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Elementi costitutivi e caratteristiche principali del delitto di diffamazione on-line

7. La regolamentazione di internet e la sanzione penale dei reati di espressione come

1.2. Elementi costitutivi e caratteristiche principali del delitto di diffamazione on-line

Sulla scorta della definizione normativa contenuta nell'art. 595 c.p., costituisce diffamazione l'offesa arrecata alla reputazione altrui comunicando con più persone, in assenza del soggetto passivo. Gli elementi costitutivi del reato sono quindi tre: l'offesa alla reputazione altrui, l'assenza della vittima del reato e la comunicazione con più persone. Quando l’illecito è realizzato mediante l'ausilio delle nuove tecnologie, si pongono dei problemi non secondari a cui la dottrina e la giurisprudenza hanno cercato di far fronte soprattutto in considerazione del fatto che il <<reato di diffamazione è annoverabile tra gli illeciti che con maggiore frequenza sono commessi su internet e sottoposti al vaglio dei giudici di merito e di quelli della Suprema Corte>>74.

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V. SPAGNOLETTI, Profili problematici del reato di diffamazione a mezzo Internet, Giur. Merito, 2003, pp. 7-8, 1616

Ciò che manca, anche in questo caso, è un tempestivo intervento da parte del legislatore che, rispondendo alle nuove esigenze di tutela che si avvertono all’interno della società, riconosca in modo inequivocabile la sanzionabilità della diffamazione realizzata a mezzo delle nuove tecnologie, senza lasciare all’autorità giudiziaria il compito di estendere a mezzo di interpretazione le fattispecie vigenti alle nuove ipotesi criminose. Infatti, l'art. 595 c.p. non contempla l'ipotesi di diffamazione on-line se non indirettamente laddove, al 3° comma, prevede che il reato nella sua forma aggravata possa essere commesso con qualsiasi mezzo di pubblicità, quale appunto, è considerato anche internet.

Ora, la prima questione che si pone è quella di capire quando il pregiudizio all'altrui reputazione possa dirsi realizzato. Dal momento che la diffamazione è un reato a forma libera, le modalità per mezzo delle quali l'illecito può essere perpetrato sono le più varie, contando solo il fatto che queste siano in grado di mettere in pericolo l'onore del soggetto passivo. Scritti, disegni, fotografie, documenti audio-visivi e quant'altro possa essere oggetto di divulgazione mediante la rete globale, può costituire un valido strumento per il raggiungimento della finalità denigratoria, spettando semmai al giudice valutare se quel contenuto sia tale da determinare un'offesa intollerabile alla reputazione del soggetto passivo. Inoltre, sulla base di quanto disposto dal 2° comma dell'art. 595 c.p., l'attribuzione al soggetto passivo di un fatto determinato costituisce un'aggravante del reato stesso, in quanto tale comportamento è in grado di screditare l'immagine dell'offeso agli occhi della società in modo più grave di quanto non accadrebbe altrimenti. Scorrendo nella lettura del testo normativo, va messo in evidenza come il legislatore, al comma 3° dell'art. 595 c.p., abbia introdotto un'ulteriore aggravante, nell'ipotesi in cui il reato sia commesso sfruttando le capacità divulgative dei mezzi di pubblicità. Questa previsione assume una particolare importanza in relazione alle ipotesi in cui la diffamazione sia commessa a mezzo di internet. Infatti, le potenzialità comunicative del web, permettono a ciascun utente, di prendere visione dei contenuti denigratori che una volta immessi in rete possono "restarvi pubblicati” per un arco di tempo indeterminato. In ragione di ciò, l'orientamento giurisprudenziale75 dominante ha

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Cass. pen., sez. V, 1 luglio 2008, n. 31392. Guida al diritto, 2008, Diritto dell'informatica, 2008; si veda anche Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741 in cui si afferma che <<l’utilizzo di un sito Internet per la diffusione di immagini o scritti atti ad offendere un

riconosciuto come nel caso di diffamazione on-line il soggetto attivo sia meritevole di un trattamento penale più severo. Ovviamente il periculum in mora sarà maggiore nel caso in cui ad essere oggetto delle contumelie sia un personaggio che gode di una certa notorietà sia pure limitatamente all’ambito territoriale locale.

Questo è vero però solo nel caso in cui il contenuto offensivo sia reso sostanzialmente fruibile a tutti, ad esempio mediante la pubblicazione su una pagina web ad accesso libero, dell'informazione denigratoria. Diverso è il caso laddove il reato sia stato commesso utilizzando delle tecniche di comunicazione che, sebbene di tipo informatico, limitino la cerchia dei destinatari che possono prendere visione del messaggio (mailing-lists private, e-mails).

Diversamente da quanto previsto per il reato di ingiuria, la diffamazione è poi caratterizzata dall’assenza del soggetto passivo il quale non viene a conoscenza delle affermazioni denigratorie direttamente, ma solo in un secondo momento, quando queste hanno già avuto diffusione presso il pubblico. Difatti, il reato in questione è ipotizzabile, come recita la norma, solo <<al di fuori dei casi indicati nell'articolo precedente>>. Quando il soggetto offeso non è presente nel momento in cui è stato espresso il contenuto denigratorio, risulta inibita la possibilità per la vittima di reagire subitaneamente all’offesa ricevuta onde smentire le accuse infamanti che gli vengono rivolte.

Un classico esempio di diffamazione on-line è costituito dall'ipotesi in cui l'agente invii una serie di e-mail a contenuto denigratorio a determinati soggetti, ad esclusione ovviamente dell'offeso che quindi, non potrà rendersi conto del reato di cui è vittima se non quando ormai gli effetti pregiudizievoli della diffamazione avranno cominciato a manifestarsi. Nella locuzione persona offesa poi, devono essere ricomprese sia le persone fisiche, quanto quelle giuridiche, che ben potrebbero essere vittime di tale forma di reato informatico in senso <<improprio>>. Pensiamo al caso in cui determinati contenuti lesivi dell'immagine di un'azienda siano divulgati in internet da parte di un soggetto, magari un concorrente sleale che mira, in tal modo, a sottrarre clienti al soggetto passivo così screditato, ad esempio al fine di accrescere la sua quota di mercato.

soggetto è azione idonea a ledere il bene giuridico dell’onore, nonché potenzialmente diretta “erga omnes”, pertanto integra il reato di diffamazione aggravata>>.

Secondo quanto la Corte di Cassazione76 ha avuto recentemente modo di affermare, perché si configuri il reato di diffamazione, non è neanche necessario che l’agente abbia indicato nel contenuto denigratorio immesso in rete il nominativo del diffamato, laddove dalle modalità espressive scelte dall’agente il soggetto offeso risulti ugualmente individuabile sia pure da parte di una ristretta cerchia di persone (in ogni caso non inferiore a due). Ciò che conta è quindi la consapevolezza da parte del soggetto agente del pregiudizio che in tale modo deriverà all'immagine del diffamato, accompagnata all’effettiva possibilità per i terzi di attribuire un’identità al soggetto preso di mira nel contenuto denigratorio.

Altro elemento importante è costituito dalla necessità che la diffamazione si realizzi comunicando con più persone. Con riguardo a quest'ultimo profilo la dottrina concorda nel ritenere che la fattispecie criminosa possa ritenersi integrata nel momento in cui l'offesa giunga a conoscenza di almeno due persone, anche non contestualmente. Anche i giudici della Cassazione in proposito hanno affermato che <<non è necessario che la propagazione delle frasi offensive venga posta in essere simultaneamente, potendo la stessa anche aver luogo in momenti diversi, purché risulti comunque rivolta a più soggetti>>77. Inoltre può dirsi presente <<l'estremo della comunicazione con più persone non solo quando l'agente prenda direttamente contatto con una pluralità di soggetti, ma anche quando egli comunichi ad una persona una notizia destinata, nelle sue stesse intenzioni, ad essere riferita ad almeno un'altra persona che ne abbia poi conoscenza>>78, nonché nel caso in cui <<il messaggio diffamatorio sia inserito in un sito internet per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti>>79.

Nel caso di diffamazione a mezzo di internet bisogna infatti tenere ben distinta la condotta che consiste nel mero inserimento in rete da parte del soggetto agente del

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La sentenza a cui mi riferisco è la n. 16712, depositata in data 16 aprile 2014, con la quale la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello militare di Roma, che aveva assolto un Maresciallo della Guardia di Finanza dall'accusa di diffamazione pluriaggravata per aver pubblicato su un social network frasi diffamatorie contro un collega. Sebbene infatti questi non avesse indicato il nominativo dell'offeso dal tenore delle espressioni utilizzate, il diffamato risultava in concreto agevolmente riconoscibile da parte di una sia pur ristretta cerchia di colleghi. Tanto basta per la Corte ad integrare il reato di diffamazione. 77

Cass. pen., sez. V, 21 dicembre 2000, in CED n. 218277. 78

Cass. pen., sez. V, 14 gennaio 1993, in Cassazione penale, 1994, p. 1843; Cass. pen., sez. V, 16 giugno 2004, in Giustizia penale, 2006, II, p. 13.

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contenuto offensivo e l'evento, rappresentato dalla percezione del messaggio da parte di almeno due soggetti. Laddove poi non sia possibile accertare il verificarsi dell'evento, la mera immissione dell'informazione denigratoria su un sito web, attivo e concretamente visitabile, potrà comunque configurare l'ipotesi di tentativo di diffamazione, dal momento che l'agire del soggetto agente era inequivocabilmente rivolto ad arrecare un pregiudizio all'altrui onore80.

Essendo la diffamazione un reato di evento non è infatti sufficiente a configurare il reato consumato la sola immissione del contenuto denigratorio sul web, ma è necessario dimostrarne l'effettiva percezione da parte di terzi e quindi che degli utenti abbiano concretamente fatto accesso al sito, a prescindere dal fatto che poi questi si siano soffermati o meno a leggere il messaggio81. Il reato di diffamazione sarà quindi perfezionato nel momento in cui si realizzerà il collegamento da parte degli utenti terzi al sito web. Anche nel caso in cui la diffamazione sia realizzata mediante lo strumento della posta elettronica, è necessario che il contenuto offensivo sia stato comunicato a più destinatari, non assumendo rilevanza penale le semplici confidenze tra due persone, laddove siano destinate a rimanere riservate. E ciò anche nell'ipotesi in cui il contenuto confidenziale venga a conoscenza dell'offeso, non potendo questi essere ritenuto propriamente terzo.

La Suprema Corte82 ha poi affermato che in quest’ultima ipotesi la mera potenzialità che un'e-mail dal contenuto offensivo per l'altrui reputazione possa avere maggiore diffusione è del tutto indifferente, ai fini della configurabilità del reato, laddove in concreto tale ulteriore comunicazione non si verifichi.

Sempre secondo quanto disposto dalla giurisprudenza83 anche per quanto riguarda il reato di diffamazione commesso a mezzo di internet, può poi configurarsi l'ipotesi del reato impossibile (art. 49 c.p.) nel caso in cui, ad esempio, l'agente nella

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Cass. pen., sez. V, 27 dicembre 2000; Trib. Teramo, 6 febbraio 2002, in Giur. mer., 2003, p. 1476.

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In questo caso si nota un'analogia con quanto accade per il delitto di diffamazione a mezzo di stampa il quale si consuma nel momento in cui la notizia denigratoria alla quale si è data divulgazione giunge in tal modo alla percezione, sia pur solo potenziale, del pubblico, non essendo infatti necessaria la prova che il lettore abbia effettivamente letto l'articolo incriminato.

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Cass. pen., sent. 19 febbraio 2013, n. 8011. 83

commissione dell'illecito si serva di un dispositivo difettoso che, sebbene sembri concedergli l'accesso alla rete, in realtà gli impedisca concretamente di immettere il messaggio denigratorio nel circuito informativo, così che questo non potrà concretamente essere percepito da alcuno.

Altro problema che si pone è quello relativo alla individuazione del soggetto attivo. Fermo restando che, come nel caso in cui il delitto sia commesso al di fuori del cyberspazio, i destinatari della comunicazione denigratoria devono sempre essere soggetti terzi, estranei alla condotta offensiva e non mai concorrenti nel delitto, la possibilità di individuare l'autore del reato assume una fondamentale importanza, al fine di garantire una piena tutela alla parte lesa.

La questione ci porta a richiamare le considerazioni fatte a proposito del fenomeno dell'anonimato che, come visto è spesso un mascheramento più illusorio che reale, dal momento che non sempre è in grado di impedire alle autorità competenti di risalire all'identità dell'utente che ha commesso il reato. Anche in questo caso poi, come nella diffamazione classica il dolo, di tipo generico, è integrato dalla consapevolezza dell'agente circa la lesività per l'altrui reputazione dei contenuti immessi in rete, a prescindere da ogni ulteriore considerazione circa le sottostanti ragioni che possono averlo spinto a tenere tale tipo di condotta.

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