I giornalismo tradizionale, di tipo cartaceo, è regolato, come detto, da una specifica disciplina risalente al 1948 che, sebbene sia stata più volte sottoposta ad interventi correttivi da parte del legislatore, continua ad avere un ruolo fondamentale nella regolamentazione dell’attività di informazione professionale in Italia.
Con la diffusione delle nuove tecnologie si è determinata non solo un’estensione delle possibilità comunicative del soggetto passivo dell’informazione, ma anche ad una modificazione del modo di fare giornalismo da parte di coloro che svolgono tale attività per professione95. La velocità di comunicazione e l’incremento delle fonti disponibili, che
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Attorno agli anni Novanta, negli Stati Uniti, si assisté alla sperimentazione dei primi tentativi di web journalism (giornalismo on-line), effettuati all’inizio da parte di piccole testate giornalistiche che cercavano di sfruttare le potenzialità della rete per garantirsi maggiore visibilità. Sennonché, questa prima esperienza ben presto si dimostrò fallimentare, dal momento che la versione informatica del giornale, accessibile a pagamento, altro non era che la copia digitale dell’edizione cartacea che i lettori continuavano a preferire. L’insuccesso americano rallentò gli investimenti da parte delle case editrici europee nel nuovissimo settore del giornalismo on-line, senza giungere però ad inibirne lo sviluppo, tanto che in Italia nel 1994 l’Unione Sarda diviene la prima testata ad entrare in rete. Le potenzialità del giornalismo on- line però si cominciarono ad intuire davvero solo qualche anno più tardi, con il verificarsi dello scandalo sexgate in America, che vide coinvolto l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e, più recentemente, con il tragico attentato terroristico alle Twins Towers di New York l’11 settembre 2001. È nel corso di queste occasioni difatti, che la frenesia di conoscere le ultime notizie ha portato i destinatari dell’informazione a rivolgersi direttamente al web, avvertito come il mezzo più rapido ed agevole per venire a conoscenza dei più recenti avvenimenti. Al tempo stesso l’ampia diffusione dei servizi on-line ha finito per costringere le testate giornalistiche ad anticipare la pubblicazione degli articoli sul proprio sito in modo gratuito, nel timore di essere superati dalla concorrenza. A partire da questo momento è tale nuova forma di giornalismo informatico a dettare i tempi della notizia. In tempi a noi più vicini le testate
in un primo momento sembrerebbe agevolare lo svolgimento dell’attività giornalistica, la rende in realtà più complessa.
Chi vuole fare informazione deve ad oggi confrontarsi con una immensa quantità di contenuti, che si intrecciano nel cyberspazio andando a formare una fitta rete di notizie la cui rispondenza al vero non sempre è certa, né facilmente verificabile. Ciò dovrebbe quindi portare ad un innalzamento della soglia di attenzione del giornalista, onde evitare di contribuire, suo malgrado, alla divulgazione di falsità; sennonché la possibilità, per così dire, di rendere il prodotto editoriale immediatamente consumabile, ovverosia di dare immediata pubblicazione alla notizia, sembra spingere nella direzione opposta. L’esigenza di garantire la tempestività dell’informazione, anche per ragioni di concorrenza con gli altri operatori del settore, rischia infatti di indurre il giornalista a dedicare meno tempo alla verifica della fondatezza della notizia, in funzione della solerte pubblicazione del prodotto editoriale. Sulla base di queste considerazioni è agevole capire come il giornalismo on-line, nel caso in cui non sia esercitato con la dovuta diligenza, rischi di contribuire anche alla divulgazione di informazioni non sempre corrette che, laddove si ricada nel reato di diffamazione, possono concorrere a incrementare la lesione dell’altrui onore.
Il prodotto editoriale a cui è data diffusione on-line deve essere tenuto ben distinto da quello tradizionale di tipo cartaceo, come affermato dalla Corte di Cassazione96, anche per quanto riguarda il regime della responsabilità per reati commessi con il mezzo della stampa periodica di cui all’art. 57 c.p. Seguendo infatti un’interpretazione “storica” della norma codicistica si afferma la non assimilabilità del prodotto di internet allo stampato, la cui definizione è ricavata dalla legge 47/1948.
giornalistiche on-line sono divenute anche il luogo in cui è possibile seguire in “tempo reale” l’evolversi delle vicende di pubblico interesse, compensando così lo svantaggio della più classica informazione cartacea che permette al lettore di apprendere l’accaduto soltanto dopo diverse ore dal verificarsi dell’evento. M. PRATELLESI, New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, ed. Mondadori, 2004; U. LISIERO, News(paper) Revolution. L'informazione online al tempo dei social network, ed. Lupetti, 2013.
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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 35511 del 2010 ha assolto il direttore responsabile di un giornale locale regolarmente registrato con diffusione on-line, dall’accusa di omesso controllo perché <<il fatto non è previsto dalla legge come reato>>. La notizia ed il commento dottrinale sono riportati sul sito: http://www.valigiablu.it/giornalismo-diffamazione-web-e-il- caso-che-non-ce/.
In conseguenza di ciò la disposizione di cui su tratta, in assenza di un specifico intervento del legislatore, non potrebbe essere estesa ai giornali on-line, se non incorrendo nella violazione del divieto di analogia in malam partem97.
Con la realizzazione della legge 62/2001 ed in seguito con il decreto legislativo 70/2003, si è avuta, come visto, l’estensione ai giornali “virtuali” di alcune norme specifiche che si riferiscono ai giornali cartacei, ma da ciò è rimasto escluso l’art. 57 c.p., considerate le importanti differenze presenti tra questi due strumenti. Il giornale on-line, a differenza di quello classico, presenta un numero indefinito di pagine, le quali sono soggette a continui aggiornamenti, senza che ci sia per il direttore responsabile la possibilità di svolgere quell’attività di controllo preventivo che è condizione fondamentale per l’insorgere della responsabilità di cui alla suddetta norma. Affermare il contrario vorrebbe dire pretendere, dal direttore del giornale, un grado di diligenza di gran lunga superiore rispetto a quello ordinario.
L’inapplicabilità dell’art. 57 c.p. ci impedisce quindi di chiamare a rispondere il direttore del giornale on-line per i reati che siano ivi stati commessi da parte dei giornalisti, sempre però che si ricada <<fuori dei casi di concorso>>. Laddove, difatti, si riesca a dimostrare che la condotta omissiva è stata preordinata al fine di rendere possibile la divulgazione del contenuto diffamatorio, e quindi in presenza della coscienza e volontà del direttore di cooperare alla realizzazione dell’illecito, questi dovrà essere chiamato a rispondere proprio a titolo di concorso nel delitto di diffamazione e non per omesso controllo. Inoltre, nel caso in cui il reato sia commesso mediante l’ausilio delle nuove tecnologie, non si potrà applicare l’aggravate prevista dall’art. 13 della legge sulla stampa, data la sostanziale difformità tra i due mezzi di comunicazione, bensì la disciplina di cui al 3° comma dell’art. 595 c.p., l a quale stabilisce una pena edittale
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Un problema analogo si è avuto anche in seguito all’avvento della televisione. Per le ipotesi di diffamazione commesse mediante tale mezzo di comunicazione infatti, inizialmente è stata applicata la disciplina di cui all’art. 595 c.p., data l’impossibilità di estendere alla televisione la normativa sulla stampa, a causa della sostanziale differenza tra i due strumenti di manifestazione del pensiero. Così è stato fino all’introduzione della c.d. Legge Mammì (L. 6 agosto 1990, n. 223), con la quale nell’art. 30 si è espressamente stabilito che <<Nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato, si applicano ai soggetti di cui al comma 1 le sanzioni previste dall'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47>>. Con questa disposizione il trattamento penale previsto dalla legge sulla stampa si estende alla televisione, e va a colpire non tanto l’autore del servizio, quanto i concessionari o la persona delegata al controllo della trasmissione che, almeno sotto questo profilo, può quindi essere paragonata al direttore responsabile.
inferiore (reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore a euro 516) rispetto alla prima (reclusione da uno a sei anni).
Nel caso in cui il professionista che svolge attività di informazione on-line sia imputato, o anche solo indagato, per un reato di diffamazione, questi, in modo non dissimile dal collega che segua invece la vecchia tradizione cartacea, potrà difendersi invocando il diritto di cronaca98, inteso come diritto di raccontare (non solo mediante la stampa) accadimenti veri in considerazione del loro interesse per la generalità dei consociati e nel rispetto del principio della continenza formale nell'esposizione dei fatti.
Vengono così in primo piano le scriminanti previste per i delitti contro l’onore, cioè quelle cause di giustificazione (diritto di cronaca, di critica, di satira ecc.) in presenza delle quali è da escludere l'antigiuridicità della condotta tenuta da chi abbia espresso un contenuto di pensiero, in quanto ciò è avvenuto nell'esercizio di un diritto o in adempimento di un dovere (art. 51 c.p.). Sebbene queste cause di giustificazione si siano sviluppate in una realtà antecedente a quella di internet, non sembra infatti esserci alcun ostacolo alla estensione delle stesse ai contenuti immessi in rete, purché siano rispettati i presupposti di applicabilità delle scriminanti. Ad esempio, non si potrebbe giustificare sulla base del diritto di cronaca il comportamento di un giornalista che abbia pubblicato sul web una notizia vera, di interesse pubblico, ma senza la necessaria correttezza espositiva (continenza), vale a dire impiegando delle forme verbali che <<risultino pretestuosamente denigratorie ed abbondanti rispetto al fine della cronaca del fatto e della sua critica>>99.
La situazione, a ben guardare, non è diversa da quella che si trova ad affrontare il comune cittadino quando, in veste di utente, immetta dei contenuti nella rete globale, dei quali sia poi chiamato a rispondere di fronte all’autorità. Anche il privato ad oggi ha la concreta possibilità di fare informazione, sia pur in assenza di quella professionalità che è prerogativa del giornalista di mestiere, e nessun mistero del fatto che internet sia quotidianamente utilizzato da parte dei consociati per manifestare il loro pensiero sui fatti del mondo, soprattutto in seguito alla diffusione dei social networks, che addirittura possono essere considerati al pari di originali formazioni sociali in cui ha modo di svilupparsi la personalità del singolo. Anche agli utenti che privatamente inseriscano dei contenuti nella rete globale deve quindi essere riconosciuta la possibilità di avvalersi delle scriminanti previste dal nostro ordinamento, nell’esercizio di un diritto
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MUSCO (1990), SIRACUSANO (1993). 99
costituzionalmente garantito, dal momento che sotto questo profilo non sarebbe giustificata nessuna disparità di trattamento rispetto a chi fa informazione per mestiere.
Non si tratta quindi di riconoscere ai giornalisti professionisti, che esercitano l’attività di informazione on-line, uno status privilegiato rispetto ai privati, quanto piuttosto di affermare come la libertà di manifestazione del pensiero, entro i limiti stabiliti dalla legge, debba essere garantita a questi in modo non dissimile da quanto avviene per la generalità dei consociati, al fine di garantire che l’attività di informazione sia libera e non diventi prerogativa di una ristretta cerchia di persone.
Le nuove tecnologie hanno permesso la nascita di un nuovo tipo di giornalismo, di tipo partecipativo, aperto a tutti, dove l’informazione appare difficilmente costringibile nelle gabbie editoriali di pochi grandi editori e sempre più frutto di un intreccio di realtà diverse, più o meno piccole ed anche di tipo amatoriale (pensiamo al vari blog gestiti da privati) che possono facilmente dare diffusione alla notizia. Questo non vuol dire che la figura del giornalista professionista stia perdendo la propria ragione d’essere, dal momento che questi è pur sempre colui che non si limita a commentare la notizia ma, in primo luogo, la cerca e soprattutto la scopre, al di fuori dello spazio virtuale.