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2. L’abitato di Alghero tra XV e XVI secolo: committenza, tipi e modelli

L’imponenza delle mura costruite dai Doria insieme alla notissima abilità dei balestrieri geno- vesi, tra i corpi scelti più celebri del Medioevo, dovevano fare di Alghero una piazzaforte davvero efficiente. Persino Pietro IV d’Aragona rimarrà stupito e spenderà parole di rispetto- sa ammirazione per quelle strutture difensive che l’avevano costretto a un lungo assedio di cinque mesi: «lloc […] ben murat, vall e controvall, e fornit de molta bona gent, especialment

de molts ballestrers de Génova»1, si legge nella sua Cronica.

La malaria e la fame avevano messo a dura prova le truppe catalane e chissà se Pietro IV avrebbe ugualmente espugnato la città senza l’accordo diplomatico del 13 novembre 1354 con Matteo Doria e Mariano d’Arborea2. Sta di fatto che da quel momento Alghero diventa

catalana e nuovi popolatori andranno ad occupare case, terre e vigne della villa. Non ci è da- to sapere cosa abbiano trovato esattamente entro le mura, perché la documentazione di epoca genovese è quasi inesistente. Non ci sono d’aiuto neanche particolari emergenze ar- chitettoniche visto che, come ipotizzano gli studiosi, sarebbero ascrivibili al periodo doriano solo due portali centinati a conci bicromi (di calcare e trachite rossa) in via Maiorca3.

Si può ricostruire con sufficiente precisione solo il perimetro difensivo grazie alla relazio- ne del notaio catalano Pere Fuyà4, incaricato

dal governatore del Capo di Logudoro di rife- rire accuratamente sullo stato della vecchia cinta muraria (fig. 3). Nella pergamena che ci è pervenuta, datata 1364, sono registrate ben ventisei torri e due porte, una a nord con accesso diretto al porto, l’altra a est per i col- legamenti terrestri. I Catalani le chiameranno rispettivamente Portal del Mar e Portal Reial. Per il resto sappiamo che la fondazione di Al- ghero rientra nel progetto di incastellamento che i Doria mettono a punto nel Nord-Ovest del- la Sardegna, ma a differenza degli altri castelli (Castelgenovese, Monteleone e Casteldoria) che sorgono tutti su alture, ad Alghero non è per niente chiaro «il rapporto gerarchico tra cassero e borgo»5.

1 Cfr. A. Castellaccio, Mura e torri difensive di Alghero nel Medioevo, in Tra diritto e Storia: studi in onore di Luigi

Berlinguer promossi dalle Università di Siena e di Sassari, I, Soveria Mannelli, 2008, p. 399.

2 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 53.

3 Cfr. A. Sari, Cultura figurativa gotico-catalana in Alghero. L’architettura, in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Al-

ghero…, cit., p. 247.

4 Cfr. M. Salvietti, Alghero. Le fortificazioni medievali nella pergamena di Pere Fuyà e dopo recenti ritrovamenti,

Alghero, Edizioni del Sole, 1990, p. 34.

5 M. Milanese, Alghero…, cit., p. 36.

Il Castrum Allogerii, per la conformazione del sito pressoché pianeggiante, non poteva avere la classica disposizione con la parte signorile sopraelevata e il burgus disteso sui versanti collinari. In queste condizioni era molto più semplice che il Castellaç (come apparirà già nei documenti catalani trecenteschi) venisse prima inglobato e poi gradualmente cancellato dalle trasformazioni del tessuto urbano, tanto che ancora oggi risulta sconosciuta la sua esatta ubicazione.

3. Ipotesi ricostruttiva della città di Alghero sulla base della relazione del notaio catalano Pere Fuyà (1364) elaborata da Antonio Costanzo Deliperi (da B. Sechi Coppello, A. C. Deliperi, 1996). Si può restituire con precisione solo il perimetro difensivo. Marco Milanese ritiene di poterlo collocare nell’area dell’ex convento di S. Chiara6, costruito

a metà Seicento sugli antichi resti del quartiere ebraico (juharia) ormai semiabbandonato e in parte fatiscente dopo l’editto di espulsione del 1492. In effetti un documento del 1381 riferi- sce di una casa con cortile sita nella via che portava al Castellaç, venduta (per trenta lire di alfonsini7) dai coniugi ebrei Jacob e Set Bassach ai rappresentanti della comunità giudaica

6 Il complesso di S. Chiara (chiesa e monastero delle suore di clausura) viene costruito nel 1647 e intitolato a

Santa Elisabetta (la regina Isabella di Aragona, figlia di Pietro III “il Grande”). Dal 1852 al 1969 le strutture del convento ospitano l’Ospedale Civile di Alghero (conosciuto ora come Ospedale Vecchio) e, dopo un lungo perio- do di abbandono, sono state recentemente riconvertite in sede della Facoltà di Architettura, grazie ad un impor- tante intervento di restauro.

7 Si tratta dell’alfonsino minuto (anfruxini), il denaro battuto alle zecche di Alghero, Cagliari e Villa di Chiesa da

Alfonso IV e Alfonso V d’Aragona. Da non confondere con l’alfonsino d’oro emesso nel regno di Napoli da Alfonso V (Alfonso I di Napoli).

algherese (aljama8) perché fosse trasformata in sinagoga9. Sappiamo che molto probabil-

mente la sinagoga (di cui non rimane traccia) fu sostituita dalla chiesa di S. Croce10, a sua

volta del tutto scomparsa, ma di cui conosciamo perfettamente l’ubicazione: oggi al suo po- sto sorge la piccola piazza omonima, proprio nel cuore dell’antica juharia. Inoltre tutti gli stu- di11 concordano sulla posizione del nucleo più antico dell’insediamento doriano, che doveva

sorgere nel versante nord-occidentale della città (sulla piccola penisola naturale subito alle spalle del porto), nello stesso luogo fisico che di lì a poco avrebbe ospitato il quartiere ebrai- co. Il Castellaç, con le residenze dei Doria, doveva trovarsi proprio qui.

Non rimane niente neanche della chiesa dedica- ta al culto genovese della Vergine Maria, sostitui- ta nella prima metà del Cinquecento con la nuo- va grandiosa Seu catalana di Santa Maria12, ap-

pena fuori dai margini della juharia.

Il tessuto storico del periodo genovese si impo- sta sulla matrice della linea di costa, da cui si svi- luppa con una serie di percorsi paralleli ai ba- stioni occidentali. Su queste preesistenze, per progressivi riempimenti e saturazioni, va defi- nendosi il tessuto edilizio di epoca catalana che può essere assimilato a quello tipico delle città medievali nell’Europa mediterranea. Gli isolati a schiera semplice e doppia sono i più diffusi, ma non mancano edifici in linea (più tardi) e palazzi porticati con loggia al piano terra, caratteristici di molte città a vocazione mercantile. L’unica importazione originale catalana è rappresentata dai palazzi a patio con scala scoperta: il tipo comune in Aragona per committenti di un livello alto. Le classi medie accettano quasi sem- pre il lotto gotico profondo delle case a schiera (già diffuse in epoca genovese). Siamo quindi di fronte ad una città «di forma e di struttura genovese ma di contenuto catalano, secondo una divaricazione analoga a quella delle altre città reali dell’isola»13.

8 Aljama è un termine di origine araba usato nel Medioevo in documenti ufficiali spagnoli e portoghesi per desi-

gnare le comunità di Mori e di Ebrei che vivevano nella Penisola iberica.

9 «In vico qui recto itur al Castellaç […] per teneri sinagoga sive schola», ASC, Antico Archivio Regio, vol. L3, 38,

cc. 401r-403r. Si confronti anche: C. Tasca, Gli Ebrei in Sardegna nel XIV secolo. Società, cultura, istituzioni, Ca- gliari, Deputazione di Storia patria per la Sardegna, 1992, p. 108.

10 Un atto notarile datato 1501 cita il vico Sanctae Crucis. Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 90.

11 Cfr. G. Oliva, G. Paba, La struttura urbana di Alghero nel XVI e XVII secolo, in A. Mattone, P. Sanna, (a cura

di), Alghero…, cit., p. 350; cfr. A. Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 231; cfr. L. Deriu, Alghero. La città antica: immagini e percorsi, Sassari, Carlo Delfino editore, 2000, p. 21.

12 I lavori per la costruzione della cattedrale di Alghero inizieranno negli anni Trenta del XVI secolo e si complete-

ranno solo nel 1593, quando il vescovo Andrés Bacallar potrà amministrare i sacramenti nella nuova sede.

13 I. Principe, Le città…, cit., p. 57.

4. Ipotesi di localizzazione del Castellaç (con le residen- ze dei Doria) nel versante nord-occidentale della città, proprio dove in epoca catalana sorgerà la juharia.

5. “Mappa Originale della città di Alghero” datata 30 aprile 1876, (ASS, Ufficio Tecnico Erariale, Mappe Alghero, n. 2).

Prima per i Doria e ancor di più per gli Aragonesi, Alghero è un avamposto strategico fonda- mentale per controllare le rotte del Mediterraneo. È certamente una città fortezza14 e come

14 Ilario Principe definisce Alghero «una fortezza in forma di città», formula che Giovanni Oliva e Giancarlo Paba

considerano «un po’ riduttiva». Cfr. I. Principe, Le città…, cit., p. 51; cfr. G. Oliva, G. Paba, La struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 349.

tale verrà rappresentata sino al Settecento nelle cartografie15, dove appare evidente

l’interesse esclusivo per le strutture difensive a scapito del tessuto urbano. Eppure i docu- menti e le architetture di epoca catalana ci raccontano di un centro con un vivace carattere cosmopolita, con una maglia variegata di funzioni, a volte complesse e articolate16. L’Alguer

è la seconda piazzaforte della Sardegna dopo Cagliari e il suo peso commerciale cresce a tal punto che, tra il 1428 e il 1493, si conferma il secondo porto della “rotta delle isole” dopo Palermo. È anche una delle tappe principali della “rotta delle spezie” e dal 1401 ospita un Consolato catalano d’oltremare17.

6. Espansione politica e rotte commerciali della Corona d’Aragona tra il XIII e il XV secolo (da Fort, 1984).

Di conseguenza, nel tessuto urbano cittadino vanno ad assumere particolare importanza l’area portuale e le vie commerciali (carrers des mercaders)18, dove si concentrano le botte-

ghe, le attività e le dimore dei mercanti (fig. 7). Le sedi delle funzioni pubbliche e le residenze delle famiglie più facoltose si trovano tra la piazza del Pou vell (detta anche plaça de la Ciu-

tat), il carrer de Bonaire e la Carra Real19.

15 I disegni delle fortificazioni di Alghero di Rocco Cappellino (1572-1577), il progetto di rafforzamento dei bastioni

di Giorgio Palearo Fratino (1578), la planimetria allegata alla relazione del viceré Giovanni Vivas (1625) e la pla- nimetria del marchese di Mina dei primi decenni del Settecento. Cfr. I. Principe, Le città…, cit., pp. 72-93.

16 Fondamentale, a questo proposito, tutto il lavoro di Giovanni Oliva e Giancarlo Paba: G. Oliva, G. Paba, La

struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., pp. 347-359.

17 Cfr. A. Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 233.

18 Le vie dei mercanti (carrers des mercaders) erano il carrer de Montilleo e il carrer de San Francesch (poi detta

anche carrer Major). Gli antichi toponimi catalani corrispondono rispettivamente alle attuali via Roma e corso Car- lo Alberto.

19 Gli antichi toponimi catalani della piazza del Pou vell (piazza del pozzo vecchio), carrer de Bonaire (strada

dell’aria buona) e Carra Real (Carra Reale), corrispondono rispettivamente alle attuali piazza Civica, via Principe Umberto e piazza del Teatro (nota popolarmente anche come plaça del Bisbe, piazza del Vescovo). Per il termine

La plaça del Pou Vell con il palazzo del Consiglio e la Dogana Reale (Duana Real), era, allo- ra come oggi, il cuore della vita cittadina; la Carra Real (dal XIX secolo piazza del Teatro) ospitava i Magazzens de la Ciutat, dove si conservava quel grano che i territori infeudati tri- butavano periodicamente alle città regie come stabilito dai “privilegi” reali. Sono queste le due piazze principali di Alghero catalana. Molte famiglie prestigiose, che vedremo spesso protagoniste della storia quattrocentesca, abitavano nelle sontuose dimore del quartiere ebraico.

Nel corso del XV secolo gli spazi costruiti si ampliano dentro le mura seguendo il tracciato della lottizzazione degli orti di S. Francesco (compresi tra le attuali via Roma e via Gilbert Ferret), secondo un intervento pianificato a partire dal 1429 dalla stessa Municipalità di Alghero e che porterà alla fusione tra i primi inse- diamenti e il quartiere di Villanova (co- struito durante la breve occupazione pi- sana del 1283 nel settore meridionale della città).

Gli spazi vuoti sono ancora molti, ma la città sta assumendo quella forma urbana che rimarrà quasi invariata fino alla se- conda metà dell’Ottocento. Prima di allo- ra non ci saranno modifiche sostanziali di impianto.

Sull’onda di una tendenza economica fa- vorevole, nell’ultimo ventennio del Quat- trocento, si riedifica in forme catalane la chiesa trecentesca di S. Francesco e anche il complesso conventuale20 attiguo

viene adeguato ai gusti dei nuovi abitan- ti. Contemporaneamente compaiono an- che i primi palazzi nobiliari in stile catala-

Carra si veda: G. Oliva, G. Paba, La struttura.., cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p 357. Negli Statuti sassaresi sa carra è l’unità di misura adoperata soprattutto per la misurazione dei grani; da qui il termine si sarebbe utilizzato per denominare il luogo stesso nel quale questa operazione avveniva pubblicamen- te.

20 I Frati Minori Conventuali di San Francesco sono presenti ad Alghero dalla prima metà del XIV secolo. Cfr. A.

Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 234. 7. Pianta della città di Alghero (XIX sec., AST). Rielaborazione con

l’indicazione delle strade principali (da G. Paba, G. Oliva, 1994).

LEGENDA

Strade la cui matrice è la linea di costa

Carrers des mercaders,

le vie commerciali

Percorso dei carri verso

no, tutti costruiti con l’arenaria gialla tipica di Alghero, a cui era affidato il messaggio di pre- stigio dei committenti. Con questo corredo di attributi nuovi di zecca l’Alguer si prepara ad entrare nel Cinquecento. Il Siglo de Oro per la Spagna sarà il secolo d’oro anche di Alghero: finalmente ciutat e non più villa, ma anche diocesi con il progetto di una cattedrale davvero grandioso rispetto alle dimensioni della città21.

Sembrano lontani, anche se non lo sono affatto, i tempi in cui bisognava pregare scapoli o intere famiglie di trasferirsi in questo angolo di Sardegna. Dopo l’editto di Tarazona, con cui si rinuncia alla purezza dell’antico lignaggio catalano, la popolazione crescerà sensibilmente: si passa dai 1800/2000 abitanti della fine del Quattrocento (grossomodo lo stesso numero del secolo prima all’epoca dei Doria22) ai 4500/5000 abitanti del 162723.

Questi sono i tempi in cui l’algherese Antonio Lo Fras- so, l’autore più famoso della letteratura sarda del Cinque- cento (capace di ottenere ben due citazioni, seppure ironi- che, da Cervantes), scrive entusiasticamente: «La se- conda città e chiave del regno è la città di Alghero anch’essa porto di mare, dove io nacqui. In essa si pesca la maggior quantità di corallo, con due- cento fregate24 e duemila uomini che vi lavorano. Dentro la città si trovano cinquecento muli-

ni che macinano grano e cinquecento forni che cuociono pane»25.

21 Per un approfondimento sulle vicende costruttive e sul progetto della cattedrale di Alghero si rimanda in gene-

rale ai lavori di Aldo Sari, tra cui si segnala in particolare: A. Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 238-243. Di grande interesse è anche il recente lavoro di Marco Rosario Nobile: M. R. Nobi- le, La cattedrale di Alghero. Note e ipotesi sul primo progetto, in Lexicon, 14-15 (2012), pp. 13-24.

22 Cfr. L. Deriu, Alghero…, cit., p. 22.

23 Secondo le stime di Giuseppe Serri: G. Serri, La popolazione di Alghero nell’età spagnola (XV-XVII secolo), in

A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., pp. 361-368. Si confronti anche: G. Oliva, G. Paba, La struttu- ra…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 349. Il viceré Giovanni Vivas visita la piazzaforte di Alghero nel 1625 e ci informa, nella relazione allegata alla planimetria delle fortificazioni, che la città era com- posta di settecento case noblemente edificadas (nobilmente edificate) di cui «più della metà si trova addentrata nel mare, fatto che la rende inespugnabile, ed ha dei pozzi dai quali si abbevera la popolazione». Cfr. I. Principe, Le città…, cit., p. 73. La relazione del Vivas (conservata nell’Archivio General di Simancas, seción Guerra Anti- gua, leg. 915) è pubblicata in S. Rattu, Bastioni e torri di Alghero. Contributo alla storia dell’architettura militare, Torino, Rattero, 1951, pp. 59-70.

24 La pesca del corallo era praticata su feluche attrezzate dette “fregate coralline”. Le imbarcazioni partivano tutte

insieme formando una flotta sorvegliata da una galea armata per tenere lontani i pirati. I documenti genovesi pubblicati nel 1999 da Luciana Gatti ci informano che anche la fregata da guerra era spesso usata, nel Medioevo, 8. Disegno di Alghero in A. Lo Frasso, Los diez libros de Fortuna d’Amor, Barcel-

Nella seconda metà del Cinquecento arrivano in cit- tà validi ingegneri lombardi, convocati da Carlo V (che dal 1535 regnava anche nel Ducato di Milano) per completare il progetto di riadeguamento della cinta muraria avviato nel 1500 da Ferdinando II. Per il potenziamento delle principali roccaforti sarde (Cagliari, Alghero e Castelsardo) l’imperatore del Sacro Romano Impero si affida a tecnici all’avanguardia nell’arte bellica, che elaborano so- luzioni interessanti di architettura militare moderna. Prima il cremonese Rocco Cappellino e poi i due fratelli ticinesi Jacopo e Giorgio Palearo Fratino so- no i protagonisti di questa stagione26. Vista la natu-

ra esclusivamente militare degli interventi, non deve stupire che gli ingegneri si siano limitati a rappre- sentare nei loro progetti solo le fortificazioni, trala- sciando purtroppo di informarci sull’interno urbano (fig. 10). Eppure, non doveva essere poi così insi- gnificante il disegno di una città che nella seconda metà del Cinquecento poteva contare non meno di sei chiese27 (più due extramuros), due monasteri, un porto cosmopolita, un piccolo arsenale,

due prigioni, due forni pubblici, magazzini civici del grano, ospedali, cimiteri, pozzi pubblici. Una delle massime autorità municipali in tutti i paesi della Corona d’Aragona era il mostas-

saf28, che sovrintendeva ai mercati e all’edilizia sia a Barcellona che a Valencia, così come a

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