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* Claudia Cassatella, Politecnico di Torino-DIST

Il sistema del verde dell'area metropolitana di Torino, distinto in verde urbano e parchi. (Politecnico di Torino 2016)

Gli interventi finanziati dal programma regionale Corone Verde (Regione Piemonte, 2015)

Il sistema “verde-azzurro” della città di Torino. Grazie agli investimenti per la loro riqualificazione, i fiumi ospitano diverse attività ricreative e costituiscono elementi di connessione fruitiva ed ambientale.

connettere i Siti attraverso greenways, con lo slogan “Arte e Natura”. Attraverso un bando regionale, vengono co-finanziati una trentina di interventi candidati dalle municipalità. I risultati sono interessanti ma frammentari. Il Politecnico di Torino redige un piano strategico (DITER, 2007, resp. Roberto Gambino) esteso a 93 comu- ni, che fornisce un importante base conoscitiva sulle diffuse risorse paesaggistiche, un set di stra- tegie e la loro spazializzazione. Gli assi sono: Potenziare la rete ecologica; Completare la rete fruitiva; Qualificare l'agricoltura periurbana; Ridi- segnare i bordi e le porte urbane.

La realizzazione è affidata allo stesso sistema di incentivi FESR, ma la Regione crea un sistema di governance: una cabina di regia intersettoriale e un comitato di gestione che rappresenta i numerosi soggetti, pubblici e privati, che aderi- scono ad un Protocollo d'intesa (2010). La regio- ne finanzierà 15 interventi presentati da gruppi di municipalità, elaborati in tavoli di lavoro con l'assistenza tecnica della Regione, della Provin- cia, e del Politecnico di Torino (Resp. Paolo Castelnovi), fissando anche alcuni criteri di inter- vento di natura ambientale. Questi tavoli si rive- lano un'occasione importante ed anticipatrice, in anni in cui matura la costruzione della Città metropolitana. Infatti, la visione di Corona Verde entra anche nei piani strategici elaborati da Tori- no internazionale nel 2007 e nel 2015, nutrendo la ricerca di un nuovo modello di sviluppo basa- to su qualità urbana ed ambientale, attività cul- turali e innovative, promozione turistica e così via.

Il programma regionale è terminato, non così il “progetto”, come viene chiamato. Si investe su attività di comunicazione e sensibilizzazione, fondamentali nel coinvolgere i cittadini, che rispondono chiedendo sempre più connessioni, sempre più servizi. Primi segni di green eco- nomy: servizi turistici legati ai circuiti (tour gui- dati in bici, agriturismi e simili), promozione di filiere legate all'agricoltura urbana.

Primi problemi legati alla gestione. L'aumento di aree verdi ha imposto alle amministrazioni nuovi oneri gestionali talvolta sottovalutati. Se la Città di Torino ha un settore dedicato di lunga tradizione ed un regolamento del verde che fa scuola, la maggior parte delle municipalità non hanno personale, competenze, strumenti (cfr. anche ISTAT 2016). Si potrebbe sperare nella Città metropolitana, ma il verde urbano è mate- ria comunale. Il Piano strategico 2015 di Torino

internazionale propone la creazione di un'Agenzia per l'infrastruttura verde, capace di fornire diversi tipi di servizi, sulla scorta della gestione consortile di altri servizi ambientali. Il caso solleva una questione di rilievo più ampio: come si gestiscono le infrastrutture verdi di scala territoriale? Il caso di Corona Verde si avvantaggia dell'esistenza di diversi enti parco, che hanno agito non solo da leader nel processo strategico, ma anche da sperimentatori, fornitori di compe- tenze e modelli. Ad esempio: nelle aree protette si sono messi a punto protocolli d'intesa con gli agricoltori per la fornitura di servizi ecosistemici (sfalci, potature, nuovi impianti, manutenzione della rete irrigua, interventi su manufatti) fonda- mentali non solo per la gestione del verde, ma anche per contribuire a mantenere il territorio rurale connettivo. Tuttavia, il progetto Corona Verde si è affermato partendo da una chiara presa di posizione: non nuovi vincoli, ma nuove opportunità (DITER, 2007).

La concezione di una rete paesaggistica multi- funzionale è il vero motore dei processi descritti. Essa è stata adottata anche nel PPR (2009, ri- adozione 2015) alla scala regionale, individuando in Corona Verde un nodo strategico.

Dunque l'approccio ai temi ambientali non vinco- listico ma propositivo e concertativo di Corona Verde costituisce un'innovazione permanente. L'innovazione ricercata dal progetto riguarda anche la diffusione della consapevolezza delle risorse ambientali e paesaggistiche, del ruolo che frammenti marginali a scala locale possono gio- care in una visione d'insieme. Da questo punto di vista, il progetto ha avuto un successo che va oltre il concetto di infrastruttura verde, e investe la stessa idea di città e di sviluppo dell'area metropolitana. Tanto da far meritare all'area il titolo di UNESCO Man and Biosphere Reserve 2016.

Note

1. POR-FESR Asse III: Riqualificazione territoriale -

Attività III.1.1 Tutela dei beni ambientali e culturali,

1999-2006, 2007-2013 per un investimento complessivo di 31 milioni di Euro.

Bibliografia

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ISTAT (2016), Verde Urbano 2014, Rapporto di ricerca Politecnico di Torino (2016), Il verde pubblico: una visione a

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Dagli anni Sessanta del Novecento, il Trentino si è posto l'obiettivo di frenare l'abbandono della mon- tagna e di garantire la permanenza delle popola- zioni delle “terre alte” garantendo loro una qualità di vita di livello urbano.

Con le trasformazioni economiche indotte dalla rivoluzione industriale, i territori delle Alpi, che fino ad allora erano “cerniera dell'Europa”, sono stati sempre di più spostati ai margini dello sviluppo economico europeo. Nel corso dell'Ottocento il Trentino è stato interessato da rilevanti fenomeni di emigrazione a partire dagli insediamenti in quota verso la Val Padana e l'Europa, le Americhe, l'Australia, e dall'abbandono dell'agricoltura tradi- zionale che garantiva il presidio e la cura di prati, pascoli, boschi, corsi d'acqua. La prima guerra mondiale ha investito i territori trentini con l'arruolamento degli uomini, la distruzione di pae- si, la deportazione di civili, la costruzione di forti, strade militari, trincee fin sulle creste delle vette più alte.

Nel secondo dopoguerra, la nascita della Repub- blica e l'istituzione della Provincia autonoma coin- cidono con il recupero della coesione sociale, della cooperazione, della gestione dal basso del territo- rio come bene comune nel solco delle magnifiche comunità di origine medievale, ed è qui che la società trentina si pone il problema di reinventare la montagna pensando a nuove strategie di svi-

luppo.

Bruno Kessler, presidente della Provincia, ha l'intuizione di fondare un nuovo sviluppo econo- mico e sociale del Trentino a partire dalla pianifi- cazione territoriale e chiama Giuseppe Samonà ad elaborare il primo piano urbanistico provin- ciale, che viene approvato nel 1967. Pochi anni prima, Samonà aveva ipotizzato, ne “L'urbanistica e l'avvenire della città”, l'individuazione di ambiti geografici intermedi, tra il comune e la provincia, in grado di governa- re adeguatamente alcuni fenomeni territoriali che oggi definiremmo “di area vasta”. Il piano di Samonà propone 10 Comprensori, che poi diventano 11, che coincidono con le vallate e che comprendono un certo numero di Comuni di cui gestiscono alcune funzioni amministrative. Se durante il Fascismo il numero dei comuni trentini si era ridotto per intervento centrale dello Stato, nel dopoguerra il territorio trentino si era di nuovo frazionato in un gran numero di comuni, alcuni molto piccoli, che non erano in grado da soli di gestire molte delle funzioni loro affidate. Il Comprensorio sopperiva a questa carenza e, pur lasciando ai singoli comuni alcune competenze primarie, assorbiva molte funzioni di gestione del territorio.

Fin dalla nascita dei Comprensori, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, la loro collo-

La gestione