vidui: passamaners, matalafers, gixers, candelers, pintors, pedranyalers, ballestrers, torners e barrillers». Cfr. A. Budruni, Gremi…, cit., in A. Mattone, (a cura di), Corporazioni…, cit., p. 409.
74 La clientela più facoltosa di Alghero, come sappiamo, acquistava utensili da cucina e vasellame importati, ma
evidentemente doveva esserci anche una produzione locale di questi prodotti, di cui erano responsabili i mestres de stergio.
75 Cfr. A. Budruni, Da vila a ciutat: aspetti di vita sociale in Alghero, nei secoli XVI e XVII, in Pedralbes, 28-II
(2008), p. 847.
76 Fenomeno che tenderà ad acuirsi dopo le grandi epidemie di peste del 1582-83 e del 1652, quando Alghero
pi delle riunioni e definisce i doveri di mutua assistenza dei confratelli, riporta la data del 1570. Antonio Budruni sostiene che il documento conservato all’Archivio Storico del Comune di Alghero77 si sia «quasi certamente ispirato ad un altro precedente»78: nella prima prescri-
zione si fa cenno ad una crescita della corporazione («augment de ditta conffraria») che quindi si suppone dovesse già esistere; Inoltre, in apertura, il ringraziamento con l’augurio di «salut y proffit» alle anime dei benefattori «per augment y fabrica» della cappella dei santi patroni, lascia intendere che l’associazione avesse già un luogo dove riunirsi, anche se non «sufficiente alle proprie accresciute esigenze»79. Nel 1588 viene trascritto l’antico statuto del
1570, probabilmente a sua volta copiato da uno precedente80 che potremmo far risalire alla
metà del Cinquecento (e comunque successivo a quello sassarese del 1538, da cui sicura- mente prende spunto). Si può anche pensare che la formazione originaria di un ipotetico so- dalizio precedente al 1570 comprendesse solo i picapedrers, fusters e boters e che i teulers e i mestres de stergio siano stati annessi solo nel 1570. Infatti, come si è detto, le ultime due categorie di artefici non compaiono nell’invocazione iniziale, ma solo più avanti nel testo. La struttura del documento è molto semplice: dopo l’invocazione ai santi (che riporta la data «MD setanta») si apre una breve introduzione dove appare evidente che le attività della con-
fraria ricadono sotto la completa giurisdizione del Consiglio civico. Seguono le quindici di-
sposizioni che regolano le attività degli iscritti, secondo uno schema meno sistematico di quello adottato in alcuni statuti (come quello di Barcellona)81 ma non dissimile dalla maggior
parte dei documenti redatti nelle altre città del regno82. Tutti i maestri algheresi della confra-
ternita di San Giuseppe erano tenuti, sotto giuramento, a rispettare e preservare gli ordina- menti dello statuto e si impegnavano a chiedere chiarimenti su eventuali punti oscuri ai ma-
gnifich consellers: gli unici e veri giudici della confraria83. Il Consell Civic è il protettore laico
di tutte le associazioni di mestiere di Alghero e di Sassari, mentre ha un peso di gran lunga inferiore nelle altre città della Corona84. I magnifich consellers della ciutat de l’Alguer85 sono
77 ASCA, Registro del Gremio di San Giuseppe, n. I (1570-1679).
78 A. Budruni, Gremi…, cit., in A. Mattone, (a cura di), Corporazioni…, cit., p. 407. 79 Ivi, p. 406.
80 Ibid.
81 Negli statuti di Barcellona, Cagliari e Saragozza si indica nel dettaglio la numerazione ordinale dei capitoli, oltre
al consueto schema (E Primerament, Item). Nello statuto di Cagliari vengono persino riportati alcuni brevi stralci dei Vangeli [A04]. Per un approfondimento sulle corporazioni edili a Saragozza si segnala il contributo di Javier Ibáñez Fernández pubblicato in E. Garofalo, Le arti…, cit., pp. 89-116. Nella capitale politica del regno i profes- sionisti della costruzione si riunivano in due confraternite distinte: una per i cristiani e l’altra per i musulmani.
82 Come Maiorca, Valencia, Girona, Perpignan, Palermo, Napoli e Sassari.
83 «Ells sien los vers jutges y executors de aquells», si legge nella disposizione numero 14 a proposito dei consi-
glieri. Nella quindicesima e ultima prescrizione si precisa che nessuno dei confratelli avrebbe potuto allegare ignorançia sulle regole dell’associazione.
84 Cagliari compresa.
85 Nel 1570 i cinque consiglieri della città di Alghero, come leggiamo nello statuto [A09], sono Gavj Font, Hieronim
Guyó y Duran (che abbiamo incontrato più volte nel capitolo sui tipi), Francesch Ameller, Ioan Valentii (di profes- sione notaio) e Alfonso Lo Frasso. Nel documento vengono chiamati padri (mossén).
chiamati a garantire il rispetto delle norme statutarie e partecipano attivamente, come super- visori, agli appuntamenti più importanti della confraria: l’elezione annuale delle cariche diri- genziali e gli esami degli aspiranti maestri. Esattamente come accade anche a Sassari86.
3.3.1. Cariche e mansioni
L’organigramma dell’associazione87 prevede solo due cariche elettive di durata annuale: il
presidente (majoral)88 e il tesoriere (clavary)89. Non si specifica se l’elezione prevedesse una
turnazione tra le cinque categorie di artefici o se coinvolgesse solo i due gruppi maggioritari (picapedrers e fusters) come accadeva altrove.
A differenza di molti altri statuti che indicano con precisione le mansioni di ciascuna di queste figure, nel documento algherese vengono sempre nominate in coppia (majoral y clavary) e sono entrambe responsabili della gestione amministrativa e contabile della corporazione90.
L’elezione del majoral e del clavary, a cui dovevano partecipare tutti gli iscritti «lo die del glo-
rios st. Josep», si svolgeva nella cappella dei santi patroni in presenza di uno dei consiglieri
di città e del notaio del Consiglio civico (che redigeva il verbale della seduta). Un mese dopo la scadenza del loro mandato, il majoral e il clavary dovevano «dar compte y rahò del llur
administraciò» ai “magnifici” consiglieri nella casa del Consiglio (sita nella plaça de la Ciutat).
Anche in questa occasione sotto la supervisione del notaio. La prima disposizione dello sta- tuto si chiude con la raccomandazione, in realtà piuttosto perentoria, che il majoral e il clava-
ry svolgessero i propri compiti senza alcun compenso («sens premi algun»).
L’organizzazione della confraria algherese appare piuttosto essenziale se confrontata con quella di altre città, dove spesso si eleggono più cariche di vertice91. Nella vicina Sassari
[A08], per esempio, la confraria è retta da due majorals (detti anche priors): un rappresentan- te per ciascuno dei due gruppi maggioritari92 (picapedrers e fusters). Anche qui il clavary è
86 Cfr. E. Garofalo, Le arti…, cit., p. 256. 87 Come apprendiamo dalla prima disposizione.
88 Anche per quanto riguarda le cariche dirigenziali delle confraternite, gli statuti delle diverse città dell’ambito di
studio presentano alcune differenze: i presidenti sono chiamati majorals a Sassari, Alghero e Valencia, sobrepo- sats a Maiorca, mayordomos a Saragozza, prohomens a Barcellona, majorals (ma anche prohomens e più rara- mente sobreposats) a Cagliari.
89 Spesso scritto anche clavari.
90 Nello specifico sono responsabili di gestire un’apposita cassa (caxa) contenente i denari della confraria (versati
periodicamente dagli iscritti); sono chiamati alla gestione amministrativa della corporazione, che prevede l’aggiornamento di un libro di conti (libre dels comptes); hanno il compito di custodire le scritture dell’associazione comprese «les pnt. hordinationis y los noms dels confrares»; devono inoltre riscuotere le quote stabilite dal rego- lamento («exigir les pecunies de dita confraria») per svolgere le attività religiose e garantire la mutua assistenza tra i soci.
91 A Valencia vengono eletti ogni anno quattro majorals, a Barcellona e Cagliari quattro prohomens, a Sassari due
majorals e a Maiorca due sobreposats.
92 La confraternita sassarese comprendeva, oltre ai picapedrers e ai fusters, anche i sellers (sellai) e i basters (ar-
responsabile della gestione amministrativa e in più ci sono gli obrers, con mansioni stretta- mente legate alla sfera religiosa (organizzazione della cappella e delle pratiche di culto).
3.3.2. La questione femminile nel lavoro artigiano
Un altro aspetto davvero curioso dello statuto algherese [A09], senza eguali nel mondo delle corporazioni artigiane, riguarda la figura del majoral, che risulta essere una donna: «en lo
any MD setanta essent majoral mestre Julia Scano de ditta confraria», si legge
nell’invocazione iniziale ai santi.
A proposito della questione femminile nel lavoro artigiano, sappiamo che in alcune città era prevista un’esplicita apertura alle donne. A Barcellona, Girona e perfino a Cagliari (il cui sta- tuto è di chiara provenienza catalana) le mogli dei confrares (e anche i loro figli) venivano accolte nelle corporazioni legate al mondo della costruzione e diventavano a loro volta con-
fraresses (senza l’obbligo di partecipare a tutte le attività previste)93. Se un maestro moriva,
la vedova poteva gestire la bottega fino alla maggiore età dei figli in qualità di confrares, ma non di mestre. Nella maggior parte dei mestieri, infatti, non si permetteva alle donne di parte- cipare al lavoro94. Non risulta un solo nome femminile tra tutti i picapedrers e i fusters di cui si
ha notizia nel Mediterraneo aragonese. I mestieri più diffusi tra le donne algheresi del popolo erano quelli di pastadora, fornera, sastressa, passamanera95. Nei casi peggiori, purtroppo anche i più frequenti, come raccontano i contratti di apprendistato, le donne erano impiegate sin dalla tenera età come serve (tataias) nelle case delle famiglie più facoltose96.
Per quanto riguarda invece le donne che esercitavano il mestiere di sarte, queste erano ammesse a pieno titolo nella confraria major, con diritti e doveri analoghi a quelli accordati a tutti i mastri in regola97: così recita il capo VI dello statuto della confraternita dell’Annunziata,
mostrando una sorprendente modernità sul tema, quanto mai attuale, della parificazione del