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1) Potrebbe presentarsi e dire di cosa si oc-cupa?

Innanzitutto puoi darmi del tu. Push è un labo-ratorio di design per l’innovazione urbana, quello che facciamo è in sostanza focalizzarci al’interno delle città e cerchiamo di utilizzare le metodologie del design per sviluppare progetti e soluzionicon l’obiettivo di generare degli impatti positivi all’in-terno dei contesti urbani. Siamo molto orizzontali, non abbiamo un ambito specifico, ci occupiamo di mobilità come di rigenerazione urbana, di cultura come di facilitazione dei processi di partecipazio-ne dei cittadini, lo facciamo utilizzando appunto gli strumenti del design, un approccio che utilizza anche la tecnologia come strumento per facilitare le connessioni e le comunicazioni e in una manie-ra che punta, come dicevo all’inizio, a sviluppare un impatto positivo e quindi ad avere una finalità sociale.

2) Perché secondo lei è necessario puntare sul digitale per attuare progetti di rigenera-zione urbana?

Allora, secondo me non è necessario puntare sul digitale ma le tecnologie digitali possono essere uno strumento molto potente per poter facilita-re questo tipo di processi, velocizzarli, grazie alle caratteristiche fondamentali dei servizi digitali, ov-vero: riescono a raggiungere tutte le persone in maniera molto precisa, uno a uno, perchè sono abilitati tramite, tipicamente, servizi ad uso per smartphone o sul web, code tendenzialmente ac-cessibili alla maggior parte delle persone. Ovvia-mente nel contesto che può essere quello italia-no, se ci spostiamo in un altro paese alcune cose possono cambiare; sono economiche perchè non è necessario montare hardware o montare gros-se strutture perchè tutto è software e funziona sui dispositivi e permettono di sviluppare servizi molto potenti e con costi molto bassi.

Quindi diciamo la tecnologia e in particolar modo le tecnologie digitali sono un catalizzatore molto importante che può accorciare i tempi, ridurre i costi, aumentare l’efficacia e permettere anche,

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pure no, gestisce le richieste di partenariato che ci arrivano. E’ un lavoro molto impegnativo. E’ una risorsa che non fa solo questo ma anche questo.

[...] Con il tempo veniamo sempre più contattati da persone con le quali abbiamo lavorato, o a cui siamo stati nominati, e diciamo si crea il motore che ci da la possibilità di fare queste cose.

6) Potrebbe spiegare brevemente il progetto MUV finanziato dall’UE all’interno del pro-gramma Horizon 2020, quali difficoltà avete incontrato nella scrittura del bando e l’ac-cesso ai finanziamenti?

In due parole, Muv è un progetto che mira a mi-gliorare la mobilità urbana, incentivare la mobi-lità sostenibile attraverso uno strumento su un dispositivo mobile, ovvero un APP. L’app crea un gioco attraverso il quale gli utenti sono incentivati a muoversi in maniera più sostenibile: a piedi, in bicicletta, utilizzando i mezzi pubblici o al limite fa-cendo car pooling. La leva che noi utilizziamo per attivare il processo è un gioco. Muv è un gioco.

In realtà vuole essere uno sport. Noi puntiamo a trasformare la mobilità urbana in uno sport in cui gli atleti sono i cittadini e le discipline sono:

muoversi a piedi, muoversi in bici, muoversi con i mezzi pubblici. La meccanica è molto semplice:

tramite l’app ci si traccia, un meccanismo verifica che il percorso sia effettivamente stato fatto nella modalità dichiarata e ad ogni tragitto, in base al tipo di mobilità ed al tragitto, si guadagnano dei punti. Questa è la meccanica del gioco.

Poi le dinamiche di gioco, cioè come questi punti vengono realizzati sono molteplici. Noi facciamo delle sfide all’interno delle città. Sfide settimanali oppure tornei in cui si sfidano le città e quindi il cittadino è l’atleta e rappresenta la sua città [...].

Ogni settimana c’è una sfida tra due diverse città e i punti fatti dagli utenti vengono più o meno me-diati e chi fa più punti vince.

Questo è un meccanismo di gioco che fa proprio leva sull’idea di sport di squadra.

Poi abbiamo anche sfide individuali che spesso sono legati a sconti o premi dati da partner locali che fanno leva sul voler superare i propri limiti e raggiungere un certo grado di sostenibiltà o di-mostrare un cambiamento. Questo è più o meno il progetto, esce fuori scena perchè il progetto è

concluso ma questo deve poter rimanere attivo altrimenti è stata semplicemente uno spreco di ri-sorse e quindi è necessario che le persone inter-ne alla P.A. siano in grado di gestirlo e di portarlo avanti nel medio periodo.

5) Quali sono le fonti di finanziamento Euro-peo, Nazionale e Regionale alla quale Push ha aderito per il finanziamento dei progetti Digitali?

Noi abbiamo cominciato con fondi nazionali, fon-di cosidetti infon-diretti perchè sono dati dalla com-missione e passano attraverso i governi. E’ stato un PON - ricerca e competitività il primo progetto finanziato, abbiamo avuto una serie di problemi perchè i fondi indiretti, essendoci come interme-diario una P.A. i tempi di pagamento non sono garantiti. Di recente stiamo lavorando con fondi diretti, erogati direttamente dalla commissione europea. Fondi Horizon, in particolar modo, e sono i fondi per la ricerca. Poi ci sono i fondi Era-sumus+, ce ne sono altri, Med, Interreg., quindi diciamo con finalità diverse, ovviamente per una realtà come la nostra del sud Italia, piccola e in-dipendente, lavorare in ambito europeo è molto più competitivo perchè ci si confronta con i gliori centri ricerca, le migliori università e le mi-gliori aziende di tutta Europa , che competono per questi fondi. Lavorare in ambito nazionale o ancora meglio regionale diminuisce nettamente la competitività però ovviamente crea problema-tiche soprattutto legate a tempisproblema-tiche, non di pa-gamento ma di attivazione dei progetti stessi, che per una piccola realtà possono equivalere ad un suicidio, quindi noi oggigiorno che abbiamo una buona expertise e un buon network lavoriamo di-rettamente sui fondi diretti. Poi ci sono altre tipo-logie di finanziamenti come quelli privati, banche, fondazioni, progetti ministeriali con fondi specifici su specifiche call e noi quando troviamo delle call che valorizzano dei progetti che abbiamo svilup-pato internamente o delle opportunità di inven-tare qualcosa di nuovo generalmente proviamo.

Noi abbiamo una persona che si occupa di bandi, di opportunità di finanziamento. Le analizza, ca-pisce se vale la pena concentrarsi sul bando

op-il funzionamento dell’app. Poi c’è una parte sull’a-nalisi dei dati raccolti tramite l’app e che vengono messi a disposizione delle P.A. come strumento a supporto per creare politiche di mobilità sosteni-bile urbana. Se da un lato lo strumento permette di cambiare la mobilità agendo direttamente sul-le persone, con un approccio bottom up, agen-do tramite il gioco sui comportamenti, dall’altro tramite i dati cerchiamo di fare un approccio più strategico, più top-down, migliorando le modalità con le quali le P.A. o le aziende, a partire dai dati raccolti dai cittadini o da dipendenti possono im-maginare delle soluzioni che vadano a vantaggio di queste persone.

Difficoltà affrontate nella scrittura del bando? No-tevoli. Push è capofila del progetto, quindi abbia-mo dovuto scrivere la larga maggioranza della call.

E’ stata la seconda call scritta quindi non avevamo grandi esperienze di uno strumento competitivo come Horizon. Quello che ci ha avvantaggiati è che la call è stata in due step. [...] Quindi avendo superato la prima fase ci siamo sentiti che il pro-getto poteva andare avanti e l’abbiamo sviluppa-to. Il proposal di una call Horizon è a spanne 70 pagine, quindi impegnativo, anche perchè ci sono una serie di cose che devono essere coperte, come analisi degli impatti, il Trl, quindi il miglio-ramento tecnologico che vuole portare, con pro-getti a matrice tecnologica [...]. E’ stato complica-to, ci abbiamo messo circa tre mesi a scriverlo, in tre persone. Non l’abbiamo fatto full time, ma gli abbiamo dedicato molto tempo. Anche perchè in quanto coordinatori c’è stato un tema di defini-zione del budget, quindi tutta una contrattadefini-zione con i partner per far quadrare i conti. Abbiamo dovuto individuare i partner giusti e far fare a tutti la parte di proposal riguardo la loro attività e poi armonizzare il tutto. Quindi è stato un impegno.

[...] Alla fine un po’ siamo stato fortunati, un po’

abbiamo costruito un buon partenariato, l’idea era valida e alla fine siamo stati finanziati. [...]

Si potevano chiedere al massimo 4 milioni, noi ne abbiamo chiesti 3.980.000. Il finanziamento avvie-ne al 100%. La commissioavvie-ne subito ti da l’80% e a metà ti da il 10% e a fine progetto i restanti 10%.

Ti da subito le risorse per iniziare e poi tu li devi distribuire a tutti i partner.

Questo non vuol dire che non te li possano toglie-re perchè se il progetto dovesse andatoglie-re male o non rispettare gli obiettivi potrebbe capitare che li chiedano indietro. [...]

7) Come sta reagendo la popolazione?

Allora il progetto è ad una fase abbastanza avan-zata. E’ iniziato da due mesi e qualcosa. Mancano 10 mesi alla fine. E’ un bando di ricerca di 3 anni e abbiamo superatoil 70%. Abbiamo avuto l’oppor-tunità di fare una serie di test, abbiamo fatto un torneo a otto squadre lo scorso mese. Ne faremo un altro la prossima settimana a sedici squadre.

I risultati sono positivi. Abbiamo avuto un numero crescente di utenti e molti ci danno consigli per migliorare l’app, quindi la risposta è sicuramente positiva. Non abbiamo numeri altissimi perche questo tipo di progetti ovviamente non coprono costi di marketing e l’acquisizione degli utenti ov-viamente è nu tema abbastanza complicato.

Oggi ci sono moltissime app quindi, dopo aver fat-to sapere che l’app esiste, convincere una perso-na a scaricarla, e utilizzarla in maniera frequente è una sfida. Devo dire che l’app funziona abbastan-za bene e ci lavoriamo costantemente aggiornan-done le funzionalità e cercando di migliorarla.

I numeri cominciano ad aumentare e siamo confi-denti. Con questo torneo a 16 squadre puntiamo a fare numeri più importanti.

8) Avete avuto il riscontro atteso?

Allora sicuramente non al di sopra delle aspetta-tive. Poi se dividiamo la nostra attività nelle sei città in cui stiamo facendo l’iniziativa cioè: Am-sterdam, Barcellona, Helsinki, Fundao e Paler-mo, in alcune città abbiamo numeri leggermente superiori, in alcune inferiori, il che vuol dire che non necessariamente la città risponde con meno interesse ma magari in alcune città le attività di promozione sono state fatte un po’ meglio. Non avendo grandi budget per l’acquisizione di utenti, facendo workshop ed eventi in città, possiamo ve-dere che l’interesse c’è. Come numeri siamo più o meno in linea con le nostre previsioni.

Non ti dico che è stato un successo clamoroso, non ancora però con la costanza speriamo a poco a poco che ci arriveremo.

[...] e si è trasformata da crowdmapping a Mira-map, prima fase MiraMira-map, è si è ampliata a tutta la circoscrizione. Hanno deciso di sperimentare insieme all’istituto Boella, con l’univesità di Torino, una piattaforma che si chiamava First Life, poi uti-lizzata anche per altri software. Questa sperimen-tazione, siccome il software poi ha avuto problemi tecnici di progettazione e gestionali, non è andata bene ed è decaduta perchè la piattaforma non si è popolata. Quindi la sperimentazione doveva es-sere: porzione di quartiere, circoscrizione e città.

Quella intermedia sulla circoscrizione non è stata attuata, però la piattaforma c’era, anche se era dif-ficile gestirla. Poi si è passati all’ultima fase, con Miramap 2, che è entrato nei bandi AxTO, quindi nei bandi per le periferie e ha avuto i finanziamenti del programma Horizon 2020.

3) Se non sbaglio il progetto è partito nel 2013 e solamente nel 2019 si è arrivati ad una piat-taforma pilota da rilasciare in uso alle ammi-nistrazioni, a cosa sono dovute queste tem-pistiche?

S: Sicuramente il cambio dell’amministrazione da un punto di vista politico ha influito. Ovvero sulla scelta dell’amministrazione di investire sul digita-le, strumenti ICT e quant’altro. Quindi, per come la vedo io e per quello che ho letto, c’è la volon-tà di sperimentare certi strumenti però dipende anche molto dall’amministrazione. Una volta che Crowdmapping Mirafiori si è esaurito con i fondi della progettualità studentesca si è dovuto ripen-sare questa cosa e avere altri fondi per poter svi-luppare la piattaforma. Quando è entrato nel ban-do AxTO c’è stato un rallentamento di un anno e mezzo perchè era un bando triennale, 2016-2019, e c’era un’altra gestione amministrativa di chi si occupava dell’innovazione tecnologica, è cambiato il referente e cambiando il referente il progetto è stato lasciato alla deriva.

Sotto la pressione del Politecnico, che voleva con-tinuare la sperimentazione e non lasciarla deca-dere, questa cosa è stata ripresa in mano e sono state trovate nuove dinamiche, attraverso un ac-cordo di partenariato l’anno scorso, attraverso il quale la città si impegnava a dare disponibilità a continuare la sperimentazione e collaborare con il politecnico per sviluppare la piattaforma.

Intervista a Giulia Lazzari e Stefania Manzo, assegniste di ricerca per il progetto Miramap

1) Potreste presentarvi e dire di cosa vi oc-cupate?

Io sono Giulia Lazzari, assegnista di ricerca al DAD. Mi occupo da metà novembre scorso, quasi un anno, del progetto Miramap, che tratta di pro-gettare una piattaforma digitale collaborativa che metta in comunicazione la P.A. e i cittadini sui temi della rigenerazione urbana.

Io sono Stefania Manzo e anche io sono assegni-sta di ricerca al DAD e insieme a Giulia abbiamo iniziato ad indagare il mondo delle piattaforme collaborative e del social e civic engagement, quindi anche i processi partecipativi dal basso e delle dinamiche di coinvolgimento della cittadi-nanza nelle politiche pubbliche, quindi nella ge-stione degli spazi pubblici.

2) Da cosa è partito il progetto Miramap?

G: Allora è partito nel 2013 e inizialmente si chia-mava crowdmapping Mirafiori sud, quindi sola-mente su una porzione di Mirafiori. Nell’ex circo-scrizione 10. E’ iniziata come una mappatura delle barriere del quartiere nello spazio pubblico.

S: Lì i cittadini potevano, attraverso una segna-lazione, sollevare, evidenziare sulla mappa delle criticità. Quando veniva presa in carico una se-gnalazione [...] diventava giallo questo bollino e successivamente diventava verde nel momento in cui la difficoltà, la barriera, veniva risolta.

Era più una mappa dove si potevano segnalare e identificare i problemi che si manifestavano nello spazio pubblico, ma non accoglieva una parte di proposte da parte del cittadino.

G: Ed erano sia barriere fisiche che mancanze di servizi. [...] Oppure dire se un luogo è ospitale ...

S: Percettivi diciamo. I limiti percettivi della fruizio-ne dello spazio urbano.

Il progetto è partito da un gruppo studentesco su budget della progettualità studentesca.

G: Avevano coinvolto appunto degli studenti della laurea magistrale e c’erano sia Francesca (Defilip-pi) e Cristina Coscia.

S: Avevano coinvolto la circoscrizione di Mirafiori

Nel frattempo sono nate una serie di piattaforme collaborative...

G: Questo è anche il motivo per la quale Miramap è molto diverso da quello da cui era partito e so-prattutto perchè in sei anni sono nate mille inizia-tive di questo tipo a Torino.

S: Anche perchè era un asse cardine del program-ma Horizon 2020 e delle linee strategiche euro-pee quello di potenziare gli strumenti tecnologici che permettessero di ... Quindi si è spinto in quel-la direzione. Poi adesso si è capito che non basta digitalizzare il paese e investire fondi e dare stru-menti tecnologicamente avanzati, quanto devi capacitare le persone. Devi portare le persone a ridurre il divario digitale e creare delle skill digitali che permettano di utilizzare quegli strumenti.

Infatti nel rapporto DEI si diceva che in Italia, che è uno degli ultimi stati dell’UE, non è il non aver investito soldi in quella roba ma nel non render-si conto che le persone e i tecnici che gestivano questi software, e che dovevano digitalizzare il pa-ese, in realtà non avevano le competenze. Quindi bisogna prima colmare questo Gap. [...]

G: Volevo solo dire che anche a Torino sono par-tire altre iniziative nel frattempo come DecidiTori-no, una piattaforma del comune che funziona un po’. In teoria l’idea era quella di fare una copia di quella di Barcellona o forse quella di Madrid [...], quella di Barcellona è stata poi utilizzata anche a New York. Si tratta comunque (parlando di Deci-diTorino) di una piattaforma poco chiara e poco intuitiva. Poi ci sono numeri di utilizzo che rispetto alla scala della città non hanno valore. Poi c’è sta-ta Co-City, Wegovnow, anche quello un flop. We-govnow utilizzava First life quindi già in partenza aveva un problema tecnico di base. Anche per noi inserirci in questo panorama di fallimenti non è stato facile perchè la P.A. (non era motivata).

Quindi diciamo che dalla segnalazione, con Crowdmapping ma anche Miramap 1, siamo pas-sati ad un altro tipo di coinvolgimento dei cittadini.

6) Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato nella comunicazione con gli uten-ti finali?

G: Allora con i liberi cittadini, non ci siamo ancora interfacciate, abbiamo sempre parlato con case

del quartiere, associazioni, circoscrizione e comu-ne. In realtà le associazioni incontrate sono sem-pre state ben disposte, propositive e interessate alla piattaforma anche per quello che interessa a loro ovvero coinvolgere un maggior numero di persone nelle loro attività.

S: Io ho trovato, come diceva Giulia, che le associa-zioni erano disposte e propositive nell’accogliere uno strumento nuovo. Non abbiamo ancora veri-ficato le loro competenze digitali ma ci sembrava che riuscissero a parlare. Probabilmente hanno già avuto a che fare con gli strumenti digitali.

Le resistenze maggiori sono arrivate, secondo me, dalla circoscrizione e dalle case del quartiere, non tutte. Ovviamente loro sono già carichi di lavoro;

sotto di organico in quanto i comuni stanno tiran-do i remi in barca e stanno facentiran-do tagli struttura-li e non ce la fanno a gestire queste cose. Quindi da una parte una resitenza nel voler adottare un altro strumento do tanti altri che sono usciti e ri-cominciare da zero. [...]

Poi invece c’è una differenziazione secondo me sulla questione delle competenze e dell’humus che trovi già lì. Le case del quartiere sono già digi-talizzate, sono molto più giovani e dinamici nell’u-tilizzo degli strumenti social per pubblicizzare le loro attività, mentre la P.A. è ancora nella fase dell’anteguerra. Secondo me loro hanno proble-mi gravi di tipo strutturale. Ad esempio quando abbiamo fatto una riunione con tutto lo staff del comune c’era gente che ci diceva che il canale pri-vilegiato di comunicazione è facebook cittadino per cittadino, senza nemmeno fare un gruppo, dare un’organizzazione [...] Loro danno la loro mail a tutti i cittadini ... follie ... Oppure danno il nome facebook...

G: Oppure ci sono gli uffici, gli URP...

S: Si però li smistano male, non hanno canali pre-ferenziali ... ti rendi conto che c’è proprio un gap strutturale.

G: Poi diciamo che la casa del quartiere è un passo avantip perchè è un tramite tra cittadino e amministrazione. Non è una via di mezzo ma quasi. Per loro è anche più facile comunicare con i cittadini.

S: Le P.A. utilizzano anche loro per coinvolgere la cittadinanza, pubblicizzare le iniziative... O di

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G: All’inizio avevamo anche pensato a renderlo più immediato ed automatizzato , però ci sono delle problematiche.

S: Avevamo pensato di farlo fare alle case del quartiere, che validavano i progetti delle associa-zioni in base al loro operato, quello che facevano, da quanto tempo erano attive, che progetti aveva-no portato avanti e se lo facevaaveva-no in modo serio o meno. La problematica qual è? Se io associazione di tre persone faccio una workshop nello spazio urbano ma non (fornisco) nessun feedback su quello che sto facendo [...] le case del quartiere servono un po’ come check perchè sono sul ter-ritorio e vedono delle dinamiche che sono negli spazi pubblici. [...]

G: Probabilmente poi sarà il comune. L’idea di avere più enti amministratori (come le case di quartiere) non era conveniente. Avere una sola persona, nelle vesti del comune, la P.A. nel sen-so più ampio, ci è sembrata l’idea migliore. Ovvia-mente questo è tutto da vedere perchè di fatto dobbiamo capire se il comune è disposto. [...]

9) Avete avanzato l’opzione di offrire dei be-nefit ai cittadini virtuosi, che risposta avete avuto dalle associazioni/enti e quali sono i possibili incentivi?

G: Devo dire che fin dall’inizio, quella del gaming è stata una caratteristica che abbiamo voluto tene-re, perchè ci sembrava potesse funzionare.

Abbiamo sempre trovato interesse su questo punto. Interesse che di fatto non è stato poi (tra-mutato in proposte). Tranne la circoscrizione 5 che ha detto “potremmo fare degli ingressi in piscina“. Le case del quartiere ci hanno proposto delle ore gratis nei corsi che organizzano loro.

Anche su questo sono ancora un po’ latitanti, oc-corre vedere poi nel concreto cosa faranno. [...]

Intervista a Viviana Pitrolo, Assessore con deleghe: Urbanistica e Patrimonio - Sviluppo Economico e SUAP - Lavori Pubblici - Borgate

1) Potrebbe presentarsi e dire di cosa si oc-cupa?

Ok, mi chiamo Viviana Pitrolo, faccio l’architetto e ventare partner perchè come diceva Giulia sono

quelli che fanno il lavoro di coesione sul territorio tra pubblico e privato.

G: Si, sul digitale diciamo che le amministrazioni sono ancora indietro.

7) Dove avete ricevuto i finanziamenti per portare avanti il progetto?

S: Mirafiori Crowdmapping parte con dei fondi della progettualità studentesca, dopo non saprei la prima fase come è stata sviluppata, immagino ci fosse Politecnico, città e istituto Boella e univer-sità. Loro sviluppavano la parte di informatica ma non so che tipo di fondi abbiano avuto.

L’ultima fase è invece finanziata dai fondi AxTO (che usufruisce di fondi Horizon 2020 su un ban-do ministeriale).

8) I nuovi account e le attività vengono ap-provate da amministratori, vi è un sistema tramite la quale garantite l’immediata ac-cettazione del contenuto, oppure vi saranno dei tempi di attesa variabili?

G: Allora in questo momento l’amministrazio-ne siamo noi, è ancora in una fase sperimenta-le, quindi in questo momento posso dirti no. Noi vediamo l’iniziativa e all’istante l’approviamo o la rigettiamo.

S: Questo check che noi dobbiamo fare è per tutelarci. Una questione di tutela anche dei con-tenuti che tu vai a condividere sulla piattaforma.

Abbiamo fatto delle scelte. Di non inserire tutti i progetti che possono avvenire nello spazio ur-bano ma definendo delle categorie dettagliate e precise, partendo dal piccolo per poi ampliarci e vedere se questa cosa funziona.

Per garantire questo tipo di coerenza anche sull’o-perato delle associazioni che rientrano effettiva-mente in quella categoria e operano in quel setto-re, abbiamo inserito, per fidelizzasetto-re, ma anche per sicurezza, i contenuti e quant’altro, la questione del check che deve dare l’amministratore.

In questo caso lo facciamo noi perchè non c’è un gestore super-partes che ha preso in carica la piattaforma. [...] (è possibile ovviare al problema aggiungendo delle notifiche), c’è un messaggio di posta che informa di verificare l’accettazione. [...]

in questo momento ho le deleghe del sindaco per quanto riguarda tutta la parte tecnica del comu-ne, quindi dei lavori pubblici, pianificaziocomu-ne, edili-zia privata, patrimonio, protezione civile e in più una delega per le borgate.

Quindi appunto nel ruolo di architetto svolgo di-ciamo tutta la direzione amministrativa della par-te par-tecnica del comune.

2) Quali sono le difficoltà più grandi che in-contra l’amministrazione in merito alla pia-nificazione?

Il comune di Scicli ha un piano regolatore datato, ormai e da anni sono decaduti i vincoli. Per cui è obbligato per norma di legge alla revisione del piano. Stiamo parlando all’incirca di un decennio.

Il susseguirsi delle amministrazioni comunali non si è attenzionato questo aspetto, per cui siamo in forte ritardo dal punto di vista della pianificazio-ne. In questo momento abbiamo dato gli incari-chi per quanto riguarda gli studi di settore, quindi si stanno svolgendo lo studio agricolo, forestale e lo studio geologico e il passo immininente sarà quello di assegnare l’incarico tecnico per attuare la revisione del piano.

Purtroppo negli anni non è stata neanche svolta l’attività di pianificazione relativamente agli stru-menti attuativi, quindi il comune di Scicli non è do-tato di un piano particolareggiato.

3) Quali sono i punti di forza della citta?

Ok, punti di forza Scicli ne ha tantissimi. Intanto la posizione geografica in cui si trova, perchè co-munque siamo vicino al mare. Ha una costa molto lunga, sono quali 17 km, tra l’altro fruibile perché per lo più costituita da arenile, quindi a parte la zona di punta corvo poi per il resto ha ampie pos-sibilità di fruizione. Ha delle bellezze architettoni-che invidiabili. La sua fortuna è architettoni-che negli anni, a mio avviso, il centro storico non ha avuto stravol-gimenti. Adesso quello che gli altri ci ammirano, e per cui veniamo sempre scelti come set di film ha la sua integrità nell’evoluzione della città. Anche dal punto di vista paesaggistico sicuramente, le cave, che poi sono i canyon, danno ... Il problema è riuscire a mettere in rete tutti questi elementi, dare una giusta comunicazione a chi può essere un ipotetico fruitore, non parlo soltanto dal punto

di vista turistico ma anche dei cittadini, dare una giusta destinazione d’uso a parte degli immobili di proprietà comunale che oggi risultano in disuso.

4) Quali sono i punti di debolezza (criticità) del paese?

Quindi il punto di debolezza negli anni, che è quel-lo su cui noi stiamo lavorando tantissimo, è pro-prio quello, penso sia l’argomento della tua tesi, la rigenerazione urbana. Rigenerazione urbana intesa in termini intanto di recupero ... nel senso lato di recupero. Non solo un recupero fisico ma anche nell’uso, che è poi quello che ne determi-na l’abbandono o il degrado di un’area. Su quello stiamo cercando molto di lavorare.

Il lavoro insomma che stiamo facendo ... l’idea di recupero del colle San Matteo e una destinazione d’uso della chiesa di San Matteo, Chiafura, fino a ieri c’è stato un dibattito cittadino aperto su quale destinazione d’uso dare a chiafura. C’è stato un workshop nei primi di maggio, di tre giorni. Sono state date delle idee, tre idee. Stiamo facendo an-che attività di recupero nella periferia. Anni fa il comune di Scicli ha partecipato a un bando che era stato redatto sulla scorta di quello che è il piano Kasa. A fronte di varianti urbanistiche era possibile edificare edilizia economia e popolare in aree dove non era prevista l’edificazione, quindi con bonus volumetricocome previsto dal piano Kasa, avendo però come compensazione dei la-vori di urbanizzazione importanti.

Il quartiere jungi in questo caso sta usufruendo di questo piano e quindi tutto l’ingresso della città è stato rivoluzionato.

L’edilizia prodotta avviene grazie ad investimenti privati che realizzano costruzioni in parte messe sul mercato a canone sostenibile, quindi rivolto a determinate categorie sociali e in parte rimane a propria disponibilità per immetterla sul libero mercato.

5) Le associazioni e i privati promuovono at-tivamente eventi e attività di valorizzazione a Scicli?

Sicuramente la presenza di associazionismo, la generalizzo così, a Scicli è molto forte. Agiscono prevalemente in ambito culturale, quindi con