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La revoca degli atti ad efficacia istantanea

LA RETROATTIVITÀ DEI PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI 1 Premessa

2. La retroattività naturale

2.1. La retroattività dei provvedimenti di secondo grado

2.1.2. La revoca degli atti ad efficacia istantanea

Considerazioni in parte analoghe paiono poter essere replicate anche con riferimento ai provvedimenti di revoca, i cui effetti temporali, se da un lato risultano tradizionalmente idonei ad assicurare la stabilità delle posizioni soggettive dei privati, dall’altro lato, a seguito dell’intervento del legislatore del 2007, paiono altrettanto in grado di incidere in maniera pregiudizievole sui rapporti, seppur soltanto di natura negoziale, sorti precedentemente e ancora in corso di esecuzione.

Al fine sviluppare siffatte osservazioni, occorre brevemente ricostruire i caratteri essenziali di tale ulteriore tipologia di provvedimento di riesame ad esito demolitorio. Come noto, la revoca332, oggi disciplinata dall’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990333, così come introdotto, al pari dell’annullamento d’ufficio, dalla legge n. 15 del 2005, si caratterizza per il fatto di determinare la cessazione degli effetti di un precedente atto per ragioni non di legittimità, bensì di opportunità, che possono

determinare un consolidamento della posizione giuridica del privato, meritevole in quanto tale di tutela da parte dell’ordinamento.

331 In definitiva, come sapientemente osserva la dottrina, la stabilizzazione degli effetti degli atti finisce

non solo per avvantaggiare i destinatari degli atti stessi, soddisfacendo il loro interesse al mantenimento dei provvedimenti favorevoli, ma anche per giovare alla pubblica Amministrazione, e ciò “non solo nel

senso che, una volta eliminato o circoscritto l’effetto di precarietà, i privati sono maggiormente disposti ad entrare in relazione con l’amministrazione, con un guadagno per il benessere collettivo. Ma anche nel senso più forte e squisitamente giuridico per cui la legittimazione della pubblica amministrazione passa anche attraverso la stabilità del suo agire, in modo da ingenerare fiducia nelle istituzioni pubbliche. Altrimenti l’autotutela mette a repentaglio quel système de croyances che è l’essenza stessa della legittimazione democratica”, così M. RAMAJOLI, L’annullamento d’ufficio alla ricerca di un punto di equilibrio, cit., par. 4.

332 In merito alla dibattuta questione inerente alla definizione della revoca, si rinvia a quanto descritto da

parte di R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., pp. 138 – 140.

333 Il quale al comma 1 stabilisce che “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di

mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”.

riguardare la sopravvenienza di nuovi motivi di interesse pubblico, che rendono inopportuna la perdurante efficacia dell’atto stesso, oppure il mutamento della situazione di fatto sussistente al momento di emanazione del provvedimento di primo grado (c.d. revoca per sopravvenienze di fatto o di diritto), o ancora la rivalutazione dell’interesse pubblico originario sotteso all’emanazione dell’atto (c.d. revoca per ius

poenitendi).

Per quanto concerne, invece, gli effetti temporali della revoca, diversamente da quanto avviene per l’annullamento d’ufficio, l’art. 21-quinquies, comma 1, ne limita il campo di applicazione ai soli provvedimenti aventi “efficacia durevole” e prevede quale conseguenza della revoca la loro “inidoneità…a produrre ulteriori effetti”, sancendone espressamente l’efficacia ex nunc e recependo in tal modo quanto affermato fino a quel momento dall’orientamento giurisprudenziale prevalente, mosso principalmente, sotto l’influenza della giurisprudenza comunitaria334, dalla volontà di tutelare i rapporti giuridici ed economici sorti in capo al privato sul fondamento dell’atto revocato335. Tali conclusioni devono, tuttavia, essere in parte riconsiderate alla luce delle modifiche introdotte dalla l. n. 133 del 2008336, la quale, mediante l’inserimento del comma 1-bis, ha di fatto ampliato l’ambito della revocabilità, disciplinando una singolare ipotesi di revoca avente ad oggetto atti amministrativi ad effetti istantanei ed in quanto tale idonea a produrre efficacia retroattiva, in aperto contrasto con quanto stabilito dal comma precedente337.

334 Come si è sopra evidenziato, spec. vedi nota n. 306.

335 Sulle ricadute della revoca sull’affidamento dei cittadini, nonché sull’opportunità di mantenere distinte

siffatte posizioni rispetto a quelle coincidenti con i c.d. diritti quesiti si veda S. ANTONIAZZI, La tutela

del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica Amministrazione, cit., pp. 134 – 141.

336 Si tratta della legge di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante “disposizioni

urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

337 In tal senso, si veda W. TROISE MANGONI, L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti

e garanzie a tutela dell’individuo, cit., pp. 24 – 26. La dottrina precedente alla riforma del 2008 riteneva

infatti pacificamente che gli atti ad efficacia istantanea fossero per definizione irrevocabili, in quanto trattasi di atti ex se ontologicamente inidonei a produrre ulteriori effetti nel corso del tempo, e per questo rimuovibile solo attraverso lo strumento dell’annullamento d’ufficio, cfr. A.M. SANDULLI, Il

procedimento amministrativo, cit., pp. 391 – 394, il quale ripercorre anche le riflessioni svolte in materia

da parte di illustri autori, quali Santi Romano, Treves, Zanobini, Ranelletti e Amorth; ID., Manuale di

diritto amministrativo, pp. 717 – 719; P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 489; B.

CAVALLO, Provvedimenti e atti amministrativi, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di G. SANTANIELLO, cit., pp. 379 – 380; G. FALCON, Questioni sulla validità e sull’efficacia del

provvedimento amministrativo nel tempo, in Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, cit., p.

Secondo tale disposizione “ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia

durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’Amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico”338.

Sicché è opportuno evidenziare come il comma 1-bis, al di là dell’indicazione delle specifiche modalità di calcolo dell’indennizzo quale forma di ristoro per la lesione del legittimo affidamento subito dai destinatari in ragione della revoca di atti non più compatibili con l’interesse pubblico originario, ha suscitato non poche perplessità interpretative, dal momento che, nel fare riferimento anche ad atti aventi efficacia istantanea, che incidono, in particolare, su rapporti di natura negoziale339, finisce per introdurre una peculiare e problematica tipologia di revoca produttiva di effetti anche nel passato. Come è stato infatti osservato, tale peculiare tipologia di atti (sebbene con unico riferimento a quelli incidenti su rapporti contrattuali), “pur raggiungendo

istantaneamente lo scopo cui sono rivolti, non appaiono idonei a realizzare le finalità ultime dell’Amministrazione che li ha posti in essere se non attraverso il rapporto

2005, in Trib. amm. reg., 2005, p. 3 e ss.; E. STICCHI DAMIANI, La revoca dopo la L. n. 15 del 2005, in Foro amm. T.A.R., 2006, fasc. n. 4, pp. 1547 – 1557. Tra le opere monografiche si veda M. IMMORDINO, Revoca degli atti amministrativi e tutela dell’affidamento, Torino, Giappichelli, 1999; ID., Articolo 21-quinquies, in La pubblica amministrazione e la sua azione, a cura di N. PAOLANTONIO, A. POLICE, A. ZITO, Torino, Giappichelli, 2005, p. 485 e ss.

338 La disposizione è, peraltro, coerente con quanto previsto dall’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del

2016, che fa salva la possibilità di esercitare i “poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme

vigenti”, nonché con l’art. 211, comma 2, dello stesso decreto, che consente all’ANAC, mediante

raccomandazione, di invitare la stazione appaltante ad “agire in autotutela” laddove ravvisi vizi di legittimità negli atti di gara.

339 Il classico esempio è quello della revoca del provvedimento di aggiudicazione definitiva di un appalto

pubblico che intervenga a seguito della stipulazione del contratto. Come noto, infatti, non sarebbe immaginabile una revoca che incida sull’aggiudicazione, che è un atto ad efficacia istantanea la cui efficacia si esaurisce nell’istante in cui il contratto viene concluso. Sicché, dopo la stipula del contratto, l’Amministrazione potrebbe intervenire soltanto sul contratto, giammai sull’aggiudicazione che ha ormai esaurito i suoi effetti, cfr., ex plurimis, TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, sent., 25 gennaio 2011, n. 51; Cons. Stato, Sez. IV, sent., 07 febbraio 2012, n. 662; TAR Campania, Napoli, Sez. I, sent., 7 dicembre 2018, n. 7005. Altro esempio è quello della revoca di atti prodromici alla conclusione di una procedura di

project financing (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent., 5 marzo 2013, n. 1315; TAR Friuli Venezia Giulia,

Trieste, Sez. I, sent., 18 febbraio 2019, n. 74). Diverso è, invece, il caso del provvedimento di aggiudicazione provvisoria, rispetto al quale non trova applicazione siffatta tipologia di revoca, essendo positivamente disciplinato dal nuovo codice dei contratti pubblici, vedi Cons. Stato, Sez. III, sent., 07 luglio 2017, n. 3359; Sez. III, sent., 11 luglio 2012, n. 4116, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

contrattuale (durevole) che costituisce la loro naturale conseguenza, anche se non la loro continuazione”340. Si tratterebbe, in sostanza, di atti che, lungi dal produrre soltanto effetti instabili e provvisori341, hanno evidentemente espletato effetti anche nel passato, sui quali la revoca dell’atto verrebbe inevitabilmente ad incidere, finendo in tal modo per assumere un’insolita efficacia retroattiva.

Nonostante il ristretto ambito di applicazione, limitato, come si è visto, ai soli provvedimenti attinenti a rapporti negoziali, la fattispecie assume, in ogni caso, considerevole rilevanza nell’ambito della presente trattazione in quanto configura un’ipotesi ulteriore, rispetto a quella di autoannullamento, in cui l’ordinamento giuridico ammette la presenza di provvedimenti aventi, di regola, efficacia retroattiva, e come tali suscettibili, a discrezione dell’Amministrazione, di incidere su situazioni giuridiche stabilizzatesi nel tempo, anche a costo di creare delle evidenti contraddizioni, derivanti dallo stravolgimento delle caratteristiche intrinseche di un istituto di autotutela decisoria tipicamente irretroattivo, quale la revoca degli atti amministrativi.

È, tuttavia, opportuno osservare che tale potere discrezionale dell’Amministrazione resta pur sempre circoscritto ad una peculiare tipologia di provvedimenti revocabili, con la conseguenza che, al di fuori di tale specifico caso, la disposizione di cui all’art. 21-

quinquies torna ad assicurare una tutela più intensa delle esigenze di affidamento facenti

capo ai cittadini. Ciò avviene non solo mediante l’esplicita statuizione circa l’intangibilità degli effetti già prodotti dal provvedimento viziato, ma anche attraverso la previsione di un obbligo di indennizzo da parte della pubblica Amministrazione,

340 Cfr. V. DOMENICHELLI e M. SINISI, La revoca del provvedimento, in M.A. SANDULLI, Codice

dell’azione amministrativa, Milano, Giuffré, 2017, p. 1071 e ss. L’A., peraltro, se da un lato giunge a

conclusioni in parte differenti, laddove afferma che la revoca non possa comunque esplicare effetti retroattivi quando il contratto abbia già prodotto effetti, dall’altro lato non può che riconoscere, sulla base della giurisprudenza ivi richiamata, che la norma in questione non fa alcun espresso riferimento ai soli provvedimenti non ancora eseguiti, dovendo trovare applicazione anche nei confronti di quelli già eseguiti, rispetto ai quali opererà retroattivamente. In senso conforme vedi anche S. FANTINI, La revoca

dei provvedimenti incidenti su atti negoziali, in Dir. proc. amm., 2009, fasc. n. 1, p. 3; W. TROISE

MANGONI, L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti e garanzie a tutela dell’individuo, cit., p. 24 e ss. Contra, vedi R. GAROFOLI, G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 1287 – 1288; M. IMMORDINO, Il potere amministrativo di revoca, in federalismi.it, n. 6, 22 marzo 2017, p. 14, la quale, riprendendo quanto affermato “da M. A. Sandulli e dal Consiglio di Stato in sede di

pareri (n. 839 e 1784 del 2016) sulla SCIA” quella di cui all’art. 21-quinquies comma 1-bis,

rappresenterebbe soltanto “un ipotesi di «annullamento travestito», con conseguente confusione di

categorie”.

341 Cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, sent., 7 maggio 2014, n. 1190, in www.giustizia-

nell’ipotesi in cui la revoca determini comunque un pregiudizio in danno dei soggetti direttamente interessati342. L’intento del legislatore è, infatti, quello di compensare l’eventuale prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto viziato sulle aspettative dei cittadini in ordine alla stabilità delle proprie situazioni giuridiche sorte sulla base degli effetti medio tempore prodotti dall’atto stesso343, realizzando in tal

modo un corretto bilanciamento degli interessi coinvolti, che, seppur non previsto esplicitamente, come avviene per l’annullamento d’ufficio, rappresenta comunque un elemento imprescindibile ai fini tanto della legittimità quanto dell’opportunità del provvedimento di autotutela344.

2.1.3. La retroattività dei provvedimenti di secondo grado ad esito

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