ESPERIENZE DI RESILIENZA NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE DEI BENI COMUNI
* Massimo Angrilli, Professore associato Università di Chieti-Pescara “G. D'Annunzio”
Tali dispositivi devono rispondere ad alcune caratteristiche:
- essere localizzati preferibilmente in spazi dotati di capacità ecologiche residue: la costruzione di dispositivi ecologici deve esse- re preceduta dalla costruzione di mappe che esplicitino la razionalità di funzionamento ambientale, con segnalazione delle aree con più elevato potenziale di erogazione di servi- zi ecosistemici;
- essere ricompresi in reti continue e multisca- lari: i dispositivi funzionano con maggiore efficacia se fanno parte di una rete continua e connessa a diverse scale, essendo la connet- tività una condizione di primaria importanza nel funzionamento dei sistemi complessi; - essere ridondanti e modulari: la ridondanza e
la modularità sono principi base dei sistemi resilienti. L'esistenza di un sistema diffuso di dispositivi, in alternativa ad più vulnerabile sistema centralizzato, consente di sopperire
ad eventuali deficit. Il principio al quale si richiama questo criterio è ben chiarito dal pro- verbio “se metti tutte le uova nello stesso paniere rischi di perderle tutte”, ed è un princi- pio ben noto agli specialisti che lavorano nel campo della gestione dei rischi e dei disastri naturali²;
- essere parte di una politica più ampia per la costituzione di una rete di infrastrutture verdi e blu: i dispositivi ecologici incrementano la pro- pria efficacia quando collaborano insieme. Le amministrazioni che hanno messo alla prova l'efficacia dei dispositivi ecologici per la resilienza urbana sono ancora in numero esiguo. Tuttavia alcune esperienze sono già in grado di dimostrar- ne l'utilità.
Un caso in particolare, che peraltro ha ricevuto un'ampia diffusione nella letteratura di settore, consente di verificare l'opportunità, oltre che il vantaggio, di impiegare dispositivi ecologici
anche in aree urbane dense e centrali: è il caso della politica di green street³ messa in atto dalla municipalità di Portland per migliorare il ciclo urbano dell'acqua.
Nell'aprile 2007, la città di Portland approvò la “Green street resolution”, finalizzata a promuo- vere la riconversione di assi stradali in strade ver- di, strade cioè che adottano tecniche non con- venzionali per il trattamento delle acque di piog- gia. La politica si poneva molteplici obiettivi, tra cui quelli di ridurre l'inquinamento delle acque convogliate nel sistema fluviale e di incrementare la percentuale di infiltrazione delle acque di piog- gia per la ricarica della falda.
L'azione è condotta dal “Portland's Bureau of Envi- ronmental Services” entro la cornice del “Sustai- nable Stormwater Management Program” e si inscrive nella categoria delle Green Infrastructures, con le quali la città di Portland cerca di fronteggia- re i frequenti rischi di allagamento cui è soggetta, vista la piovosità del contesto climatico. Insieme
VERSO UNA MAPPA DELLE CITTÀ E DEI TERRITORI RESILIENTI
alle Green Street nella categoria delle Green
Infrastructures sono annoverati dagli uffici
responsabili gli ecoroofs, gli infiltration basins, i
rain gardens e i green parking lot.
Il programma ebbe inizio nei primi anni Novan- ta quando, in risposta al nuovo quadro di regole emanato dal governo statale sulla qualità delle acque, l'amministrazione predispose un piano di gestione delle acque di pioggia. Nel 1996 fu isti- tuito un comitato scientifico⁴ di assistenza per la formulazione di proposte innovative sui temi della gestione del rischio allagamenti. Nei suc- cessivi tre anni il comitato sviluppò un manuale contenente la descrizione di un approccio pro- gettuale con riferimenti a buone pratiche inter- nazionali e protocolli di intervento. Il manuale è concepito per semplificare le procedure di dimensionamento e progettazione dei disposi- tivi ed è finalizzato a mettere in regola i sistemi di smaltimento delle acque di pioggia di sogget- ti pubblici e privati. Un capitolo del manuale è
dedicato alla realizzazione di sistemi di gestione delle acque attraverso dispositivi artificiali che replicano i sistemi naturali, impiegando terreno e vegetazione. Il manuale è aggiornato con caden- za biennale, sulla base di input provenienti dagli
stakeholder e sulle conoscenze acquisite tramite il
monitoraggio operato sui dispositivi sperimentali e dimostrativi già realizzati.
L'esperienza di Portland insegna che la traduzio- ne operativa delle ricerche teoriche sul tema dell'innalzamento della resilienza al rischio degli allagamenti urbani richiede sforzi considerevoli su molti fronti.
Occorre in primo luogo una forte propensione all'innovazione perché l'introduzione di strumenti e tecniche non convenzionali per il trattamento delle acque di pioggia nei contesti urbani deter- mina una catena di modifiche sostanziali nelle prassi di gestione delle acque che si ripercuotono anche successivamente sulle operazioni di manu-
tenzione urbana. Occorre predisporsi ad intraprendere campagne di monitorag- gio costante dei risultati e dei vantag- gi/svantaggi conseguiti in ogni singolo intervento; a tradurre le nuove modalità di tratta- mento delle acque in prescrizioni e a mettere in piedi un sistema di controllo efficace; ad impian- tare cantieri pilota per la messa a punto dei dispositivi ecologici, utilizzando soprattutto le opere pubbliche; e a prevedere incentivi per sti- molare le imprese ad adottare i dispositivi nei pro- pri progetti di sviluppo o trasformazione urbana. É questa la strada che si deve percorrere se si vuole davvero che le città diventino laboratori della resilienza e se si vuol far avanzare la ricerca in modo costruttivo ed utile alla società.
Note
1. Meerow, S., Newell, J. P. Melissa Stults “Defining urban resilience: A review”, Landscape and Urban Planning, n. 147 (2016), 38–49, http://dx.doi.org/10.1016/j.landurbplan.2015.11.011
2. Ahern, J., “From fail-safe to safe-to-fail: Sustainability and resilience in the new urban world”, Landscape and Urban Planning, n. 100 (2011). 341-343.
3.Le Green Street sono così definite nei documenti della municipalità: “a green street is a street designed with a
landscape system that captures, cleanses and infiltrates stormwater runoff” (Kevin Robert Perry, City of Portland).
4.Lo Stormwater Policy Advisory Committee (SPAC) annovera tra i suoi membri un un gruppo di specialisti di diverse discipline: paesaggisti, architetti; ingegneri; rappresentanti di organizzazioni istituzionali ed esponenti del mondo delle aziende specializzate nella depurazione delle acque.
Planimetria della “SW 12th Ave Green Street Planters”
Particolare del dispositivo ecologico per la raccolta e l'infiltrazione delle acque meteoriche di dilavamento.
Nel Comune di Roma il 68% del territorio è non costruito. Questo “vuoto” è dato dal paesaggio, il famoso agro romano che purtroppo in 20 anni ha perso oltre il 30% di superficie (SAU)¹, e dallo spa- zio pubblico, il cui grado di cura è conosciuto da ognuno nella sua esperienza quotidiana. Il risulta- to è l’abbandono. Molti cittadini romani, davanti a questa situazione e all’inerzia delle istituzioni, si sono rimboccati le maniche.