrispondente regola giustificatrice”.

498 Così, in giurisprudenza, fin dalle prime pronunce della Corte costituzionale, fra le quali, si vedano

sent. 8 luglio 1957, n. 118; sent., 19 giugno 1974, n. 175; sent., 31 marzo 1988, n. 373; sent., 8 maggio 2018, n. 125, tutte in www.giurcost.org; negli stessi termini anche la giurisprudenza amministrativa, per la quale si vedano, tra le tante, TAR Basilicata, Potenza, Sez. I, sent., 29 maggio 2018, n. 351; Cons. Stato, Sez. VI, sent., 10 aprile 2017, n. 1659; Sez. IV, sent., 22 gennaio 2014, n. 319; sent., 16 marzo 2012, n. 1488; sent., 20 aprile 2006, n. 2247, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

499 In tal senso R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., pp. 186 – 187, a cui si rinvia anche per

la copiosa giurisprudenza citata; V. ONIDA, E. CRIVELLI, Art. 11 Disp. prel., cit., pp. 213 – 214; V. ITALIA, Il tempo delle leggi, Milano, Giuffré, 2010, p. 44, secondo il quale la sfasatura tra norma

È, pertanto, evidente, come già illustre dottrina aveva osservato agli inizi del secolo scorso, che il problema dell’interpretazione autentica coincide sostanzialmente con il problema della sua retroattività normativa500, in quanto spesso il legislatore mediante le leggi di interpretazione autentica maschera, in realtà, un intervento retroattivo che gli sarebbe precluso.

A fronte di tali situazioni, la giurisprudenza ha quindi ravvisato, da un lato, la necessità che l’interprete non limiti la propria indagine agli aspetti esteriori della norma, ma ne ricerchi il reale contenuto normativo, dall’altro lato, l’esigenza di definire in maniera chiara i limiti in cui la legge può disporre retroattivamente.

Ebbene, anche sotto tale profilo la giurisprudenza nazionale ha dovuto misurarsi con i principi contenuti nella CEDU, e, in particolare, con il principio di certezza del diritto, così come desunto dagli artt. 6 e 7 della Convenzione501, fornendo, questa volta, una lettura del problema non troppo discostante da quella dei giudici europei502.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale e amministrativa, le norme di interpretazione autentica sono ammissibili nella misura in cui siano conformi non solo ai principi dell’ordinamento giuridico nazionale, ma anche degli altri valori di civiltà giuridica, posti a tutela delle posizioni giuridiche degli amministrati, quali il principio di ragionevolezza, il principio di tutela dell’affidamento, la sicurezza giuridica e il principio della tripartizione dei poteri503. Sicché, in attuazione di tali principi, al legislatore, da un lato, è precluso di adottare norme che sotto la veste di “interpretazione autentica”, mirino nella sostanza a sovvertire il contenuto concreto di un giudicato già formatosi definitivamente sulla base di una norma preesistente, mentre, dall’altro lato, gli è comunque concesso di adottare norme interpretative in presenza di

precedente e successiva norma interpretativa maschera una vera e propria ipocrisia, in quanto “tale

intenzione avrebbe dovuto essere precisata a tempo debito, e non si può avere una dichiarazione retroattiva di intenzione legislativa”.

500 Così F. CAMMEO, L’interpretazione autentica, in Giur. it., 1907, fasc. n. 4, pp. 339 – 340.

501 Risultando infatti pacifica, come ricorda S. FOÀ, Un conflitto di interpretazione tra Corte

costituzionale e Corte europea dei diritti dell’uomo: leggi di interpretazione autentica e ragioni imperative di interesse generale, in federalismi.it, 20 luglio 2011, p. 2, la “identificabilità delle norme CEDU quali norme interposte integranti il parametro di giudizio di legittimità costituzionale delle disposizioni interne contrastanti”.

502 A. CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto amministrativo, in Le leggi retroattive nei diversi rami

dell’ordinamento, a cura di C. PADULA, cit., p. 229.

503 Si veda, ad esempio, oltre ai riferimenti dottrinali e giurisprudenziali più sopra ricordati, anche Corte

cost., sent., 12 aprile 2017, n. 73; sent., 26 giugno 2007, n. 234; sent., 23 novembre 1994, n. 397, tutte in

www.giurcost.org; nonché Cons. Stato, Sez. IV, sent., 16 marzo 2012, n. 1488; sent., 27 novembre 2008,

effettive incertezze sul contenuto di una norma preesistente, o di contrasti giurisprudenziali in merito alla sua interpretazione, o anche al fine chiarire il senso di una norma anteriore, ovvero di escludere o enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata504.

Pertanto, secondo la giurisprudenza, affinché ad una norma possa essere riconosciuto contenuto di interpretazione autentica, e, conseguentemente, effetto retroattivo, occorre sia che abbia ad oggetto non la disciplina dettata da una norma previgente, bensì soltanto il suo significato505, sia che il significato ad essa imposto rientri fra quelli

verosimilmente attribuibili alla norma stessa.

Tale impostazione appare, infatti, adottata anche da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in relazione ad una peculiare ipotesi di interpretazione autentica, concernente, in particolare, l’espletamento di una procedura concorsuale, dalla quale erano stati esclusi alcuni aspiranti concorrenti, i cui titoli erano stati considerati inidonei da parte di una legge interpretativa emanata successivamente alla pubblicazione del bando506. Come noto, esigenze di buona amministrazione, di certezza e di uguaglianza impediscono di applicare il principio tempus regit actum alle procedure selettive in corso, per le quali valgono, invece, le norme in vigore al momento dell’indizione della procedura, salvo che la lex specialis stabilisca diversamente, con conseguente irrilevanza delle norme sopravvenute, che finirebbero per determinare un’alterazione dei presupposti giuridici del procedimento507. Tale regola non vale, tuttavia, in presenza di norme di interpretazione autentica, che hanno tipicamente efficacia retroattiva, nonché in presenza di esigenze superiori di interesse pubblico specificamente indicate da parte del legislatore.

504 Vedi, fra le tante, Corte cost., sent., 22 novembre 2000 n. 525; sent., 14 maggio 2008, n. 132; sent., 11

giugno 2010, n. 209, tutte in www.giurcost.org, ove, quindi, la Consulta chiarisce che “i caratteri

dell’interpretazione autentica, quindi, sono desumibili da un rapporto fra norme tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l’una e l’altra si saldano fra loro dando luogo ad un precetto normativo unitario”.

505 Nel senso che, come chiarisce R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, cit., p. 187, le

disposizioni contenute nella legge di interpretazione autentica non devono essere suscettibili di applicazione automatica, ossia indipendente dalla legge stessa, rinvenendosi, al contrario, un’invasione della sfera dei poteri del giudice, a cui solo spetta il compito di interpretare le norme.

506 Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2011, n. 9, in www.giustizia-amministrativa.it.

507 Si vedano, tra le tante, TAR Campania, Salerno, Sez. I, sent., 15 novembre 2017, n. 1611; Cons. Stato,

Sez. V, sent., 16 gennaio 2015, n. 66; Cons. Stato, Sez. IV, sent., 12 gennaio 2011, n. 124, con nota di F.V. PROSPERETTI, Norme sopravvenute in pendenza di procedure concorsuali: la soluzione della

Ebbene, secondo l’Adunanza Plenaria, la controversia rientrava fra quei casi speciali in cui entrambe le suddette eccezioni dovevano trovare applicazione: non solo ha riconosciuto natura interpretativa alla norma contestata, in quanto la nuova disposizione, pur rendendo manifesta un’interpretazione restrittiva, esplicitava una delle possibili opzioni ermeneutiche sin dall’origine desumibili dalla legge, ma ha altresì ritenuto, richiamando a tal fine la giurisprudenza costituzionale, che gli esclusi non avevano maturato una posizione di affidamento meritevole di tutela, dal momento che il significato attribuito alla norma interpretata, da un lato, non risultava all’origine sufficientemente chiaro e univoco da ingenerare una legittima aspettativa alla sua applicazione, ma era invece caratterizzato da una riconoscibile ambiguità idonea a produrre incertezza sulle modalità applicative, e, dall’altro lato, rientrava tra i possibili significati della disposizione interpretata.

L’analisi di tale controversia conduce, quindi, a ritenere che l’unico limite, apparentemente invalicabile, all’applicazione retroattiva delle leggi di interpretazione autentica è rappresentato dalla sussistenza di posizioni di legittimo affidamento, il cui accertamento dipende pur sempre da una valutazione discrezionale e ponderativa del legislatore. Senonché, la giurisprudenza costituzionale più recente tende a ridimensionare nettamente la valenza sistematica del legittimo affidamento, il quale, pur continuando ad essere oggetto imprescindibile del bilanciamento con altri principi costituzionali, risulta meritevole di tutela soltanto in presenza condizioni estremamente rigide che ne indeboliscono la funzione di argine alla retroattività legislativa508. Pare, invece, che il criterio più corretto e più utilizzato per vagliare la legittimità costituzionale delle norme interpretative sia quello della ragionevolezza, il quale si tramuta, in questo contesto, in un test specifico di costituzionalità, volta a rivelare l’effettiva ambiguità del testo di legge interpretato, testimoniata dall’assenza di un indirizzo giurisprudenziale univoco sul punto.

508 Come, infatti, osserva A. PUGIOTTO, Le leggi interpretative a Corte: vademecum per giudici a

quibus, cit., pp. 2757 – 2758, a cui si rinvia anche per i riferimenti della giurisprudenza costituzionale,

“per parlarsi di legittimo affidamento costituzionalmente tutelato non è neppure sufficiente che il

soggetto riponga la sua buona fede in un’interpretazione della legge ormai pacifica e consolidata”, e non

semplicemente “ragionevole” o “plausibile” come pure ipotizzato da Zagrebelsky e Carnevale, con la conseguenza che “se quel testo legislativo è - anche solo in via ipotetica - controverso e la soluzione

ermeneutica imposta per legge è comunque compatibile con la sua formulazione letterale, il valore della sicurezza giuridica cede il passo alla scelta normativa, non sindacabile, del legislatore interprete”.

Dalle soluzioni prospettate dalla giurisprudenza nazionale al fine di risolvere il problema della retroattività delle norme interpretative è, pertanto, possibile ricavare la sostanziale inutilità dei diversi sforzi volti ad individuare una definizione puntuale ed univoca dell’interpretazione autentica, nella misura in cui, come la stessa Consulta ha avuto modo di evidenziare, ai fini del giudizio di legittimità costituzionale di una legge interpretativa, ciò che conta non è tanto il rispetto dei relativi presupposti, peraltro variamente identificati e privi di valore vincolante, quanto la non irragionevolezza della sua efficacia retroattiva e la conformità rispetto agli altri principi costituzionali509.

Sicché, nonostante risulti pacifico che gli interventi normativi interpretativi, implicando per loro natura una valutazione sistematica di profili costituzionali, politici, economici, amministrativi e sociali, possono formare oggetto di sindacato di costituzionalità, è pur sempre vero che quest’ultimo verrà esercitato nelle larghe maglie delle valutazioni che la Costituzione ammette siano riconosciute in capo al legislatore, il quale potrà, quindi, scegliere sulla base di una ponderazione concreta delle singole fattispecie510.

Rispetto a questo orientamento la Corte europea dei diritti dell’uomo è più volte intervenuta con una giurisprudenza più rigorosa di quella del giudice delle leggi, ravvisando, ad esempio, la violazione del sopra citato art. 6 CEDU in presenza di norme nazionali interpretative che, regolando retroattivamente la materia del contendere di giudizi pendenti tra lo Stato e i ricorrenti, non risultavano supportate da prevalenti interessi pubblici511.

Più in generale, la Corte di Strasburgo fornisce una lettura molto restrittiva dell’interpretazione autentica, ammettendola soltanto in casi eccezionali ed in presenza di specifiche condizioni: la norma interpretativa è considerata conforme all’art. 6 CEDU

509 La quale può addirittura condurre a giudicare costituzionalmente illegittima anche norme di

interpretazione autentica di carattere innovativo, Cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent., 31 agosto 2017, n. 4128, in www.giustizia-amministrativa.it, a detta della quale “il Legislatore può emanare sia disposizioni

di interpretazione autentica che determinano, chiarendola, la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti”; similmente anche

Corte cost., sent., 3 novembre 2005, n. 409, in www.giurcost.org. Per tale riflessione si veda più ampiamente A. PUGIOTTO, Le leggi interpretative a Corte: vademecum per giudici a quibus, cit., pp. 2752 – 2753.

510 Vedi S. FOÀ, Un conflitto di interpretazione tra Corte costituzionale e Corte europea dei diritti

dell’uomo: leggi di interpretazione autentica e ragioni imperative di interesse generale, cit., pp. 4 – 5.

511 C. EDU, Sezione II, Agrati e altri c. Italia, 7 giugno 2011, ricorsi nn. 43549/08, 6107/09 e 5087/09, in

qualora sia di carattere generale ed astratto; non incida retroattivamente su un numero limitato di soggetti o di casi; non vanifichi il giudicato ovvero estingua “diritti intangibili”, cioè posizioni consolidate, anche se non prese in considerazione da decisioni irrevocabili; sia supportata da “motivi di interesse generale”, configurabili quando essa attribuisca alla norma interpretata uno dei possibili significati della stessa e sia volta a risolvere oscillazioni giurisprudenziali512.

Da tale ricostruzione è quindi possibile giungere alla conclusione che, sebbene in ambito europeo le leggi di interpretazione autentica sono ammesse entro confini più rigidi, tanto per il diritto italiano quanto per la CEDU esse non possono mai superare il limite della cosa giudicata, baluardo della certezza del diritto e della effettività della tutela513. In tale ottica, pertanto, il legislatore può soltanto ridefinire la fattispecie normativa che è oggetto della potestas iudicandi, imponendo al giudice, anche retroattivamente, la norma da applicare ad una determinata categoria di rapporti, ma non può mai sostituirsi ad esso nella pronuncia che definisce una determinata controversia514, incorrendo in tal caso nella violazione dei citati artt. 6 e 7 CEDU, nonché degli artt. 101, 102, e 104 Cost., relativi, questi ultimi, ai rapporti tra potere legislativo e giudiziario ed alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi. Il richiamo dottrinale e giurisprudenziale ai principi dell’affidamento e della ragionevolezza quali criteri imprescindibili al fine di valutare la costituzionalità delle leggi di interpretazione autentica ne evidenziano, ancora una volta, l’idoneità a fungere

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