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risonanza anche nel regno di Maiorca Stesso tipo di rivolta scoppiò indipendentemente, ma per lo stesso motivo,

anche in Castiglia (1519-1523), diventando essenzialmente una protesta contro l’autoritarismo monarchico.

9 Nella prima metà del Cinquecento è documentato a Palermo Antoni Peris, un maestro di probabile provenienza

valenciana. Cfr. M. R. Nobile, La diffusione…, cit., in L. Cifuentes i Comamala, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans…, cit., p. 84.

10 Cfr. E. Garofalo, Le arti…, cit., p. 26, nota 18; cfr. M. R. Nobile, Volte in pietra. Alcune riflessioni sulla stereoto-

mia tra Italia Meridionale e Mediterraneo in età moderna, in M. R. Nobile, (a cura di), La stereotomia in Sicilia e nel Mediterraneo. Guida al museo di palazzo La Rocca a Ragusa Ibla, Palermo, Caracol, 2013, p. 26.

11 M. R. Nobile, La cattedrale di Alghero. Note e ipotesi sul primo progetto, in Lexicon. Storie e architettura in Sici-

lia e nel Mediterraneo, 14-15 (2012), p. 21. Al momento non si conosce il nome del maestro della cattedrale all’epoca dell’inizio dei lavori. Conosciamo solo il nome del mestre mayor de la Seu algherese nel 1581, verso la fine dei lavori (quando il progetto aveva già subito modifiche sostanziali). Si tratta del picapedrer Joan Calvo, che si avvaleva della collaborazione del fratello Giacomo. Cfr. A. Sari, F. Segni Pulvirenti, Architettura…, cit., p. 119.

12 Cfr. A. Zaragozá Catalán, Arquitecturas…, cit., in A. Zaragozá Catalán, E. Mira, (a cura di), Una arquitectura…,

cit., vol. I, p.109; cfr. M. R. Nobile, La diffusione…, cit., in L. Cifuentes, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans…, cit., p. 82.

vamente figlio e cugino di Guillem), Bartolomeu Prats, Bartolomeu Vilasclar, Mateu Forci- manya, Gil de Luna e Pere Joan. Tutti sotto la regia del più celebre tra gli architetti maiorchi- ni, Guillem Sagrera. Il cantiere multietnico di Castel Nuovo sarà un’incredibile occasione di interscambi tra maestri catalani, maestri cavesi (tra cui Onofrio di Giordano)13 e maestri co-

me Francesco Laurana14 e Domenico Gagini: ambasciatori dei nuovi modelli all’antica con

cui Alfonso sceglie di innalzare un grandioso arco monumentale d’ingresso, per esaltare il suo trionfo e quello della Corona d’Aragona.

4. Napoli, Castel Nuovo: l’ingresso principale con l’arco di trionfo di Francesco Laurana e Domenico Gagini.

Non è questa l’unica occasione in cui il sovrano promuove l’incontro tra culture diverse15: una

tendenza che favorirà, soprattutto in area campana, una sempre più intensa sintesi di lin- guaggi con risultati di grande livello. Ricapitolando, la mobilità delle maestranze catalane è quindi veicolata dagli spostamenti della corte, dei suoi dignitari e dei mercanti, che sono spesso i committenti più facoltosi.

13 Per avere un’idea della fama raggiunta da Onofrio di Giordano e dai maestri cavesi tra i contemporanei, si ri-

porta un passo della novella XIX del Novellino di Masuccio Salernitano: «[…] nel tempo ch’el famoso maestro Onofrio de Iordano avea pigliata l’impresa del mirabile edificio del Castello Nuovo, la maior parte de’ maestri e manipuli de la Cava se conduceano a Napoli, per lavorare a la ditta opera». Si confronti A. Ghisetti Giavarina, Onofrio di Giordano, in E. Garofalo, M. R. Nobile, (a cura di), Gli ultimi…, cit., pp. 45.

14 Scultore e architetto di origini dalmate che avrà un ruolo di primo piano nella diffusione dei canoni estetici del

Rinascimento a Napoli, in Sicilia e anche in Francia.

15 Infatti, nel giro di pochi anni, creerà intorno a sé una straordinaria corte di umanisti, pur non rinunciando mai ai

Ecco allora che si registra una forte concentrazione di architetture legate a modelli propri del Levante iberico in città come Napoli, capitale e sede della casa regnate; Carinola, dove Al- fonso possiede una residenza secondaria e anche altri nobili edificano le proprie abitazioni; Fondi, contea di Onorato II Caetani, protonotario del regno di Ferrante d’Aragona; Capua, dove molti ricchi mercanti costruiscono le loro dimore, indubbiamente attratti dai frequenti soggiorni in città del sovrano e della sua favorita Lucrezia d’Alagno16; Sessa Aurunca, ducato

della nobile famiglia napoletana dei Marzano17, legata a doppio filo con la casa regnante do-

po il matrimonio di Marino Marzano con Eleonora d’Aragona (figlia naturale di Alfonso); Sira- cusa, sede della Camera Reginale e assegnata come dotario18 alle sovrane, che spesso ri-

siedono in città con tutto il codazzo di funzionari, nobili, magistrati speciali e naturalmente ricchi mercanti; Palermo e Alghero, rispettivamente al primo e al secondo posto per impor- tanza commerciale nella cosiddetta “rotta delle isole”19. Sulla scia di incarichi prestigiosi ritro-

viamo quindi Mateu Forcimanya a Fondi, Carinola e Sessa20, Pere Joan a Carinola e Capua,

Guillem Vilasclar e Pere Vilasclar ad Alghero21. Per limitarci a pochi esempi22. Eccetto Pere

Joan tutti i maestri elencati sono maiorchini: quasi sempre personalità di grande esperienza, che prima di sbarcare nelle nuove colonie d’Aragona avevano già portato a termine incarichi di primo piano in patria o in altre città del Levante iberico23.

16 Spesso ospitati nel palazzo di Francesco Antignano, cognato della nobildonna.

17 La famiglia Marzano era padrona all’epoca di buona parte della Terra di Lavoro (regione storico-geografica

dell’Italia meridionale, oggi suddivisa tra Campania, Lazio e Molise).

18 Di origine molto antica e assai diffuso presso i popoli franchi e germanici, il dotario è stato probabilmente intro-

dotto nell’Italia del Sud da Ruggero I (1060-1101) e consisteva nell’assegnare terre alle spose.

19 Per un quadro generale su tutti i centri citati, si segnalano i nove volumi in cui sono pubblicati gli esiti della r i-

cerca nazionale, co-finanziata dal MIUR nel 2004, finalizzata alla costituzione di un “Repertorio dell’architettura catalana” (coordinatore nazionale Cesare Cundari): C. Cundari, (a cura di), L’architettura di età aragonese nell’Italia centro-meridionale, Roma, Edizioni Kappa, 2007.

20 Cfr. A. Ghisetti Giavarina, Il regno…, cit., p. 336; cfr. A. J. Vicens, Viajes formativos de artistas entre Cerdeña y

Mallorca a finales de la Edad Media, in Hortus Artium Medievalium, vol. 20/1, 2014, p. 383.

21 Cfr. A. Juan Vicens, Viajes…, cit., p. 384.

22 Troviamo ancora: Antoni Sagrera a Gaeta; Joan Sagrera, Vincenç Sagrera, Martí Creix, Joan Casada, Pere

Vilasclar e Guillem Abiell a Palermo; Guillem Clergue a Cagliari. Si vedano: A. Juan Vicens, Viajes…, cit., p. 383; cfr. M. R. Nobile, La diffusione…, cit., in L. Cifuentes i Comamala, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans…, cit., p. 79 e 82; cfr. M. R. Nobile, Maestri del Levante iberico nella Sicilia del Quattrocento, in Kalòs, anno XVIII, 2 (2006), pp. 8-11. Negli anni venti del Quattrocento lavora a Palermo nella fabbrica della cat- tedrale anche il catalano Nicolau Comes di Barcellona. Il celebre architetto catalano Guillem Abiell, uno dei pochi maestri che si contendevano il mercato edilizio barcellonese all’epoca di Arnau Bargués (l’architetto del potere), si trasferisce a Palermo nel 1419, forse per lavorare alla fabbrica della cattedrale, ma morirà appena l’anno dopo. Alcune innovative costruzioni si possono comunque ricondurre all’epoca della sua breve permanenza siciliana. Cfr. M. R. Nobile, La diffusione…, cit., in L. Cifuentes i Comamala, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans…, cit., p. 82.

23 Per fare qualche esempio: Guillem Sagrera si distingue a Perpignan, come magister operis della cattedrale,

prima ancora che a Palma; Pere Joan lavora a Barcellona nientemeno che con Marc Safont nel palazzo della Generalitat; Joan Casada si porta dietro un ricco corredo di esperienze maturate nei grandi cantieri valenciani

Il XV secolo è sicuramente un’età d’oro per gli architetti maiorchini24, abilissimi picapedrers,

apprezzati e richiesti in tutto il regno, disponibili a spostarsi con una grande facilità, parago- nabile solo alla naturalezza con cui si muovevano i maestri cavesi e ticinesi.

Per il momento si sono descritte le traiettorie professionali delle maestranze catalane, i tempi, i modi e le ragioni dei loro spostamen- ti. Ma, come è prevedibile, la mobilità degli artefici non è monodirezionale e le direttrici possono essere anche opposte o del tutto

nuove. Numerosi operatori provenienti

dall’ambito “italiano”, soprattutto dalle isole, sono documentati a Barcellona, Valencia, Palma di Maiorca, o in altre città del Mediter- raneo. Le motivazioni che spingono questi artefici ad allontanarsi per periodi più o meno lunghi dai luoghi natii sono essenzialmente di due tipi: lavoro o formazione.

Per quel che concerne il primo aspetto si può portare l’esempio dei numerosi ingegneri sici- liani impegnati, per tutto il XV secolo, nella progettazione di porti a Barcellona, Napoli, Dubrovnik, Genova25, in virtù della specializ-

zazione acquisita in questo specifico setto- re26. I documenti ci informano anche di pa-

recchi sardi (soprattutto algheresi) in trasferta per motivi di lavoro e, a giudicare dai dati disponibili, sembra che le loro destinazioni privile- giate siano Maiorca e la Sicilia. Si tratta sempre di uomini adulti: costruttori già abilitati all’esercizio della professione (mestres), o semplici lavoranti (obrers27).

L’allontanamento dalle terre d’origine può essere motivato anche da un viaggio di formazione da compiersi in età giovanile per imparare il mestiere (apprendistato), oppure in età più ma-

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