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Dall’istigazione a delinquere alla costituzione di un’associazione criminale

Nel documento I reati di espressione a mezzo di internet (pagine 127-132)

5. Un caso emblematico: la sentenza Stormfront

5.2. Dall’istigazione a delinquere alla costituzione di un’associazione criminale

Se fino a questo momento gli imputati si erano limitati a utilizzare la sezione italiana del sito occupato esclusivamente per fare propaganda di contenuti di odio e, in seguito, per incitare quanti condividessero gli ideali propugnati alla discriminazione ed alla violenza, successivamente si assiste alla <<trasformazione del gruppo originariamente operante solo su Stormfront in altro gruppo, più articolato sotto il profilo degli obbiettivi (che) ne accresce la pericolosità concreta perché tende a creare una struttura operativa volta, non soltanto alla propaganda di idee discriminatorie e fondate sull'odio razziale tramite internet, ma anche rivolta all'esterno per scopi molto più concreti>>.

Da alcuni messaggi intercettati dalle forze dell’ordine traspare, infatti, la volontà degli imputati di dare vita a una organizzazione di tipo orizzontale la quale, pur in mancanza di sedi fisiche presenti al di fuori dello spazio virtuale, avrebbe dovuto essere ugualmente in grado di garantire lo svolgimento sia dell’attività di reclutamento, sia di quella più propriamente operativa. In altre parole, l’organizzazione alla quale gli imputati intendevano dare vita, non avrebbe avuto una dimensione fisica, essendo presente solo nel cyberspazio, e sarebbe stata volta a definire le modalità, i tempi ed i luoghi nei quali commettere attività penalmente rilevanti che, con molta probabilità, non sarebbero consistite soltanto nella propaganda di idee razziste e xenofobe, ma avrebbero incluso anche azioni dimostrative e violenze di vario genere ai danni delle persone discriminate.

Muovendo dalla struttura originaria del sito Stormfront, quindi, gli imputati, che proprio mediante tale sito web avevano avuto modo di conoscersi, sono giunti a gettare le basi di una vera e propria associazione illecita, la cui struttura organizzativa avrebbe dovuto restare confinata nello spazio virtuale nella sua interezza. Ovviamente, sebbene l’associazione criminale si fosse formata sul web, questa, nell’intenzione degli imputati, avrebbe dovuto avere capacità operativa anche e soprattutto al di fuori di internet, guidando e coordinando le azioni pianificate dal gruppo.

L’intervento repressivo, stando alle parole del Tribunale romano, si colloca quindi nel momento in cui gli imputati <<dopo aver conquistato il sito Stormfront, utilizzato per consumare più reati di propaganda di idee razziste fondate sull'odio e sulla discriminazione, ponevano i fondamenti di un gruppo operante con una struttura più ampia rispetto al forum vero e proprio, più concreta ed operativa sul territorio, e avente le caratteristiche tipiche di movimenti che ricordano lo spontaneismo armato di alcune formazioni di estrema destra operanti in Italia a cavallo degli anni Ottanta>>.

In ragione di ciò, il secondo reato che viene contestato agli imputati, poi condannati dal Tribunale di Roma, è quello di aver dato vita ad un’associazione criminale per il perseguimento di finalità razziste e xenofobe. Si tratta, come evidente, di un reato ben più grave, rispetto alla propaganda.

Tornando a volgere lo sguardo alla legge Mancino, la fattispecie che viene qui in rilievo è contemplata dal 2° comma dell’art. 1, nel quale è fatto divieto di dare vita a qualsiasi <<organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi>>, prevedendo la sanzionabilità non solo di coloro che abbiano dato vita alla formazione, ma anche di quanti vi partecipino stabilmente in qualità di membri o le abbiano anche occasionalmente prestato assistenza (economica ad esempio).

Questo passo della sentenza è di fondamentale importanza perché, seguendo un ragionamento che resta strettamente ancorato al testo della norma, il giudice riconosce per la prima volta un’associazione criminale costituitasi tramite il web. Infatti, dalla lettera dell’art. 1, comma 2° della legge Mancino si può de sumere la volontà del legislatore di sanzionare ogni fenomeno associativo che persegua le finalità indicate dalla norma. Sebbene all’atto della realizzazione della disposizione, agli inizi degli anni Novanta, la mente del legislatore fosse probabilmente volta alle realtà associative esterne alla rete, non è desumibile dal tenore della norma alcun elemento che ci impedisca di estenderne l’applicazione alle organizzazioni criminali originatesi proprio nello spazio virtuale.

Infatti, come la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare sul punto152, costituisce associazione per delinquere volta all’incitamento della violenza per ragioni di razza, etnia e religione, anche una struttura che si avvalga dei nuovi strumenti di comunicazione resi possibili grazie ad internet, sia per la divulgazione di contenuti inneggianti al razzismo, quanto per mantenere i contatti tra gli affiliati e per portare avanti attività di proselitismo. In particolare, in questa sentenza, la Corte di Cassazione

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conferma come a seguito dell’occupazione del sito Stormfront si fosse dato vita ad una vera e propria associazione per delinquere, accogliendo così in pieno quanto statuito dal Tribunale di Roma.

Interessante è anche la questione di improcedibilità che nel corso del processo era stata eccepita dai difensori degli imputati, i quali avevano evidenziato come il sito internet utilizzato per la divulgazione dei post153 razzisti, fosse di proprietà di un cittadino statunitense e come, in ragione di ciò, il reato dovesse essere considerato come commesso all’estero da parte di cittadini italiani. Tale eccezione non è però stata accolta da parte del giudice procedente che si è riconosciuto competente a giudicare del caso sottoposto alla sua attenzione. È così messo in evidenza che gli imputati non sono chiamati a rispondere in concorso con il proprietario del sito internet per aver preso parte ad un’associazione illecita denominata Stormfront, bensì per aver essi stessi, in modo del tutto autonomo dal titolare americano, utilizzato la sezione italiana del sito per finalità penalmente rilevanti, arrivando persino a gettare le base di un’associazione criminale.

Lo spazio virtuale è stato quindi strumentalizzato da parte degli imputati per la realizzazione di condotte che si svolgevano interamente in territorio nazionale e che non si esaurivano nella mera attività di istigazione all’odio razziale in rete, ma che si estendevano alla conclusione di <<accordi relativi ad attività anche non strettamente legate al sito Stormfront, quali incontri fisici – e quindi non solo virtuali – tra gli imputati, attività di volantinaggio finalizzata alla propaganda di idee discriminatorie da svolgere in Italia in luoghi pubblici, raccolta di fondi da destinare alle attività del gruppo>>. Oggetto dell’imputazione è quindi l’associazione costituitasi in Italia tra imputati tutti ivi residenti, a niente rilevando che la sezione italiana del sito web, del quale di fatto questi si sono impossessati finendo per diventarne moderatori, sia ospitato su un server estero.

Questa soluzione è stata accolta anche dalla Corte di Cassazione di fronte alla quale i condannati avevano proposto ricorso. Anche secondo questo Collegio, infatti, ciò che rileva è che l’associazione per delinquere si sia originata in Italia, tra persone tutte qui residenti, a prescindere dal fatto che essa contempli tra i suoi mezzi operativi l’utilizzo

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Nel gergo di internet l’espressione post (dall’inglese to post, spedire, inviare) è utilizzata in riferimento a quei messaggi di testo, in funzione di commento, che vengono pubblicati in uno spazio comune accessibile agli altri fruitori della rete. Sono un esempio di tali spazi i forum, social networks, newsgroup, blog ed in genere qualsiasi tipo di sistema di comunicazione telematico (eccettuate le chat-line) che permettono ai visitatori anche occasionali del sito di pubblicare un proprio messaggio.

di un sito internet, creato all’estero ed operante su un server là collocato. Ciò a cui bisogna guardare è quindi il luogo in cui si manifesta l’operatività dell’associazione, nel caso di specie l’Italia, luogo nel quale gli imputati non solo risiedono, ma nel quale pongono in essere le condotte incriminate, in primo luogo quelle di propaganda, e nel quale programmano di attuarne altre di maggiore gravità.

Stando alle parole della Suprema Corte, <<è principio consolidato che nei reati associativi, per determinare la sussistenza della giurisdizione italiana occorre verificare soprattutto il luogo dove si è realizzata, in tutto o in parte, l’operatività della struttura organizzativa, mentre va attribuita importanza secondaria al luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso, a meno che questi, per il numero e la consistenza, rivelino il luogo di operatività del disegno>>. Infatti, <<la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, ossia il luogo ove si sia manifestata l’operatività dell’associazione, piuttosto che il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris >>.

Nel caso, poi, in cui non ci sia certezza circa il luogo in cui l’associazione opera attualmente o lo abbia fatto in passato e non sia possibile determinare la competenza per territorio del giudice guardando al luogo di consumazione dei reati-fine, troveranno applicazione i criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p., 2° comma. Competente sarà quindi il giudice del luogo in cui si trova la residenza, la dimora o il domicilio degli imputati.

Sotto un altro profilo, ma sempre con riguardo all’individuazione dei caratteri tipici della fattispecie di reato, va sottolineato come proprio le organizzazioni criminali che si originano nello spazio virtuale presentino talvolta un importante elemento di distinzione rispetto alle associazioni per delinquere tradizionali, che è costituito da un “regolamento”. Guardando, ad esempio, al caso del quale si è occupato il Tribunale di Roma, si può vedere come anche per quanto riguarda la sezione italiana del sito Stormfront, fosse stato realizzato da parte dei gestori del sito un regolamento nel quale erano riportate, oltre alle indicazioni relative all’oggetto ed alle finalità dello stesso, anche le condizioni da rispettare per accedere al gruppo e per permanervi e le sanzioni applicate nei confronti dei trasgressori. Tale atto, visualizzabile da parte degli utenti mediante l’accesso al sito web, permetteva agli stessi di conoscere in anticipo il modus operandi dei responsabili del forum e, nel caso di specie, di rendersi conto dei contenuti di carattere discriminatorio ivi presenti.

Sebbene, quindi, il regolamento non sia elemento indispensabile nella struttura di un sito web, sia esso o meno destinato al perseguimento di finalità illecite, questo è però spesso presente, soprattutto se si tratta di blogs o forum che per loro natura sono destinati ad essere fruiti in modo attivo da parte degli utenti, tramite l’immissione di nuovi contenuti che si affiancano a quelli già inseriti dal gestore del sito. Ciò non si verifica, invece, nelle strutture associative di tipo classico, dove l’individuazione degli elementi di carattere probatorio dai quali si può desumere il contenuto del patto associativo di solito non è agevole, con la conseguenza che la prova dell’accordo su cui si fonda il sodalizio viene spesso raggiunta guardando ai facta concludentia, dai quali è possibile desumere, mediante un ragionamento di tipo logico-deduttivo, l’esistenza di un pactum sceleris154.

Nel caso in esame sono quindi i requisiti di stabilità e di organizzazione, propri del sito web ad aver contribuito a fare della comunità virtuale un elemento idoneo alla configurazione del reato di associazione a delinquere. La Corte di Cassazione non si lascia sfuggire che <<il minimum organizzatorio necessario a integrare l'associazione a delinquere nelle diverse sfaccettature analizzate dalla giurisprudenza, si modula in maniera specifica per le realtà associative cosiddette "in rete", le quali utilizzano le nuove tecnologie, privilegiando l'uso dei blog, chat o virtual communities in internet, non potendosi per tali strutture ricercare quella fisicità di contatti tra i partecipi, tipica dell'associazione a delinquere di tipo, per così dire, classico>>.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha escluso in modo tassativo la possibilità in questo caso di equiparare il ruolo che gli imputati avevano nella gestione del sito internet alla figura del direttore di una testata giornalistica on-line. Ciò è dovuto, in primo luogo al fatto che il website in questione non può essere ricompreso nella nozione di "stampato", e secondariamente perché agli imputati è riconducibile una responsabilità soggettiva, avendo questi assunto la veste di moderatori ed organizzatori del sito, per niente assimilabile all’obbligo giuridico che grava sul direttore del giornale ai sensi dell’art. 57 c.p.

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In questa direzione: Cass. pen. 24 settembre 1999, Tinnirello, Foro it., Rep. 2000, voce Ordine pubblico (reati), n. 5; 11 dicembre 2007, Addante, id., Rep. 2008, voce cit., n. 28

Nel documento I reati di espressione a mezzo di internet (pagine 127-132)

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