2 A PPALTI PUBBLICI : GLI ASPETTI PATOLOGICI
2.4 ANNULLAMENTO GIURISDIZIONALE DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL
2.4.2 LA TESI DELLA NULLITÀ DEL CONTRATTO IN CASO DI CADUCAZIONE
Una differente impostazione, che muove dalla necessità di superare le criticità che avvincono l’inquadramento della patologia in termini di annullabilità, giunge a rintracciare nella nullità la species di invalidità di cui sarebbe afflitto il contratto stipulato a valle di un procedimento d’evidenza pubblica conclusosi con un provvedimento di aggiudicazione successivamente caducato in via giurisdizionale (da parte del giudice amministrativo).
Pur concordi circa tale impianto di massima, data la natura proteiforme assunta dalla “nullità” (174) (recte: da “le nullità”), è possibile rinvenire plurime varianti, interne a tale orientamento ermeneutico.
Approfondendo, parte della dottrina ritiene possa parlarsi di nullità strutturale, di cui all’art. 1418, II comma c.c.: precisamente, a seconda delle ulteriori diverse visioni, la patologia afferirebbe alla mancanza originaria del consenso da parte della P.A., che si riverberebbe sul difetto di accordo (175), ovvero al difetto di causa del negozio o, ancora, all’impossibilità dell’oggetto del medesimo.
173 In tema, di recente, vedasi, FOLLIERI, L’effettività della tutela innanzi al giudice amministrativo
nei recenti arresti dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in «www.giustiziaamministrativa.it», 2016, ove l’Autore si diffonde nell’analisi della natura fondamentale del diritto alla tutela giudiziaria delle posizioni giuridiche soggettive, nell’alveo di una giurisdizione, quella amministrativa, non di carattere oggettivo, bensì soggettivo.
174 Natura peculiare, settoriale, polimorfa, necessitante di disambiguazione, che costituisce il dato saliente traibile dall’analisi dei paradigmi normativi predisposti dall’ordinamento del nuovo millennio, sulla spinta ibridante propria del diritto euro-unitario; dato che permette di comprendere il motivo per cui ormai, in tema di nullità, sia invalsa l’opinione secondo cui (non si sarebbe innanzi ad un unico modello di nullità, eventualmente derogato specificamente dal legislatore, in ossequio a determinate esigenze settoriali, ma) sarebbe possibile rinvenire plurimi modelli di nullità, equi-ordinati, quanto a rapporti di forza, non più descrivibili in termini di regola vs. eccezione.
In tal senso, vedasi, LA SPINA, Destrutturazione della nullità ed inefficacia adeguata, Giuffrè, Milano, 2012, 3-4.
175 A ben vedere, tale ricostruzione pare quella maggiormente vicina alle tesi che predicavano la mera annullabilità per vizio del consenso, a legittimazione relativa o, secondo altra variante, a legittimazione assoluta. Probabilmente, proprio muovendo dalla valorizzazione di tale estensione in punto di legittimazione, ci si è iniziati ad interrogare circa un eventuale diverso inquadramento
83 Secondo un orientamento diffusosi - meno recentemente - in seno al plesso giurisdizionale amministrativo, ai fini della corretta comprensione dell’inquadramento della patologia in termini di nullità strutturale, occorrerebbe muovere da una precisa premessa relativa alla natura della sequenza procedimentale pubblicistica delineata dal legislatore tramite l’evidenza pubblica: i vari steps che connoterebbero tale fattispecie a formazione progressiva (176) meriterebbero di essere qualificati non soltanto tramite norme di azione (secondo un paradigma puramente pubblicista), ma anche attraverso norme di relazione, in ossequio a schemi privatistici di formazione del consenso. Così, ciascun atto endo-procedimentale potrebbe essere pluriqualificato, a seconda del paradigma di volta in volta rilevante: ad es., il bando di gara verrebbe ad assumere, anche, la natura di proposta contrattuale, cui seguirebbe l’aggiudicazione (177), quale accettazione, manifestazione espressa (ad opera della P.A.) della volontà di
del fenomeno, entro la categoria, differente, eppure che presenta punti significativi di contatto, della nullità per difetto di accordo, di cui all’art. 1418, II comma c.c., che rinvia agli elementi essenziali previsti dall’art. 1325 c.c., entro cui campeggia, in posizione assolutamente preminente, l’accordo.
176 È noto che il procedimento, per lungo tempo, è stato inquadrato principalmente quale fattispecie a formazione progressiva.
Tale ricostruzione poggia su puntuali coordinate ermeneutiche: i singoli atti procedimentali o sub-provvedimentali, anche se non idonei a produrre l’effetto dispositivo previsto dalla norma disciplinatrice del potere attuato, sarebbero comunque capaci di dispiegare effetti interinali, minori e preliminari rispetto all’effetto finale (in tal senso, CAMMEO, Corso, cit. Cedam, Padova, 1960, 1 ss.).
Pertanto, il percorso decisionale pubblico si articola e sostanzia in una sequenza di atti e fatti non omogenei, secondari e accessori, tra loro collegati e accumunati dal fine, ovvero dall’essere preordinati alla realizzazione del medesimo risultato (adesivamente, MIELE, Principi di diritto
amministrativo, Tornar, Pisa, 1945, 10 ss.).
Così, il fenomeno procedimentale viene inquadrato nello schema “fatto-effetto”: il procedimento viene prefigurato come un fatto complesso, specificamente come una fattispecie a formazione progressiva, con caratteri non dissimili da quelli del processo; in tema, FALZEA, Efficacia
giuridica, voce Enc. dir., XIV, 1965, 481 ss.; nonché, SCOCA, Contributo sul tema della fattispecie
precettiva, Libreria editrice universitaria, Perugia, 1979, 40 ss.
Si tratta, con tutta evidenza, della concezione formale del procedimento, l’adesione alla quale produce conseguenze dal punto di vista qualificatorio delle posizioni c.d. procedimentali: posizioni prive di autonomia, in stato di pendenza, connotantesi per intrinseca instabilità e precarietà, aventi funzioni strettamente accessorie e prodromiche rispetto a diritti ed interessi, quali posizioni finali, che verranno regolate dal provvedimento. Detto altrimenti: diritti in formazione, stante la loro strumentalità rispetto a posizioni finali tenute insieme da un rapporto (si tratta comunque di una posizione superata dalla moderna concezione formale del procedimento). Sul tema, centrale, GAFFURRI, Il rapporto procedimentale, Giuffrè, Milano, 2013, 1 ss.
177 Aggiudicazione che verrebbe a rivestire un duplice ruolo:
- dal punto di vista delle norme di azione: atto conclusivo della procedura di selezione del contraente;
- dal punto di vista delle norme di relazione: atto giuridico con cui si manifesta la volontà di contrarre con l’impresa aggiudicataria.
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affidare il contratto pubblico all’impresa selezionata attraverso la procedura di gara.
Così ricostruita la natura giuridica bi-fronte dell’aggiudicazione, emerge un dato peculiare: l’accordo negoziale dovrebbe essere inteso come perfezionatosi già al momento dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione. Pertanto, la successiva stipulazione del contratto, a valle della procedura pubblicistica assumerebbe valore soltanto di mera rinnovazione del consenso precedentemente manifestato.
Poste tali premesse, seguono precise conseguenze nella ricostruzione dei rapporti tra aggiudicazione e contratto: l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione, intesa come atto di manifestazione della volontà negoziale della P.A., “priva il relativo negozio giuridico dell’elemento essenziale costituito
dall’accordo, che deve, quindi, ritenersi insussistente, per effetto della elisione dell’atto generativo del consenso di una delle parti” (178).
Tale impostazione non convince, perché non in linea con il dettato normativo. Si veda, infatti, l’art. 109 del d.P.R. 554/99, il cui contenuto è stato trasfuso sia nell’art. 11 D. Lgs. 163/2006 (vecchio codice appalti), sia nell’art. 32, VI comma, D. Lgs. 50/2016, il quale ultimo espressamente recita: “L’aggiudicazione non
equivale ad accettazione dell’offerta” (179).
Consapevole di tale sbarramento ermeneutico, altra parte della Dottrina ha preferito ancorare il vizio all’oggetto del contratto: ciò in quanto - si dice - il rispetto delle norme che disciplinano il procedimento di evidenza pubblica contribuirebbe a “definire e rendere lecito ovvero giuridicamente possibile per la
pubblica amministrazione contraente l’oggetto del contratto” (180). Pertanto, l’annullamento dell’aggiudicazione iussu iudicis comporta la nullità del contratto
178 In tal senso, Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3355/2004.
179 Si tratta di una disposizione che, oltre a porsi in direzione diametralmente opposta alla tesi oggetto di critica, scalfendone le premesse, viene - sovente - valorizzata dalla dottrina pubblicistica, a conferma della correttezza dell’impostazione che vorrebbe escludere la pluri-qualificazione degli atti del procedimento d’evidenza pubblica.
Eppure, si potrebbe contro-dedurre: il legislatore, consapevole della possibilità - più generale - di qualificazione tramite parametri “di relazione”, propri del diritto dei privati, nel porre tale disposizione (e nel confermarla ad ogni novella del sistema d’evidenza pubblica) avrebbe voluto semplicemente precludere la ri-qualificazione dell’aggiudicazione in termini di accettazione dell’offerta, senza spingersi fino ad ulteriori preclusioni rispetto all’utilizzo del diritto privato ai fini qualificatori di diverse fattispecie concrete.
85 per illiceità del suo oggetto, ai sensi degli artt. 1418, II comma, ultima parte, e 1346 c.c.
Altra parte della dottrina e della giurisprudenza (181), probabilmente condividendo parte delle premesse con i fautori della tesi dell’illiceità dell’oggetto per violazione di norme imperative (ex art. 1346 richiamato dalla disposizione centrale in tema di nullità: l’art. 1418 c.c.), ma differendone quanto alle conclusioni, giunge a valorizzare, nell’alveo dell’art. 1418 c.c., non tanto il vizio strutturale, di cui al comma II, bensì la species della nullità virtuale (182).
Precisamente, si sostiene che il vizio di legittimità della procedura d’evidenza pubblica, la cui emersione sia cristallizzata con sentenza di annullamento dell’aggiudicazione (non importa se ex se, ovvero a titolo di invalidità derivata), non potrebbe che riverberarsi sul contratto, stipulato a valle, che verrebbe ad essere stimato nullo perché contrario a norme imperative, segnatamente alle norme pubblicistiche che disciplinano (procedimentalizzandola) la scelta del contraente. Infatti - si afferma, a sostegno - tali previsioni avrebbero natura inderogabile, perché dirette, tramite la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti - ad assicurare imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa, libera concorrenza sul mercato, nonché le libertà fondamentali del diritto euro-unitario. Peraltro, si aggiunge, quelle disposizioni, che prescrivono modalità da osservare nella scelta del contraente, esprimerebbero un implicito divieto di stipulare con soggetti che non siano risultati legittimi vincitori della selezione pubblica. Di qui, la violazione di tali disposizioni, di carattere
181 Cfr. ad esempio Cons. St., sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218, in Foro amm. C.d.S., 2003, 959 (con nota di IEVA, Annullamento degli atti dell’evidenza pubblica e nullità del contratto di appalto); nonché in Dir. proc. amm., 2004, 177 (con nota di GOISIS, In tema di conseguenze sul contratto
dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione conclusivo di procedimento ad evidenza pubblica); TAR Camp., Napoli, sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177, in Foro amm. T.A.R., 2002, 2579 (con nota di MONTEDURO, Illegittimità, cit., passim).
182 Come noto, l’espressione « nullità virtuale » è contestata da qualche autore: vedasi, tra gli altri, ALBANESE, Non tutto ciò che è “virtuale” è “razionale”: riflessioni sulla nullità del contratto (relazione tenuta a Palermo l’11 aprile 2008 nell’ambito di un ciclo di seminari organizzato dal dottorato di ricerca in « Diritto privato generale e diritto dell’impresa »), in Le invalidità nel diritto
privato, a cura di BELLAVISTA e PLAIA, Milano, 2011: “continuare a parlare di nullità “virtuale”
non sembra corretto né sul piano lessicale, dove la formula assume un significato ambiguo, che evoca situazioni non attuali ma meramente potenziali, né sul piano giuridico, nella misura in cui attraverso tale figura si vorrebbe legittimare un giudizio di invalidità non riconducibile a una precisa scelta del legislatore”.
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inderogabile ed imperativo, sarebbe in grado di integrare la fattispecie di nullità virtuale.
Tale impostazione non convince (183), proprio là ove pare fare mal-governo dell’art. 1418, I comma c.c. (184), alla luce della rinnovata (ed ormai consolidatasi) lettura proposta dalla dottrina civilistica.
Approfondendo, per quanto qui di interesse, una corretta interpretazione dell’art. citato non può minimizzare il tenore letterale del disposto: “il contratto è nullo
quando è contrario a norme imperative” (185).
183 Probabilmente, potrebbe rintracciarsi un altro profilo di criticità rinvenibile nella pretermissione, dalla valutazione della patologia, delle peculiarità dell’assetto d’invalidità amministrativa rispetto a quella civilistica.
Come noto, si usa, tralatiziamente, affermare che, nell’alveo del genus invalidità, assolutamente speculari sarebbero i rapporti di forza tra le species annullabilità e nullità a seconda che venga in considerazione il diritto amministrativo ovvero quello privato.
Precisamente, il primo sarebbe strutturato nel modo seguente: la regola, costituita dall’illegittimità, quale causa di annullabilità; l’eccezione, di carattere tassativo e di stretta interpretazione, sarebbe la nullità, espressamente disciplinata - dopo la nota novella del 2005 - dall’art. 21-septies L. 241/90. Diversamente, sarebbe a dirsi per il diritto dei privati: la sanzione per la difformità dal paradigma sarebbe, di regola, la nullità; l’eccezione, tassativa e di stretta interpretazione, verrebbe ad essere costituita dall’annullabilità.
Ebbene, nell’analisi della sorte del contratto, all’esito dell’annullamento in via giurisdizionale dell’aggiudicazione, non potrebbe non assumere rilievo tale asimmetria, che - quantomeno - dovrebbe imporre cautela nelle operazioni di “travaso”/ “trascinamento” concettuale delle categorie, nonché nella “cernita” degli antecedenti causali (ovviamente, il riferimento è alla causalità giuridica) da cui far scaturire determinati effetti in punto di qualificazione.
184 Sul tema, nella letteratura più recente, cfr. MOSCHELLA, Il negozio contrario a norme
imperative, in Legislazione economica, a cura di VASSALLI e VISENTINI, III, Settembre 1978-Agosto 1979, Giuffré, Milano, 1981, 247 ss.; DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative,
in Riv. crit. dir. priv., 1985, 435 ss.; VILLA, Contratto e violazione di norme imperative, Giuffré, Milano, 1993; ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Jovene, Napoli, 2003. E ancora: cfr. MARICONDA, Le cause di nullità, in Giurisprudenza sistematica di diritto
civile e commerciale fondata da BIGIAVI, I contratti in generale, a cura di ALPA e BESSONE, IV, Giappichelli, Torino, 1991, 368 ss.; DI MAJO, La nullità, in Trattato di diritto privato diretto da BESSONE, XIII. Il contratto in generale, t. 7, Giappichelli, Torino, 2002, 74; GENTILI, Le
invalidità, in Trattato dei contratti diretto da RESCIGNO e GABRIELLI, I contratti in generale, I, t. 2, Giappichelli, Torino, 2006 (1 ed., 1999); MANTOVANI, La nullità e il contratto nullo, in Trattato
del contratto diretto da ROPPO, IV. Rimedi - 1 a cura di GENTILI, Giuffré, Milano, 2006, 1 ss.; DI MARZIO, La nullità del contratto, Cedam, Padova, 2008 (1 ed., 1999); FEDERICO, in Commentario
al codice civile a cura di CENDON, Artt. 1343-1469 bis. Contratto in generale, I, Giuffré, Milano, 2010, sub art. 1418.
185 La disposizione summenzionata disciplina le ipotesi di c.d. nullità virtuali, in cui risulti violata (dal contratto) una norma imperativa, senza che ciò dia vita ad una fattispecie di illiceità della causa o dell’oggetto. Da tale previsione si ricava, invero, che violazioni di norme imperative (che non coinvolgano la causa o l’oggetto del contratto) non necessariamente danno luogo a nullità, potendo tale conseguenza predicarsi per esse solo se la legge non disponga diversamente. Di qui, il problema di comprendere quando (ossia in quali casi e in che termini) possa darsi nullità virtuale, per contrasto con norme imperative; problema acuito dall’interpretazione che viene data alla clausola di riserva («salvo che la legge disponga diversamente»), contenuta nell’art. cit., che si intende integrata non soltanto nei casi in cui il legislatore espressamente prescriva una differente “sanzione”-civilistica (e/o di stampo amministrativo, tributario, penale), ma anche qualora -
87 Proprio valorizzando tale struttura sintattica, la giurisprudenza (186), in linea con la più recente ed avveduta dottrina, ritiene che, ai fini dell’integrazione del disposto
de quo, in contrasto con norme imperative dovrebbe essere proprio il contratto e
non già il comportamento che abbia condotto alla successiva stipulazione dello stesso.
Ci si avvede del legame col noto principio di non interferenza tra “regole di validità-attizie vs. regole di responsabilità-comportamento” (187), che preclude di ricavare “l’invalidità di un contratto dalla violazione di una ‘regola di mero
comportamento’, ovverosia dalla violazione di una regola di correttezza (o buona fede, che dir si voglia) o di un’altra regola generale di condotta (ad es. ragionevolezza, trasparenza, onestà, ecc.)” (188).
implicitamente - il quadro regolativo predisposto dal titolare della funzione legislativa presupponga inequivocabilmente la validità del contratto ovvero inclini nel senso dell’inquadramento della patologia in altre forme di invalidità (ad es. annullabilità, ovvero nullità testuale). E ancora la maggior parte degli interpreti legge la “riserva” di cui alla seconda parte del comma 1 dell’art. 1418 c.c. nel senso che — oltre che nei casi in cui si possa parlare di esclusione espressa — la nullità possa rimanere esclusa anche in considerazione della ratio (o scopo) della norma violata. E va da sé — come è stato ancora di recente sottolineato — che «ove si accolga
quest’ultima opzione interpretativa, e si rimetta all’interprete la valutazione di compatibilità tra nullità e ratio della norma imperativa violata, si incrina il rapporto regola-eccezione che il legislatore pare aver stabilito tra la prima parte del c. 1 e l’inciso finale, poiché la nullità, da effetto “normale” e fisiologico, connesso alla violazione di norme imperative, diviene invece “esito solamente possibile”». In tal senso, vedasi, D’AMICO, Nullità non testuale, voce Enc. dir.,
2013.
186 Centrale, nella perimetrazione dell’ambito d’operatività dell’art. 1418, I comma c.c. è Cass. civ., sez. un., 26724/2007.
187 Sul tema, di recente ravvivato dalla sentenza delle sez. un. citata, vedasi, ex multis: VETTORI,
Regole di validità, cit., 104; D’AMICO, Regole di validità, cit., 1037; GNANI, Contrarietà a buona
fede e invalidità del contratto. Spunti ricostruttivi, in Riv. Dir. Civ., 2009, 4, 435; SCOGNAMIGLIO,
Regole di validità, cit., 599.
188 In tal senso, D’AMICO, Nullità virtuale-nullità di protezione (variazioni sulla nullità), in Contratti, 2009, 7, 732. L’autore, peraltro, non condivide le regole operazionali relative al
principio di non interferenza, così come ricostruite da dottrina e giurisprudenza maggioritarie; egli afferma: “È del tutto ovvio che se si considera l'espressione ‘regole di comportamento’ nella sua
estensione letterale, la contrapposizione alle ‘regole di validità’ perderebbe qualsiasi significato, perché - secondo un accreditato orientamento di teoria generale del diritto (tutte le regole giuridiche sono ‘regole di condotta’; e tali devono dunque considerarsi anche le c.d. ‘regole di validità’ (cioè le regole dalla cui applicazione dipende il giudizio circa la validità/invalidità degli atti giuridici negoziali). (…) Occorre, dunque, con tutta evidenza, assumere la locuzione ‘regole di comportamento’ in una accezione più ristretta, quale è effettivamente evocata da espressioni (cui sovente, e più appropriatamente, si fa ricorso) come ‘regole di mero comportamento’, ovvero ‘regole di correttezza’. Il significato del principio di separazione (o di non interferenza) tra ‘regole di validità’ e c.d. ‘regole di comportamento’ consiste, allora, precisamente in ciò, che non è possibile derivare l'invalidità di un contratto dalla violazione di una ‘regola di mero comportamento’, ovverosia dalla violazione di una ‘regola di correttezza’ (o buona fede, che dir si voglia) o di un'altra regola generale di condotta (ad es.: ragionevolezza, trasparenza, onestà, ecc.). Esplicitando ulteriormente il contenuto del principio (e con ciò cominciando a farne intravedere anche la funzione), esso può altresì esprimersi dicendo che le ‘regole di validità’ non
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Ebbene, le regole che presiedono alla scelta, procedimentalizzata, del contraente da parte della p.a., incontestata la natura imperativa (189), non paiono, a ben vedere, rispettare il requisito d’integrazione dell’art. 1418, I comma c.c. sopra richiamato: afferiscono al comportamento pre-negoziale e non già al contratto. Detto diversamente: a contrastare con norme imperative (specificamente, le disposizioni previste dal procedimento d’evidenza pubblica) non è il contratto, come pretenderebbe (ai fini di una sussunzione entro quel paradigma) l’art. citato, ma è il comportamento tenuto dalla p.a. nella scelta del contraente.
A prescindere dalle criticità proprie di ciascuna variante diffusasi all’interno della macro-impostazione sommariamente tratteggiata, paiono esservene di ulteriori e comuni perchè legate al regime (sostanziale e processuale) proprio della fattispecie di nullità civilistica, connotantesi per imprescrittibilità dell’azione (arg.
ex art. 1422 c.c.) (190) nonché per legittimazione assoluta (191) e rilevabilità d’ufficio (arg. ex art. 1421 c.c.) (192). Caratteri che paiono condurre ad un (eccessivo) sacrificio della certezza dei rapporti giuridici intercorrenti tra pubblica amministrazione e privato, con conseguente vulnus alla stabilità degli effetti scaturenti dal rilievo giuridico di quelle relazioni (193).
possono essere ricavate dal giudice in sede di concretizzazione della clausola generale di buona fede (cioè non possono discendere dalla violazione di una mera regola di comportamento, qual è la buona fede), violazione dalla quale potranno discendere altre conseguenze, ma non quella della invalidità dell'atto”.
189 Invero, la contestazione o meno del riconoscimento della natura imperativa alla disciplina d’evidenza pubblica è legata, a doppio filo, all’estensione del concetto di imperatività cui si intenda aderire. Nella manualistica, tra gli altri, v. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Esi, Napoli, XVI, 2013, 14 ss.
190 Tale carattere, come evidente, massimizza - quantomeno sotto il profilo temporale - la tutela per il soggetto che intenda influire sulla stabilità del contratto stipulato inter alios, al fine di eventualmente chiedere il subentro.
191 Tale aspetto, data la natura tassativa delle “deroghe” alla legittimazione relativa all’esercizio dell’azione di annullamento, ha costituito uno dei motivi che hanno spinto la dottrina ad un rinnovato confronto circa l’inquadramento della patologia del contratto stipulato a valle di un procedimento d’evidenza pubblica viziato, esitato in un’aggiudicazione caducata iussu iudicis.
192 Tema fortemente dibattuto, oggetto di plurimi interventi da parte della Cassazione a sezioni unite: Cass. civ., sez. un., 14828/2012, e - da ultimo - l’intervento con le sentenze gemelle, Cass. civ., sez. un., 26242 e 26243/2014. Su tale importante pronuncia, in ottica critica, PAGLIANTINI,
Spigolando a margine di Cass. 26242 e 26243-2014. Le nullità tra sanzione e protezione nel prisma delle prime pre-comprensioni interpretative, in Persona e mercato, 2014, IV. Per una
lettura del sistema dopo l’intervento delle sez. un., recentemente, PAGNI, Nullità del contratto. Il
sistema delle impugnative negoziali dopo le sezioni unite, in Giur. it., 2015, 1, 70.
193 La tematica della certezza del diritto e di quella della stabilità dell’assetto dei rapporti tra P.A. e