La rivoluzionaria interpretazione fornita dalla Corte di Strasburgo in ordine ai sopracitati artt. 6 e 7 CEDU ha stimolato un profondo ripensamento, a livello di diritto interno, delle garanzie procedimentali e giurisdizionali connesse al principio di legalità e al principio di irretroattività in materia sanzionatoria amministrativa.
Ed infatti, fino a non molti anni fa, nel nostro ordinamento è sempre stata privilegiata una nozione formale di sanzione, intesa “in senso stretto” come provvedimento esclusivamente dotato di afflittività - e, in quanto tale, unicamente meritevole della pienezza di tutele - nella sola prospettiva di garantire al cittadino una sicura prevedibilità in merito alla natura della responsabilità conseguente all’esercizio di determinate condotte illecite543. A differenza dell’impostazione sostanzialistica del
541 Cfr. Corte EDU, 22 novembre 1995, ricorso n. 20166/92, S.W. c. Gran Bretagna, § 36, in
www.echr.coe.int.
542 Così M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU: il
problema della tassatività-determinatezza e prevedibilità, cit., pp. 19 – 21.
543 Così era stato a partire dalla monografia di G. ZANOBINI, Le sanzioni amministrative, Torino, Bocca,
1924, p. 38, ove, infatti, si parla di “pena in senso tecnico”. A seguire, nello stesso senso anche M.A. SANDULLI, Le sanzioni amministrative pecuniarie. Principi sostanziali e procedimentali, Napoli, Jovene, 1983. Per una definizione generale di sanzione amministrativa quale “misura afflittiva non
consistente in una pena criminale o in una sanzione civile, irrogata nell’esercizio di potestà amministrative come conseguenza di un comportamento assunto da un soggetto in violazione di una
Giudice europeo, la prospettiva assunta dalla giurisprudenza nazionale impediva in maniera assoluta di ampliare l’ambito applicativo delle tutele para-penalistiche e, quindi, di intravedere nella nozione di sanzione uno strumento utile al rafforzamento delle tutele per il cittadino544.
In particolare, tale atteggiamento di resistenza nei confronti del modello sanzionatorio europeo, fondato, invece, come si è visto, su una concezione unitaria di sanzione, trovava riscontro sia sul piano legislativo, sia in talune pronunce della Corte costituzionale.
Sotto il primo profilo, occorre innanzitutto rammentare che soltanto nei riguardi delle sanzioni in senso stretto, ossia delle sanzioni amministrative pecuniarie, il legislatore nazionale si è preoccupato di predisporre un sistema di funzionamento che, per quanto ancora non assimilabile a quello europeo, dava in qualche misura accoglimento alle esigenze di tutela del cittadino. La legge di depenalizzazione n. 689 del 1981, per quanto insoddisfacente sotto una pluralità di profili, ha infatti avuto il merito non solo di aver introdotto un corpus normativo unitario delle sanzioni amministrative pecuniarie, ma anche di aver caratterizzato il procedimento sanzionatorio amministrativo in termini contenziosi, ossia “in termini condizionati dalla garanzia del contraddittorio”545. Senonché, la circostanza per cui tale disciplina unitaria sia contenuta proprio in una legge di depenalizzazione, volta, in quanto tale, a definire un regime differenziato dalle sanzioni penali, non ha fatto altro che amplificare la frattura fra i due sistemi
norma o di un provvedimento amministrativo”, E. CASETTA, voce “Sanzione amministrativa”, Dig. disc. pubbl., Vol. XIII, Torino, 1997, p. 598 e ss. Per ulteriori approfondimenti, si vedano altresì A.
TESAURO, Le sanzioni amministrative punitive, Napoli, Tip. Tocco, 1925, p. 90 e ss.; M.A. SANDULLI, La potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione (Studi preliminari), Napoli, 1981, p. 3 e ss.; A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica Amministrazione, Padova, Cedam, 1983, p. 11 e ss.; G. PAGLIARI, Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova, Cedam, 1988, p. 229 e ss.; F. GOISIS, Discrezionalità ed autoritatività nelle sanzioni amministrative pecuniarie, tra tradizionali
preoccupazioni di sistema e nuove prospettive di diritto europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2013, fasc. n.
1, p. 79 e ss.
544 Cfr. F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale
ed europeo, cit., p. 18 e ss.
545 Così A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica Amministrazione, cit., p. 245. Come infatti
osserva anche F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto
nazionale ed europeo, cit., p. 23, costituiscono, ad esempio, sintomo di tale caratterizzazione in senso
garantisco l’art. 14 (in forza del quale, al fine di consentire l’esercizio tempestivo del diritto di difesa, sono previsti non solo l’audizione personale dell’incolpato, ma anche il diritto di ricevere entro specifici termini dall’accertamento dell’illecito l’immediata contestazione), o anche l’art. 23 (che conferisce al giudice ordinario il potere di riesaminare l’intera pretesa sanzionatoria, con la possibilità di incidere direttamente anche sull’an e sul quantum della sanzione irrogata).
sanzionatori546, con la conseguenza che, anche dopo la legge del 1981, la potestà sanzionatoria dell’Amministrazione continuava ad essere confinata nell’ambito dell’azione amministrativa547.
A ciò si aggiunga che, secondo il tradizionale orientamento in materia, il sistema sanzionatorio penale ed amministrativo trovavano fondamento in due ordini differenti di parametri costituzionali.
Da un lato, il principio inderogabile di irretroattività è sancito dall’art. 25, comma 2, Cost., per le sole sanzioni penali, al contrario di quanto affermato da tempo da una parte minoritaria della dottrina che, invece, ne sosteneva l’estensibilità, soprattutto sotto il profilo delle garanzie, anche a tutte le sanzioni amministrative di carattere afflittivo548. Dall’altro lato, l’esercizio del potere sanzionatorio della pubblica Amministrazione veniva, invece, ricondotto agli artt. 23 e 97 Cost., i quali, tuttavia, si limitano ad enunciare un generico principio di legalità con riferimento, rispettivamente, all’organizzazione ed al funzionamento dell’Amministrazione, ed, infine, all’imposizione di qualunque prestazione personale o patrimoniale, senza che se ne potesse ricavare alcuna indicazione circa l’applicabilità delle sanzioni amministrative anche a fatti compiuti prima dell’entrata in vigore della relativa legge. Sicché, l’impossibilità di rinvenire in tali ultime due disposizioni costituzionali il fondamento del principio di legalità e di irretroattività, ove riferito alle sanzioni amministrative, costringeva a rinviare alla previsione contenuta nell’art. 1 della legge generale di
546 In tal senso P. PROVENZANO, Note minime in tema di sanzioni amministrative e “materia penale”,
cit., p. 1079, il quale, sulla base di tali premesse, ricorda altresì come, secondo autorevole dottrina, la legge di depenalizzazione del 1981 rappresenterebbe proprio una delle cause della “dequotazione
garantistica dell’universo extrapenale”, cfr. V. MANES, Profili e confini dell’illecito para-penale, cit., p.
988 e ss.
547 Come ricorda, infatti, A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica Amministrazione, cit., p. 246 –
250, “il procedimento sanzionatorio risulta disciplinato secondo i principi sul procedimento
amministrativo; l’istruzione nel procedimento sanzionatorio è modellata secondo principi tipici del procedimento amministrativo; il provvedimento sanzionatorio…è un provvedimento amministrativo”, con
la conseguenza che l’A. non ritiene, quindi, di poter “accogliere le interpretazioni che collocano la
disciplina della sanzione amministrativa pecuniaria contenuta nella legge 689 in una prospettiva propria del diritto penale e della prevenzione penale”.
548 Così M.A. SANDULLI: Le sanzioni amministrative pecuniarie. Principi sostanziali e procedimentali,
cit.; ID., La potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione (Studi preliminari), Napoli, Jovene, 1981, spec. cap. I; ID., voce “Sanzione – IV) Sanzioni amministrative”, in Enc. giur. Treccani, Vol. XXVIII, Roma, 1992, p. 7; P. NUVOLONE, Depenalizzazione apparente e norme sostanziali, in Riv. it.
dir. proc. pen., 1968, p. 63 e ss.; M. SINISCALCO, Depenalizzazione e garanzia, cit.; E. CAPACCIOLI, Principi in tema di sanzioni amministrative: considerazioni introduttive, in Le sanzioni in materia tributaria, Milano, Giuffré, 1979, p. 138.
depenalizzazione del 1981, la quale, nello stabilire che “nessuno può essere
assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione», riproduce sostanzialmente l’art. 25,
comma 2, Cost., con i connessi principi ispiratori della potestà punitiva, ossia riserva di legge, tassatività ed irretroattività. La norma, tuttavia, oltre ad escludere dal proprio ambito di applicazione le sanzioni amministrative di carattere non pecuniario549, risulta,
in ragione del suo rango meramente legislativo, sempre derogabile da parte di leggi speciali550, non riuscendo, di conseguenza, a risolvere il problema legato al fondamento
del principio di irretroattività per le sanzioni amministrative.
D’altro canto, sotto il secondo profilo, è noto che, sulla base di tale quadro normativo, la Corte costituzionale ha per anni affermato, in linea con l’indirizzo dottrinario prevalente551, la specificità e l’autonomia del sistema sanzionatorio amministrativo rispetto a quello penale, implementandone sì l’efficienza, ma limitando, allo stesso tempo, il livello di tutela apprestato ai cittadini552. Tale impostazione trovava
549 Definendo un vero e proprio regime differenziato tra sanzioni amministrative “in senso tecnico”, ossia
quelle di carattere pecuniario, e sanzioni amministrative “in senso lato”, comprensive anche di quelle di natura ripristinatoria ed interdittiva, come tali non propriamente sanzionatorie, cfr. V. PAMPANIN,
Retroattività delle sanzioni amministrative, successione di leggi nel tempo e tutela del destinatario, cit.,
p. 145.
550 Al pari, come più volte in precedenza si è detto, dell’art. 11 disp. prel. c.c., il quale, pur essendo la
principale enunciazione del principio generale di irretroattività, rappresenta “non tanto un limite, quanto
piuttosto un orientamento di politica legislativa, derogabile ogni qual volta ciò sia richiesto dal perseguimento di specifici interessi pubblici”, ivi, p. 143.
551 Cfr. A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica Amministrazione, cit.; C.E. PALIERO, A.
TRAVI, La sanzione amministrativa, Profili sistematici, cit. La prima pronuncia nella quale la Consulta ha esplicitamente affrontato la questione, seppure in maniera non approfondita, è stata la sent. n. 46 del 16 giugno 1964, in www.giurcost.org, nella quale, da un lato, ribadiva (lo aveva già sostenuto nella precedente sent. n. 29 del 9 giugno 1961) che la confisca dei beni “dei cittadini i quali hanno tradito la
patria” prevista dall’art. 9 del d. lgs. 27 luglio 1944, n. 159 (recante “Sanzioni contro il fascismo”), era da
considerarsi una sanzione amministrativa; dall’altro, affermava che “per conseguenza essa non dà luogo
a violazione del principio della irretroattività della legge penale”, senza, tuttavia, aggiungere null’altro
per giustificare una tale conclusione. È stato soltanto in un secondo momento che la Corte costituzionale si è pronunciata in maniera più netta e specifica sul punto, affermando, ad esempio nella sentenza n. 68 del 14 marzo 1984, che “la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato (sentenze nn. 29
del 1961; 46 del 1964 e, da ultimo, 194 del 1976 e 13 del 1977) che il principio della irretroattività delle leggi è stato costituzionalizzato soltanto con riguardo alla materia penale, mentre per le restanti materie la osservanza del principio stesso è rimessa alla prudente valutazione del legislatore”. La
giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato (sentenze n. 29 del 1961; 46 del 1964 e, da ultimo, 194 del 1976 e 13 del 1977) che il principio della irretroattività delle leggi è stato costituzionalizzato soltanto con riguardo alla materia penale, mentre per le restanti materie l’osservanza del principio stesso è rimessa alla prudente valutazione del legislatore.
552 Come osserva M. ALLENA, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU:
il problema della tassatività-determinatezza e prevedibilità, cit., pp. 12 – 13, la contrazione delle tutele
fondamento sulla base di due asettiche considerazioni: da un lato, la Consulta, anche in contrasto con autorevoli voci di dottrina553, affermava che l’unica norma costituzionale a prevedere, in maniera inderogabile, la regola della irretroattività, ossia l’art. 25, comma 2, Cost., andasse riferita, in ragione della sua collocazione e della sua origine storica, alle sole sanzioni penali, senza possibilità alcuna di estenderne la portata; dall’altro lato, la finalizzazione delle sanzioni amministrative alla cura concreta di un interesse pubblico, portavano a rinvenirne il fondamento costituzionale in altre disposizioni, ossia nei sopra ricordati artt. 23 e 97 Cost.
Tale quadro interpretativo è stato, tuttavia, totalmente superato in ragione di un recente
revirement della stessa Corte costituzionale, la quale, sulla scorta di un innovativo
indirizzo emerso nella giurisprudenza della Corte EDU554 e senza, peraltro, dare conto del proprio contrario orientamento, ha per la prima volta riconosciuto l’estensibilità delle garanzie penalistiche a tutte le sanzioni di carattere punitivo-afflittivo. In particolare, con sentenza n. 196 del 2010 – intervenuta in materia di confisca –, la Consulta ha finalmente affermato che “dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo,
formatasi in particolare sull’interpretazione degli artt. 6 e 7 della CEDU, si ricava…il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto”, e che,
spingendosi anche oltre quanto imposto dalla Convenzione, tale principio è del resto “desumibile dall’art. 25, secondo comma, Cost., il quale – data l’ampiezza della sua
formulazione («Nessuno può essere punito…») – può essere interpretato nel senso che ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione criminale (e quindi non sia riconducibile – in senso stretto – a vere e proprie misure di sicurezza), è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato”555.
Ebbene, siffatta lettura convenzionalmente orientata della norma costituzionale, resa
Cost. consentiva infatti ai giudici di rinviare a fonti sub-legislative per la stessa definizione degli illeciti), quanto sotto il profilo delle garanzie di difesa nella fase di irrogazione della sanzione amministrative (il richiamo all’art. 97 Cost. portava spesso a ridurre la completezza dei relativi procedimenti).
553 Si veda P. NUVOLONE, Depenalizzazione apparente delle norme penali sostanziali, cit., p. 60 e ss. 554 Di cui si è dato conto nel precedente paragrafo.
555 Cfr. Corte cost., sent., 4 giugno 2010, n. 196, Considerato in diritto, 3.1.5. In merito a tale pronuncia si
veda anche A. TRAVI, Corte europea dei diritti dell’uomo e Corte costituzionale: alla ricerca di una
nozione comune di “sanzione”, in Giur. cost., 2010, fasc. n. 3, p. 2323 e ss. In senso conforme alla
peraltro possibile soprattutto a seguito del riconoscimento, ad opera delle famose sentenze “gemelle”556, del ruolo della CEDU, come interpretata della Corte di Strasburgo, quale norma interposta rilevabile, in forza dell’art. 117, comma 1. Cost., nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale, porta, dunque, a superare l’originaria e rigida dicotomia tra regime sanzionatorio penale ed amministrativo, e ad estendere anche alle sanzioni amministrative di carattere punitivo557 quelle garanzie che
precedentemente era state ritenute confinate all’interno del solo ambito di applicazione della l. n. 689 del 1981.
Tale orientamento, nonostante alcune incertezze iniziali558, ha poi trovato conferma anche nella successiva giurisprudenza delle giurisdizioni superiori diverse dalla Consulta559, le quali, accogliendo l’accezione sostanzialistica sposata dai Giudici di Strasburgo in merito agli artt. 6 e 7 CEDU, hanno finito per riconoscere nell’art. 1 della l. n. 689 del 1981 l’esplicitazione di una regola costituzionale, coincidente con il principio di legalità, di cui all’art. 25, comma 2, Cost., con conseguente dovere di osservare, anche in materia di sanzioni amministrative di carattere afflittivo i connessi principi di tassatività, di riserva di legge e di irretroattività.
L’evoluzione inaugurata dalla Consulta nel 2010 risulta, quindi, oggi ormai consolidata, con la conseguenza che, dall’affermazione del fondamento costituzionale del principio in questione discende, anche per le sanzioni amministrative di carattere punitivo560, la
556 Nel senso che, secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale nelle celebri sentenze del 24 ottobre
2007, nn. 348 e 349 (in www.giurcost.org), le norme della CEDU, nell’interpretazione fornita dai Giudici di Strasburgo, divengono capaci di integrare il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, comma 1, Cost., nella parte in cui impone il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, fungendo in tal modo da parametro di costituzionalità delle leggi statali e regionali, le quali potranno quindi essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione del cit. art. 117, comma 1, Cost., laddove affermino regole contrarie alla Convenzione e ai suoi protocolli.
557 Fra le quali, tuttavia, come osserva V. PAMPANIN, Retroattività delle sanzioni amministrative,
successione di leggi nel tempo e tutela del destinatario, cit., p. 148, non potrebbero farsi rientrare anche
“tutte quelle misure di carattere prevaletemene ripristinatorio o interdittivo che non presentino una
finalità decisamente punitiva o una significativa gravità e non risultino dunque in senso proprio sanzionatorie”.
558 Si veda, ad esempio, Cass. civ., Sez. II, sent., 12 luglio 2011, n. 15303; sent., 7 agosto 2012, n. 14210;
sent., 21 febbraio 2013, n. 4342, tutte in www.cortedicassazione.it; Cons. Stato, Sez. VI, sent., 3 maggio 2010, n. 2507, in www.giustizia-amministrativa.it.
559 Cfr., ex plurimis, Cass. civ., Sez. II, sent., 22 agosto 2019, n. 21585; Cass. pen., Sez. III, sent., 20
maggio 2015, n. 20887, tutte in www.cortedicassazione.it; Cons. Stato, Sez. VI, sent., 4 novembre 2014, n. 5422; Sez. V, sent., 26 settembre 2013, n. 4752, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
560 Alla luce della delineata evoluzione, spetta, in particolare, al giudice decidere se una sanzione
amministrativa abbia o meno carattere afflittivo, al fine di stabilire se la norma che la prevede possa legittimamente applicarsi anche ai fatti illeciti commessi prima della sua entrata in vigore.