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meni economici e sociali: il tipo a corte ha dimensioni e strutture importanti, che ovviamente rispondono alle di-

sponibilità di una committenza di alto livello.

123 Come scrive Aldo Sari, cfr. A. Sari, Cultura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghero…, cit., p. 243.

Dal 1111 il contado di Besalú entra a far parte dei dieci contadi che costituivano il cosiddetto Principato di Catalo- gna (sotto il controllo di Barcellona). Nel 1117 anche Vilafranca de Conflent passa alla casa di Barcellona.

124 Cfr. A. Conejo da Pena, Marc Safont, in E. Garofalo, M. R. Nobile, (a cura di), Gli ultimi…, cit., pp. 97-98. 125 Ivi, pp. 99-100.

126 Ivi, p. 100.

(secondo gli usi romani dell’epoca) e neanche rispetto alla facciata (come era nella tradizio- ne rinascimentale fiorentina): le aperture non sono sempre equidistanti e non si trovano ne- cessariamente al centro delle stanze, ma si accordano alle esigenze dell’interno. L’esterno non è altro che l’evoluzione logica dell’interno, determinato dalle strutture «che vengono sempre mostrate con lealtà»128.

53. Barcellona: il patio del palau de la Generalitat (prima metà XV sec.), con la maestosa scala scoperta a gradini segmentati. L’elemento di contatto tra il fuori e il dentro è il portale, poderoso, che nei secoli si cristallizza nell’invariabile porta a pieno centro, adovellada, quasi mai modanata, adatta sia per le case rurali che per il palau cittadino. «Trattata con così magico rispetto»129, come scrive Alexandre

Cirici Pellicer, la porta adovellada diventa l’elemento simbolo dell’abitazione catalana, dell’architettura civile, ma anche di quella militare130 (la torre di Porta Terra ad Alghero, las Torres de Serranos a Valencia e la porta Marina di Siracusa, sono solo alcuni esempi). Il mo-

tivo del portale a dovelles attraversa secoli e stili e il fatto che quasi mai si lasci decorare con dettagli alla moda, ci aiuta a comprendere «il suo carattere sacro»131, scrive ancora il Cirici.

128 Ivi, p. 32. 129 Ivi, p. 33.

130 In casi più rari si può trovare la porta adovellada a pieno centro anche nell’architettura religiosa, come nella

chiesa di San Félix de Xàtiva (Comunità autonoma valenciana) e nella parrocchiale dell’Assunzione di Maria a Catí. Per citare un esempio in Sardegna si veda la chiesa di S. Giorgio di Pozzomaggiore.

54. Valencia: palazzo dei Borgia (oggi sede delle Corts Valencianes) con il maestoso portale adovellado (XV sec.),

Finestre, nicchie, logge e scale, tra il XIII e il XVI secolo, si adeguano ai gusti di tempi e luo- ghi diversi mentre la porta adovellada rimane quasi sempre uguale a se stessa, come avre- mo modo di approfondire parlando di stili. Nell’isola di Maiorca non sembra passata di moda neanche adesso e capita spesso di vederla segnare la soglia di edifici di nuova costruzione, anche se le dovelles non sono più lavorate dai picapedrers.

Il palau a patio è quindi il tipo comune per committenti di alto livello in tutti i territori della Co- rona d’Aragona: a Valencia, Barcellona, Maiorca, ma anche a Palermo, Siracusa, Capua, Carinola e naturalmente ad Alghero132. È interessante osservare come, a seconda dell’area

geografica, la scala monumentale si sviluppi dal patio al piano nobile con diverse declinazio- ni: in Sicilia e in Sardegna è quasi sempre scoperta, massiccia e non poggia su volte ram- panti come invece accade spesso a Valencia, Barcellona, ma anche a Capua e a Carino- la133. Oltre a questo, sono tanti altri gli spunti su cui varrà la pena di ragionare parlando di stili

e tecniche.

Nel 1961 Renato Salinas scrive: «per tutto il corso della sua storia la Sardegna ha prodotto solo chiese e fortificazioni: indice di una economia perennemente austera, che rasenta la mi-

132 In Sardegna, come vedremo, il palau a patio non è l’unico tipo con corte centrale. Soprattutto nell’area del

Campidano di Cagliari è diffuso un tipo rurale di casa a corte con un portico (sa lolla) su cui si affacciano gli am- bienti domestici.

133 Per approfondimenti sul tema del patio nell’architettura civile catalana: cfr. M. Gómez-Ferrer Lozano, Patios y

seria»134 e nel 1983 Ilario Principe aggiunge: «più che modesti, l’edilizia civile e gli apparati

rappresentativi sono pressoché inesistenti per tutta l’ampia parabola della dominazione ispa- nica, e anche per buona parte della successiva presenza sabauda»135. Anche Adolfo Floren-

sa si esprime sull’architettura civile del periodo catalano in Sardegna e nel 1962 scrive «il ti- po di casa continuò ad essere quello usuale nell’isola prima della conquista, senza che nien- te riveli l’influenza catalana, eccetto dettagli decorativi, nelle porte, finestre, cornici, etc. Per quanto riguarda i palazzi signorili, che troviamo magnifici in Sicilia, mancano ugualmente qui, probabilmente perché i nobili catalani venuti per la conquista non arrivarono a costituire po- derosi lignaggi feudali come lì. Nell’architettura religiosa, invece, si produce, non solo un’influenza, ma un vero trapianto di tipi di chiese, sia in pianta che nella struttura»136.

Tutti giudizi, per quel che concerne l’architettura civi- le, sicuramente troppo severi e forse un po’ sbrigati- vi, senza nulla togliere ai lavori di Salinas, Florensa e Principe che hanno indubbiamente dato un contri- buto importante alla storia dell’arte, dell’architettura e dell’urbanistica in Sardegna. È verissimo che l’isola era una provincia periferica della Corona d’Aragona, poco popolata e con un’economia tutt’altro che flori- da; certamente gli investimenti destinati all’edilizia erano limitati rispetto alle capitali iberiche, sedi di ricche discendenze nobiliari; anche nel confronto con le principali colonie del resto d’Italia (Napoli, Ca- rinola, Fondi, Palermo), dove gli interessi della casa regnante erano certamente maggiori, la Sardegna rimane indietro. Tuttavia, in accordo con i pareri di diversi studiosi137 che hanno approfondito le vicende

architettoniche dell’isola sotto la Corona d’Aragona e

134 R. Salinas, Il Rinascimento in Sardegna, in Bollettino del Centro di Studi per la Storia dell’architettura: contri-

buti alla Storia dell’architettura in Sardegna, 17 (1961), Roma, p. 142. Si veda anche: R. Salinas, Lo sviluppo dell’architettura in Sardegna dal gotico al barocco, vol. I, Centro di Studi per la Storia dell’Architettura, Roma, 1966, p. 263.

135 Principe, Le città…, cit., p. 73.

136 Cfr. A. Florensa, La arquitectura catalana en la Italia insular, Real Academia de ciencias y artes, Barcellona,

1962, p. 6.

137 A questo proposito si vedano i lavori di: A. Sari, F. Segni Pulvirenti, Architettura tardogotica e d’influsso rina-

scimentale, Nuoro, Illisso, 1992; G. Oliva, G. Paba, La struttura…, cit., in A. Mattone, P. Sanna, (a cura di), Alghe- ro…, cit., pp. 347-359; P. Casu, Note sulla distribuzione dell’architettura tardo-gotica in Sardegna, in G. Montaldo, P. Casu, (a cura di), L’architettura di età…, cit., vol. 4, pp. 11-22; V. Mossa, Architettura e paesaggio in Sardegna, Sassari, Carlo Delfino, 1981; V. Mossa, Architetture sassaresi. Sassari, Carlo Delfino, 1988; M. Porcu Gaias, Sassari. Storia architettonica e urbanistica dalle origini al ‘600, Nuoro, Illisso, 1996; S. Serra, Ville e Palazzi della nobiltà in Sardegna. Alghero, Bosa, Oristano e i centri minori, Cagliari, AM&D, 1993.

55. Alghero, fotografia aerea di una porzione del centro storico: in primo piano i bastioni Marco Polo.

il regno di Spagna, si può affermare che in Sardegna vi siano numerosi edifici civili di una certa importanza con caratteristiche proprie del gotico-catalano. Si trovano in misura maggio- re nelle città regie (soprattutto Alghero e Sassari), ma anche i territori infeudati conservano esempi pregevoli di questa architettura. Vale sicuramente la pena di confrontare l’Alguer con altre realtà dell’isola e con altri territori della Corona, per focalizzarne a pieno il ruolo nel complesso quadro del Mediterraneo aragonese.

Alla luce delle considerazioni fatte sinora, a proposito delle tipologie edilizie di Alghero cata- lana, si può parlare di un vero e proprio “trapianto” del tipo signorile del palau a patio, pur in un contesto urbano di preesistenze con tipi comuni a molte città dell’Europa mediterranea e non solo138. Vedremo come queste conclusioni non si possono estendere al resto dell’isola.

Dopotutto Alghero era la più catalana delle città sarde.

capitolo III

le corporazioni edili nel Mediterraneo aragonese:

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