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1 A PPALTI PUBBLICI : LA FISIOLOGIA

1.2 IL PROCEDIMENTO D’EVIDENZA PUBBLICA PER LA SCELTA DEL CONTRAENTE:

del contraente: inquadramento e ambito

d’operatività

In via di prima approssimazione, l’espressione “procedimento d’evidenza pubblica” designa l’incedere coordinato di atti volti alla formazione della volontà, quale medio tecnico-giuridico in vista della conclusione di contratti ad opera del soggetto pubblico; procedimento di formazione della volontà che presenta la peculiarità di rendere necessaria l’esteriorizzazione delle ragioni di pubblico interesse che giustificano l’intenzione di contrarre, la scelta di controparte e la formazione del consenso (41).

Già da tali brevi considerazioni emerge, con evidenza, la divergenza tra il processo di formazione della volontà propria delle persone fisiche e quella degli enti collettivi, nella specie oggetto di regolazione pubblicistica: da un lato, irrilevanza, salva l’integrazione di fattispecie di validità (ad es. vizi della volontà, che conducano all’annullabilità), del processo di formazione della volontà, tutto sbilanciato verso il rilievo del “prodotto” dell’esercizio della libertà negoziale, ossia il contratto; dall’altro lato, attribuzione di rilevanza giuridica a ciascun passaggio logico che presiede alla formazione della volontà da parte dell’ente collettivo pubblicistico.

Tali differenti scelte di regolazione operate dal legislatore si assidono, anzitutto, sulla diversità strutturale tra persona fisica ed ente collettivo, la formazione della volontà del quale riceve particolare attenzione anche al di fuori dei casi in cui trattasi di ente pubblico (cfr. ad es. art. 21 c.c.); inoltre, sulla necessità di assicurare la pubblicità e la trasparenza delle scelte (in attuazione, peraltro, del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.), rendendo possibile l’espletamento di funzioni di controllo ad opera degli organi preposti.

Il procedimento d’evidenza pubblica costituisce species del genus procedimento amministrativo. In tal senso, oltre a ragioni di teoria generale e di carattere sistematico, pare militare anche un dato normativo: l’art. 32, comma 8 D. Lgs.

41 In tal senso, nella manualistica, tra gli altri: CHIEPPA-GIOVAGNOLI, Manuale, cit., 731 ss.; CARINGELLA, Corso, II, cit., 2581 s. In dottrina, anche SEMPREVIVA, Procedure ad evidenza

pubblica, in Urb. e app., 2009, 12, 1448; SCANNICCHIO, Appalto e concorrenza tra codice civile e

evidenza pubblica, in Contr. e impr., 2012, 3, 647 ss.; S.A. ROMANO, Procedura ad evidenza

27 50/2016 prevede che “per quanto non espressamente previsto nel presente codice

e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Tale rinvio al paradigma di regolazione del procedimento amministrativo, quale forma giuridica della funzione pubblicistica, si pone perfettamente in linea con la struttura che connota le relazioni di genere a specie tra entità logico-giuridiche: la disciplina “speciale” contiene elementi specializzanti (per aggiunta o specificazione), non ricorrendo i quali si ri-espande l’operatività di quella di carattere generale.

Emerge una continua dialettica tra elementi peculiari ed aspetti “consueti”, propri del procedimento amministrativo (42).

In tale ottica, probabilmente, può essere “letto” il dibattito, che ha afflitto l’inquadramento del procedimento d’evidenza pubblica, non diversamente dal procedimento amministrativo tout court (43). Trattasi di tematica capace di

42 Peraltro, circa i rapporti tra L. 241/90 e normative speciali in tema di procedimento amministrativo, vedasi CARINGELLA, Corso, II, cit., 1735 s., ove si legge: “Alla stessa stregua la

legge generale integra quelle speciali che regolino procedimenti specifici (…) nel senso di integrare le stesse con l’innesto dei nuovi principi partecipativi e garantistici che non vengano espressamente abrogati”.

43 Per una disamina intorno alle diverse configurazioni del procedimento amministrativo, vedasi GAFFURI, Il rapporto procedimentale, Giuffrè, Milano, 2013, passim. L’Autore passa in rassegna le plurime impostazioni teoriche relative al procedimento amministrativo: dalla concezione del procedimento come insieme di atti preparatori (CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, Cedam, Padova, 1960, 1 ss.; FRAGOLA, Precisazioni sul concetto di atto amministrativo, in Giur. it., 1938, 531 ss.) e come fattispecie a formazione progressiva (SANDULLI, Il procedimento amministrativo,

Giuffrè, Milano, 1940, passim, spec. 295 ss.); alla tesi del procedimento come forma della funzione e luogo di imputazione e composizione degli interessi pubblici e privati coinvolti nell’esercizio del potere (BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv.

trim. dir. pubbl. 1952, II, 118 ss.; ora anche in BENVENUTI, Scritti giuridici, I, Giuffré, Milano, 2006, 117 ss.); dalla impostazione volta a valorizzare la natura meramente accessoria e preparatoria del procedimento, strumentale rispetto al regolamento d’interessi fissato dal provvedimento (SCOCA, Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Giuffrè, Milano, 1990, 36

ss.; GRECO, L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Giuffrè, Milano, 1980, passim), fino alla teoria del c.d. contatto procedimentale (CASTRONOVO, Responsabilità civile per la pubblica amministrazione, in Jus, 1998, 653 ss.; ROMANO TASSONE, I problemi di un

problema. Spunti in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, in Dir. amm., 1997, 35 ss.;

PROTTO, La responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi come responsabilità da

contatto amministrativo, in Resp. civ., e prev., 2001, 213 ss.) o addirittura alla ricostruzione, in

chiave autonoma del rapporto procedimentale, che si pretenderebbe assimilabile ad un rapporto obbligatorio, in ragione delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte (in tal senso, PASTORI,

Disciplina generale del procedimento amministrativo, considerazioni introduttive, in La disciplina generale del procedimento amministrativo - Atti del XXXII Convegno di Studi di scienza dell’amministrazione, Giuffré, Milano, 1989, 12 ss.; anche in PASTORI, Interesse pubblico e

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produrre rilevanti conseguenze pratico-applicative (44), che muove dalla valorizzazione del principio di pluri-qualificazione, alla luce del quale un medesimo fatto materiale e/o sociale, può ricevere plurime qualificazioni giuridiche, ad opera del legislatore, sol che si faccia riferimento a diversi parametri. Ciò, senza che l’ordinamento giuridico violi il principio di non contraddizione, che ne spezzi unitarietà e coerenza: uno stesso quid facti può ben essere ricompreso nell’ambito di una fattispecie, cui l’ordinamento ricollega una determinata qualifica e, al contempo, costituire presupposto d’operatività di una differente previsione, oggetto di una diversa valutazione ad opera del titolare del potere legislativo (45). Ebbene, ciò è quanto si ritiene accada nella vicenda, sociale e giuridica, particolarmente complessa, che fa da sfondo alla disciplina, di carattere pubblicistico (46), afferente al procedimento d’evidenza pubblica, nell’ambito del quale - come noto - dottrina e giurisprudenza rintracciano due sequenze regolatorie: l’una, di carattere pubblicistico, assoggettata a c.d. norme di interessi privati tra procedimento, accordo e autoamministrazione, in Scritti in onore di P. Virga,

Giuffré, Milano, 1994, II, 1310 ss.).

44 Basti pensare alla configurabilità o meno di una responsabilità pre-contrattuale della P.A. per interruzione ingiustificata delle trattative, ai sensi dell’art. 1337 c.c., per lungo tempo esclusa da parte della dottrina pubblicistica, arroccata sulla difesa della tesi della spiccata specialità del procedimento amministrativo, quale luogo di esercizio della funzione amministrativa, che precluderebbe l’ibridazione - in termini di regolazione - con categorie tipiche del diritto dei privati (quale ad es. la buona fede). Sul punto, v. amplius, infra, specificamente Cap. II, ove la tematica verrà affrontata ex professo e verranno trattate anche le diverse tesi relative alla natura giuridica del procedimento.

45 Ciò non si scontra con il principio di ragionevolezza, che opera sol che vengano trattate in modo diseguale situazioni identiche. Evidentemente, ciò che varia, stante la medesimezza del singolo aspetto fattuale, è il contesto entro cui il Legislatore prenda quell’aspetto in considerazione; di qui: la divergenza qualificatoria si radica, in maniera preponderante, negli ulteriori (e differenti) presupposti, che - complessivamente integrati - danno luogo alla produzione dell’effetto giuridico, secondo la nota teoria della fattispecie, riguardata alla luce del meccanismo della “sussunzione”. Per una difesa di tale impostazione, vedasi, IRTI, Un diritto incalcolabile, Giappichelli, Torino, 2016, passim. Inoltre, lo stesso Autore, nell’affrontare la più generale problematica dei rapporti tra norme di validità-attizie e norme di responsabilità-comportamento, si sofferma sul concetto di pluriqualificazione: “l'unità dell'ordinamento non esclude l'autonomia delle due valutazioni

normative. (…) Si tratta di vincere una sorta di pregiudizio mentale, (…) e giungere alla franca e decisiva accettazione di un criterio: che lo stesso quid, già riconosciuto da una norma come atto giuridico (efficace o inefficace che sia), possa ricevere un'ulteriore qualifica in base a una diversa norma. (…) Non resta che condividere e applicare il principio della doppia qualificazione: L'atto giuridico (ripeto: efficace o inefficace) rimane atto, e, come tale, riceve il predicato di illiceità”,

IRTI, Concetto giuridico di comportamento e invalidità dell’atto, in Rivista trimestrale di diritto e

procedura civile, 2005, 1058 s.; vedasi anche MANGANARO, Dal rifiuto di provvedimento al

dovere di provvedere. La tutela dell’affidamento, in Dir. amm., 2016, 1-2, 93 ss., spec. 94.

46 Come noto, il procedimento di scelta del contraente è stato assoggettato a specifica disciplina pubblicistica, in attuazione dell’art. 1, comma I-bis, ultima parte L. 241/90, che autorizza il legislatore ad utilizzare schemi autoritativi a fronte di atti/attività intrinsecamente non autoritativi. In tal senso, vedasi, nella manualistica, BELLOMO, Nuovo sistema, I, cit., 151 ss.

29 azione; l’altra, di connotazione spiccatamente privatistica, disciplinata da c.d. norme di relazione.

Eppure, più in generale, nella “lettura” delle interferenze tra tali sequenze, si contrappongono due principali ricostruzioni apparentemente antitetiche: quella unitaria e, l’altra, c.d. pluralista (47).

Ad avviso dei fautori della prima impostazione, che muovono da istanze volte alla minimizzazione delle divergenze all’interno dell’intera sequenza, la procedura d’evidenza pubblica avrebbe natura “mista, essendo composta da atti

amministrativi idonei a produrre effetto negoziale” (48).

In particolare, tale ricostruzione, muovendo dalla premessa secondo cui il procedimento sarebbe funzionale a regolare la formazione del consenso della P.A. (sia con riguardo al contenuto dell’accordo che all’identità del contraente), postula - passando attraverso il principio di pluri-qualificazione - la possibilità di addivenire ad una valutazione secondo schemi, sia di diritto privato, che di diritto pubblico di ciascun atto adottato all’interno delle varie fasi della sequenza procedimentale (49).

47 A ben vedere, CARINGELLA, Corso, II, cit., 2582, nota 41, parte finale, dà conto di un ulteriore orientamento secondo cui “tutta l’attività contrattuale della P.A. è retta dal principio di legalità

che la vincola al perseguimento del pubblico interesse ed è in quanto tale espressione di un potere amministrativo, di carattere non autoritativo, e non di autonomia negoziale, con conseguente configurabilità di uno statuto unitario dell’intera attività amministrativa”. Si veda anche

SCANNICCHIO, Appalto e concorrenza, cit., 647 ss.

48 In tal senso, già Cons. st., sez. IV, 7 settembre 2000, n. 4722. Vedasi altresì CHIEPPA-LOPILATO,

Studi di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2007, 471: “In base ad un altro orientamento dottrinale, l’evidenza pubblica rappresenta un procedimento unico, composto da atti amministrativi produttivi di effetti privatistici, ossia da atti amministrativi negoziali, espressione, non di un potere amministrativo, bensì di un potere di autoregolamentazione della sfera giuridica dell’amministrazione riconducibile alla posizione di autonomia privata della stessa”. Eppure, in

relazione alle peculiarità dell’autonomia privata in ambito pubblicistico, vedasi, nella manualistica, CARINGELLA, Corso, II, 2571 s.: “Il riconoscimento dell’autonomia negoziale della P.A. incontra, peraltro, i limiti derivanti dalla soggettività pubblica della stessa: ciò significa che l’attività contrattuale dell’amministrazione soggiace non solo, come nel caso di ogni altro soggetto di diritto, al vaglio della meritevolezza degli interessi ex art. 1322 c.c., ma anche al vincolo della funzione istituzonale legislativamente attribuita alla P.A. contraente. (…) Si tratta pertanto di un’autonomia negoziale ‘limitata’ e ‘funzionale’. (…) Essa appare contrassegnata da un limite esterno, rappresentanto dall’osservanza della legge e dal rispetto dei criteri orientatori dell’azione amministrativa, e da un limite intrinseco, dato dalla strumentalità dell’agere pubblico alla soddisfazione dell’interesse collettivo”.

49 Ad es., il bando di gara potrebbe ricevere duplice qualificazione: come invito ad offire, sulla scorta di parametri di diritto dei privati; ovvero quale atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, sia pure “generale”; ancora: l’aggiudicazione si porrebbe al contempo come “provvedimento conclusivo della procedura di selezione del contraente privato e come atto

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Un approccio differente è patrocinato dalla concezione c.d. pluralista, secondo cui, nell’alveo del procedimento d’evidenza pubblica, sarebbe possibile rintracciare due differenti sequenze di atti coordinati, parallele: una prima serie regolatoria, diretta alla formazione della volontà contrattuale, assoggettata (salve deroghe espresse), alle norme di diritto privato; una seconda scansione logico-giuridica, di carattere pubblicistico, attraverso la quale l’amministrazione renderrebbe note le ragioni di pubblico interesse sottese alla stipulazione di quel determinato contratto, che si svolge tra l’autorità stipulante e l’autorità di controllo (50).

A ben vedere, le due concezioni presentano significativi punti di contatto, in quanto - entrambe - predicano che il procedimento di affidamento del contratto abbia natura “plurima” (51), differendo, piuttosto, soltanto circa l’iter argomentativo per giungere a tale conclusione: la tesi unitaria, come accennato, muove dalla valorizzazione del principio di pluri-qualificazione, giungendo ad l’impresa scelta ed alle condizioni dalla stessa offerte”; ricostruisce la tematica BELLOMO, Nuovo

sistema, II, cit., 1128 ss.

Ad ogni modo, tale tesi, in astratto praticabile, non pare, tuttavia, in linea con il dettato normativo: basti pensare alle indicazioni desumibili dall’art. 32, comma VI D. Lgs. 50/2016 (che ha sostituito integralmente il “vecchio” codice dei contratti pubblici), che recita: “L’aggiudicazione non

equivale ad accettazione dell’offerta”. Si tratta di una disposizione che viene - sovente -

valorizzata dalla dottrina pubblicistica, a conferma della correttezza dell’impostazione che vorrebbe escludere la pluri-qualificazione degli atti del procedimento d’evidenza pubblica. Eppure, si potrebbe contro-dedurre: il legislatore, consapevole della possibilità - più generale - di qualificazione tramite parametri “di relazione”, propri del diritto dei privati, nel porre tale disposizione (e nel confermarla ad ogni novella del sistema d’evidenza pubblica) avrebbe voluto semplicemente precludere la ri-qualificazione dell’aggiudicazione in termini di accettazione dell’offerta, senza spingersi fino ad ulteriori preclusioni rispetto all’utilizzo del diritto privato ai fini qualificatori di diverse fattispecie concrete.

50 Dà conto di questa impostazione CARINGELLA, Corso, cit., II, 2582, il quale richiama CHIEPPA-LOPILATO, Studi, cit., 471, ove si evidenzia come, secondo l’impostazione tradizionale (che si deve

a Giannini), la procedura d’evidenza pubblica si caratterizzi per la presenza di due procedimenti paralleli, l’uno negoziale doppiato dall’altro amministrativo.

Inoltre, in giurisprudenza, un accreditamento rilevante alla concezione pluralista pare rinvenibile in una pronuncia (n. 407/2007) della Corte Cost., che ha espressamente affermato che “l’attività

contrattuale della P.A., essendo funzionalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico, si caratterizza per l’esistenza di una struttura bifasica: al momento tipicamente procedimentale di evidenza pubblica segue un momento negoziale. Nella prima fase di scelta del contraente l’amministrazione agisce secondo predefiniti moduli procedimentali di garanzia per la tutela dell’interesse pubblico, ancorché siano contestualmente presenti momenti di rilevanza negoziale, dovendo la P.A. tenere, in ogni caso, comportamenti improntati al rispetto - tra l’altro - delle regole di buona fede”.

51 Sembra, pertanto, opportuno opinare nel senso che le due fasi sono sì separate, sibbene coordinate, poiché il procedimento negoziale “doppia” quello amministrativo, volto a funzionalizzare l’attività contrattuale della P.A.: in tal senso, BELLOMO, Nuovo sistema, II, cit., 1128 ss.

31 affermare che un medesimo procedimento, avente natura complessa, viene qualificato sia da norme di azione (nella fase pubblicistica) sia da norme di relazione (che regolano la fase di formazione del consenso contrattuale); viceversa, la teoria pluralistica, non sensibile ad istanze di reductio ad unitatem, attribuisce a ciascun atto un proprio, distinto, procedimento.

Ciò posto in punto di inquadramento, giova ricostruire l’ambito di operatività, soggettivo ed oggettivo del procedimento d’evidenza pubblica, così come disciplinato dal recente D. Lgs. 50/2016; perimetrazione che merita di essere condotta al lume di istanze teleologico-funzionali: valorizzandone i profili di derivazione euro-unitaria, l’obbligo di evidenza pubblica “è diretto non più e non

tanto a tutelare l’interesse finanziario dell’Amministrazione (spendere bene il denaro e quindi selezionare l’offerta più conveniente), ma a tutelare l’interesse delle imprese al rispetto della concorrenza” (52).

Ai fini della ricostruzione del profilo soggettivo d’applicazione centrale pare anzitutto l’art. 1 D. Lgs. 50/2016 (53), che prevede: “Il presente codice disciplina i

contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonchè i concorsi pubblici di progettazione”.

Emerge - quanto al profilo subiettivo d’operatività - la centralità delle espressioni “amministrazioni aggiudicatrici” e “enti aggiudicatori” (54).

Utilizzando un metodo di normazione analitico, proprio della disciplina di derivazione euro-unitaria, il legislatore si diffonde, in apertura del “codice”, nella definizione di tali figure subiettive:

- ai sensi dell’art. 3, I comma, lett. a) per “amministrazioni aggiudicatrici” si intendono “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri

52 In tal senso, CHIEPPA-GIOVAGNOLI, Manuale, cit., 688 ss., spec. §732.

53 Tale previsione, salvo che per l’espressa menzione delle “concessioni”, pare porsi in linea con il previgente art. 1, I comma D. Lgs. 163/2006.

54 In dottrina, cfr. già LIMENTANI-VERONELLI, Organismo di diritto pubblico, in Giornale dir.

amm., 2011, 7, 760 ss.; CARBONE-VICARIO, Società pubbliche e amministrazioni aggiudicatrici, in

Giornale dir. amm., 2012, 6, 650 ss.; FERRARI, Ente di diritto pubblico e organismo di diritto

pubblico, in Giorn. dir. amm., 2013, 12, 1223 ss.; CAVINA, Organismo di diritto pubblico e

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enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti” (55);

- ai sensi dell’art. 3, I comma lett. e), invece, sono enti aggiudicatori “ai fini della

disciplina di cui alla: 1) parte II del presente codice, gli enti che: 1.1. sono amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli articoli da 115 a 121; 1.2. pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici nè imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente; 2) parte III del presente codice, gli enti che svolgono una delle attività di cui all'allegato II ed aggiudicano una concessione per lo svolgimento di una di tali attività, quali: 2.1 le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico o le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da uno o più di tali soggetti; 2.2 le imprese pubbliche di cui alla lettera t) del presente comma; 2.3 gli enti diversi da quelli indicati nei punti 2.1 e 2.2, ma operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi ai fini dell'esercizio di una o più delle attività di cui all'allegato II. Gli enti cui sono stati conferiti diritti speciali o esclusivi mediante una procedura in cui sia stata assicurata adeguata pubblicità e in cui il conferimento di tali diritti si basi su criteri obiettivi non costituiscono «enti aggiudicatori» ai sensi del presente punto 2.3”.

Da tali disposizioni, che delineano le figure subiettive coinvolte nella regolazione, in quanto destinatarie dell’obbligo di gara, emerge, anzitutto, la centralità di due entità: organismo di diritto pubblico ed impresa pubblica (56).

Approfondendo, per organismo di diritto pubblico, definito - ai fini del codice - dall’art. 3, I comma, lett. d), si intende “qualsiasi organismo, anche in forma

societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell'allegato IV:

55 Tale previsione pare ricalcare pedissequamente quella di cui al previgente art. 3, comma 25 D. Lgs. 163/2006.

56 Di particolare rilievo paiono anche le figure soggettive delineate dall’art. 3, I comma, lett. f)- q), tra cui spiccano i concetti di: soggetti aggiudicatori, aggregatori, stazione appaltante e operatore economico. Si veda, per un approfondimento, NICODEMO, Imprese pubbliche: se l’appalto è ‘estraneo’ ai settori speciali, la giurisdizione è del g.o., in Urb. e app., 2011, 10, 1171 ss.; IELO,

La plenaria chiarisce il perimetro dell’obbligo di gara a carico delle imprese pubbliche, in Giur. it., 2012, 5 ss.

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1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (57);

2) dotato di personalità giuridica;

3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico” (58).

Invece, per imprese pubbliche, ai sensi dell’art. 3, I comma, lett. t) D. Lgs. 50/2016, si intendono “le imprese sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici

possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante o

57 Si tratta del requisito che ha creato le maggiori difficoltà interpretative, di cui si è fatta carico la CGUE, sez. V, 22 maggio 2003, C-18/2001, Taitotalo Oy: “se l’organismo opera in normali

condizioni di mercato, persegue lo scopo di lucro e subisce le perdite connesse all’esercizio della sua attività, è poco probabile che i bisogni che esso mira a soddisfare abbiano carattere non