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Colera e briganti in Calabria

in due lettere familiari (

1867

)

lette da Mario Infelise

Edmondo De Amicis nella Vita militare (1869) racconta alcuni fatti di

brigantaggio avvenuti nel 1867 a Longobucco, un centro di quasi nove-mila abitanti, nel circondario di Rossano nella Calabria Citeriore.

Le stesse identiche vicende, con maggiori dettagli e partecipazione e anche con qualche punta di involontaria ironia, sono narrate in due lettere del tempo rimaste nelle carte della mia famiglia. Dell’autore, Mi-chele Boccuti, non ho notizie significative, se non che la famiglia doveva essere tra quelle in vista del paese e che un suo parente, Francesco Boccuti, nello stesso 1867, si stava adoperando per ottenere una ferma repressione attraverso una petizione indirizzata al governo di Firenze.

Michele Boccuti scrive il 28 ottobre 1867 e il 25 giugno 1868 al cugino Pietro Infelise, mio trisnonno. Narra di vicende familiari e della situazio-ne del paese, stretto tra colera e brigantaggio. È una descriziosituazio-ne tutto sommato fredda, senza riferimenti espliciti alla nuova situazione politi-ca che pure aveva avuto conseguenze notevoli sulle famiglie della bor-ghesia locale, in forte difficoltà. Al momento l’unica cosa che si auspica era che quella che definiva la «scuola normale di brigantaggio» venisse stroncata per sempre, con qualsiasi mezzo e a qualsiasi costo. Ma il go-verno italiano gli appare lontano e indifferente. Riponeva speranze solo nell’esercito e nel comandante colonnello Bernardino Milon, ex-ufficiale borbonico passato nel 1861 nelle file dell’esercito italiano.

Dalle lettere, piuttosto lunghe, estraggo i brani relativi al colera e al brigantaggio.

1. E. De Amicis, La vita militare: bozzetti, Firenze, Le Monnier, 1869, pp. 335-336. La

prima edizione era dell’anno precedente.

2. Rendiconti del Parlamento Italiano, 3, Firenze, Botta, 1868, seduta del 29 luglio 1867, p. 2875.

Mario Infelise 135 Longobucco, 28 ottobre 1867 Caro cugino, vi scrivo col cuore dilaniato da tante e tante disgrazie che in rammemorandole debbo riasciugarmi le lagrime che m’impediscono a scrivere. Nella sera 24 luglio per primo caso di cholera fulminante del fu d. Giuseppe Citi-no fece questo popolo una vera ribellione armata col proposito di uccidere e

sac-cheggiare i proprietari, e la mattina del 25 rinnovando la rivolta fummo salvi per

la discesa di una compagnia di bersaglieri dalla Sila. Abbattuti tutti dallo spaven-to della rivoluzione, ci trovammo più disposti ad essere colpiti dal cholera che dal 27 luglio cominciò ad ucciderne 40, 50 al dì. Nel 28 avendoci li briganti incendia-to l’ottimo casino del Destro fu la precipua causa di prendersene grave collera Ciccillo che colpito in quel medesimo giorno dal cholera parea fuori di pericolo nel 2 agosto, quando cambiato il morbo in tifo maligno e non conosciuto da que-sti medici, né avendone potuto avere foreque-stieri, perché la morte ne uccidea fin a 90 al dì, e tutti spaventati fuggivano, così cessò di vivere la notte del 6 agosto fra le lagrime e la disperazione di questa casa, la quale si vedeva nel contempo la sorella Luigia ed una serva agonizzante per cholera, ed altra casina dal Manco incendiata da’ medesimi briganti, che dopo averci strappato ducati 600 e non curandosi del morbo ebbero la ingratitudine di devenire al secondo incendio ed ad un terzo. Colpiti così dall’ira di Dio e da quella di briganti non so come siamo rimasti vivi. Dovea in quella orribile sciagura pensare alla salvezza de’ nipotini Annibale e Luigino che si trovavano al collegio di San Demetrio, ov’erano minac-ciati di sequestro brigantesco e non potendoli qui far venire dovettero rifuggiar sino in Sammarco appo quei buoni parenti signori Campagna. Dovea pensare per la salvezza del fratello Peppino e dell’altro nipote Alfonso che si trovavano in Napoli ove erasi sviluppato il morbo e da qui scrissi fortemente per farli salvare

in Portici in un casino ove il comune parente Peppino Staffa si trovava per

muta-zione di aria. Per non patire danni maggiori negli altri fabbricati e negli animali dovetti sborsare altre e altre somme a’ briganti fin a dover giungere a ducati 1500. Ridotto come Giobbe, non fidandomi più a sostenere tante sventure mi vidi mancare ed affievolire la vita che Dio forse mi ha riservato per vedere maggiori flaggelli […]. Annibale e Luigino continueranno a trattenersi in Sammarco per questo inverno non potendo farli tornare in Collegio di Sant’Adriano in San De-metrio a causa dell’efferato brigantaggio che impunemente gavazza, taglieggia, incendia distrugge i proprietari di questo circondario di Rossano e senza esser perseguitati dalla politica autorità della provincia che vede tanti danni e non si degna neppure di scriverne al ministero. Ecco lo stato di vera disperazione in cui viviamo e vi dico che non è vita, ma è lunga morte lo stato nostro e che non ha riscontro in veruna storia e compiangeteci perché precaria la vita e le sostanze.

3. L’episodio è narrato anche da De Amicis, secondo cui la «plebe» di Longobucco, ri-tenendo che Giuseppe Citini fosse stato avvelenato, assalì armata la casa del sindaco e saccheggiò la farmacia, dando il via alla rivolta, «gridando che volea mettere a morte tutti i proprietari e tutti gli officiali pubblici».

4. Il barone Giuseppe Staffa (1807-1877), noto musicista, direttore d’orchestra e presi-dente della sezione musicale dell’Accademia delle Scienze di Napoli.

Leggere l’unità d’Italia

136 Colera e briganti

Ma Michele non morì in quell’occasione e il 25 giugno 1868 ritornava a raccontare al cugino storie di famiglia e di briganti:

Longobucco, 25 giugno 1868

Qui abbiamo il colonnello Milon$ spedito finalmente dal Governo per la

di-struzione de’ feroci briganti che accresciuti sino a 90 in questo circondario ci avevano ridotto al verde con tante rapine estorsioni ed incendi e stragi di ani-mali e ricatti alle persone. Appena qui si è fatto il ristretto e ci custodiscono con armati gli armenti e si son formate squadriglie forzose di tutti li capi mandria, si sono fra 15 giorni ottenuti buoni effetti essendo caduti morti circa 8 briganti e 4 presentati. Ieri la squadra de’ caporali di paese di Longobucco ebbe il piacere di

levar dalle mani dell’orda Faccione' l’infelice medico d. Antonio Parise di Cariati,

sequestrato da 40 giorni che ancor teneva l’infame orda catturato vedendo ar-rivata la enorme taglia di lire 40.000. Nel conflitto fuggivano i briganti gittando un due colpi, tre revolver e, liberando salvo il Parise, presero vivo il brigante di

Paludi e una druda brigantessa armata di Longobucco, quali due ultimi spero

che per lume della umanità oltraggiata saranno fucilati, come lor auguro e de-sidero. Se così continua il colonnello, speriamo fra un mese liberarci da questa infame e obbrobriosa piaga del brigantaggio che ci ha tenuto confinati dentro dal 1860 senza aver potuto uscire anche in piazza per evitar sequestri minaccia-tici, e che, sebbene per la somma cautela avuta, abbiamo evitati, pure fummo in luglio del ’67 rovinati nell’incendio di due bellissimi casini e di una torre e collo sborso di lire 8500 per non essere interamente distrutti, e così fummo rovinati per circa lire 40.000. Se il governo tardava come al solito a spedire questo bravo uffiziale si sarebbe qui formato un brigantaggio in massa e noi infelici saremmo stati sacrificati. Longobucco è diventato il vero antro di Caco, la scuola normale di brigantaggio e la mia famiglia non potrà più rimanerci. Erano queste le idee dell’infelice fu mio nipote Ciccillo che venivano contrariate da me e dal fu suo padre, che sostenevano non poter lasciare in balia di un agente le nostre sudate proprietà. Ma ora conosco bene che i miei nipoti non potranno più stanziare qui perché da un giorno ad un altro possono essere sequestrati e rimanere poveri. Qui per terminare il brigantaggio dovrebbero esser fucilati in massa tutti li ma-nutengoli che sono a migliaia e che sonosi arricchiti dalle rovine de’ proprietari ed allora potrà dirsi terminato il brigantaggio che dal 1860 ci ha qui confinati dentro chiusi ermeticamente.

La repressione del colonnello Milon ebbe successo. Il 7 dicembre 1869 la Camera rispondeva finalmente al memoriale di Francesco Boccuti.

5. Bernardino Milon (1829-1881), ex ufficiale borbonico passato nel 1861 nelle file dell’e-sercito italiano e destinato a diventare ministro della guerra nel governo Cairoli.

6. Francesco Godino, detto Faccione, fu uno dei più famosi briganti calabresi del tempo.

7. De Amicis narra che a Longobucco «le maggiori scelleratezze furono commesse dalle donne».

Mario Infelise 137 «Tutti sanno – recitava il rendiconto del parlamento italiano – che il governo non ha lasciato cosa alcuna intentata per la distruzione di tal flagello [il brigantaggio] e quanto buona prova abbiano fatto i mezzi da essi usati, sicché è nella massima parte cessato». La petizione non ave-va quindi più motivo di essere presa in considerazione.

8. Rendiconti del Parlamento Italiano. Discussioni della Camera dei deputati, sessione

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