1. L’ambito “italiano” della Corona d’Aragona.
SASSARI CAGLIARI ALGHERO SIRACUSA PALERMO NAPOLI GAETA FONDI SESSA AURUNCA SALERNO CARINOLA CAPUA TAORMINA NOLA IGLESIAS
5. Stile e tecniche nell’architettura di Alghero: un confronto con le altre terre d’Aragona
L’arte catalana, pur derivando dal gotico, ha una propria autonomia stilistica e i territori della Corona d’Aragona non erano certo una provincia culturale francese1. Nel primo capitolo di
questo studio si sono indagati i motivi per cui oggi si parla più frequentemente di dominazio- ne catalana (e non aragonese) e come questo discorso si rifletta sulle tradizioni culturali, gli usi, i costumi e naturalmente l’arte: il termine corretto per definire lo stile che si impianta nei paesi controllati politicamente dalla Corona d’Aragona è, infatti, “gotico-catalano” e non “goti- co-aragonese”. Dopotutto anche Pietro Summonte, nel 1524, definisce la sala dei Baroni di Castel Nuovo come «cosa catalana»2.
Di pari passo con l’espansione del regno, si diffondono nel Mediterraneo occidentale solu- zioni concepite e sperimentate in Catalogna tra il XIII e il XIV secolo: prima nelle Baleari, poi in Sardegna, Sicilia e Campania e infine nel Lazio meridionale, lungo le coste del Cilento e nelle Puglie3. In tutti questi territori si registra un’intensa circolazione di maestranze che riu-
scirà ad animare una stagione artistica tra le più interessanti. Le architetture si fondano sulla geometria e la purezza formale delle strutture, ma anche su un vasto repertorio decorativo. E non è una contraddizione. Il lessico catalano si porta dietro tutto l’insieme di esperienze del gotico d’Oltralpe (compresa l’ultima componente flamboyant4) oltre ai riflessi dell’arte mudé-
jar5, che incorpora a sua volta un ricco repertorio di elementi d’ispirazione islamica. Ma, no-
1 Secondo Viollet-le-Duc e Camille Enlart, l’architettura gotico-catalana non era altro che una derivazione del goti-
co francese e negavano che potesse essere l’espressione originale della cultura di un popolo. Cfr. R. Serra, L’architettura gotico-catalana in Italia, in S. Mereu (dispensa a cura di), a.a. 1995-1996, p. 1; cfr. A. Venditti, Pre- senze catalane nell’architettura aragonese (1442-1501) a Napoli e in Campania, in C. Cundari, (a cura di), Verso un repertorio dell’architettura catalana. Architettura catalana in Campania. Province di Benevento, Caserta, Napo- li, Roma, Dipartimento RADAAR, 2005, p. 150.
2 In una lettera in lingua volgare (datata 1524), indirizzata a Marcantonio Michiel, il Summonte riferisce circa l’arte
napoletana del Rinascimento, soffermandosi anche su Castel Nuovo. La lettera, di cui conosciamo il contenuto ma che è andata dispersa, è stata definita da Julius von Schlosser il tentativo più antico di guida storico-artistica di Napoli. Cfr. M. R. Nobile, Gli ultimi…, cit., in E. Garofalo, M. R. Nobile, (a cura di), Gli ultimi…, cit., p. 10.
3 Cfr. R. Serra, L’architettura gotico…, cit., in S. Mereu (dispensa a cura di), cit., p. 1.
4 Lo stile flamboyant (fiammeggiante), in Italia conosciuto comunemente come gotico fiorito, è tipico dell’ultima
fase del gotico francese, che si sviluppa in Europa tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo. Si caratterizza per un’accentuazione dell’aspetto decorativo (con prevalenza di motivi vegetali), la moltiplicazione di curve e contro- curve e per l’impiego sistematico di motivi “a fiamma” negli archi, nei portali e nelle finestre. Ha una grandissima diffusione l’arco inflesso, detto anche fiammeggiante o “a carena di nave”, di derivazione innegabilmente islamica.
5 Il termine mudéjar deriva dalla parola araba mudajjan che significa “reso domestico, che ha avuto il permesso di
restare, ritardatario”. Si riferisce a quei musulmani che rimasero nella penisola iberica anche dopo la Reconquista cristiana, terminata nel 1492 con la caduta del sultanato di Granada. L’arte mudéjar (XI-XV sec.) è la naturale prosecuzione dello stile detto mozarabo (il risultato della commistione di elementi cristiano-visigoti e islamici) e si sviluppa nelle terre iberiche nel periodo che segue la fine del dominio musulmano di al-Andalus. I più grandi centri dell’arte mudéjar furono Saragozza, Toledo e Siviglia: l’Alcázar di Siviglia (1353-1364) è uno dei migliori esempi di architettura mudéjar. Il gotico flamboyant e l’arte mudéjar si fondono insieme nello stile isabellino (1475-1525
nostante tutto, riesce ad affermarsi come espressione originale della cultura di un popolo: il popolo catalano. Pur recependo le tradizioni costruttive dei maestri dell’Ile de France, l’architettura gotico-catalana si differenzia subito nella concezione dello spazio «che ricerca unità senza cesure»6 e aspira «alla massima dimensione in ampiezza anziché in altezza»7:
l’avidité spatiale, come è stata definita da Pierre Lavedan8.
Questa tendenza all’unità dello spazio interno, con le facciate che si adeguano ai contenuti, fa sì che nell’architettura catalana (civile e religiosa) le forme si depurino, i volumi si semplifi- chino cercando la più elementare cristallizzazione possibile. Le masse, di dimensioni impor- tanti, sono limpide, moderate e poco dinamiche; le linee di forza plastica si concentrano prin- cipalmente nelle volte, senza che elementi divergenti portino eccessiva energia verso angoli, vertici o pinnacoli (come invece accade nel gotico d’Oltralpe). I pieni predominano sui vuoti. I Catalani erano un popolo di mercanti con tradizioni lineari e democratiche, molto diverse da quelle della nobiltà medievale francese e castigliana. La loro architettura in origine (XIII-XIV secolo) è concepita per servire la gente, la famiglia e la comunità; non nasce quindi come espressione di una classe elevata9. Ma con l’espansione mediterranea, l’“imperialismo”, il
dominio sulle rotte più importanti, la ricchezza sempre maggiore, anche la borghesia catala- na diventa una classe elevata e l’architettura si deve adeguare al nuovo status dei commit- tenti. Deve comunicarne il nuovo prestigio.
2. Napoli, Castel Nuovo: rosone della cappella Palatina. 3. Fondi, palazzo del Principe: transenna di una finestra. Tra il XV e il XVI secolo gli edifici parlano un linguaggio più ricco e creativo; l’attenzione si sposta dalla massa agli effetti visivi, ai dettagli. Si sviluppa il gusto per le decorazioni anima- te, chiaroscurali, con un repertorio di ornamenti sempre più vasto. Contemporaneamente