• Non ci sono risultati.

Limiti allo ius superveniens: diritti quesiti e rapporti esaurit

LA RETROATTIVITÀ DEGLI ATTI NORMATIVI NELL’AMBITO DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

2. Ius superveniens e principio di irretroattività

2.1. Limiti allo ius superveniens: diritti quesiti e rapporti esaurit

L’inidoneità del principio di irretroattività di cui al cit. art. 11 disp. prel. c.c., così come tradizionalmente inteso, di arginare i ben noti effetti negativi scaturenti dalla sopravvenienza di nuove norme rispetto ai procedimenti amministrativi pendenti, ha condotto la dottrina e la giurisprudenza ad escogitare altre forme limitative della “onnipotenza della legge”, tra le quali ha assunto particolare rilevanza, soprattutto in passato, la c.d. teoria dei diritti quesiti, in quanto introduttiva di una forma di tutela che prescinde dal rigido meccanismo di successione temporale delle norme, sorretto dal principio tempus regit actum, inteso nel senso più restrittivo, consentendo una tutela più ampia delle legittime aspettative di stabilità, così come ricavabile dal principio di irretroattività delle leggi.

Tale teoria474, elaborata al fine di far fronte alle peculiari questioni di diritto

intertemporale consistenti nella individuazione della disciplina applicabile ai fatti, ai rapporti o alle situazioni giuridicamente rilevanti, sorti sotto la vigenza di una determinata normativa ed ancora produttivi di effetti al sopravvenire della nuova

473 Tale circostanza, come infatti osserva criticamente A. CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto

amministrativo, a cura di C. PADULA, cit., p. 212, potrà addirittura condurre il soggetto istante a subire

l’effetto della norma sopravvenuta “anche nel caso in cui l’applicazione della norma successiva più

sfavorevole…sia dipeso dal colpevole ritardo con cui l’Amministrazione ha evaso la sua domanda”.

474 Le cui lontane origini devono essere fatte risalire alla scuola olandese di Ulrich Huber del XIII secolo,

per il quale si rinvia alla trattazione di D.J. LLEWELYN DAVIES, The influence of Huber's de conflictu legum on english private international law, in British yearbook of international law, New York, Oxford University Press, 1937, p. 49 e ss. Nell’epoca moderna, uno dei più celebri paladini della teoria dei diritti acquisiti fu invece A. PILLET, nella sua Theorie des droits acquis, in Recueil des Cours de l’Académie

disciplina475, postula che la norma successiva non può privare il soggetto dei diritti già acquisiti in base alla norma precedente, i quali sono, per tali ragioni, già entrati a far parte della sfera giuridica del soggetto stesso, nonostante l’occasione per farli valere si sia presentata sotto la vigenza della nuova disciplina.

Seconda la dottrina, l’intangibilità dei diritti acquisiti troverebbe il proprio fondamento su un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, la circostanza per cui “l’ordine

giuridico, forma e compagine dell’ordine sociale, è al pari di questo mutabile e progressivo”, non esclude che tale progredire debba essere conforme alla giustizia e

debba, quindi, rispettare i diritti acquisiti, contravvenendo, in caso contrario, “a

quell’altra legge del patto sociale, per cui il cittadino…in ricambio dell’osservanza della legge ottiene certi diritti”476. Dall’altro lato, anche sotto un profilo meramente logico, tale limite appare conforme “alla natura delle cose” e “alla retta ragione”, in quanto insito al razionale evolversi delle norme nel tempo477.

La dottrina dei diritti quesiti ha però ben presto incontrato numerose difficoltà applicative. In primo luogo, nel nostro ordinamento non sussisteva, e non sussiste tuttora, una norma di carattere generale che definisse in maniera precisa la nozione e i caratteri dei diritti acquisiti e che consentisse a posizioni giuridiche sorte nel passato di sopravvivere inalterate anche nel futuro, lasciando, di conseguenza, al legislatore piena discrezionalità in materia478. La possibilità di introdurre un riferimento costituzionale esplicito ai diritti quesiti venne, peraltro, deliberatamente scartata da parte dell’Assemblea costituente479, che preferì, in aderenza all’impostazione tradizionale, continuare a considerarli un limite superabile, seppur motivatamente, da parte del

475 Il problema, pertanto, come precisa R. DE RUGGIERO, Istituzioni di diritto civile, Vol. I, Messina,

Giuseppe Principato, 1930, p. 155, non riguarda anche “fatti e rapporti che hanno spiegato tutti gli effetti

loro e si sono esauriti sotto l’impero della norma antica”.

476 C.F. GABBA, Teoria della retroattività della legge, cit., pp. 1 – 7.

477 Idem, p. 126. A detta dell’Autore, sarebbe quindi compito della dottrina quello di escogitare una sorta

di “editto perpetuo” che regoli con coerenza e sistematicità i fenomeni di transizione tra norme, garantendo sempre il rispetto dei diritti acquisiti.

478 Cfr. R. QUADRI, Dell’applicazione della legge in generale, cit., pp. 115 – 116.

479 L’emendamento proposto dall’on. Dominedò, in base al quale l’art. 11 disp. prel. c.c. avrebbe dovuto

stabilire che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha efficacia retroattiva nei confronti dei

diritti quesiti”, venne respinto da parte della Commissione Tupini, sul presupposto che, rispetto al diritto

penale - ove tale regola era già sancita -, negli altri ambiti occorreva procedere con estrema cautela, data la notoria mutevolezza del diritto (privato), specie con riguardo alla materia dei diritti sociali.

legislatore, al quale venne dunque riconosciuta la possibilità di stabilirne, di volta in volta, il contenuto480.

In secondo luogo, l’assenza di una disciplina ad hoc che indicasse in modo preciso il significato della nozione di diritto acquisito, già di per sé scarna di intrinseco rigore, non ha fatto altro che implementare i dubbi relativi al collegamento tra diritti acquisiti e principio di irretroattività481.

Infine, anche a prescindere da tali perplessità, la considerazione per cui la teoria dei diritti acquisiti avrebbe impedito alla legge successiva di modificare le situazioni giuridiche destinate a protrarsi nel tempo, è stata decisiva nel condurre la dottrina prevalente482, pur sempre intenta a circoscrivere i margini di arbitrarietà del legislatore, al superamento della stessa e alla elaborazione della nuova teoria dei “fatti compiuti”, che, postulando l’immodificabilità dei rapporti definitivamente esauriti da parte di norme sopravvenute, poneva maggiormente in risalto l’effetto dinamico del fatto acquisitivo, anziché quello statico della situazione di diritto acquisita483.

L’utilizzo di tale nuovo criterio, suscettibile, peraltro, data la sua natura oggettiva, di essere applicato in ogni settore dell’ordinamento, se da un lato aiutava a semplificare il

480 Iconica, a riguardo, è l’espressione utilizzata da R. QUADRI, Dell’applicazione della legge in

generale, cit., p. 118, secondo cui, date tali premesse, “i diritti acquisiti sono rispettabili, se sono rispettati e non rispettati perché rispettabili”, offrendo quindi un ribaltamento della logica originaria

sottesa all’elaborazione della teoria in questione. Similmente lo stesso G. GROTTANELLI DE’ SANTI,

Profili costituzionali della irretroattività delle leggi, cit., p. 49, osserva che “in realtà soltanto la legge nuova potrà decidere se rispettare o meno, e in che limiti, la legislazione anteriore e, con essa, i diritti che sulla base di questa sono sorti”.

481 In merito a tale ampio dibattito, che ha visto coinvolti alcuni dei più illustri Autori, quali Gabba,

Savigny e Lasalle, si rinvia alla approfondita ricostruzione di G. FURGIUELE, voce “Diritti acquisiti”, in

Dig. disc. priv., Vol. V, Torino, Utet, 1997, pp. 371 – 374. A ciò si aggiunga che recentemente A.

CALEGARI, Le leggi retroattive nel diritto amministrativo, in Le leggi retroattive nei diversi rami

dell’ordinamento, a cura di C. PADULA, cit., p. 233 – 234, ha avuto modo di osservare come la rigida

impostazione che ispira tale tesi conduce a considerare insensibili allo ius superveniens soltanto i diritti definitivamente acquisiti sotto la vigenza della precedente disciplina, e non anche le aspettative, seppur qualificate, all’ottenimento di determinati vantaggi, con la conseguenza che, sotto tale profilo, l’ambito di operatività del principio di irretroattività della legge verrebbe a coincidere con quello del principio del legittimo affidamento, il quale ultimo, come noto, potrebbe essere valorizzato ben oltre tali angusti limiti.

482 Costituiscono un’eccezione isolata a tale prevalente orientamento A. TRABUCCHI, Istituzioni di

diritto civile, Padova, Cedam, 1988, pp. 27 – 28, che continua ad aderire alla precedente teoria del diritto

acquisito, nonché C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Cedam, 1967, p. 305, che pare invece fornire una singolare lettura congiunta delle due teorie richiamate.

483 Così G. SCARDILLO, Brevi cenni sul “principio dei diritti acquisiti” e le riforme previdenziali alla

luce del dettato costituzionale, in Giur. merito, 1998, fasc. n. 4-5, p. 823. Come infatti ricorda G.

FURGIUELE, voce “Diritti acquisiti”, cit., p. 375, è lo stesso Savigny ad evidenziare una inevitabile commistione fra il profilo del diritto e quello del fatto, che, tuttavia, deve essere letta nella corretta ottica secondo cui “il diritto è acquisito non in sé ma perché frutto del perfezionamento di una fattispecie

problema del diritto intertemporale, ponendolo sul piano della obiettività insita nel concetto di fatto, dall’altro lato, non appariva sufficiente alla risoluzione di tutte le questioni concernenti l’applicazione dello ius superveniens in ordine ai rapporti pendenti, in considerazione delle diverse perplessità emerse con riferimento al suo ambito applicativo484.

A ciò si aggiunga che l’incessante ritmo degli avvicendamenti normativi rendeva pressoché impossibile per la dottrina elaborare criteri in grado di razionalizzare la transazione dalla vecchia alla nuova normativa, con conseguente depotenziamento della elaborata teoria, che finiva spesso per non riuscire a porre un sicuro argine all’onnipotenza del legislatore.

Conseguentemente, neppure la dottrina del fatto compiuto riuscì a risolvere il problema dell’eventuale limite alla retroattività della legge, in quanto, semmai, “lo

presuppone(va) già risolto”485. La circostanza per cui, in assenza di una regola generale in materia, soltanto il testo di legge da interpretare diviene decisivo ai fini della permanenza di posizioni giuridiche consolidate, rende anche la seconda teoria priva di un valore precettivo e meramente sussidiaria all’espletamento di una scelta interpretativa da parte della giurisprudenza, alla quale viene, di fatto, riconosciuto un ampio margine di discrezionalità nella scelta della normativa applicabile486. Il che si traduce, sempre più frequentemente, nella prevalenza della normativa più recente. Conclusivamente, è in ogni caso possibile osservare che, sebbene entrambe le teorie considerate non siano in sostanza riuscite a rinvenire un metodo efficace per contrastare il fenomeno della retroattività normativa, esse sono pur sempre sintomatiche dei continui sforzi compiuti dalla dottrina per ampliare la tutela ricavabile dal principio di irretroattività di cui all’art. 11 disp. prel. c.c. Ebbene, tali tentativi, come si esaminerà nell’ultima parte del lavoro, troveranno maggior successo in concomitanza del processo

484 In particolare, come ripercorre G. FURGIUELE, voce “Diritti acquisiti”, cit., p. 375, la nuova teoria

non risolveva la questione legata all’inclusione tra i fatti compiuti anche delle capacità e degli status, nonché l’ulteriore questione connessa alla considerazione degli effetti non ancora verificatesi, ma suscettibili di verificarsi sotto la legge nuova.

485 Cfr. R. QUADRI, Dell’applicazione della legge in generale, cit., p. 136. 486 Così G. FURGIUELE, voce “Diritti acquisiti”, cit., p. 377.

di recepimento del principio di affidamento nell’ambito del nostro ordinamento, seppur nei limiti di operatività stabiliti dalla giurisprudenza487.

3. Tempus regit actum e invalidità sopravvenuta dei provvedimenti

Documenti correlati