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Le tecnologie di rete consentono un maggiore coinvolgimento della cittadinanza e allo stesso tempo forniscono strumenti nuovi per la parteci-pazione degli individui e la valorizzazione dei luo-ghi. I cittadini immettono ogni giorno un quantita-tivo enorme di informazioni sulle proprie città; è compito delle amministrazioni rendere gli abitanti consapevoli di questo potere e utilizzare queste informazioni in maniera trasparente. I dati e le in-formazioni prodotte forniscono una conoscenza approfondita di uno spazio e ne indicano le op-portunità di sviluppo.

Agire in ottica Smart preclude l’inizio di una nuo-va era della condivisione; l’idea di incrementare le risorse dei singoli attraverso una condivisione collettiva. Si cerca di perseguire un obiettivo di sviluppo sostenibile nell’uso delle risorse e intel-ligente.

Questi obiettivi devono tenere in considerazione l’ambito sociale, economico e ambientale.

uno stato nazionale e locale (che tenta di ridurre il proprio impegno) e la mobilitazione dei nuovi movimenti urbani (che lottavano invece per un ampliamento dei diritti).

In questi anni assistiamo ad un processo di fram-mentazione spaziale e sociale in cui, in seguito alla fine dell'industrializzazione e la precarietà nel mercato del lavoro, le politiche urbane generano emarginazione e acuiscono la distanza tra i quar-tieri ricchi e quelli poveri, segnati dall'edilizia de-gradata.

Con gli anni '80 si verifica un modifica della politi-ca urbana: i settori di governo, per ovviare a una mancanza di risorse, cooperano con il settore privato per la ricostruzione della città. La pianifi-cazione urbana, ormai inadeguata, abbandona vecchi strumenti e opta per interventi a progetto, incentivando gli investimenti privati e riducendo gli spazi dell'azione pubblica.

La crisi petrolifera e la decadenza del modello in-dustriale incentrato sulla produzione di massa, in favore di un sistema incentrato sui servizi (basato sulla specializzazione e qualificazione dei lavora-tori, oltre che la guida tecnologica dei processi produttivi)8, mette in discussione il modello di cre-scita avuto durante la fase industriale.

Le città vivono processi di dismissione e riloca-lizzazione delle attività produttive che, oltre che svuotare i luoghi dalle loro funzioni, causano per-dite occupazionali che inducono trasformazioni nel mercato del lavoro.

I quartieri operai ospitano gruppi sociali vulnera-bili, esclusi dal mercato del lavoro e quello della casa; fattore che contribuisce a creare zone di conflitti urbani. Luoghi come questi saranno og-getto di strategie di rigenerazione urbana, un termine controverso che verrà meglio delineato nel capitolo successivo, con lo scopo di migliorare le condizioni e la qualità dell'ambiente costruito, mettendo in atto processi di sviluppo economico e inserimento occupazionale e sostenere e mi-gliorare le condizioni di vita e la qualità sociale. 9 In seguito alla conferenza di Aalborg del 1944

sul-8 http://www.treccani.it/enciclopedia/postfordismo/

9 BERTELL L., DE VITA A., (a cura di), Una città da abitare;

Rigenerazione urbana e processi partecipativi, Carocci editore, Roma, 2013

"integrated renewal", mediante la combinazione tra interventi fisici, economici e sociali5 e l’adozio-ne di differenti approcci:6

- Normativo e razionale-sistemico (1960-1985), caratterizzata dal protagonismo delle amministra-zioni e del ruolo dei tecnici nell'intervento urbano in cui la pianificazione è principalmente un discor-so politico e stabilisce assi e obiettivi di sviluppo.

- Strategico neoliberale (1980-2000), in cui lo sta-to assume una funzione regolatrice sugli interessi privati e emerge la dimensione di sviluppo soste-nibile.

- Comunicativo e collaborativo (1990-2010), svi-luppato a partire dai lavori di John Forester and Patsy Healey, dove si rafforza il ruolo dell'econo-mia come traino dello sviluppo urbano e si carat-terizza l'associazionismo tra pubblico, privato e porzioni di popolazione che mette in discussione sistemi di pianificazione prestabiliti.

Da uno sguardo più dettagliato, secondo la storio-grafia proposta da Haddock Vicari S., Moulaert F.7, le politiche di trasformazione urbana, risalgono alla fine degli anni '60 negli USA e si sviluppano sotto il termine di urban renewal.

Questi interventi, polemicamente rinominati ne-gro removal, interessavano operazioni che utiliz-zavano fondi pubblici per demolire quartieri de-gradati facendo spazio agli investimenti pubblici e privati.

In Europa si inizia a parlare di urban renewal a partire dagli anni '70 e, secondo le teorie di M.

Castells, le politiche che riguardano i beni collet-tivi, quali servizi pubblici, abitazioni, scuola e for-mazione, etc. diventano il terreno di scontro tra

5 https://urbact.eu/sites/default/files/import/general_library/

article-TOSICS_01.pdf

6 ROJAS-CALDELAS R., RANFLA-GONZALEZ A., PENA-SALMON C., LEYVA-CAMACHO O. & CORONA ZAMBRANO E., Urban planning from a top-down to a bottom-up model:

the case of Mexicali, MexicoSustainable Development and Planning VII 3, 2015

https://www.researchgate.net/publication/280238258_

Urban_planning_from_a_top-down_to_a_bottom-up_model_

the_case_of_Mexicali_Mexico_Sustainable_Development_and_

Planning_VII_3

7 HADDOCK VICARI S., MOULAERT F., Rigenerare la città : pratiche di innovazione sociale nelle città europee, il Mulino, Bologna, 2009

le città sostenibili, con l’approvazione della “carta delle città europee per un modello urbano so-stenibile”, le politiche europee hanno fornito un grande contributo in materia di ambiente, svilup-po locale, innovazione sociale e partecipazione, portando allo sviluppo di una serie di piani per la riqualificazione ambientale urbana, rivolte alle aree urbane degradate in ambito fisico, sociale ed economico.10

Sarà più concretamente negli anni ‘90 che que-sti esempi si diffonderanno come vere e proprie strategie di intervento volte a riqualificare aree sensibili della città. Le popolazioni emarginate vengono chiamate a partecipare attivamente alla rinascita dei luoghi. Per la prima volta, la pianifi-cazione urbana inizia a considerare in maniera diretta i contesti sociali in cui opera. I soggetti non sono più semplici destinatari delle trasformazioni ma anche risorse materiali sulla quale puntare, un valore aggiunto ai fini progettuali.

Tuttavia è necessario ammettere che questi esempi siano ancora oggi una rarità, soprattutto se anziché le grandi metropoli o i centri più attivi si considerano i piccoli centri delle regioni sotto-sviluppate dove approcci di tipo normativo, con ritardi di decine di anni, rappresentano ancora la normalità.

10 MEO, V., Rigenerazione urbana e densificazione nelle nuove politiche territoriali, in Fabbrica della conoscenza numero 45, La scuola di Pitagora, Napoli, 2014

Uno di questi tentativi porta alla nascita dello stru-mento Agenda 21 (in cui 21 indica il XXI secolo), a seguito della conferenza ONU di Rio de Janeiro del 1992. Questo strumento consiste in un piano d’azione per lo sviluppo sostenibile, una pianifica-zione completa delle azioni da intraprendere a li-vello mondiale, nazionale e locale sulle aree in cui la presenza umana ha un impatto sull’ambiente.12 Riguardo all’urbanistica locale, l’adozione dell’A-genda 21 Locale rappresentava un cambiamento di paradigma operativo. Ciò che è interessante è il fatto che l’attenzione si sposta dal prodotto, nel caso del piano urbanistico, al processo, con il nuovo strumento. Il nuovo approccio, conside-rato più sostenibile, si basa sul confronto e sulla partecipazione pubblica e offre la possibilità di misurare il ruolo degli stakeholders nelle politiche territoriali, migliorando i processi decisionali.13 L’Agenda 21 Locale inaugura una fase storica del-la pianificazione di ricerca di nuovi strumenti a sostegno degli interventi urbani; strumenti tipo-logicamente diversi poiché le logiche quantitative dei prodotti lasciano spazio a quelle qualitative dei processi.

In Italia questo cambiamento di paradigma si tra-durrà nei programmi complessi, tra cui: Program-mi Integrati d’Intervento, ProgramProgram-mi di Recupero Urbano (PRU), Contratti di Quartiere (CdQ), Pro-grammi di Iniziativa Comunitaria Urban, Program-mi di Riqualificazione Urbana e sviluppo sosteni-bile del territorio (PRUSST). Mentre in casi specifici possiamo trovare il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (PUMS) o il Piano d’Azione per l’Ener-gia Sostenibile (PAES).

E’ doveroso ammettere che in gran parte degli in-terventi, così come era accaduto per l’Agenda 21 Locale, non sono stati prodotti i risultati sperati e i progetti derivanti dall’attuazione di programmi complessi prevedono quasi esclusivamente inter-venti di natura fisica.

Tuttavia, nonostante questo equivoco, i program-mi complessi sono strumenti per la rigenerazione urbana che hanno scopo di promuovere una cre-scita non solo quantitativa e qualitativa del

patri-12 https://it.wikipedia.org/wiki/Agenda_21 13 MEO, V., Op cit.

2.1.2 Una nuova stagione per l’urbanistica: la rigenerazione

Come precedentemente esposto, si inizia a parla-re intensamente di rigenerazione urbana in segui-to alla fase di dismissione industriale che genera la presenza di grandi quartieri esautorati delle loro funzioni in cui si affermano agglomerati di popolazioni emarginate.

In una fase iniziale, la rigenerazione urbana vie-ne interpretata come semplice rinnovo (Urban renewal) delle aree degradate con lo scopo di ot-tenere il consenso dei cittadini e attrarre nuove attività economiche.

Nell’ultimo ventennio, le città europee vivono tra-sformazioni profondamente innovative che, di-versamente dalle esperienze passate, non riguar-dano esclusivamente interventi di demolizione, ricostruzione o aggiunte, ma una trasformazione interna ai processi, relativi all’ambiente sociale, economico e culturale, i cui obiettivi sono di na-tura qualitativa.

Le politiche pubbliche, tramite fondi strutturali legati allo sviluppo urbano, mettono in atto stra-tegie di riqualificazione e rigenerazione urbana, in grado non solo di risolvere i problemi ma anche di anticiparli, e allo scopo di creare nuove oppor-tunità per lo sviluppo economico e sociale, ridurre fenomeni di marginalità urbana e porre equilibrio all’espansione rapida e priva di controllo. Lo spa-zio pubblico oltre che spaspa-zio di rappresentanza diventa spazio relazionale.11

Negli anni ‘90, emerge chiaramente la necessità di adottare un cambio di direzione rispetto alle politiche urbane tradizionali. La ricerca di un ap-proccio sostenibile e intelligente è fortemente le-gata alla discussione sulle Smart city, di cui l’Unio-ne Europea è promotrice, e al ruolo cardil’Unio-ne della sostenibilità ambientale, della stimolazione della cittadinanza e le nuove tecnologie.

A scala internazionale si effettuano tentativi con-creti per aspirare allo sviluppo sostenibile, che sancisce trasformazioni nei processi in ambito ambientale, sociale ed economico.

11 GALDINI R., Reinventare la città : strategie di rigenerazione urbana in Italia e in Germania, in Sociologia urbana e rurale, Franco Angeli, Milano, 2015

CAPITOLO II. La rigenerazione urbana sostenibile; Progetti digitali

Secondo quanto riportato da L. Bertell e A. De Vita15, «complesso non è sinonimo di complicato.

La complessità è la coesistenza di organismi diffe-renti il cui metabolismo crea relazioni; è l’insieme reticolare ed integrato di tali relazioni.» Ovvero questi programmi hanno lo scopo di cogliere e controllare la multidimensionalità degli interventi urbani.

I programmi complessi, continuano Bertell e De Vita, sono figli della cultura urbanistica degli anni

‘90 e della ricerca di integrazione, sostenibilità e partecipazione alle scelte sul territorio di tutti gli attori interessati. E’ questa una delle discontinuità più importanti con l’urbanistica tradizionale, ovve-ro l’intovve-roduzione della voce dei destinatari delle azioni nei programmi di riqualificazione, spesso veri e propri vincoli per l’ammissibilità ai finanzia-menti comunitari. Successivamente emergono una serie di strumenti che hanno lo scopo di me-diare la distanza tra il linguaggio e gli interessi di cittadini e amministrazioni.

Gli autori forniscono un’analisi cronologica delle normative che hanno condotto agli strumenti di cui oggi disponiamo. I concetti di programma in-tegrato e programma di riqualificazione urbana vennero introdotto nell’articolo 126 della legge 17/02/92 n. 179 con oggetto le Norme per l’edili-zia residenl’edili-ziale pubblica. La legge n. 179 si foca-lizza sulle necessità di mixitè di funzioni urbane e l’impiego di risorse pubbliche e private. L’esigenza sociale dell’abitazione e dell’integrazione tra re-sidenti e servizi inizia una nuova generazione di strumenti di intervento.

L’anno successivo, con l’art. 11 della legge 4/12/93 n. 493, vengono introdotti i PRU (Programmi di Recupero Urbano) che prevedono: l’accessibilità degli impianti e dei servizi, l’attenzione alla qualità dello spazio pubblico, la scelta di privilegiare il re-cupero e la manutenzione dell’esistente piuttosto che l’espansione. Gli interventi, secondo il decreto ministeriale 21/12/94, sono da realizzare in am-biti urbani specificatamente identificati attraverso proposte unitarie, ovvero zone in stato di degra-do.

15 BERTELL L., DE VITA A., (a cura di), Una città da abitare;

Rigenerazione urbana e processi partecipativi, Carocci editore, Roma, 2013

monio edilizio, ma anche del capitale sociale.

Questi programmi sono indispensabili in quanto le metodologie di intervento urbano del passato sono inapplicabili oggi per una serie di ragioni, pri-ma fra tutte l’impareggiabile bilancio economico richiesto che le caratterizzava, nella maggior parte dei casi realizzati a debito.

Diviene quindi necessaria la ricerca di strumenti nuovi che consentano di intervenire con scarsità di risorse e si adeguino alle diverse tendenze e ruoli degli attori principali che spostano la forza d’azione dalle mani dell’amministrazione, che di-viene regolatore dei processi, a quelle dei privati e delle comunità, i nuovi promotori.

Le principali differenze tra gli strumenti attuativi tradizionali e i programmi complessi (oggi PrInt, Programmi Integrati) sono:14

- Tradizionali: disciplinano gli usi di tutto il terri-torio e degli immobili interni all’ambito entro un perimetro fissato e non modificabile (se non con le procedure della variante).

Complessi: disciplinano solo suoli e immobili dove avvengono interventi, il perimetro di riferimento è modificabile.

- Tradizionali: demandano la realizzazione degli interventi pubblici e privati alle decisioni dei tito-lari degli immobili e alla disponibilità delle risorse pubbliche.

Complessi: definiscono soggetti attuatori, risorse economiche, i progetti preliminari e i tempi di at-tuazione.

- Tradizionali: il contributo dei privati è costituito dagli oneri Bucalossi.

Complessi: il contributo dei privati è costituito dal-la somma degli oneri Bucalossi più il “contributo straordinario”: in tal modo si recupera una quota della rendita immobiliare

- Tradizionali: lo strumento urbanistico è di inizia-tiva pubblica e i privati intervengono in sede di os-servazioni/opposizioni.

Complessi: attraverso la pubblicazione del preli-minare e la presentazione di proposte da parte dei privati, questi intervengono nel percorso di formazione dello strumento.

14 Prof. D. Cecchini in: http://www.cittasostenibili.it/html/

Scheda_23.htm

2.1 Rigenerazione urbana

72 73

contenuti».17

La natura olistica dell’approccio agli interventi ur-bani della rigenerazione sembra largamente ac-cettata nelle opinioni di diversi autori. Secondo C.

Olmo18 , la rigenerazione rappresenta una meta-fora organica, forse l’ultima delle grandi metafo-re organiche usate per rappmetafo-resentametafo-re la città nel corso del XX secolo. Così come per Galdini rap-presenta «un’attività di trasformazione che incide sulla struttura e sull’uso della città, il che implica cambiamenti non solo spaziali e fisici ma anche economici, culturali, sociali e creativi, dunque un processo di riqualificazione e di valorizzazione ur-bana molto complesso».19

Ulteriormente, viene confermata dalla definizione proposta dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanisti-ca):

“essa non è una categoria di intervento confina-ta nel settore tecnico, può divenconfina-tare un progetto collettivo, un patto sociale nel quale ridefinire i ruoli di tutti gli attori, pubblici e privati, per decli-nare il futuro delle città nelle quali vorremmo vi-vere, assegnando ai valori sociali e ambientali una rilevanza economica, mettendo al centro dell’at-tenzione l’abilità e le relazioni indotte dalla qualità degli spazi pubblici”.20

Infine Haddock Vicari e Moulaert21, parlano di po-lisemia del termine, alla quale consegue la molti-plicazione degli approcci e l’infinita variazione di dimensioni che compongono la rigenerazione ur-bana. Nelle pratiche progettuali riguardanti lo svi-luppo locale si diffondono nuove esperienze che sondano vie innovative misurandosi con

l’esigen-17 FIORETTI C., Ripartire dal sociale. Per una politica nazionale di rigenerazione urbana, Urban@it – Centro nazionale di studi per le politiche urbane, 2015 in: http://www.urbanit.it/wp-content/uploads/2015/09/

BP_A_Fioretti.pdf

18 OLMO C., in Aa. Vv. “I dilemmi della rigenerazione”, in Aa.

Vv., +Città, Alinea, Genova, 2004

19 GALDINI R., Reinventare la città : strategie di rigenerazione urbana in Italia e in Germania, in Sociologia urbana e rurale, Franco Angeli, Milano, 2015

20 INU, Appunti congressuali, XXIX Congresso INU Cagliaari, 28/29 aprile, 2016

in: http://www.inu.it/congressocagliari/appunti/appunti_

congressuali.pdf

21 HADDOCK VICARI S., MOULAERT F., Op. cit.

Nel 1997 vengono inseriti i Contratti di Quartiere (CdQ), successivamente rivisti nel 2001, e, con il decreto ministeriale 8/10/1998, i “programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio” (PRUSST), che si propongono di fa-vorire: attrezzature per lo sviluppo sostenibile; at-tività con fini industriali, commerciali e artigianali;

promozione turistico-ricettiva e riqualificazione di zone urbane centrali e periferiche.

Mentre i PRU, in continuità con i Piani di Recupero introdotti con la legge n. 457 del 1978 con oggetto la riqualifica degli edifici degradati dei centri stori-ci, introducono la natura integrata dell’intervento, i Contratti di quartiere (CdQ) tentano di cogliere l’esperienza innovativa dei programmi comunita-ri URBAN (1994-99), promuovendo un intervento multidimensionale (rinnovamento del patrimo-nio edilizio, risparmio energetico, introduzione di nuovi servizi per gli abitanti, miglioramento della qualità abitativa). Inoltre i CdQ si pongono come obiettivo la promozione del territorio mediante un approccio partecipato.16

La rigenerazione urbana, con il suo approccio in-tegrato, cerca di cogliere la multidimensionalità dei problemi urbani, ma nella maggior parte dei casi manca una strategia o delle linee guida che possano indirizzare i comuni nelle azioni di gover-no del territorio. Come accaduto nelle politiche a livello nazionale con il Piano città con D.M. 2012 e il Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, enunciato all’art.1 comma 431 della legge di stabilità 2015, in cui il risultato è stato spesso quello di una som-matoria di interventi che hanno prodotto risultati poco significativi nel campo dell’inclusione sociale o hanno addirittura ignorato i destinatari dei pro-getti. Infatti con il prevalere delle politiche hard, si è risposto ai bisogni locali tramite la costruzione di spazi per il sociale (come centri polifunzionali), creando «contenitori senza una vera attenzione ai

16 MORANDI C., PESSINA G., SCAVUZZO L., Strumenti innovativi per la riqualificazione dei quartieri residenziali in italia: tre casi Esemplari, 2010, p. 5

in: https://www.researchgate.net/publication/321371326_

Strumenti_innovativi_per_la_riqualificazione_dei_quartieri_

residenziali_in_Italia_tre_casi_esemplari

le risorse disponibili. Alcune città hanno rilanciato specifici quartieri, aderendo a bandi europei o na-zionali e regionali, tramite: interventi partecipati, ridisegno dello spazio pubblico, aree dismesse, zone periferiche, centri storici, aree verdi, etc.

Qualsiasi intervento che abbia influenza positiva sul tessuto sociale è considerabile intervento di rigenerazione urbana; anche per queste ragioni diviene quasi impossibile fornire indicazioni uni-voche sugli interventi da attuare.

Tale requisito è spesso stato soddisfatto median-te il coinvolgimenti degli attori urbani (stakehol-ders) e l’attuazione di interventi concertati che nei casi più illuminati hanno coinvolto le classi sociali più deboli, generalmente esclusi dalle politiche.

Nuove forme di partenariato pubblico-privato (PPP), talvolta esteso a fasce più ampie di popo-lazione (PPPP, Living Labs); visibili ad esempio nello strumento del patto di collaborazione e gli interventi partecipati, hanno permesso alle am-ministrazioni di agire su porzioni di territorio con un dispendio contenuto di risorse, o comunque risorse importanti pervenute tramite investitori privati.

Questa è la maggiore sfida per la rigenerazione:

le città sono chiamate a mantenere standard sempre più elevati senza poter contare sui fon-di fon-disponibili in passato. Ciò richiede un enorme lavoro politico e di programmazione delle azioni immateriali.

In aggiunta gli interventi devono rispettare gli standard legati ai concetti di sviluppo sostenibile.

Come evidenziato da F. Musco22, la rigenerazione racchiude la percezione di un declino della città e si inserisce nel dibattito sulla sostenibilità e la possibilità di innescare un processo di recupero intervenendo sul sistema economico e sociale.

Le politiche sono chiamate ad attuare un princi-pio di sostenibilità di processo cosciente dei costi (in termini economici e di capitale sociale) e capa-ce di mantenere i risultati raggiunti. Roberts parla di lasting improvement, e si tratta, «oltre che di re-cuperare il tessuto urbano e lo spazio costruito, di trasmettere alle aree interessate la capacità, ma soprattutto gli strumenti, per rendere

permanen-22 MUSCO F., Rigenerazione urbana e sostenibilità, in Studi urbani e regionali, Franco Angeli, Milano, 2018

za di adottare visioni strategiche a breve, medio e lungo raggio e la rigenerazione, come riportato da Moulaert e Scott nel 1997, diventa l’arena entro cui si articolano i discorsi e si definiscono le politi-che di risposta alla crisi economica e politica.

Questa polisemia sarebbe ascrivibile a quattro modelli ispiratori di rigenerazione:

- FISICA: mira ai vuoti urbani, o i quartieri degra-dati, con l’azione di amministratori e imprenditori con tendenza a donare un’immagine nuova alle zone di intervento.

- ECONOMICA: segue una politica di promozione delle attività economiche attuando un piano stra-tegico di sviluppo dell’economia locale. Si riduco-no le politiche sociali in quanto si sottende che lo sviluppo economico porti benefici anche in ambi-to sociale. Gli obiettivi prevedono l’attrazione degli investimenti e l’aumento dei servizi alle imprese.

La città diventa un prodotto da vendere agli inve-stitori e di conseguenza deve dotarsi di strategie di marketing urbano.

- CULTURALE: La produzione e il consumo in am-bito culturale sono la dimensione guida e il moto-re dell’economia urbana.

La crescente domanda culturale è alla base anche del rapido sviluppo del turismo urbano che de-termina il consumo visuale della città. Lo scopo è quello di costruire nuove centralità.

Gli oggetti traino dell’economia possono basarsi sulla logica del contenitore (come il Guggenheim effect), del contenuto o entità aggiuntiva e indi-pendente alle strategie.

- INTEGRATA: prevede insiemi coordinati di poli-tiche che integrano diversi settori e promuovono il coinvolgimento attivo dei destinatari delle poli-tiche. Gli interventi sono primariamente sociali e ricercano l’empowerment degli attori.

I programmi di sviluppo integrato, fortemente in-centivati dall’UE, non escludono gli altri tre modelli di rigenerazione (prevedendo ad esempio forma-zioni professionali o nuovi servizi) e favoriscono un approccio alternativo che cercano di evitare processi di esclusione e marginalizzazione socia-le.

Le amministrazioni possono non solo contare su diversi modelli di intervento, ma anche variare le proprie strategie in base all’ambito di intervento e