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di scavo condotta tra il 2008 e il 2009 da Marco Milanese) ci fornisce un importantissimo “archivio biologico della

città” e ci racconta anche della terribile peste di fine Cinquecento: sono state infatti rinvenute sepolture collettive “a trincea” riferibili alla violenta epidemia (interpretazione pienamente confermata dalle analisi di laboratorio). Per approfondimenti: M. Milanese, Alghero…, cit., pp. 115-148.

83 Quasi tutti i notai, tra cui lo stesso Simon Jaume che abbiamo incontrato più volte. 84 Cfr. T. Budruni, Breve…, cit., vol. 2, p. 67.

2.3.1. La juharia di Alghero

Il quartiere ebraico, la juharia (chiamata anche kahal ad Alghero), è sicuramente un’altra porzione di città dove nel Quattrocento avremmo potuto ammirare una discreta concentra- zione di palaus nobiliari. In quell’intrico di strade, case, patis descoberts (cortili scoperti) che si estendeva tra il Castellaç, la sinagoga, la chiesa di S. Maria e il palazzo Carcassona, quest’ultimo non era certo l’unico palau, eppure è il solo che ci rimane oggi: sicuramente era il più importante, ma altre illustri famiglie ebraiche, come i Cohen, i Marna e i Lunell si trova- vano più o meno allo stesso livello dei Carcassona85 ed è improbabile che le loro abitazioni

non riflettessero il loro stesso prestigio.

39-40. Alghero: planimetria generale e veduta aerea zenitale del centro storico allo stato attuale. In alto a sinistra (nel tondo) si vede chiaramente la piccola penisola naturale dove sorge il primo insediamento doriano e poi si sviluppa il quartiere ebraico.

41. Alghero: fotografia aerea di una porzione del centro storico con la juaharia (nella penisola a sinistra), il porto e il bastione della Maddalena (all’estrema destra).

85 Cfr. G. Olla Repetto, La presenza ebraica in Alghero nel secolo XV attraverso una ricerca archivistica, in A.

Buona parte del quartiere ebraico è letteralmente sepolta sotto il seicentesco complesso conventuale delle monache isabelline (monastero e chiesa di S. Chiara) e per giunta la sina- goga sarebbe stata cancellata dalla chiesa di S. Croce86 (a sua volta del tutto scomparsa).

Intorno alla metà del Seicento, quindi, con una vasta operazione immobiliare, gestita da Dio- nis Soredas87 (canonico della cattedrale di Alghero), vengono prima acquisiti e poi demoliti

numerosi edifici dell’ormai ex quartiere ebraico e si procede alla chiusura di alcune strade88

che prima si estendevano fino ai bastioni nord-occidentali (carrer de Sant Elm, carrer de les

Monges e carrer de Santa Creu) per fare spazio alle imponenti strutture del monastero fem-

minile, da tempo atteso ad Alghero. È ormai trascorso quasi un secolo e mezzo dall’editto di espulsione del 1492 e il quartiere sta attraversando un periodo di forte decadenza, con rovi- ne di edifici fatiscenti (case cajgudas, desfatas e derrocadas89), abbandonati da quelle fami-

glie ebraiche (la maggior parte) che avevano rifiutato la conversione e quindi l’unica possibili- tà di restare.

Sono ormai tramontati i tempi della vivacissima aljama di Alghero, seconda solo a quella di Cagliari tra le comunità ebraiche della Sardegna medievale. Gli ebrei algheresi erano ben in- tegrati in città, i rapporti con i cristiani erano assolutamente normali90 e i confini del quartiere

erano sfumati, secondo il modello di assenza di segregazione91. Molte famiglie (30-40 circa)

provenivano direttamente dalla madrepatria, in massima parte da Maiorca92, dopo aver ac-

colto come un’opportunità la proposta di ripopolamento di Pietro IV. Altri nuclei, originari del Sud della Francia (Provenza e Linguadoca) come i Carcassona e i Lunell, si insediano in due ondate successive: la prima intorno al 1370, la seconda nei primi anni del XV secolo, quando l’aljama algherese arriva a contare 700-800 unità, raggiungendo la sua massima espansio- ne. I documenti riferiscono di una comunità articolata con una variegata stratificazione socia- le93 che includeva artigiani, sarti, corsettai, librari e corallai, ma anche procuratori, fideiussori,

86 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 90. Durante lo scavo di archeologia urbana eseguito presso la chiesa di S.

Croce, è stata rinvenuta una scala che, secondo Marco Milanese, potrebbe essere una traccia archeologica del bagno rituale (mikve) della sinagoga di Alghero.

87 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 108. 88 Ivi, p.103.

89 G. Oliva, G. Paba, La struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., pp. 353-354. Oltre ai

ruderi delle abitazioni abbandonate dagli ebrei (nel 1492) e mai più rioccupate, si trovavano numerosi edifici in rovina anche nelle zone più marginali della città presso l’ort de Mas e il carrer dell’Argiola: gli orti urbani nel setto- re meridionale di Alghero, dove si trovava un’altissima concentrazione di abitazioni assai modeste, di edilizia ru- stica.

90 Sulle relazioni tra ebrei e cristiani ad Alghero si vedano: G. Olla Repetto, La presenza…, cit., in A. Mattone, P.

Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 154; C. Tasca, Gli Ebrei…, cit., p. 132. Alfonso V d’Aragona, nel 1432, con- cede agli ebrei di Alghero gli stessi privilegi goduti dai cristiani. Concede loro anche di avere un foro distinto e di essere esentati dall’ascolto delle prediche.

91 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 89.

92 Come concordano gli studiosi. Cfr. G. Olla Repetto, La presenza…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di),

Alghero…, cit., p. 151.

prestatori, medici, ufficiali regi e un gran numero di mercanti con un ruolo di prim’ordine nel commercio del corallo e in quello degli schiavi. Gente modesta, quindi, ma anche persone che avevano guadagnato posizioni di spicco in città, che potevano vantare uno status sociale e un prestigio invidiabili. Famiglie ricche a tal punto da potersi permettere di finanziare ripetu- tamente le casse reali (vuote, il più delle volte) e che per questo vengono ricompensati con importanti concessioni regie e privilegi ad personam. Basti solo pensare che gli ebrei di Al- ghero erano esentati dal pagamento dei diritti della dogana reale94.

L’alto tenore di vita dei personaggi più influenti traspare anche da una lunga serie di atti re- datti nel corso di tutto il Quattrocento che documentano continue migliorie, espansioni e tra- sformazioni di abitazioni nel quartiere ebraico. Il mostassaf e i suoi assistenti, dopo un atten- to sopralluogo, dovevano valutare se concedere o meno di apportare le modifiche richieste. Così nel 1441 Lunello de Lunell può abbattere e poi ricostruire un’abitazione con giardino si- ta alla fine del carrer de Bonaire, vicino alla sinagoga; Samuele de Carcassona95 è addirittu-

ra autorizzato a chiudere il vicolo dove si affacciano le sue proprietà; Salomone de Carcas- sona96, detto anche lo Nin, nel 1468 ha il permesso di ampliare la propria dimora «sita dalle

parti della Pescatoria97 […] di 12½ palmi di canna di Montpellier»98, l’unità di misura lineare

utilizzata per tutto il Cinquecento (come testimoniano gli atti notarili e le Ordinazioni sull’ufficio del mostassaf di Alghero del 152699).

Giacomo Cohen, mercante tra i più ricchi e influenti della città, proprio in virtù della sua in- fluenza riesce ad evitare (nel 1459) la demolizione del suo enorme palazzo, costruito a ri- dosso delle mura. Risulta che la casa fosse «tanto alta da sembrare una fortezza e costituire un pericolo per la sicurezza della città»100, visto e considerato che non rispettava affatto le

disposizioni in materia di edilizia, secondo cui era assolutamente vietato accostare alle mura cittadine la propria abitazione101. I Cohen, non solo eludono il pericolo di veder abbattuta la

94 Cfr. C. Tasca, Ebrei e società in Sardegna nel XV secolo. Fonti archivistiche e nuovi spunti di ricerca, Firenze,

Giuntina, 2009, p. XLIII, nota 121.

95 Intorno alla metà del XV secolo, Samuele de Carcassona era (insieme a Jacob Cohen) segretario dell’aljama di

Alghero. Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 90.

96 Salomone de Carcassona, meglio conosciuto come Nino (lo Nin), fece più volte prestiti ingenti alla Corte. Era

certamente il più “chiacchierato” della famiglia Carcassona: nel 1466 fu accusato di essersi unito carnalmente con una cristiana e di aver praticato l’usura. Nel 1473 il sovrano Giovanni II, per ricompensarlo dei servigi (economici) resi alla Corte, concesse la cancellazione dei crimini commessi, a lui e ai suoi parenti più prossimi. Si confronti: C. Tasca, Ebrei…, cit., p. XLV, note 130-131.

97 Davanti al pou Salit (pozzo salato), nell’odierna via Manno, fino al XV secolo si svolgeva il commercio del pe-

scato. Per questo motivo, la via, nel Cinquecento, si chiamerà carrer de la pescaderia vella (via della pescheria vecchia).

98 Cfr. C. Tasca, Ebrei…, cit., p. XLII. Un palmo di Montpellier equivale a 1,987 m. 99 Cfr. B. Tavera, G. Piras, (a cura di), Libre…, cit., p. 213, cap. XII.

100 Cfr. G. Olla Repetto, La presenza…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 156.

101 Cfr. B. Tavera, G. Piras, (a cura di), Libre Gran…, cit., p. 309. A proposito del divieto di accostare la propria

casa alle mura della città, si legge: «De atans in muro civitatis. Item, quo nemo habeat atans in muro civitatis Bar- chinone, nisi cum pariete biritega, nisi faciam cun voluntate eius cuius est murus».

loro dimora (il vicario aveva già ordinato la demolizione), ma ottengono incredibilmente la concessione di ampliarla. Di questo palazzo così grande non ci rimane assolutamente nien- te, ma il fatto che si trovasse proprio a ridosso della muraglia può indurci a pensare che sia stato cancellato dalle strutture del complesso di S. Chiara che, come già visto, nel 1600 stra- volgono l’assetto urbanistico del quartiere.

In effetti, lo scavo di emergenza condotto nel 2008 dall’equipe del prof. Marco Milanese in una porzione del quartiere ebraico102 ha portato alla luce parte di un’abitazione con un’ampia

corte porticata di circa 100 m², che secondo lo stesso Milanese può essere ricondotta ad una committenza privilegiata103 (Cohen, Carcassona, Marna, Lunell).

Solo il palau di Nino Carcassona nel

carrer de S. Elm (oggi via S. Erasmo)

riesce a sopravvivere, con fatica, alla parabola discendente della juharia di Alghero. Si conserva a dispetto delle sopraelevazioni, delle molteplici ristrut- turazioni interne e degli improbabili pannelli liberty, dipinti con vivaci motivi geometrici, che dagli anni Venti del No- vecento ne scandiscono la facciata. Sul paramento in conci ben squadrati di arenaria rimane il quattrocentesco por- tale “adovellato” (fig. 43), in posizione decentrata sul lato destro del prospetto e in ottimo stato, oltre ai residui delle quattro bifore gotiche (fig. 44) del piano nobile (una è nascosta dietro il grande pannello liberty sopra il portale). Il patio loggiato, da cui si sviluppava la scala scoperta con accesso diretto al salone di rappresentanza, è andato completa- mente distrutto. Al suo posto, un vano scala a tre rampe (intorno ad un ascensore centrale) e una serie di mini appartamenti che prendono luce da un’ampia chiostrina [B08]. Il bel palazzo della famiglia Carcassona (così come quello dei De Ferrera) per tutto il Quattrocento ospita personaggi illustri, governatori e procuratori reali104 in visita ufficiale o privata in città.

102 In occasione dei lavori di conversione del sito in complesso universitario, destinato alla sede della Facoltà di

Architettura dell’Università degli Studi di Sassari.

103 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 107.

104 In Sardegna, il procuratore reale è il rappresentante personale del re, secondo solo al viceré, ma di fatto suo

pari.

42. Alghero, monastero delle Isabelline (cortile dell’Ospedale Vec- chio): lo scavo del quartiere ebraico. In basso a destra, il pozzo di un’abitazione dove sono stati rinvenuti numerosi reperti ceramici.

Dopo l’editto di espulsione, non appena Nino Carcas- sona decide di allontanarsi dall’isola, la sua dimora viene requisita dalla Corona per poi diventare, a quanto pare, palau Reial105.

Tutti i suoi discendenti decidono invece di convertirsi al cristianesimo e la storia di Alghero del Cinquecento vedrà ancora i Carcassona mantenere gli antichi privi- legi ereditari sulla dogana e sulle saline reali e rivestire importanti cariche ecclesiastiche106.

Il nome di questa celebre casata doveva essere ancora altisonante alla fine del XVI secolo, se addirittura il car-

rer del Portal de la mar (proprio di fronte a una delle

due porte della città, quella a mare) in alcuni documenti viene chiamato anche carrer de las duaneras (via delle doganiere), perché in quella strada sorgeva la casa «de las germanas Carcassona ditas las duaneras»107, proprio di fianco alla Duana Real. La Dogana Reale è il tramite perfetto per addentrarci nella realtà tipicamente

commerciale dell’Alguer in epoca catalana.

44. Alghero, palau Carcassona: nel prospetto in conci squadrati di arenaria, a livello del piano nobile, sono visibili i frammenti di tre bifore di scuola catalana (la quarta è nascosta dietro il pannello liberty sopra il portale).

105 Cfr. C. Tasca, Gli Ebrei…, cit., p. 133.

106 Cfr. M. Milanese, Alghero…, cit., p. 112; Cfr. C. Tasca, Ebrei…, cit., p. XLV.

107 «Delle sorelle Carcassona dette le doganiere». G. Oliva, G. Paba, La struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna,

(a cura di), Alghero…, cit., p. 355.

43. Alghero, via S. Erasmo, quartiere ebraico: il grande portale adovellado del palau Carcasso- na (poi palau Reial), prima metà del XV secolo.

2.4. I palazzi a porticales

Si è evidenziata più volte la duplice natura militare e commerciale di Alghero che nasce cer- tamente come castrum, fortezza, piazzaforte strategica (politica ed economica) ma poi si svi- luppa come centro mercantile di una certa importanza, contemplato in tutte le rotte mediter- ranee della Corona d’Aragona. Si è visto come la città, specie tra Quattrocento e Cinquecen- to, abbia assunto un vivace aspetto cosmopolita, con un’area portuale che guardava lontano. È proprio il porto l’anima di questo crocevia di popoli, lingue e culture, con un viavai di merci che andavano e venivano. Si importavano soprattutto spezie, zucchero, riso, frutta esotica, stoffe, capi di abbigliamento, utensili di ogni genere che arrivavano sulle navi catalane, pro- venzali e genovesi; si esportavano in grande quantità cereali, formaggi, vino, pelli e natural- mente corallo108.

Come ogni città mercantile che si rispetti anche Alghero aveva la dogana dove transitavano tutte le merci in entrata e in uscita, sita davanti alla porta del Mare, nella piazza del Pou Vell; non mancava il cantiere navale, organizzato intorno all’area chiamata Hort de la Da-

raçana109, dietro la casa del Consiglio non lontano dal porto; si contavano decine e decine di

attività commerciali, botteghe con le caratteristiche tendas, taverne, negozi di ogni genere (carniceria, pescaderia) ma anche farmacie, come quella di Lleonart Meloni che esponeva quasi tutti gli intrugli e medicamenti usati all’epoca: sciroppi (di mirto, cicoria, rabarbaro), di- stillati, conserve di frutta, erbe, pillole, unguenti (come quello per «curar mal françes»), l’“olio di scorpione” e il “sangue di drago”110.

In un contesto così dinamico si inserisce perfettamente un altro tipo edilizio in uso ad Alghero per committenti di livello medio- alto. Si tratta dei palazzi a porti-

cales: ampiamente diffusi in tut-

te le città a vocazione mercanti- le dell’Europa mediterranea e caratterizzati da una loggia sor- retta da colonne in pietra lavora- ta che si affaccia sul fronte stra- da. Ad Alghero, nei secoli in esame, i porticati sono prevalentemente a tre fornici e presentano pilastri poligonali con archi a sesto ribassato (di analoga sezione) e capitelli a motivi fitomorfi. Gli ambienti al piano terra,

108 Cfr. T. Budruni, Breve…, cit., vol. 2, p. 49.

109 Forma arcaica del catalano drassana che significa cantiere navale (da non confondere con darsena). Cfr. G.

Oliva, G. Paba, La struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., pp. 355.

110 Cfr. T. Budruni, Breve…, cit., vol. 2, p. 53.

45. “Ciudad di Larghè in Sardegna” (1677 circa), disegno del cavaliere G. Fab- broni dell’Ordine di Santo Stefano (Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze).

filtrati dal porticato esterno, possono essere adibiti alla vendita o al ricovero delle merci. Si tratta di un tipo specialistico di natura portuale-mercantile con funzioni analoghe a quelli che si incontrano nelle repubbliche di Genova e Pisa già tra il XIII e il XIV secolo: le “case- fondaco” o “case-silos”, chiamate impropriamente “case-torri”, che della torre hanno solo l’altezza111. Ad Alghero gli edifici con loggia al piano terra su strada si concentravano preva-

lentemente nelle vie commerciali (carrer des Mercaders), là dove si trovano le botteghe, i depositi dei forestieri, le attività e le dimore dei mercanti. Oggi ne rimane solo un esempio in via Roma (già carrer de Montilleo) con portico murato al piano terra e i frammenti di tre bifore di scuola catalana, databili tra il XV e gli inizi del XVI secolo, al piano nobile.

46. Alghero: la loggia a tre fornici di palazzo Peretti nell’antica carrer de Montilleo. In epoca catalana le principali vie commercia- li, dette vie dei mercanti (carrers des mercaders), erano il carrer de Montilleo e il carrer de San Francesch (poi detta anche car-

rer Major). Gli antichi toponimi catalani corrispondono rispettivamente alle attuali via Roma e via Carlo Alberto.

L’edificio, più volte rimaneggiato e sopraelevato, è conosciuto come palazzo Peretti [B04], dal nome della famiglia originaria della Corsica che lo acquista nella seconda metà del Set- tecento e ne conserva tuttora la proprietà112. Entro il fornice centrale campeggia lo stemma

araldico dei Peretti (paladini dell’indipendenza corsa113) ma in principio il palazzo doveva es-

111 Cfr. G. Caniggia, G.L. Maffei, Composizione architettonica e tipologia edilizia: lettura dell’edilizia di base, vol. I,

Venezia, Marsilio, 1979, p. 102.

112 Cfr. L. Deriu, Alghero…, cit., p. 76.

sere una delle dimore della famiglia di origine ebraica dei Guyó y Duran114. Nell’inventario dei

beni del magnific Hieronim Guyó y Duran [A10], redatto ancora una volta dal notaio Simon Jaume (1571), si legge che l’abitazione del defunto era situata nel carrer de Montilleo, confi- nava con la casa degli eredi del magnific Miguel Duran ed era circondata da taverne di lato e di fronte. Gli ambienti interni (una sala, due camere, uno studio e una cucina) si distribuivano su due livelli. La casata dei Guyó y Duran nasce dopo il 1492 con la conversione del farma- cista ebreo Jsach Durant che sceglie come nome di battesimo Giovanni115. Un suo discen-

dente verrà nominato cavaliere da Carlo V in persona, nel 1541, durante la breve permanen- za dell’imperatore ad Alghero.

In epoca catalana i palazzi porticati di Alghero dovevano essere molti di più, se si pensa che anche la Dogana Reale aveva uno schema analogo, come emerge dal progetto di restauro firmato nel 1728 dall’ingegnere militare sabaudo Antonio Felice De Vincenti. All’epoca l’edificio, ormai convertito in sala d’armi, presentava ancora una loggia a tre fornici sorretta da colonne sul fronte strada e quattro bifore ogivali nel secondo ordine della facciata, sepa- rate da una cornice marcapiano modanata. La relazione che correda il disegno prevedeva di «serrare li tre archi […] con muraglia di cantoni lasciandone la porta in mezzo e le due fine- stre collaterali» per ovviare ai cedimenti strutturali delle due colonne centrali del portico che «hanno causato le suddette aperture alla muraglia»116.

47. Disegno eseguito nel 1728 dall’ingegnere militare Antonio Felice De Vincenti incaricato di restaurare la Dogana Reale di Alghero (XV sec.), convertita in sala d’armi (ASC, Tipi e profili, c.196).

114 L’attribuzione è di Aldo Sari: A. Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 246. 115 Cfr. T. Budruni, Breve…, cit., vol. 2, p. 20.

La fabbrica dell’ex Dogana Reale (fig. 48) as- sumerà le forme attuali solo nel XX secolo e molti altri edifici devono aver condiviso le stes- se sorti, adeguati di volta in volta ai nuovi biso- gni e ai nuovi gusti dei proprietari. Tra Sette- cento e Ottocento prevarrà un orientamento neoclassico secondo modelli continentali e gli ariosi porticales del periodo catalano risultano decisamente fuori moda.

Diversi pregevolissimi esempi di palazzi a porti-

cales si sono invece conservati nella vicina città

regia di Sassari lungo la via principale (platha

de Cotinas), arteria commerciale e vivace cen-

tro politico (fig. 49). Varrà sicuramente la pena di confrontare le architetture catalane delle due città regie, tanto vicine117 quanto rivali.

Sotto il portico della dogana di Alghero, una volta assolti gli adempimenti fiscali, si svolge- vano le riunioni dei mercanti e la contrattazione delle mercanzie: funzioni che nelle città più im- portanti della Corona d’Aragona ispirano la co- struzione delle celebri llotges. Si tratta di archi- tetture civili specialistiche, grandiose nelle di- mensioni, ardite quanto eleganti nelle strutture, capaci di comunicare con efficacia lo sviluppo sociale e il prestigio raggiunto dalla borghesia mercantile catalana. La Llotja118 di Barcellona così come quelle di Valencia, Maiorca e Perpi- gnan sono vere e proprie cattedrali del com- mercio, costruite dai più grandi architetti del go- tico-mediterraneo (Guillem Sagrera e Pere Compte, tra gli altri), che arrivano a soluzioni di grande originalità dove stereotomia e ricerca stilistica si muovono insieme (figg. 50-51). Sarà interessante riflettere sui loro lavori e cercare di

capire se e in che modo possano aver influenzato le architetture dei territori più marginali della Corona d’Aragona, da un punto di vista sia formale che costruttivo.

117 Distano 35 km l’una dall’altra. 118 Lonja in castigliano.

48. Alghero, piazza Civica: l’ex Dogana Reale allo stato attuale, con frammenti di bifore di scuola catalana.

49. Sassari, corso Vittorio Emanuele: casa Guarino (XV secolo), conosciuta anche come casa di re Enzo.

50. Palma di Maiorca: la Llotja dels Mercaders (prima metà XV secolo), opera del picapedrer maiorchino Guillem Sagrera.

2.5. Conclusioni

A conclusione di questa rassegna dei tipi edilizi in uso ad Alghero tra XV e XVI secolo, si può dire che i modelli siano quasi tutti comuni a molte città dell’Europa mediterranea. Solo il pa-

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