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3 L A TUTELA DEL LAVORATORE NEGLI APPALTI PUBBLICI

3.2 LE CLAUSOLE SOCIALI DI PRIMA EMERSIONE

Le disposizioni atte a tutelare i lavoratori possono involgere differenti fasi della procedura ad evidenza pubblica: in astratto, invero, gli aspetti sociali possono divenire rilevanti nella fase di predisposizione del bando di gara sub specie di requisiti di partecipazione (naturalmente soltanto se legislativamente previsti e incamerati nella lex specialis) o di clausole preferenziali nella selezione dei candidati sotto il profilo dell’idoneità tecnica, ovvero nella selezione, tra le offerte, di quella maggiormente vantaggiosa; infine, le esigenze sociali ben possono venire in evidenza nella fase di esecuzione dell’appalto.

I diversi momenti di emersione delle disposizioni poste a tutela delle esigenze sociali, lungi dall’essere elementi privi di rilevanza pratica, assumono piuttosto valenza centrale sol che si ponga mente alle conseguenze – obbligatorie, reali ovvero più genericamente sanzionatorie – discendenti dalla violazione delle diverse clausole sociali.

La natura proteiforme delle clausole de quibus, stante il loro atteggiarsi in diverse guise, a seconda delle scelte di regolazione effettuate (o effettuande) dal legislatore, conduce a scrutinarne la differente portata e a sondarne i tratti caratterizzanti, soprattutto in punto di disciplina.

Invero, la species “clausole di prima emersione/generazione” si compone, da un lato, delle disposizioni atte ad assicurare il rispetto degli standards minimi di tutela previsti nei contratti collettivi, dall’altro, delle disposizioni normative che prevedono espressamente – stante il principio di tassatività delle clausole di esclusioni – requisiti di partecipazione.

Ancora: possono altresì essere ricondotte nell’alveo delle clausole di prima generazione quelle disposizioni atte a garantire o promuovere standard di tutela per il lavoratore prevedendo criteri di valutazione delle offerte (sia sub specie di

147 norme che sanciscano, in ottica promozionale, criteri sociali di valutazione; ovvero in ottica lato sensu “sanzionatoria” criteri di valutazione che facciano emergere l’eventuale anormalità dell’offerta).

Ad ogni modo ed in termini generali, la ratio delle disposizioni, che al genus “clausole di prima emersione/generazione” possono essere ricondotte, è rinvenibile nell’esigenza di garanzia della tutela dei lavoratori, oltre che in quella di contrastare pratiche di concorrenza al ribasso sul costo del lavoro.

Così, a mero titolo esemplificativo, la disposizione secondo cui il committente pubblico deve, attraverso la predisposizione di una clausola nel capitolato di appalto, assicurare il rispetto dei trattamenti previsti nel contratto collettivo di riferimento è finalizzata alla garanzia di uno standard minimo di tutela dei lavoratori coinvolti in contratti la cui prestazione sia a favore di una p.a.

Inoltre, attraverso il richiamo agli standards sanciti dai contratti collettivi viene ad essere altresì perseguito – oltre alla tutela dei lavoratori – il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione: infatti, “anche i costi per le

imprese, derivanti dall’obbligo dell’equo trattamento, concorrono alla migliore individuazione del soggetto idoneo” (331) per l’esecuzione dell’appalto.

Nel prosieguo della trattazione, dopo un iniziale inquadramento, verranno scrutinate le diverse clausole sociali sinora emerse; l’analisi non potrà che muovere dalle previsioni normativamente previste, per andare sempre più ad interessarsi di quelle disposizioni che, nell’attuale panorama, potrebbero venire legittimamente poste in un bando di gara, al fine della tutela dei lavoratori coinvolti negli appalti pubblici. Scrutinio, attento alla dimensione fisiologica, ma non dimentico delle implicazioni in caso di patologia, capace di diverse implicazioni a seconda della qualificazione e dell’inquadramento delle clausole sociali passate in rassegna.

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3.2.1 (segue) I trattamenti salariali inderogabili ex art. 36 St. lav.

Venendo all’analisi delle fattispecie, rientranti nell’alveo del genus clausole di prima emersione, viene in rilievo la c.d. clausola di equo trattamento; trattasi di una previsione atta a vincolare l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico al rispetto dei trattamenti economici e normativi sanciti dai contratti collettivi. Il ricorso al meccanismo di recezione mediata delle disposizioni contenute nei contratti collettivi era già stato operato dalla legge n. 1305 del 1952, di ratifica della Convenzione OIL n. 94 del 1949 (332) oltre che da altre disposizioni settoriali, ed è stato generalizzato a livello nazionale dal disposto di cui all’articolo 36, legge n. 300/1970 e, da ultimo, dall’articolo 105, comma 9 D. lgs. 50/2016, secondo cui: “L'affidatario è tenuto ad osservare integralmente il

trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”.

Il contratto collettivo, in particolare, verrebbe ad essere assunto dal legislatore come parametro per identificare uno standard minimo di tutele, così gravando il datore di lavoro di un onere di protezione; si sarebbe, in altri termini, innanzi ad

332 Ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione OIL n.94/1949 “I contratti ai quali si applica la

presente Convenzione dovranno contenere delle clausole che garantiscano ai lavoratori interessati salari (incluse le indennità), durata di lavoro e altre condizioni di lavoro non meno favorevoli di quelle stabilite per un lavoro dello stesso genere nella professione o nell’industria interessate della stessa regione: sia per mezzo di contratti collettivi o per mezzo di un’altra procedura concordata di contrattazione fra organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori che rappresentano rispettivamente una proporzione considerevole dei datori di lavoro e dei lavoratori della professione o dell’industria interessate; sia per mezzo di sentenza arbitrale; sia per mezzo della legislazione nazionale.

Quando le condizioni di lavoro menzionate al paragrafo precedente non siano regolate, nella regione in cui il lavoro viene effettuato, in una delle forme indicate più sopra, le clausole che dovranno essere inserite nei contratti garantiranno ai lavoratori interessati salari (incluse le indennità), durata di lavoro e altre condizioni di lavoro che non siano meno favorevoli: delle condizioni stabilite per mezzo di convenzione collettiva o per mezzo di un’altra procedura concordata di contrattazione, per mezzo di sentenza arbitrale per mezzo della legislazione nazionale, per un lavoro dello stesso genere nella professione o nell’industria interessate della regione analoga più vicina; del livello generale cui si attengono i datori di lavoro che appartengono alla stessa professione o alla stessa industria della parte con la quale il contratto viene stipulato e che si trovano in analoghe circostanze”; reperibile sul sito web «

149 un vincolo indiretto posto dalla clausola di equo trattamento, gravante sull’operatore economico (333).

In particolare, l’articolo 36 St. lav. sancisce che “nei capitolati di appalto attinenti

all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona” (334).

Per costante indirizzo interpretativo “la stazione appaltante è tenuta ad includere

la clausola sociale nel Capitolato speciale di appalto e nello Schema di contratto, oltre che a menzionarla nel Bando di gara. Infatti, giacché tali clausole implicano una parziale deroga alla disciplina comunitaria, ragioni di opportunità inducono a suggerire una formulazione espressa e facilmente individuabile della stessa, tale che essa si possa identificare, con apposita evidenza del Bando, mediante formulazione idonea ad evidenziare la specificità esecutiva” (335).

Volgendo l’attenzione alle eventuali conseguenze derivanti dal mancato inserimento, nel bando di gara, del riferimento al contratto collettivo non può sottacersi che si tratta di una questione che presenta plurimi profili problematici:

333 Sui dubbi di compatibilità, rispetto al disposto di cui all’art. 39 della Costituzione, di una clausola idonea a vincolare il datore di lavoro ad applicare un determinato contratto collettivo; vedasi amplius infra.

334 Nella sua formulazione originaria l’articolo in esame non era applicabile agli appalti di servizi e ai contratti di fornitura alle P.A., oltre che alle concessioni di servizio pubblico. Tale differente disciplina che vedeva una scissione della normativa applicabile agli appalti per la realizzazione di opere pubbliche rispetto agli appalti pubblici tout court è stata superata dalla, ad oggi non più in vigore, legge 327/2000. Per un approfondimento si veda anche Corte Cost. sentenza 19 giugno 1998, n. 226, su cui ROMEO, La clausola sociale dell’articolo 36 dello Statuto: Corte

Costituzionale e L. n. 327/2000, in Lav. Giur., 2001, 615 ss. In particolare, l’ambito di

applicazione della norma è stato esteso dalla Corte Costituzionale, con la sentenza interpretativa di accoglimento citata, alle concessioni di pubblici servizi.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con nota n. 14775 del 26 luglio 2016 ha di recente ribadito la “necessità di procedere alla verifica del rispetto dei contratti

collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative anche in relazione al personale impiegato nell’ambito degli appalti pubblici”; trattasi di una posizione già

in precedenza presa dall’ANAC nel parere n. 6 del 4 febbraio 2015; si veda anche: Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, nota prot. n. 10599 del 24 maggio 2016. Inoltre, già nella circolare n. 5 del 2011, il Ministero del lavoro nel richiamare il disposto di cui all’articolo 36 dello Statuto dei lavoratori aveva chiarito che “nel provvedimento di concessione di

benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dello Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalti attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo del beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria o della zona”.

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oltre a quella relativa all’eventuale operatività dell’art. 1339 c.c. (336), in funzione integrativo-sostitutiva, si pone la necessità di comprendere se la “reazione” dell’ordinamento possa spingersi oltre, fino all’esclusione automatica dell’operatore economico dalla procedura d’evidenza pubblica.

Anche in questo caso, si tratta di cogliere il nesso tra fisiologia e patologia, più volte richiamato che si declina in diverse guise in ragione di precise scelte effettuate a monte da parte del legislatore, prima ancora che dalla pubblica amministrazione.

Infatti, in astratto, nulla vieterebbe al legislatore (qualora correttamente motivato in punto di bilanciamento tra esigenze del mercato ed interessi generali, quali quelli pro labour) di predisporre specifiche cause di esclusione, in ossequio al principio di tipicità e tassatività delle stesse, cristallizzato dall’art. 83, comma VIII D. Lgs. 50/2016.

Si tratterebbe di una scelta cui conseguirebbero precise conseguenze, nei casi di violazione di tali clausole (comunque atteggiantesi), da parte degli atti giuridici conseguenti (aggiudicazione e contratto): si pensi, ad esempio, ai possibili profili di invalidità derivata dell’aggiudicazione, capace di riverberarsi, secondo le modalità sopra descritte, sulla sorte del contratto di diritto privato, stipulato a valle della procedura.

Eppure, attualmente una previsione siffatta non pare rinvenibile nell’ordinamento; di qui, la plausibilità dell’affermazione - per vero, ricorrente - secondo cui l’inserimento nel bando di gara del rinvio ad un contratto collettivo (ovvero l’assoluta mancanza del riferimento ad un contratto collettivo, qualora si ritenesse

336 Inoltre, secondo la giurisprudenza maggioritaria – ma, si badi bene, con opinione non condivisa da parte della dottrina – il rispetto dei trattamenti previsti dal CCNL non opera di diritto e non può in tale sede trovare applicazione il meccanismo di cui all’articolo 1339 c.c., dipendendo l’operatività della clausola dal suo effettivo recepimento negli atti di gara. Si veda, ex multis, Trib. Torino, 15 luglio 2002 secondo cui “non è possibile procedere alla suddetta sostituzione

automatica quando per l’inosservanza del precetto normativo sia prevista una sanzione diversa dalla sostituzione medesima o dall’invalidità della clausola”.

Per un approfondimento della tesi contraria si veda: ALVINO, Appalti delle pubbliche

amministrazioni e tutela dei lavoratori dipendenti da appaltatori e sub appaltatori, in CARBELLI, CARINCI (a cura di), Il lavoro pubblico in Italia, Cacucci, Bari, 2010, 281; TULLINI P.,

Finanziamenti pubblici alle imprese e “clausole sociali”, in Riv. Trim dir. e proc. civ., 1990, 52;

ROMEO C., La clausola sociale dell’art. 36 dello Statuto, Corte Cosituzionale e L. n. 327/2000, in

151 operante l’art. 1339 c.c.) non potrebbe condurre ex se ed automaticamente all’esclusione dalla procedura.

Peraltro, in ottica sostanzialistica - che muova dalla valorizzazione dei profili funzionali, in vista di scrutinare l’effettivo raggiungimento dello scopo del legislatore nel predisporre un determinato quadro normativo - prima di procedere ad un’eventuale esclusione sarebbe comunque necessario verificare se, pur ricorrendo ad un diverso contratto collettivo, l’impresa riesca a garantire quel

minimum salariale e di regolazione che si sarebbe affermato tramite il pertinente

contratto collettivo.

Invero, a fronte di possibili dubbi (337) di compatibilità di una previsione idonea a vincolare il datore di lavoro ad applicare un determinato contratto collettivo rispetto al disposto di cui all’art. 39 Cost., è stato in dottrina sostenuto che l’articolo 36, l. n. 300/1970 “non impone un incostituzionale obbligo di

applicazione ultra partes del contratto collettivo, ma configura soltanto un meccanismo di rinvio per relationem all’accordo collettivo assunto alla stregua di un parametro di riferimento per la determinazione del trattamento economico-normativo minimo da applicare ai lavoratori” (338).

Con riferimento all’efficacia soggettiva della disposizione, parte della giurisprudenza ha ritenuto che la stessa fosse rivolta soltanto alla p.a. e al datore di lavoro “con efficacia solo indiretta di tutela dei lavoratori, che sarebbe

garantita dall’interesse del datore di lavoro a non perdere i benefici e le agevolazioni che la norma ad essi assicura” (339).

Secondo una diversa e prevalente interpretazione, invece, la norma sarebbe volta alla tutela diretta dei lavoratori che, conseguentemente, potrebbero “rivendicare

nei confronti dell’imprenditore quello standard normativo e retributivo cui detta disposizione fa riferimento” (340).

Centrale è, infine, a livello normativo, l’articolo 30, comma 4 d.lgs. 50/2016 secondo cui “al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e

337 Cfr. SCARPELLI F., Regolarità del lavoro e regole della concorrenza: il caso degli appalti

pubblici, in Riv. Giur. Lav., 2006, 772; BELLOMO S., Esternalizzazioni, norme a tutela dei

lavoratori e normativa speciale in materia di servizi pubblici locali, in Lav.giur., 2010, 56.

338 COSTANTINI, Limiti all’iniziativa economica privata e tutela del lavoratore subordinato: il

ruolo delle c.d. clausole sociali, in Ianus, n. 5, 2011, 216.

339 Così, Cassazione, n. 7041/1986, in Notiziario giur. lav., 1987, 341.

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concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente” (341).

3.3 I requisiti di partecipazione previsti quale