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Principali classificazioni della retroattività amministrativa

4. La retroattività come eccezione nell’impostazione giuridica tradizionale

4.4. La retroattività nell’ambito del diritto amministrativo: cenni e peculiarità di un fenomeno in via di definizione.

4.4.2. Principali classificazioni della retroattività amministrativa

Il tema della retroattività, noto in tutti i settori dell’ordinamento, è destinato ad assumere un rilievo particolare nel campo del diritto amministrativo, ove risulta connotato da diverse peculiarità che valgono a renderlo un tema stimolante e molto più diffuso nella prassi di quanto non si immagini.

In particolare, come sopra si è anticipato, la retroattività, quale proiezione degli effetti di un atto o di un negozio nel tempo passato, si configura quale vicenda temporale idonea ad interessare, anche in questo specifico settore, una pluralità di istituti e di fattispecie giuridiche. Ma prima di svolgere puntuali considerazioni in merito a ciascuna di tali ipotesi, occorre formulare alcune precisazioni preliminari che attengono alla sopra ricordata dicotomia tra retroattività delle leggi amministrative e retroattività degli atti

teoria unitaria degli atti di diritto pubblico, basati su una loro comune forza giuridica, costruzione tentata soprattutto da A.J. MERKL, Die Lehre von der Rechtskraft. Entwickelt aus dem Rechtsbegriff, Leipzig und Wien, Franz Deuticke, 1923, p. 245; si veda anche ID., Zum Problem der Rechtskraft in Justiz und

Verwaltung, trad. it., Il problema del giudicato nella giurisdizione e nell’amministrazione, in Il duplice volto del diritto, Milano, Giuffrè, 1987, p. 325.

219 Così W. TROISE MANGONI, L’esercizio retroattivo del potere amministrativo. Limiti e garanzie a

amministrativi, e che appaiono quindi utili al fine di definire più precisamente l’oggetto e l’ordine argomentativo della trattazione.

Come in precedenza si è osservato, mentre la prima tipologia di retroattività fa sorgere il problema - più di carattere procedimentale - di individuare quali fatti appartenenti al passato e già disciplinati da una precedente normativa debbano essere sottoposti alla nuova legge sopravvenuta, la seconda, invece, pone la diversa questione - di natura sostanziale - di determinare gli specifici confini entro cui il soggetto che adotta l’atto possa disporre che esso produca effetti anche nel passato, ossia quando ancora non esisteva, materialmente e giuridicamente, il fatto produttivo di conseguenze giuridiche220.

In ogni caso, entrambe le suddette ipotesi di retroattività rappresentano tradizionalmente dei fenomeni eccezionali, in considerazione della sussistenza nel nostro ordinamento della regola della irretroattività, che assicura il corretto svolgimento degli effetti giuridici connessi ad una specifica fattispecie e che garantisce la tutela dei principi di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento dei cittadini. Tra i due casi sussiste, tuttavia, una fondamentale differenza attinente ai relativi confini di operatività: mentre la legge, in quanto fonte di rango primario, generale ed astratta221, può produrre effetti retroattivi senza contrastare con il disposto di cui all’art. 11 disp. prel c.c. nella sola ipotesi in cui non contenga violazioni di disposizioni costituzionali, l’atto amministrativo, in quanto subordinato alla legge, può essere retroattivo soltanto qualora non violi non solo i principi costituzionali del diritto amministrativo, ma anche le disposizioni di legge concernenti la specifica materia per cui lo stesso è stato adottato222.

220 Vedi R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti amministrativi, cit., p. 30, il quale è forse

l’unico autore che si preoccupa di evidenziare e spiegare in maniera approfondita il rapporto e le differenze tra le due tipologie di retroattività in cui si estrinseca il fenomeno nell’ambito del diritto amministrativo.

221 A cui solitamente si affiancano i regolamenti amministrativi, anch’essi sottoposti, quali espressione del

potere normativo della pubblica Amministrazione, al principio di irretroattività di cui all’art. 11 disp. prel. c.c. con la differenza che questi ultimi, in quanto fonti di rango secondario non possono, al pari delle leggi, derogare il suddetto principio, che assume, dunque in questo caso una valenza più rigida e rigorosa, vedi F. SATTA, voce “Irretroattività degli atti normativi”, cit., p. 6.

222 Sicché, come correttamente, osserva R. PERRONE CAPANO, La retroattività degli atti

amministrativi, cit., pp. 189 – 190, mentre la legge “non trova nemmeno in se stessa il limite generale della retroattività, che è sancito nella disposizione preliminare al codice civile sulla non retroattività della legge (art. 11), limite consacrato nella Costituzione della Repubblica per le materie di diritto

Gli evidenti caratteri distintivi che connotato i sopra descritti fenomeni impongono, quindi, di procedere in maniera separata all’analisi dei relativi presupposti ed ambiti applicativi, per poi accedere ad un esame unitario circa i relativi limiti di operatività. Peraltro, al fine di fornire una ricostruzione quanto più possibile approfondita ed esauriente del rapporto tra irretroattività è retroattività amministrativa, il percorso argomentativo che si intende seguire non potrebbe prescindere dall’analisi di entrambe tali fattispecie223, laddove si osservi che la retroattività degli atti amministrativi poggia,

in parte, sugli stessi presupposti logici e giuridici che caratterizzano la retroattività della legge, per i quali si rende doveroso attingere anche alle indicazioni fornite in materia dal diritto costituzionale e sovranazionale.

A ciò si aggiunga, quale ulteriore riflessione destinata ad assumere notevole importanza nell’ambito della presente ricerca, in quanto assunto di base da cui occorre prendere avvio, che, come è stato più volte ricordato, il fenomeno della retroattività, riferito tanto agli effetti temporali della legge quanto a quelli dell’atto amministrativo, è tradizionalmente concepito come evento eccezionale, sia sul piano logico, non rispettando i principi di simultaneità tra effetto e fatto, di priorità del fatto rispetto all’effetto e di condizionalità giuridica, sia sul piano giuridico, risultando in tutti i settori del diritto circoscritto entro numerosi limiti e cautele che ne condizionano fortemente l’ambito di operatività, al fine di garantire la tutela di alcuni fondamenti principi costituzionali ed europei, come la stabilità dei rapporti preteriti, da intendersi quale “cardine della tranquillità sociale e del vivere civile”224 .

In via di prima approssimazione è possibile affermare che tale circostanza tende a riproporsi negli stessi termini anche nel campo del diritto amministrativo, ove, in

penale (art. 25 secondo comma)”, l’atto amministrativo, invece, “prospetta potestà del soggetto di diritto pubblico delimitate dalle leggi, dai regolamenti e dagli usi osservati come diritto pubblico”.

223 A differenza della maggior parte dei contributi dottrinali in materia, che tendono, invece, a focalizzarsi

su un’analisi partitica del fenomeno retroattivo, facendo esclusivo riferimento agli effetti o della legge o degli atti amministrativi. L’intento di siffatte impostazioni potrebbe probabilmente essere rinvenuto nella consapevolezza della complessità che caratterizza entrambi i temi, la cui approfondita e dettagliata analisi non sarebbe compatibile con una trattazione generale dell’intero fenomeno nel campo del diritto amministrativo, se non dando luogo ad una più ampia opera manualistica. Ebbene, il presente lavoro ha come obiettivo, se non di delineare un impianto sistematico di tali proporzioni, quantomeno di fornire un quadro generale del fenomeno retroattivo nel campo del diritto amministrativo, pur nella consapevolezza che l’adozione di siffatta impostazione consentirà di affrontare le singole fattispecie in maniera sicuramente meno approfondita rispetto a quanto avviene nell’ambito delle specifiche elaborazioni dottrinali.

224 Vedi, ex plurimis, le sopra citate pronunce della Corte costituzionale nn. 118/1957, 194/1976,

assenza di specifiche norme che disciplinano la materia, l’opinione tradizionale ha delineato il rapporto tra irretroattività e retroattività come rapporto di regola ed eccezione, facendo prevalentemente leva su una lettura ampia dell’ambito di applicazione oggettiva del principio generale di irretroattività di cui al cit. art. 11 disp. prel. c.c., estendendolo sia agli atti normativi che incidano retroattivamente su rapporti giuridici di durata, quali quelli derivanti dai procedimenti amministrativi, sia agli atti della pubblica Amministrazione, produttivi di effetti giuridici a partire da un momento anteriore a quello del loro perfezionamento.

Senonché, siffatto orientamento, per quanto fondato su condivisibili presupposti logici e giuridici, ha fin dall’inizio mostrato evidenti segni di cedevolezza e fragilità, in considerazione del progressivo avanzamento di indirizzi di segno contrario. Infatti, a differenza di altri settori nei quali la configurazione del rapporto tra retroattività e irretroattività è stata delineata in termini più univoci da parte della dottrina e della giurisprudenza, le quali potevano contare su un quadro normativo maggiormente chiaro, nell’ambito del diritto pubblico tale disputa ha sin dalla sua lontana origine assunto toni più aspri, in ragione del netto contrapporsi tra correnti differenti, che portavano a ravvisare nella retroattività un fenomeno talvolta tipicamente ordinario225, talaltra eccezionale226.

L’origine di tali diaspore è da rinvenire nella constatazione per cui nell’ambito del nostro ordinamento sussistono un gran numero di ipotesi in cui si ammette che leggi o atti amministrativi possano produrre effetti retroattivi, in considerazione della necessità di tutelare interessi meritevoli di tutela, la cui piena realizzazione dipende propriamente dalla riconduzione di tali effetti al momento in cui gli interessi stessi sorsero.

Sotto il primo profilo, si è più volte accennato al fatto che il tema della retroattività degli atti normativi è idoneo ad evocare anche nel campo del diritto amministrativo una molteplicità di ipotesi tra loro estremamente differenti e per questo difficilmente raggruppabili per classi o categorie, al pari, come si vedrà, di quanto avviene per i provvedimenti amministrativi. Fra le suddette ipotesi spicca innanzitutto, in ragione

225 A favore di questa tesi si pronunciò con molta forza, tra gli altri, V. SIMONCELLI, Sui limiti della

legge nel tempo. Nota, in Studi di diritto romano, di diritto moderno e di diritto pubblicati in onore di V. Scialoja nel XXV anniversario del suo insegnamento, Milano, Hoepli, 1905, p. 357 e ss.

226 In tal senso si vedano le risalenti ma pur sempre fondamentali posizioni espresse da O. RANELLETTI,

Efficacia delle norme amministrative nel tempo, cit., p. 51; F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, Padova, Cedam, 1960, p. 249 e ss.

della sua diffusione e rilevanza, quella concernente l’applicazione dello ius

superveniens ai procedimenti amministrativi in corso, limitatamente alle fasi non ancora

esauritesi227, la quale si inserisce nella più ampia tematica riguardante l’individuazione della norma applicabile in caso di successione di leggi. O ancora è il caso dell’invalidità sopravvenuta dei provvedimenti amministrativi, che si realizza quando un atto, valido al momento della sua emanazione, non risulta più conforme all’ordinamento, divenendo quindi illegittimo, per cause successive alla sua adozione, occorrendo, quindi, anche in tal caso determinare i confini di operatività delle sopravvenienze normative. Infine, è possibile altresì richiamare il caso delle norme che introducono nuove ipotesi di illecito amministrativo, rispetto alle quali il tema della irretroattività e della retroattività rileva in modo peculiare.

Ebbene, tutti i casi sopra descritti, che in ogni caso non esauriscono il panorama delle ipotesi riconducibili al fenomeno della retroattività della legge nel campo del diritto amministrativo, rappresentano fattispecie di retroattività legislativa comunemente ammesse dal nostro ordinamento e, per questo, difficilmente inquadrabili come meri eventi eccezionali. Come sopra si diceva, l’efficacia retroattiva degli atti normativi troverebbe, infatti, il proprio fondamento nella possibilità per il legislatore di disporne in forza del più volte cit. art. 11 disp. prel. c.c., con il solo limite del rispetto dei principi costituzionali228. Sicché, in definitiva, le suddette ipotesi pongono tutte la medesima questione, consistente nel verificare “se il legislatore sia sempre libero di innovare,

anche in senso peggiorativo, l’ordinamento, o se invece esistano comunque dei limiti, ch’egli deve rispettare, in ossequio alla esigenza di certezza delle regole, per garantire la stabilità delle posizioni soggettive già sorte o l’avveramento delle aspettative maturate sulla base della disciplina precedentemente in vigore”229.

227 Il principio di irretroattività trova infatti una valenza specifica nell’ambito del diritto amministrativo

proprio nei casi in cui ad un determinato risultato sia preordinata una serie concatenata di atti. Come si approfondirà in seguito, il principio che regolamenta la modificazione di legge durante il corso del procedimento è il noto tempus regit actum, in base al quale ogni atto deve essere disciplinato dalla legge in vigore al momento in cui viene emanato, a meno che la legge stessa non disponga diversamente, cfr. A.M. SANDULLI, Il procedimento amministrativo, cit., p. 406 e ss.; con la conseguenza che “gli atti del

procedimento già adottati saranno stati regolati dalle norme precedentemente in vigore, quelli da compiere saranno regolati dalle norme sopravvenute”, così M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo,

Vol. II, Milano, Giuffrè, 1970, p. 919.

228 Vedi A. FALZEA, voce “Efficacia giuridica”, in Enc. dir., Vol. XIV, Giuffrè, 1965, p. 487.

Anche solo sulla scorta di queste preliminari osservazioni è allora possibile convincersi che la tradizionale considerazione della retroattività delle norme quale eccezione merita, con specifico riferimento all’ambito del diritto amministrativo, di essere rivisitata, a fronte della sostanziale legittimazione da parte dell’ordinamento di fattispecie che producono ordinariamente effetti retroattivi, le quali sarebbero, quindi, idonee a determinare un totale capovolgimento di prospettiva nella delineazione del rapporto tra retroattività e irretroattività.

È evidente che siffatte affermazioni abbiano suscitato e continuino a suscitare non poche riserve e dubbi da parte della dottrina e della giurisprudenza prevalenti, sui cui si tornerà più diffusamente nella seconda parte della presente trattazione, dedicata, per l’appunto, all’analisi delle principali fattispecie in cui si manifesta la retroattività degli atti normativi, in modo tale da riservare la prima parte alla disamina dell’ulteriore profilo della retroattività amministrativa, ossia quello attinente agli effetti temporali dei provvedimenti amministrativi, in quanto ambito sicuramente meno indagato da parte della dottrina italiana, nonostante la sua estrema rilevanza, e probabilmente più critico, in ragione della perdurante assenza di un chiaro e sicuro fondamento normativo.

Ma prima di illustrare le diverse categorie di provvedimenti amministrativi generalmente considerati idonei a produrre effetti retroattivi, occorre, in via preliminare, svolgere alcune brevi osservazioni di carattere generale in merito alla loro efficacia temporale, essendo la retroattività una vicenda che tipicamente investe gli effetti prodotti dagli stessi nel corso della c.d. fase integrativa dell’efficacia230.

Come noto, i provvedimenti amministrativi sono caratterizzati, come tutti gli atti giuridici, da requisiti di perfezione, validità ed efficacia, aventi tra loro rilevanza autonoma231. In particolare, ogni provvedimento amministrativo, allo scopo di

230 Come è stato correttamente notato, gli elementi di efficacia, diversamente dagli elementi costitutivi,

trovano nell’azione retroattiva il loro “segno di riconoscimento”, A.M. SANDULLI, Il procedimento

amministrativo, cit., p. 260. È, quindi, in tale ultima (peraltro eventuale), fase procedimentale che

confluiscono tutte le operazioni e gli atti da cui dipende l’efficacia del provvedimento finale, cfr. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, a cura di F. FRACCHIA, Milano, Giuffré, 2018, p. 500.

231 Come noto, le categorie della perfezione, della validità e dell’efficacia sono tra loro indipendenti, così,

tra i tanti, si vedano O. RANELLETTI, A. AMORTH, voce “Atti amministrativi”, in Nuovo Dig. it., Vol. I, Torino, Utet, 1937, pp. 163 – 165; M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., p. 585 e ss.; S. CASSESE, Le basi del diritto amministrativo, Milano, Garzanti, 2000, pp. 343 – 345; G. GARDINI,

L’efficacia dei provvedimenti amministrativi, in Il diritto amministrativo nella giurisprudenza, a cura di

G. GARDINI e L. VANDELLI, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2013, p. 341; R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, Giappichelli, 2017, p. 317 e ss.

perseguire il fine di interesse pubblico a cui è stato preordinato ex lege, è destinato a produrre effetti giuridici sul piano dell’ordinamento generale, che possono essere o soltanto dichiarativi, oppure costitutivi, modificativi, estintivi di situazioni giuridiche soggettive. Per quel che qui interessa, è utile ricordare che l’efficacia giuridica, quale idoneità dell’atto già perfetto232 a produrre gli effetti giuridici ad esso riconnessi da

parte dell’ordinamento233, è soggetta a limiti spaziali234 e temporali. In particolare,

l’efficacia temporale dell’atto amministrativo rileva sotto una pluralità di profili: quello della decorrenza, ossia del momento iniziale dell’efficacia – che, come si vedrà, può essere in determinati casi fatto retroagire nel passato –, quello della durata, che può essere modificata dalla proroga e dalla sospensione, o ancora quello dell’eventuale cessazione, rispetto al quale rileva la distinzione fra provvedimenti ad efficacia istantanea, che esauriscono i propri effetti nel momento in cui vengono ad esistenza, e provvedimenti ad efficacia durevole o permanente235, che, invece, producono effetti a

232 Di regola, gli effetti giuridici sono da ricondurre al provvedimento perfetto, come tale dotato di tutti i

suoi elementi costitutivi, i quali non necessariamente coincidono con quelli di validità, cfr. E. CASETTA,

Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 593.

233 Diversi sono gli autorevoli Autori che definiscono l’efficacia come la concreta idoneità a produrre

effetti giuridici, tra i quali meritano di essere menzionati M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., p. 275; A. FALZEA, voce “Efficacia giuridica”, cit., p. 493 e ss.; G. CORSO, L’efficacia del provvedimento

amministrativo, cit., p. 1 e pp. 25 – 26, secondo il quale, al fine di cogliere l’essenza del rapporto tra fatto

ed effetto giuridico, occorre partire da due constatazioni, ossia che “il rapporto tra fatto ed effetto è un

rapporto di condizionalità” e che “tale condizionalità, in quanto vincola due termini, il secondo dei quali è un valore, è una condizionalità assiologica”; P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, Milano,

Giuffrè, 1972, p. 359, il quale precisa altresì che tali effetti possono essere di carattere costitutivo, dichiarativo, o preclusivo; G. FALCON, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento

amministrativo nel tempo, in Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, cit., p. 168, il quale

approfondisce il concetto, definendolo come l’idoneità del provvedimento “a qualificare direttamente o

indirettamente – nel caso in cui il provvedimento abbia a diretto oggetto una mera qualificazione giuridica in quanto tale…mentre il comportamento effettivo risulta poi qualificato direttamente proprio dalla qualità giuridica costituita dal provvedimento – comportamenti in termini giuridici, di modo che, in relazione a quanto disposto dal provvedimento, determinati comportamenti appaiono vietati (e dunque, ove tenuti, illeciti), consentiti (e dunque leciti) ovvero addirittura prescritti; M. CLARICH, Il provvedimento amministrativo: efficacia ed esecutorietà, in La disciplina generale dell’azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, a cura di V. CERULLI IRELLI, Napoli, Jovene, 2006, p. 315 e

ss.; G. GARDINI, L’efficacia dei provvedimenti amministrativi, in Il diritto amministrativo nella

giurisprudenza, a cura di G. GARDINI e L. VANDELLI, cit., p. 341; R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 318.

234 I quali notoriamente riguardano l’ambito territoriale nel quale si producono gli effetti del

provvedimento e corrispondono di norma a quelli della competenza dell’autorità amministrativa che ha emanato il provvedimento stesso. Anche in questo caso non mancano, tuttavia, eccezioni, come avviene nel caso del passaporto rilasciato dalla questura (quale organo a circoscrizione provinciale) avente efficacia su tutto il territorio nazionale.

235 C’è tuttavia chi critica tale distinzione sul presupposto che, considerando “l’efficacia dal punto di vista

del momento in cui essa interviene determinando il passaggio dalla condizione di atto inefficace a quella di atto efficace, non possiamo che constatare che l’efficacia del provvedimento (come quella di

partire da un determinato momento fino ad un altro preciso istante236, oppure per un arco temporale indefinito237.

Ebbene, in ordine al momento iniziale di efficacia del provvedimento, può porsi la questione per il tempo anteriore a quello della sua emanazione, ossia la questione della retroattività, che tradizionalmente, salvo le eccezioni che saranno esaminate nel prosieguo238, concerne i provvedimenti aventi efficacia durevole. In generale, si

considera, infatti, retroattivo il provvedimento che inizia a far decorrere i propri effetti a partire da un momento anteriore a quello del suo perfezionamento, ossia che produce conseguenze giuridiche nel passato, quando ancora non si sono realizzati tutti gli elementi necessari ai fini della sua esistenza239, in senso giuridico, e per la sua riconducibilità ad un determinato tipo normativo, determinando, quindi, il superamento dei confini naturali dell’efficacia240.

qualunque atto giuridico) è sempre istantanea, nel senso che essa si produce tutta in un determinato istante, che è appunto il momento di acquisizione dell’efficacia” e che, tutt’al più, “quello che può cambiare è il rapporto tra l’oggetto del provvedimento, inteso come suo contenuto dispositivo, e la dimensione temporale. A seconda delle circostanze muta, cioè, la qualità di questo effetto”, cfr. G.

FALCON, Questioni sulla validità e sull’efficacia del provvedimento amministrativo nel tempo, in

Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, cit., pp. 169 – 170.

236 In questi specifici casi, come ricorda P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 359 e ss., il

rapporto continuativo può estinguersi in ragione di una pluralità di fattori: per un fatto naturale, per un atto della pubblica Amministrazione, o per un atto dello stesso interessato, dovuto a eventi naturali, quali scadenza del termine finale, o a manifestazioni di volontà del privato, come accade nel caso della rinuncia.

237 Quali, ad esempio, i riconoscimenti di personalità giuridica e in generale gli atti di certazione, la cui

efficacia giuridica permane fin quando non mutino il soggetto, il bene ed il rapporto tra essi sussistente,

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