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Provvedimenti favorevoli retroattivi e limiti di operatività

LA RETROATTIVITÀ DEI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI 1 Premessa

3. La retroattività volontaria: premessa

3.1. Provvedimenti favorevoli retroattivi e limiti di operatività

Nel nostro ordinamento la possibilità che i provvedimenti amministrativi producano effetti anche per il tempo passato risulta eccezionalmente ammessa non solo quando tale evenienza derivi dalla natura o dalla funzione stessa dell’atto, ma anche laddove sia la stessa Amministrazione a prevederlo espressamente, a condizione, però, che siano rispettati determinati requisiti387, i quali trovano giustificazione sulla base di

387 In tal senso si esprime la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza. In dottrina si ricordano R.

PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., pp. 10 – 11; GASPARRI, In tema di

autorizzazioni retroattive, in Foro amm., 1954, fasc. n. 2, p. 6; M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo,

cit., pp. 596 – 597; A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 716 – 717; G. CORSO,

L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., pp. 411 – 413; P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, cit., pp. 361 – 362; V. CERULLI IRELLI, Principii del diritto amministrativo, cit., p.

189 e ss.; R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 335 e ss. In giurisprudenza si vedano, tra le tante, Cass. civ., Sez. I, sent., 9 giugno 2004, n. 10900, in

un’osservazione di carattere preliminare: rispetto alle sopra esaminate fattispecie di retroattività c.d. naturale, nelle quali l’esercizio del potere discrezionale poteva rilevare con minore o maggiore intensità o, in taluni casi, non rilevare affatto, i provvedimenti retroattivi per determinazione volontaria dell’Amministrazione rappresentano, invece, nel panorama delle fattispecie provvedimentali produttive di effetti ex tunc, quelli in cui si esprime massimamente la discrezionalità amministrativa, trattandosi di ipotesi in cui è la volontà stessa dell’autore o degli autori dell’atto a forzare la categoria del tempo. Tuttavia, come noto, l’efficacia retroattiva dei provvedimenti amministrativi non può dispiegarsi in piena libertà, nell’estensione più arbitraria, essendo l’attività amministrativa non solo vincolata nel fine prestabilito dalla legge, ma anche condizionata al rispetto dei principi generali dell’ordinamento e dei criteri di buona amministrazione, che impediscono alla pubblica Autorità di perseguire unicamente i propri vantaggi ed utilità, obbligandola ad agire in aderenza a situazioni giuridiche effettive ed efficienti388. Tali ragioni hanno, quindi, condotto la dottrina e la

www.cortedicassazione.it; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisdiz., sent., 28 gennaio 2004, n. 10; Cons.

Stato, Sez. IV, sent., 26 novembre 2001, n. 5949, tutte in www.giustizia-amministrativa.it. Inoltre, come si approfondirà nel prosieguo, lo stesso progetto di “Legge generale sulla Pubblica Amministrazione” del 1947 avrebbe dovuto prevedere all’art. 43 la possibilità per l’Amministrazione di far retroagire gli effetti del provvedimento amministrativo ad un tempo anteriore a quello della sua adozione, qualora “gli effetti

siano favorevoli all’interessato o non ledano diritti o interessi legittimi di altri soggetti”.

388 Come già, infatti, osserva R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., pp.

167 – 169, “Gli effetti dell’atto non possono svolgersi in piena libertà, a libito dei soggetti del rapporto

giuridico, nella illimitata direzione che sia prescelta dalla volontà delle parti. L’efficacia retroattiva può avere manifestazione solamente in relazione a una reale situazione di fatto, concreta, effettiva, e obiettivamente determinabile. La fattispecie, l’estremo di fatto (nozioni che nella dottrina tedesca sono denominate con l’espressione «Thatbestand») deve esistere realmente, in senso naturalistico e insieme giuridico. Su una tale situazione pratica si può avere un procedimento di retroattività. La pubblica Amministrazione non può ritenersi munita della potestà di esercitarsi in costrutti pseudo-logici, in finzioni giuridiche per lo scopo di ottenere risultati concreti nel campo delle relazioni giuridiche…ma deve agire in aderenza a situazioni giuridiche reali ed efficienti…Non si tratta, in argomento, semplicemente della tutela e delle guarentigie di diritti e di interessi materiali e immateriali della Pubblica Amministrazione. La limitazione suddetta non riceve applicazione soltanto per salvaguardare il patrimonio economico e giuridico dello Stato e degli enti pubblici. Essa è ispirata al retto funzionamento della Pubblica Amministrazione e alla esatta e legittima impostazione dei rapporti giuridici. Un atto amministrativo giovevole agli interessi della Pubblica Amministrazione, oppure una determinata pretesa conseguenza di un fatto giuridico o di una situazione giuridica utile e vantaggiosa per l’Amministrazione, non debbono considerarsi ammissibili avendo riguardo puramente e semplicemente alla loro utilità, ai vantaggi che dalla sua ammissibilità avrebbe la Pubblica Amministrazione. L’atto o la conseguenza di un atto debbono avere piena corrispondenza con un’effettiva realtà sostanziale, debbono risultare logica e normale conseguenza dell’applicazione dei principi generali del diritto, degli usi osservati come diritto pubblico, e dei criteri di «buona amministrazione…L’ordinamento giuridico non mai consente arbitrii o soprusi, anche se il risultato dei metodi seguiti realizzi vantaggi materiali o giuridici a beneficio della Pubblica Amministrazione»”;

giurisprudenza all’individuazione di tre limiti c.d. naturali389, i quali seppur invocabili con riferimento a ciascuna delle summenzionate categorie di provvedimenti a retroattività consentita390, assumono, per le ragioni sopra esposte, una particolare valenza con riferimento ai provvedimenti volontariamente retroattivi.

In primo luogo, si richiede, quale requisito di carattere preliminare, che tali provvedimenti producano effetti favorevoli, facendo sorgere in capo ai loro destinatari unicamente situazioni giuridiche di vantaggio, derivanti, ad esempio, dal conferimento di nuovi diritti o facoltà, o attraverso l’ampliamento di quelli preesistenti. Tale prima condizione di operatività trova la propria ragione giustificatrice sulla base della considerazione per cui la retroattività del provvedimento amministrativo sarebbe vietata soltanto laddove arrechi pregiudizio alla posizione giuridica dei privati, in aperta violazione dei noti principi generali posti a presidio della irretroattività, che impediscono all’Amministrazione di violare arbitrariamente diritti e situazioni giuridiche di vantaggio venutesi a creare in capo ai privati391. Ed infatti, il provvedimento amministrativo, che, in ragione della sua unilateralità ed imperatività, sarebbe idoneo ad incidere pro futuro nei confronti dei destinatari, potrebbe in linea teorica esplicare nei confronti di questi ultimi gli stessi effetti anche per il tempo passato, ledendone, quindi, la sfera giuridica392.

389 Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., pp. 716 – 717. La scelta di individuare i limiti di

operatività dei provvedimenti retroattivi per scelta discrezionale dell’Amministrazione è apparsa come scelta preferibile rispetto a quella della dottrina francese (vedi il più volte cit. testo di DUPEYROUX, La

règle de la non-rètroactivite del actes administratifs), la quale si concentra, invece, sulla individuazione

di una regola generale di irretroattività degli atti amministrativi.

390 Come, infatti, ricorda G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 411, i c.d.

limiti naturali costituiscono “regole valide in via generale in materia di retroattività”; così anche R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 335 (nonché per la dottrina e la giurisprudenza ivi citata, vedi nota 61), secondo cui “i limiti naturali che incontra la retroattività in senso

stretto sono i medesimi che si è visto esistere per la retroattività per espressa disposizione di legge o per la natura dell’atto, e cioè che essa deve tenere conto delle posizioni giuridiche soggettive dei terzi, che non può eliminare i fatti avvenuti in epoca anteriore, secondo il principio factum infectum fieri nequit, e che esige la preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto cui si intende dare efficacia retroattiva, fin dalla data alla quale si vogliono far risalire gli effetti dell’atto stesso”.

391 Vedi R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., p. 36.

392 Così G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 411, secondo il quale “il

divieto di attribuire efficacia retroattiva al provvedimento sfavorevole al destinatario trova…il suo fondamento in ciò, che la retroattività estende la cerchia degli effetti oltre i consueti confini temporali, e perciò presuppone un potere di disposizione della sfera giuridica dell’amministrato più intenso di quello che la legge attribuisce in via normale”.

Tuttavia, l’esigenza di tutela della posizione dei privati, cui risulta ispirato il principio di irretroattività degli atti amministrativi, analogamente a quanto previsto nel settore privatistico (artt. 1399 e 1445 c.c.), ha portato all’elaborazione di siffatto limite, che riduce, quindi, l’ambito di efficacia temporale delle (sole) fattispecie provvedimentali che determinano conseguenze svantaggiose in capo ai loro destinatari, consentendo, invece, a quelle di carattere favorevole di estendere la propria operatività giuridica anche nel passato, essendo, per le ragioni evidenziate, conformi ai suddetti principi garantistici del cittadino e, pertanto, ammissibili da parte dell’ordinamento. L’Amministrazione potrà, pertanto, adottare tale tipologia di provvedimenti, senza dover essere a ciò autorizzata da parte di un’esplicita disposizione normativa, la quale, in coerenza rispetto all’impostazione tradizionale, sarebbe invece necessaria nel caso di adozione di provvedimenti produttivi di effetti sfavorevoli.

Ulteriore e diverso limite generalmente individuato con riferimento agli atti produttivi di effetti retroattivi in ragione di una scelta discrezionale dell’Amministrazione è quello consistente nella manifestazione del consenso da parte degli interessati393, la cui sussistenza vale logicamente ad eliminare in radice il rischio derivante dalla produzione di imprevisti effetti sfavorevoli nei confronti dei destinatari del provvedimento394. L’espressa volontà di accettare gli effetti retroattivi del provvedimento amministrativo si porrebbe, quindi, come elemento in grado sia di ampliare ulteriormente il novero dei provvedimenti amministrativi a retroattività consentita, sia di superare il precedente limite, rendendo astrattamente ammissibili anche provvedimenti produttivi di effetti pregiudizievoli395.

393 In verità, parte autorevole della dottrina ritiene equiparabili ai provvedimenti (oggettivamente) in

bonam partem quelli (soggettivamente) accettati dai soggetti interessati, purché questi ultimi manifestino

in maniera espressa il loro consenso alla retroattività degli effetti, in tal senso vedi M.S. GIANNINI,

Diritto amministrativo, cit., p. 596, secondo cui “si ammettono due eccezioni alla regola: quando vi è il consenso degli interessati, quando il provvedimento produce solo situazioni oggettive di vantaggio nei confronti del privato, senza ledere interessi di terzi”. Nello stesso senso vedi anche E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 595. Al contrario, invece, R. VILLATA e M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 297, che, assumendo una posizione più rigida, ritiene necessaria la

contestuale sussistenza dei due limiti in questione, ossia dell’elemento oggettivo del carattere favorevole del provvedimento retroattivo e dell’elemento soggettivo della prestazione del consenso da parte dei destinatari.

394 Così W. TROISE MANGONI, L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti e garanzie a

tutela dell’individuo, cit., p. 41.

395 Come, tuttavia, ha avuto modo di osservare L. SCIRMAN, La retroattività in diritto amministrativo e

del provvedimento amministrativo in particolare, cit., anche “il consenso degli interessati incontra a sua volta vari limiti, non essendo riscontrabile, di norma, né nella retroattività per legge né in quella per

Siffatta ultima evenienza appare, tuttavia, circoscritta da un’altra tipologia di condizione generale che limita il dispiegamento di effetti retroattivi da parte dei provvedimenti amministrativi, identificabile nella insussistenza di effetti pregiudizievoli nei confronti dei soggetti terzi, direttamente o anche indirettamente interessati all’esercizio del potere. Il dovere dell’Amministrazione di rispettare i diritti dei terzi trova invero giustificazione nella considerazione che eventuali deroghe al principio generale di irretroattività risultano ammissibili nella misura in cui siano dettate da esigenze di tutela, che logicamente non possono riguardare solo i diretti destinatari del provvedimento, ma anche gli eventuali controinteressati, i quali, in buona fede, possono aver dato esecuzione ad un atto successivamente caducato. Come noto, infatti, la retroattività del provvedimento interferisce inevitabilmente nella configurazione dei rapporti giuridici, determinando variazioni della posizione giuridica sia del soggetto nei cui confronti la retroattività si produce direttamente, sia dei soggetti che risultano coinvolti dall’esercizio del potere amministrativo396.

Le menzionate esigenze di tutela dell’affidamento dei controinteressati non possono, tuttavia, dare luogo ad un divieto assoluto per l’Amministrazione di adottare provvedimenti potenzialmente incidenti sulla sfera giuridica dei terzi, con la conseguenza che il limite in questione deve essere interpretato in maniera non rigida e

natura. Il consenso inoltre non può riguardare i diritti o gli interessi indisponibili né trovare applicazione, per incompatibilità naturale, in dati ambiti dell’attività amministrativa (ad es., nelle ipotesi degli atti ablatori personali, stante la natura iussiva dell’atto). Va poi sottolineato che il termine consenso può avere, per quanto ci riguarda, due principali significati impiegabili. Il primo è consenso inteso come autorizzazione (si pensi, ad esempio, al c.d. consenso informato); il secondo è il consensus in senso negoziale. Perciò, potrebbe trovare applicazione sia nei casi di provvedimenti amministrativi dal contenuto dispositivo discrezionale (specie nel primo significato); sia nell’attività convenzionale o negoziale della pubblica Amministrazione”.

396 Come correttamente ha ricordato R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi,

cit., p. 180, “la retroattività implica una configurazione degli effetti del rapporto giuridico. Essa dispiega

la propria efficacia nel patrimonio giuridico ed economico del singolo interessato. Ma il rapporto giuridico non vive una vita astratta, in una sfera sua propria, alla quale restino estranee altre sfere giuridiche; non ha esso un’efficienza delimitata a un solo patrimonio giuridico, ai diritti e alle capacità civili e civiche del singolo soggetto, o meglio dei due o più soggetti che sono coinvolti nel rapporto stesso. Entra nel rapporto giuridico la persona che in esso è contemplata; ma questa immediata e diretta interessenza trovasi ad essere unita con altre, riflessa e indiretta, di diverse persone, nel cui patrimonio giuridico si realizzeranno interferenze per i normali svolgimenti delle situazioni giuridiche poste in essere col rapporto. Il diritto, inteso quale potere giuridico sulle cose materiali e immateriali e sulle persone… ha insite nella sua efficienza sia la normale riflessione sulla persona che di esso è titolare e sia l’indiretta ripercussione su altre persone”.

letterale, bensì dinamica, quale elemento da tenere in considerazione nell’ambito dell’attività ponderativa di valutazione degli interessi coinvolti397.

Così interpretato, tale limite, che si traduce nella regola per cui l’atto amministrativo è res inter alios acta, trova rispondenza anche nel diritto privato, ove, come noto, vige il principio di relatività degli effetti del contratto, in forza del quale questi ultimi non possono né nuocere né giovare ai soggetti terzi (cfr. artt. 1372 e 1411 c.c.). La potenziale lesività dei diritti dei terzi da parte del provvedimento amministrativo retroattivo porta, quindi, generalmente ad invocare tale principio non solo al fine di delimitare la produzione degli effetti nel futuro, ma anche per circoscrivere l’efficacia del provvedimento per il tempo anteriore a quello del suo perfezionamento.

Terzo limite naturale cui la retroazione degli effetti del provvedimento amministrativo viene tradizionalmente subordinata consiste, invece, nella preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto fin dalla data a cui si intendono far risalire gli effetti retroattivi dell’atto stesso. La semplice volontà dell’Amministrazione non sarebbe, infatti, in grado di superare l’ostacolo derivante dall’inesistenza nel passato del fatto produttivo di conseguenze giuridiche, sul quale il provvedimento amministrativo retroattivo è destinato ad incidere398. Come più volte si è sottolineato, la retroattività è un fenomeno giuridicamente ammesso nell’ordinamento allorché la stessa sia idonea a determinare il soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela, che preesistono all’adozione dell’atto, la cui efficacia se, da un lato, appare riconducibile al momento in cui tali interessi sono sorti, dall’altro lato non può travalicare siffatto limite, spingendosi fino ad un momento ad esso anteriore399.

397 In questo senso si veda R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 335.

Contra, nel senso di “non ledere le posizioni giuridiche soggettive dei terzi”, P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 362; quanto “inammissibilità di qualsiasi incidenza sulle situazioni giuridiche dei terzi di buona fede”, cfr. A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 696; così anche B.

CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di G. SANTANIELLO, cit. p. 270. Infine, secondo G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 411, il limite è rappresentato dalla “esigenza del rispetto delle situazioni giuridiche dei terzi”, anche se poi lo stesso A. riconosce (nota 71) che “l’ostacolo delle situazioni giuridiche pregresse, come è

noto, non si frappone alla retroattività dell’annullamento”.

398 Così R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., p. 36.

399 Utili a tal fine sono gli esempi riportati da parte di W. TROISE MANGONI, L’esercizio retroattivo del

potere amministrativo. Limiti e garanzie a tutela dell’individuo, cit., p. 52, il quale, nel fare riferimento a

fattispecie in cui il provvedimento attribuisce benefici giuridicamente rilevanti a coloro che risultino vincitori nell’ambito di procedure concorsuali (quali l’aggiudicazione di un contratto, l’attribuzione di un beneficio fiscale o anche l’assunzione quale pubblico impiegato), osserva che “sebbene appaia in linea

Anche in questo caso, pertanto, il fondamento logico del limite in questione è ravvisabile in ragioni attinenti alla teoria generale del diritto, che accomunano diritto civile e diritto amministrativo, e consistenti nel fatto che il dispiegamento di effetti del provvedimento anche nel tempo passato risulta condizionato, al pari di quanto avviene per i negozi giuridici, dalla sussistenza dei presupposti fattuali e di diritto previsti dalla legge ai fini dell’adozione del provvedimento stesso, i quali fungono, secondo lo schema logico della causalità, da imprescindibile fattore legittimante la forza autoritativa di quest’ultimo400.

Infine, da ultimo, la retroattività dei provvedimenti amministrativi incontra un limite nell’impossibilità di distruggere effetti che si sono già verificati, ossia di abolire fatti avvenuti in epoca anteriore, in forza dei confini che alla fictio iuris pone il noto principio che trova espressione nel brocardo latino factum infectum fieri nequit, per cui il fatto compiuto non può considerarsi come non avvenuto401. Tale limite si sostanzia, quindi, non tanto in un divieto, quanto nella mancata possibilità per l’Amministrazione di ripristinare materialmente, prima che giuridicamente, la situazione fattuale preesistente all’esercizio del potere oggetto di intervento amministrativo402. È, peraltro,

correre gli effetti vantaggiosi da esso prodotti, una simile retroazione non può travalicare a ritroso la data in cui si sia concluso lo svolgimento del procedimento di selezione; l’esito di tale ultimo procedimento costituisce infatti i presupposto legittimamente imprescindibile nel quale l’interesse giuridicamente tutelato del destinatario degli effetti del provvedimento rinviene il proprio fattore genetico”. Nell’ambito della giurisprudenza, la questione della preesistenza dei presupposti è stata

elaborata soprattutto in tema di retroattività delle promozioni, con riferimento alle quali è stato da tempo affermato il principio secondo cui l’efficacia delle stesse non può retroagire ad una data anteriore a quelle in cui l’anzianità prescritta si è maturata e lo scrutinio o l’esame siano state effettuati ovvero ad un momento antecedente alla data di istituzione della posizione, cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, sent., 23 gennaio 2002, n. 395; TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater, sent., 2 maggio 2007, n. 3795; Cons. Stato, Sez. IV, sent., 22 febbraio 2013, n. 1107, tutte in www.giustizia-amministrativa.it. A riguardo si veda il d.P.R. n. 1077 del 1970, recante “Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato”, il quale all’art. 15, secondo periodo, ha previsto espressamente che “la promozione, per coloro che la conseguono

al primo scrutinio, decorre agli effetti giuridici ed economici dal giorno successivo alla data di compimento dell'anzianità minima prescritta per l’ammissione allo scrutinio, fermo restando l’ordine della relativa graduatoria”.

400 Come, infatti, osserva G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 412, la

produzione di effetti giuridici da parte del provvedimento amministrativo in un tempo anteriore a quello della costituzione dei suoi presupposti fattuali e giuridici lo renderebbe, con esclusivo riferimento agli effetti esplicati prima di tale momento, privo di causa.

401 In particolare, per tale limite si vedano G. MIELE, Principi di diritto amministrativo, Vol. I, Padova,

Cedam, 1950, p. 165; A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 428; W. TROISE MANGONI, L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti e garanzie a tutela dell’individuo, cit., p. 45 e nota n. 121.

402 Cfr. G. CORSO, L’efficacia del provvedimento amministrativo, cit., p. 412. Per un’analisi del

principio in ambito processuale, con particolare riferimento ai limiti dell’annullamento giurisdizionale, su cui si tornerà più avanti, si veda intanto M. TRIMARCHI, Caducazione con effetto retroattivo della

evidente che trattasi di un limite che, rispetto agli altri sopra ricordati, assume una valenza autonoma, operando soltanto sul piano storico, fattuale e non su quello del diritto.

L’irresistibile forza dei fatti accaduti nel passato, nonché delle posizioni giuridiche dei privati ormai consolidatesi nel tempo fungono, pertanto, da argine all’espletamento di effetti retroattivi, assumendo particolare rilievo con riferimento agli effetti di carattere demolitorio, quali quelli derivanti dai provvedimenti di autotutela ad esito eliminatorio precedentemente esaminati403. Si tratta evidentemente di fattispecie che, seppur secondo

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