• Non ci sono risultati.

1. I territori della Corona d’Aragona: l’ambito iberico e l’ambito “italiano”.

NAPOLI CAGLIARI PALERMO PALMA DI MAIORCA BARCELLONA VALENCIA SASSARI ALGHERO SIRACUSA GAETA CARINOLA

4. Mobilità delle maestranze e interscambio di artisti

Già dalle prime battute di questo studio si è descritto il Mediterraneo aragonese come un quadro cangiante, dalle sfumature più varie, fatto di veloci interscambi e segnato da una fitta rete di connessioni di natura commerciale, militare e culturale. Si muovono dignitari, luogote- nenti, mercanti, artigiani, militari, pittori, scultori, architetti e, tra questi, anche maestri di chia- ra fama. L’intrico delle rotte è minuziosamente tracciato nelle carte nautiche d’epoca: veri e propri portolani, come quello realizzato nel 1561 a Messina dal cartografo maiorchino Jaume Olives1, dove sono riportati centinaia di toponimi con interessanti vedute di città impreziosite

da ricercate decorazioni. La traiettoria professionale dello stesso Olives2 esemplifica perfet-

tamente questa mobilità ad ampio raggio che investe le città portuali del Mediterraneo e ri- guarda anche il settore di nostro interesse: il movimento degli operatori del mondo della co- struzione tra XV e XVI secolo è infatti un fenomeno ormai accertato3.

Proviamo a fare il punto della situazione tenendo in considerazione alcune variabili: cambia- no le ragioni che stanno alla base degli spostamenti, così come variano la direzione e l’intensità delle migrazioni nel tempo4.

2. Jaume Olives, Carta nautica del Mediterraneo, 1561, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

1 La carta nautica pergamenacea è conservata nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma con la seguente col-

locazione: Carta nautica 3. Per un quadro generale sulla scuola cartografica di Maiorca e in particolare sulla figu- ra di Jaume Olives si veda: E. García Camarero, La escuela cartografica de Mallorca, in Revista General de Ma- rina, tomo 157, Julio, 1959, pp. 10-22.

2 Jaume Olives lavora a Maiorca, Marsiglia, Messina, Napoli, Barcellona, per poi rientrare in patria.

3 Cfr. E. Garofalo, Le arti…, cit., p. 29. A proposito della mobilità nel Mediterraneo aragonese si veda anche: A.

Juan Vicens, Influencias artísticas e intercambio de artistas entre Nápoles, las islas occidentales itálicas y las islas orientales hispánicas, in Miscelánea Medieval Murciana, XXXIV (2010), pp. 33-43.

4 M. R. Nobile, La diffusione dei modelli catalani nell’architettura del Mediterraneo (XIV-XV secolo), in L. Cifuentes

i Comamala, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans a la Mediterrània medieval. Noves fonts, recerques i perspectives, Roma, Viella, 2015, p. 79.

I ripopolamenti integrali (o quasi) dei territori conquistati dalla Corona (come quelli avviati in Sardegna e soprattutto ad Alghero ai tempi di Pietro IV) sono certamente tra i motivi che spingono le maestranze catalane a prendere il largo verso questi luoghi. A volte vi si inse- diano stabilmente, persuase da ricchi pacchetti di privilegi, altre volte sono di passaggio per svolgere incarichi specifici che richiedono la loro professionalità (spesso per realizzare co- perture a crociera o scale). È ovvio che l’arrivo simultaneo, nelle principali città sarde, di un gran numero di artefici provenienti dal Levante iberico abbia favorito più che altrove l’assimilazione di idee e modelli della madrepatria, con modalità che si cercherà di chiarire più avanti.

La contrazione del mercato del lavoro, dovuta a sfavorevoli congiunture economiche o allo scoppio di un conflitto interno, è un altro dei motivi che favoriscono lo spostamento delle maestranze in diversi territori del regno. La guerra civile catalana5 (1462-1472) sconvolge gli

equilibri della Corona (già in parte minati dal periodo di interregno e dal compromesso di Ca- spe6) e coincide con una profonda crisi interna che, pochi anni dopo (nel 1479), porterà

all’unione delle Corone di Castiglia e di Aragona. Com’è prevedibile anche il mondo del lavo- ro subisce profondi cambiamenti, a cui vanno sicuramente ricondotti movimenti rilevanti di artefici in cerca di un clima più favorevole7.

Anche la rebelión de las Germanías8 (ribellione delle confraternite artigiane), scoppiata nei

regni di Valencia e Maiorca (tra il 1520 e il 1522), può aver causato un ulteriore afflusso di

5 La guerra civile catalana fu un conflitto armato tra il re Giovanni II d’Aragona, conte di Barcellona e la Generali-

tat (municipalità), per il controllo politico del Principato. Gli scontri, scoppiati in Catalogna, interessarono subito anche l’Aragona e, a poco a poco, coinvolsero eserciti francesi, castigliani e angioini, protraendosi per circa dieci anni. La guerra si concluse con la riconquista finale del regno d’Aragona e del principato di Catalogna da parte di Giovanni II (che dovette però cedere alla Francia le contee di Rossiglione e Cerdagna). Fu essenzialmente uno scontro politico tra due modelli opposti di governo: la monarchia e l’oligarchia. L’istituzione municipale uscì estre- mamente danneggiata dal conflitto perdendo gran parte della sua autorevolezza e la città di Barcellona non sarà più la potenza commerciale e politica di prima.

6 Quando la Corona, nel 1412, passa nelle mani di Ferdinando I de Antequera, nipote di Pietro IV ma appartenen-

te alla famiglia di origine castigliana dei Trastámara.

7 Emanuela Garofalo spiega l’introduzione del mestiere dei mestres de cases nello statuto della città di Girona nel

1480 con «un consistente afflusso di maestri da Barcellona, in concomitanza con la guerra civile conclusasi pochi anni prima». La corporazione della città di Girona comprendeva, sin dalle origini (1419), i picapedrers, i fusters e i ballestrers. I mestres de cases entreranno nell’associazione solo nel 1480. Come sappiamo, invece, la corpora- zione barcellonese comprendeva i mestres de cases e i molers. Allo stesso modo, Marco Rosario Nobile ritiene probabile l’ipotesi che una nuova ondata di maestri catalani sia approdata in Sicilia dopo la guerra civile, conside- rando che i grandi palazzi costruiti sul finire del Quattrocento a Palermo, all’epoca del Carnilivari (anni Ottanta e Novanta), «sono la più singolare e forte risposta offerta dal cantiere locale all’invadenza dei nuovi modelli italiani, quelli che stavano ormai conquistando Napoli». M. R. Nobile, La diffusione…, cit., in L. Cifuentes i Comamala, R. Salicrú i Lluch, M. Viladrich i Grau, (a cura di), Els catalans…, cit., p. 83.

8 Gli artigiani del regno di Valencia ottennero da Ferdinando il Cattolico il privilegio di formare milizie armate

(Germanías, da germà che significa fratello in valenciano) per lottare, nel caso si fosse presentata la necessità, contro le flotte barbaresche. Questa possibilità rese ancora più cruenta la ribellione delle confraternite artigiane che scoppiò nel 1520 durante il regno di Carlo I, per protesta contro le imposte troppo elevate. Il conflitto ebbe

maestri nel Sud della penisola italiana, in Sicilia9 e anche in Sardegna. A questo proposito, si

ritrovano soluzioni assimilabili a temi valenciani in alcune chiese di Cagliari, Iglesias e Alghe- ro10 e risulta di grande interesse l’ipotesi di Marco Rosario Nobile che, nel rintracciare un

possibile identikit dell’ignoto maestro della cattedrale di Alghero, suggerisce possa trattarsi di un artefice che «abbia avuto contatti con l’orbita valenciana, forse arricchiti, prima di giunge- re in Sardegna, da altri percorsi»11.

A questa fitta rete di interscambi, va aggiunto che il travaso di idee e modelli da una città all’altra della Corona segue anche il passo dei trasferimenti della corte12. Il 26 febbraio 1443

Alfonso V d’Aragona entra trionfalmente a Napoli (dopo sette mesi di assedio) e non rientre- rà mai più in patria malgrado i richiami della moglie, Maria di Castiglia, che da questo mo- mento in poi governerà i possedimenti spagnoli insieme al cognato Giovanni.

3. Francesco Rosselli (attr.), Tavola Strozzi, 1472, Napoli, Museo di San Martino. La tavola raffigura la città e il porto di Napoli con il molo Grande in primo piano e il Castel Nuovo in secondo piano.

Castel Nuovo nasce sulle rovine di quella che era stata la reggia della vinta dinastia angioina e Alfonso non baderà a spese per mettere in piedi un castello degno della sua corte. Arriva- no a Napoli, per lavorare alle nuove fabbriche reali, alcuni tra i migliori picapedrers e mestres

de cases di tutto il Levante iberico, in gran parte da Maiorca: Jaume e Joan Sagrera (rispetti-

Outline

Documenti correlati