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Profili processuali del fenomeno retroattivo: la retroattività obbligatoria

LA RETROATTIVITÀ DEI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI 1 Premessa

4. Profili processuali del fenomeno retroattivo: la retroattività obbligatoria

La retroattività, in quanto fenomeno complesso del nostro ordinamento, in grado di interessare molteplici sfaccettature dell’agire amministrativo, è suscettibile di rilevare anche sotto il profilo processuale. Parte della dottrina ha così individuato quale ulteriore categoria di provvedimenti ad efficacia retroattiva generalmente consentita quella della c.d. retroattività obbligatoria o doverosa, facendovi rientrare tutti quegli atti adottati dall’Amministrazione in ottemperanza o in esecuzione delle pronunce rese in sede giurisdizionale o amministrativa. Talvolta può infatti accadere che tali decisioni non siano dotate di autoesecutività, nel senso che la loro semplice statuizione non sia di per sé idonea a realizzarne il tipico effetto demolitorio, consistente nella rimozione ex tunc del provvedimento viziato dalla realtà giuridica422, e che, a tal fine, risulti invece necessaria l’adozione da parte dell’Amministrazione di misure ulteriori, conformative e ripristinatorie423.

Sebbene sussistano posizioni dottrinali discordanti in merito all’autonoma configurabilità di siffatta tipologia di retroattività424, la sua analisi appare necessaria

422 Il riferimento è, in particolare, al c.d. effetto ripristinatorio delle sentenze di annullamento pronunciate

dal giudice amministrativo, consistente nella rimozione ex tunc dell’assetto degli interessi scaturente dal provvedimento annullato. Tale effetto rappresenta uno dei tre effetti tipici della sentenza di annullamento, secondo la nota e ormai consolidata distinzione di Mario Nigro, secondo cui alla pronuncia di annullamento (tanto giurisdizionale quanto amministrativo) sono connessi un effetto eliminatorio (o caducatorio), un effetto ripristinatorio ed un effetto conformativo, cfr. M. NIGRO, Giustizia

amministrativa, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 313 e ss.; fra i tanti che riprendono tale tripartizione si

vedano C. CACCIAVILLANI, Il giudicato, in Giustizia amministrativa, a cura di F.G. SCOCA, Torino, Giappichelli, 2017, p. 589; A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2018, p. 308 e ss.

423 Si tratta ad ogni modo di un’evenienza che interessa soltanto alcune pronunce, stante la sussistenza nel

processo amministrativo della regola della immediata esecutività delle sentenze rese dal giudice amministrativo, così come sancita negli artt. 33, comma 2, e 111 c.p.a. Come infatti chiarito da parte della giurisprudenza, la piena realizzazione dell’effetto demolitorio della sentenza di annullamento non richiede sempre e comunque una consequenziale attività da parte dell’Amministrazione. Ed infatti “dalla

sentenza di annullamento possono certamente discendere anche obblighi ripristinatori e conformativi per l’Amministrazione, derivanti dall’annullamento giurisdizionale dell’atto illegittimo, ma tali effetti sono un quid pluris rispetto all’effetto demolitorio, per ciò stesso autoesecutivo…Tali effetti si aggiungano eventualmente al primario effetto demolitorio, e non comportino certo la sospensione di quest’ultimo derivante ex lege dalla sentenza, in attesa che la parte resistente si determini a dare osservanza agli ulteriori suoi obblighi”. Tali effetti “non sono dunque effetti indefettibili della sentenza di annullamento, che ben può esaurirsi, come è accaduto per la sentenza di questa Sezione n. 5119 del 2011, nel mero effetto demolitorio, di talché l’annullamento non potrà che essere ex se operante, non dovendo attendere alcuna successiva attività conformativa o ripristinatoria”, così Cons. Stato, Sez. IV, sent., 26 agosto

2014, n. 4293, in www.giustizia-amministrativa.it.

424 Parte della dottrina ha infatti evidenziato che tali casi andrebbero configurati come ipotesi non di

nell’ottica di fornire un quadro quanto più possibile completo del fenomeno in questione, del quale non possono essere tralasciate le frequenti e rilevanti ricadute sul piano processuale.

La tipologia più nota e diffusa di provvedimenti “doverosamente” retroattivi, emanati nell’ambito del processo amministrativo, è rappresentata dagli atti e comportamenti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare al fine di dare piena esecuzione alle sentenze di annullamento passate in giudicato, qualora l’effetto ripristinatorio ad esse connaturato non risulti sufficiente a soddisfare l’interesse del ricorrente e, quindi, ad assicurarne l’effettiva tutela. Analogamente a quanto in precedenza evidenziato in relazione ad altre fattispecie di retroattività, può infatti accadere che la sussistenza di una situazione fattuale e giuridica ormai modificatasi in modo irreversibile impedisca in concreto alla sentenza di esplicare i propri effetti per il tempo passato425, ledendo in tal modo la posizione giuridica del soggetto passivo, la cui piena soddisfazione risulta direttamente connessa all’efficacia retroattiva della pronuncia. In tali casi diviene, quindi, indispensabile, nell’ottica di garantire una tutela effettiva della parte interessata, l’adozione di misure ulteriori che diano esecuzione a quanto statuito dal giudice e che impediscano che la durata del processo vada a discapito della parte vittoriosa, quali, ad esempio, l’emanazione di un provvedimento di natura favorevole al ricorrente che, in aderenza a quanto statuito, sostituisca, con efficacia ex tunc, il precedente provvedimento dichiarato illegittimo in sede giudiziale426.

Ebbene, tali fattispecie provvedimentali assumono notevole rilevanza con specifico riferimento al tema oggetto di indagine, in quanto l’efficacia retroattiva ad esse

assetto postumo di vicende già accadute o che avrebbe dovuto accadere”, cfr. G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 410 e la dottrina ivi richiamata in nota.

425 Come sottolinea G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., pp. 409 – 410, in tale

circostanza può essere ravvisato un parallelismo rispetto al diritto privato laddove, in maniera analoga, “l’insieme degli adempimenti che il soggetto passivo di un rapporto giuridico già pendente deve porre a

beneficio del soggetto attivo, quando l’automatismo implicito nella retroattività reale sia inidoneo a determinare una situazione identica a quella che si sarebbe determinata se gli effetti fossero stati prodotti sin dal momento della costituzione del rapporto” risultano necessari proprio in ragione dei limiti “che la retroattività reale riceve dal principio factum infectum fieri nequit”.

426 Come infatti è stato correttamente osservato, non possono che replicarne il medesimo ambito

temporale di efficacia. In altre parole, sarà quindi compito dell’Amministrazione “rinnovare il

procedimento a partire dal momento segnato dalla statuizione demolitoria, appunto sostituendo alla deliberazione che il Giudice ha eliminato dal mondo giuridico una nuova determinazione”. A ciò

consegue che, essendo tali nuovi atti direttamente connessi al provvedimento illegittimo che vanno a sostituire, essi non potranno che replicarne anche il relativo ambito temporale di efficacia, vedi Cons. Stato, Sez. IV, sent., 11 aprile 2006, n. 2018, in www.giustizia-amministrativa.it.

connatura assume di per sé una funzione garantistica degli interessi delle parti interessate, la cui piena realizzazione dipende proprio dal dispiegamento di effetti anche per il tempo passato. Intesa in tal senso, la retroattività dei provvedimenti adottati dall’Amministrazione in ottemperanza alle pronunce di annullamento non solleva, dunque, problemi di tutela delle posizioni giuridiche dei soggetti direttamente interessati e non appare, quindi, contrastare con la tradizionale regola di irretroattività degli atti amministrativi, risultando, invece, ordinariamente ammessa all’interno del nostro ordinamento.

Occorre tuttavia osservare che anche siffatta tipologia di retroattività non è immune da limiti, fattuali e giuridici, che possono impedirne la piena realizzazione.

Innanzitutto, come in precedenza si è ricordato, l’effetto ripristinatorio retroattivo conseguente al passaggio in giudicato delle pronunce di annullamento può essere parzialmente, o anche totalmente, inibito dalla sopravvenienza di mutamenti di fatto o di diritto che ostacolano la ricostituzione integrale dello status quo ante427. Tali accadimenti, pertanto, qualora si verifichino in relazione a situazioni che abbisognano di ulteriori interventi da parte dell’Amministrazione in seguito al passaggio in giudicato della sentenza, rappresentano uno dei primi limiti al pieno riconoscimento di quanto stabilito in sede giurisdizionale, rendendo di fatto impossibile il conseguimento in capo al ricorrente vittorioso dell’utilità sottesa alla pronuncia retroattiva di annullamento428. A tale primo elemento limitativo della portata doverosamente retroattiva della sentenza di illegittimità va aggiunta un’altra rilevante considerazione, legata al discusso potere generale del giudice amministrativo di “modulare” nel tempo la decorrenza degli effetti della sentenza di illegittimità.

La questione si inserisce nel più ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinale relativo alla mitigazione dell’efficacia retroattiva dell’annullamento, tanto amministrativo429 quanto giurisdizionale, la quale, in assenza di una chiara disposizione di riferimento, è stata oggetto di diverse letture interpretative. Tale dibattito se, da un lato, quanto alla prima delle due fattispecie di annullamento menzionate, è apparso superabile attraverso

427 Trattasi evidentemente di un “un limite intrinseco e ineliminabile (che è logico e pratico, ancor prima

che giuridico)”, come afferma Cons. Stato, Sez. III, sent., 26 agosto 2016, n. 3706; sul punto da ultimo si

veda TAR Molise, Campobasso, Sez. I, sent., 17 maggio 2018, n. 274, tutte in www.giustizia-

amministrativa.it.

428 Residuando, di fatto, a quel punto solo una tutela di tipo risarcitorio per equivalente. 429 Per il quale si rimanda a quanto più sopra osservato.

il ricorso alle operazioni di bilanciamento tra principi costituzionali contrapposti, dall’altro lato, tuttavia, non ha ancora visto emergere una soluzione univoca e condivisa in merito all’efficacia temporale delle pronunce del giudice amministrativo.

Sicché, al fine fornire una chiave di lettura della questione, appare preliminarmente necessario ripercorrere le diverse teorie elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel corso del tempo, nonché gli attuali approdi a cui tale processo evolutivo risulta essere giunto.

Come noto, il sistema processuale amministrativo italiano, seppure tradizionalmente inteso quale sistema ancorato in via principale al giudizio di annullamento430, risulta innanzitutto costruito, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1 c.p.a.431, al fine di garantire una tutela effettiva alle situazioni giuridiche soggettive delle parti, mediante la previsione non solo di una pluralità di azioni da queste esercitabili, ma anche di ampi poteri istruttori e decisori in capo al giudice amministrativo, che risultano idonei a garantire una tutela non solo cassatoria, ma anche dichiarativa, di condanna e di accertamento432. All’interno di tale ampia gamma di poteri rientra, in particolare, anche la menzionata possibilità per il giudice amministrativo di annullare, con efficacia retroattiva, i provvedimenti amministrativi illegittimi impugnati mediante ricorso giurisdizionale, con conseguente onere dell’Amministrazione soccombente di ripristinare, a favore del ricorrente vittorioso, lo status quo ante, ossia la situazione giuridica e fattuale in cui quest’ultimo si trovava prima dell’entrata in vigore del provvedimento viziato. La necessaria retroattività dell’annullamento dell’atto

430 A tal riguardo occorre, tuttavia, ricordare che già a far tempo dalla sentenza della Sez. VI del

Consiglio di Stato del 2011 la tradizionale concezione del processo amministrativo come processo fondato sul primato dell’azione di annullamento appariva già pienamente superato a favore di una nuova lettura dello stesso quale sistema complesso basato su una pluralità di azioni, al pari di quanto si verifica nell’ambito del processo civile. In merito si veda M.A. SANDULLI, Il superamento della centralità

dell’azione di annullamento, in Libro dell’anno del diritto 2012, Treccani, Roma, p. 829. Contra, vedi R.

VILLATA, Ancora “spigolature” sul nuovo processo amministrativo?, in Dir. proc. amm., 2011, fasc. n. 4, p. 1512 e ss., il quale persiste invece nel ritenere che la centralità dell’azione di annullamento sia “la

conseguenza ineliminabile della circostanza che spetta all’Amministrazione disporre in ordine al caso concreto dettandone la disciplina alla luce dell’interesse pubblico in attribuzione alla stessa, sicché necessariamente la tutela piena e satisfattiva dell’interessato passa attraverso l’eliminazione (anche se non si esaurisce in questa) dell’atto precettivo”.

431 Il quale stabilisce appunto che “la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva

secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”.

432 Il riferimento è alle note azioni di mero accertamento, di condanna, avverso il silenzio, di

adempimento, di mero accertamento, e a tutela dell’accesso, come disciplinate, seppur in maniera scarna, dal Codice del processo amministrativo.

illegittimo, ancorché non prevista espressamente dal Codice433, rappresenta una delle regole fondamentali del nostro ordinamento giuridico e, più in generale, dello Stato di diritto, in quanto, come sopra si è evidenziato, consente di garantire alla parte ricorrente vittoriosa una tutela piena ed effettiva434.

Tuttavia, proprio nel solco di tale vuoto normativo435 hanno trovato spazio alcune teorie

derogatorie della suddetta regola, volte ad estendere i poteri decisori del giudice amministrativo, fino a riconoscergli la possibilità di modulare e di mitigare gli effetti temporali delle sentenze di annullamento, laddove ciò risulti funzionale ad un innalzamento del livello di tutela approntato alle parti436. Secondo tale lettura interpretativa, sussisterebbero, infatti, una serie di situazioni in cui l’applicazione della tradizionale regola dell’efficacia retroattiva delle sentenze di annullamento potrebbe risultare incongrua e manifestamente ingiusta, ovvero in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale. Da ciò conseguirebbe, pertanto, la triplice possibilità per il giudice, a seconda delle circostanze e delle conseguenze che ne

433 Il quale si limita, invece, ad enunciare il termine di decadenza dell’azione di annullamento (art. 29

c.p.a) e a precisare che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice amministrativo può decidere di annullare totalmente o solo parzialmente il provvedimento impugnato (art. 34 c.p.a.). All’interno del c.p.a. non è quindi dato rinvenire alcuna norma che autorizzi il giudice a determinare gli effetti temporali della pronuncia di annullamento e, quindi, a decidere se la stessa debba avere obbligatoriamente efficacia ex tunc o soltanto ex nunc. Il Codice si limita a prevedere che la sentenza di annullamento debba unicamente consistere nella eliminazione integrale degli effetti del provvedimento illegittimo.

434 Si tratta di una regola enunciata ab antiquo et antiquissimo tempore da parte della giurisprudenza

amministrativa, secondo una formulazione ormai ricorrente, quale “ineluttabile corollario del principio di

effettività della tutela, poiché la misura tipica dello Stato di diritto - come affermatosi con la legge fondamentale del 1889, istitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di Stato - non può che essere quella della eliminazione integrale degli effetti dell’atto lesivo per il ricorrente, risultato difforme dal principio di legalità”, cfr. punto 15.1 della nota sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustizia-amministrativa.it, su cui si tornerà approfonditamente a breve. L’effetto retroattivo delle

pronunce di annullamento è inoltre pacificamente riconosciuto anche in dottrina, cfr. A.M. SANDULLI,

Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, Morano, 1963, p. 412; R.

VILLATA, L’esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato, Milano, Giuffrè, 1971, p. 546 e ss.; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, Il Mulino, 1983, p. 386; E. FERRARI e L. PERFETTI,

Commento all’art. 26 l. TAR, in A. ROMANO e R. VILLATA, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, Cedam, 2009, p. 870.

435 Ed infatti, come ricorda F. CARINGELLA, Il sistema delle tutele dell’interesse legittimo alla luce del

codice e del decreto correttivo, in Urb. app., 2012, fasc. n. 1, p. 14 e ss., “l’annullamento ex tunc del provvedimento impugnato rinviene le sue radici non già in una disposizione di legge, ma in una prassi, suscettibile di essere derogata tutte le volte in cui l’annullamento retroattivo dell’atto costituisce una misura eccessiva – pertanto non satisfattoria – delle istanze di tutela del ricorrente (o addirittura lesiva della sua sfera di interesse)”.

436 In un’ottica comparata, è possibile notare, come ricorda G. PARODI, Gli effetti temporali delle

sentenze di annullamento e di invalidità della Corte di Giustizia delle Comunità europee, in Quad. reg.,

2007, fasc. n. 1-2, pp. 319 – 338, che anche in Germania e in Spagna il Giudice costituzionale detiene il potere di modulare gli effetti nel tempo delle decisioni di annullamento, pur in mancanza di un’espressa abilitazione legislativa.

deriverebbero, di limitare parzialmente gli effetti dell’annullamento, oppure di annullare il provvedimento illegittimo con efficacia ex nunc, o ancora di escludere in tutto gli effetti demolitori retroattivi della sentenza, disponendo solo quelli conformativi, volti a far sostituire il provvedimento illegittimo.

Tale indirizzo è stato inaugurato dalla nota e discussa sentenza del Consiglio di Stato n. 2755 del 2011, mediante la quale i Giudici di Palazzo Spada, riformando la pronuncia del T.A.R. precedentemente adito, annullavano il provvedimento impugnato, emanato a protezione della fauna, limitandosi a dichiararne l’illegittimità, senza quindi annullarlo, ma, proprio per esigenze legate alla tutela effettiva dell’interesse ambientale invocato, imponendo unicamente all’Amministrazione soccombente di ottemperare il contenuto della pronuncia.

Ebbene, le considerazioni poste a fondamento della decisione in questione sono destinate ad assumere notevole rilevanza con riferimento al tema oggetto di indagine, in quanto denotano in maniera evidente un’apertura alla riconsiderazione della portata naturalmente e doverosamente retroattiva di determinati provvedimenti, laddove tale efficacia comporti, sul piano sostanziale, una lesione della posizione giuridica delle parti interessate.

Innanzitutto, secondo la Sez. VI del Consiglio di Stato, la legislazione ordinaria, tanto sostanziale quanto processuale, non precluderebbe esplicitamente la configurabilità in capo al giudice amministrativo del potere di valutare la perduranza o meno degli effetti del provvedimento impugnato437, sulla base del criterio per cui occorre garantire un risultato che sia il più possibile congruo e coerente con i principi fondanti del nostro

437 Ed infatti “da un lato, la normativa sostanziale e quella processuale non dispongono l’inevitabilità

della retroattività degli effetti dell’annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e l’art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). Dall’altro lato, dagli articoli 121 e 122 del Codice emerge che la rilevata fondatezza di un ricorso di annullamento può comportare l’esercizio di un potere valutativo del giudice, sulla determinazione dei concreti effetti della propria pronuncia”, determinando in tal modo un parallelismo

tra gli effetti del contratto e gli effetti del provvedimento amministrativo, cfr. Cons. Stato, sent. n. 2755 del 2011, Considerato in diritto, 15.2, cit. Per quanto concerne il temperamento della regola della retroattività dell’annullamento da parte della disciplina processuale in tema di procedure di affidamento di appalti pubblici, si vedano F. CINTIOLI, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti

pubblici (ancora in difesa del processo di parti), in Dir. proc. amm., 2012, fasc. n. 1, p. 3 e ss.; F.

CARPENTIERI, Sorte del contratto (nel nuovo rito sugli appalti), in Dir. proc. amm., 2011, fasc. n. 2, p. 664 e ss.; E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e

negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, fasc. n. 4, p. 1067 e

ss.; E. STICCHI DAMIANI, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in Dir. proc. amm., 2011, fasc. n. 1, p. 240 e ss.

sistema giuridico, tra cui, in primo luogo, il principio di effettività della tutela, disciplinato dagli artt. 6 e 13 della CEDU, nonché dagli artt. 24, 103, 111 e 113 della Costituzione438.

In secondo luogo, un simile potere trova già riscontro in alcuni ordinamenti stranieri, tra cui, in particolare, quello tedesco439 e quello americano440, nonché nell’ordinamento

comunitario, il quale ultimo contempla espressamente, all’art. 264 del T.F.U.E., il potere della Corte di Giustizia di precisare “gli effetti dell’atto annullato che devono

essere considerati definitivi”, ove ciò appaia necessario in un’ottica di maggiore tutela

delle parti interessate441. Ed infatti, secondo la giurisprudenza comunitaria, il principio della portata retroattiva delle sentenze di annullamento, pur costituendo la regola, non ha valore assoluto e non può, quindi, impedire alla Corte di mitigare, in tutto o in parte, gli effetti retroattivi delle pronunce caducatorie, in applicazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, nonché degli ulteriori principi generali europei, applicabili al sistema giuridico nazionale alla luce dell’inevitabile processo di

438 In forza del quale, secondo la definizione di G. ROEHRSSEN, La giustizia amministrativa nella

Costituzione, Milano, Giuffrè, 1988, p. 73, “colui la cui pretesa sia riconosciuta fondata dal giudice deve essere posto dalla legge nella possibilità di vedere pienamente, totalmente ripristinata la posizione giuridica nella quale si trovava e della quale egli godeva al momento del fatto o dell’atto che lo ha turbato e che ha provocato l’intervento del giudice, evitando ogni possibile danno”.

439 Cfr. § 113, abs 1, della legge processuale amministrativa tedesca, Verwaltungsgerichtsordnung

(VwGO) dedicato ai poteri del giudice amministrativo tedesco e, in particolare, alla

Fortsetzungsfeststellungsklage, ossia la cd. azione di accertamento in continuazione.

440 Il riferimento è alla Sez. 706 dell’Administrative Procedure Act (Apa) sullo scope of review davanti

alle Corti federali americane.

441 In particolare, come ricorda lo stesso Consiglio di Stato nella pronuncia in questione, prima

dell’entrata in vigore del Trattato sul funzionamento europeo, il suddetto parere valutativo “era previsto

espressamente nel caso di riscontrata invalidità di un regolamento comunitario (v. l’art. 231 del Trattato istitutivo della Comunità Europea), ma era esercitabile - ad avviso della Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in C106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in C2194). La Corte di Giustizia è dunque

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