* Rocco Lafratta, Geologo ambientale
ESPERIENZE DI RESILIENZA NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE DEI BENI COMUNI
e di lungo periodo, con relativi programmi e step di valutazione, attraverso gli indicatori di risultato degli obiettivi/attività - prefissa- ti/ottenibili/ottenuti.
Il Contratto di Fiume (o Lago, Costa, Falda) di un bacino idrografico o sottobacino, richiede uno sforzo organizzativo e di conduzione, ha biso- gno di un tempo per la sua definizione variabile dai 12 ai 18 mesi, con un costo proporzionato. Permette però una visione complessiva delle problematiche e delle criticità e crea le opportu- nità, in condivisione, di pianificazione di possibili interventi coordinati di breve, medio e lungo periodo con finalità multiobiettivo.
Occorre analizzare le problematiche e le criticità con le Istituzioni, gli Enti pubblici e Privati, le Associazioni, i Professionisti, i Cittadini e tutti i Portatori di Interesse, per informare e condivi- dere con tutti la conoscenza delle criticità e delle problematiche territoriali e trovare insieme, con la partecipazione attiva, le possibili soluzioni con
gli attori e i portatori di interesse.
Il primo passo a breve periodo è informare, for- mare ed educare per rendere più consapevoli i cittadini e tutti gli attori pubblici e privati sulle pro- blematiche che affliggono un bacino idrografico. Ma anche la conoscenza e l'evidenziazione delle potenzialità dello stesso con l'obiettivo anche di un miglioramento socio economico del territorio. Si devono avviare in contemporanea, con la con- certazione, gli studi per pianificare tutti quegli interventi che possono dare respiro al territorio. con la manutenzione di tipo ordinaria, che se non si fa diventa, di fatto, straordinaria o di emergen- za. Poi occorre una pianificazione di medio perio- do con l'analisi più approfondita delle criticità e la programmazione di interventi di area più ampia sempre per la mitigazione del rischio idraulico, idrologico, da frana. etc. coniugate con le que- stioni ambientali.
Questa strategia permette di far conoscere il ter- ritorio ai cittadini che ci abitano, le sue criticità ed
anche le possibili soluzioni per la mitigazione dei rischi. Il successivo passo di medio-lungo periodo potrebbe essere il processo dello “sfare”, cioè cominciare a pianificare possibili delocalizzazioni, inizialmente degli edifici strategici, poi prose- guendo con le civili abitazioni. Ed anche valutare la demolizione di tutte quelle opere che possono creare ostruzione al libero deflusso delle acque quali ponti, traverse, ed anche briglie, creando, dove possibile, aree di espansione naturale delle acque.
Ora di seguito saranno analizzati due interventi effettuati con l'obiettivo primario di riduzione del rischio idraulico ma che hanno delle ricadute sul territorio a valenza multipla.
Il primo è stato eseguito dalla Provincia di Bolza- no sul Rio Mareta nella Regione Trentino Alto Adi- ge, nella val d'Isarco e l'altro dal Comune di Tursi (MT) sul torrente Pescogrosso, in Regione Basili- cata.
Rio Mareta prima dei lavori (2005) e dopo i lavori (2011)
Questo progetto nasce per la esigenza di miti- gare il rischio idraulico per i comuni di valle, fra cui Vipiteno. Nel 2010 la Provincia di Bolzano decide di ridare spazio al fiume eliminando le briglie ed tutta la vegetazione dalla golena, rivi- talizzando il tratto di fiume.
Si è intervenuto sul Rio Mareta con un progetto innovativo in quanto hanno valutato e realizzato la demolizione di numerose briglie (circa 25), per la stabilizzazione dei sedimenti, ma che, alla lunga, hanno determinato un irrigidimento dell'alveo fluviale con riduzione della sezione fluviale. Questo ha determinato un progressivo restringimento dell'alveo naturale con riduzione della sezione idraulica, e la scarsa capacità di laminare, con l'innalzamento dei tiranti idrici che hanno causato numerosi danni a valle con le esondazioni.
Con questa operazione si è restituito lo spazio al fiume. E' passato da corso monocorsuale a plu- ricorsuale. Queste divagazioni permettono una maggiore qualità morfologica con dinamicità naturale e creazione di habitat nuovi e diversifi- cati, e un aumento della presenza della micro e macrofauna ittica. In poche parole: aumento della biodiversità.
Un progetto più piccolo e modesto ma allo stes- so modo significativo ed efficace, è stato quello realizzato nel comune di Tursi, provincia di Mate- ra, con un intervento di mitigazione del rischio idraulico in ambito urbano. Si è ripresa un'area pubblica interclusa e poco utilizzata, in sinistra orografica, e si è creata una microarea di espan- sione, capace di laminare volumi di piena del torrente Pescogrosso, a monte di un ponte su cui insiste la strada di accesso al paese. L'area è diventata di connessione tra la strada principale e la località limitrofa, nonché un luogo di fruizio- ne lungo il fiume.
Dalle verifiche idrauliche di progetto la portata smaltibile nella sezione del ponte risulta essere pari a 125 mc/s, con un tempo di ritorno duecen- tennale (Tr = 200).
Il 2 novembre 2010 si ebbe un evento pluviome- trico con una intensità di pioggia pari a 162 mc/s nella mattinata tra le 7,46 e le 8,07 (in soli 21 minuti). In quella occasione l'area di laminazione ha funzionato perfettamente permettendo alla portata di acque in esubero (pari a 37 mc/s) di laminare, evitando l'allagamento e danni alle aree e costruzioni limitrofe al torrente.
Torrente Pescogrosso – vista monte (sin) a valle con il ponte (dx) - stato di fatto 2009
Torrente Pescogrosso - vista monte (sin) e valle con il ponte (dx) - fase di cantiere 2010
Secondo una ricerca¹, che ha ricostruito la mappa degli articoli pubblicati sul tema della resilienza a partire dal saggio seminale dell'ecologo Stanley Holling (1973), nella comunità degli studiosi non sarebbe ancora sufficientemente matura una posi- zione autonoma su cosa sia la resilienza urbana e soprattutto non si sarebbe ancora giunti ad una sua adeguata traduzione operativa.
Eppure il concetto di resilienza, dopo aver cattu- rato l'attenzione dei ricercatori, ha fatto presa tra gli amministratori ed è sempre più presente nelle agende urbane di tante città europee. Le minacce ambientali, socio-economiche e politiche solleci- tano la ricerca di soluzioni innovative, candidando le città a diventare laboratori potenziali per le poli- tiche della resilienza, da applicare alle dimensioni fisico-spaziale, sociale, economica ed ecologica. Quest'ultima assume un ruolo particolarmente rilevante per la disciplina urbanistica, essendo quella ecologica, tra le dimensioni direttamente implicate nelle azioni di piano e di progetto, quella con maggiori potenzialità per incrementare la resilienza dei contesti urbani.
Vale la pena allora concentrare gli sforzi sulla dimensione ambientale, in particolare sul ruolo da attribuire ai residui processi ecologici ancora pre- senti in ambiente urbano, da trattare come presì- di importanti della resilienza urbana. In città si svol- gono ancora, sebbene in forma alterata e surro-
gata, alcuni importanti processi naturali che inve- stono risorse primarie, quali suolo e acqua. Il pro- getto per la “messa in resilienza” delle città deve pertanto interessare prioritariamente quegli spazi che possono essere investiti di un ruolo nel ripristino dello svolgimento di processi ecologici in città.
Sono gli spazi in cui predisporre le infrastrutture verdi e blu, opportunamente mirate al poten- ziamento delle capacità di risposta del contesto urbano agli eventi ambientali che sempre più spesso affliggono le città, quali allagamenti, ondate di calore o di freddo estremo, dissesto idrogeologico, ecc.
Alle infrastrutture verdi e blu sono riconosciute potenzialità, tra gli altri, nei processi di mitiga- zione e adattamento al cambiamento climatico, in particolar modo per il miglioramento delle condizioni del microclima urbano e per la gestione di eventi meteorici straordinari, innal- zando le capacità di risposta in eventi di forte stress urbano. Ad una scala più contenuta ed in una ottica di costruzione incrementale delle infrastrutture verdi e blu, si può prendere in con- siderazione la possibilità di costruire “dispositivi ecologici di resilienza urbana”, da intendersi come manufatti costituiti da elementi artificiali e naturali che riproducono processi naturali e funzioni biologiche in città.