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Al consulente è richiesto un repertorio ampio di conoscenze e di com- petenze per la natura stessa delle caratteristiche procedurali del bilancio di competenze, che «consente di coniugare insieme l’approfondimento del- la dimensione valutativa soggettiva e oggettiva, di integrare la riflessione articolandosi sul piano personale, formativo e professionale, di ricompor- re la pluralità delle prospettive progettuali fino ad accedere all’intelligibili- tà operativa» (Di Fabio, 2004, p. 46).

Per quanto concerne le competenze tecnico-professionali, il consulente di bilancio deve essere in grado di:

1. analizzare la domanda dell’utente e, nello specifico, valutare la con- gruenza del bisogno orientativo con gli obiettivi del servizio, condur- re un colloquio di accoglienza, garantire un setting relazionale adeguato, stabilire la rete di servizi sul territorio;

2. progettare percorsi personalizzati, selezionare metodi, tecniche e stru- menti adatti al raggiungimento degli obiettivi specifici dell’utente, svi- luppare la dinamica del bilancio, tenendo conto dei principi di qualità del modello europeo;

3. favorire l’attivazione dell’utente e, quindi, sviluppare la sua autoconsape- volezza, attraversol’applicazione di tecniche di esplicitazione delle com- petenze e favorendo la ricostruzione del patrimonio di competenze; 4. gestire il percorso in rete, coinvolgendo l’équipe del centro di bilancio e

attivando la rete sul territorio per la validazione del progetto dell’utente. Pertanto, la professionalità di tale operatore fa riferimento al possesso di una serie di competenze di tipo: disciplinare, ovvero legate all’ambito del- le scienze dell’educazione, scienze umane e sociali; didattico, per la capaci- tà di lettura attenta e dettagliata dei contesti e degli obiettivi di riferimento in relazione alle diverse tipologie di utenti, per la capacità di progettazio- ne e di pianificazione, di osservazione e di valutazione, di utilizzazione dei metodi e delle tecniche per la realizzazione del bilancio delle competen- ze; tecnologico, giuridico e sociologico, perché è importante che abbia una buona conoscenza del mercato del lavoro e degli strumenti normativi per potersi orientare al suo interno (Loiodice, 2004).

Inoltre, l’esperto di bilancio di competenze non può essere un sempli- ce e freddo applicatore di metodi, schede, strumenti, ma deve essere orien- tato alla cura della relazione, instaurare un rapporto interpersonale basato sull’empatia e lo scambio. È necessario che l’esperto sia attento al processo di bilancio di competenze ossia al contesto, alle relazioni e al clima, poi- ché la consulenza di processo si configura come «la creazione di una re- lazione con il cliente che permette a quest’ultimo di percepire, compren- dere e agire sugli avvenimenti che si verificano nel suo ambiente interno ed esterno allo scopo di correggere le situazioni secondo la definizione del cliente stesso» (Schein, 2001, p. 22).

Infatti, una delle competenze fondamentali in possesso del consulente di bilancio, come detto in precedenza, è la capacità di saper condurre un col- loquio in profondità, perché il colloquio è il cuore di questa pratica operati- va. L’approccio non direttivo utilizzato nella dinamica del colloquio induce nel soggetto un processo di auto-comprensione. È opportuno precisare che

la non-direttività non coincide con la passività, poiché il consulente è atti- vo nella gestione del colloquio, dirige il percorso, resta il garante del rag- giungimento degli obiettivi, stabilendo le modalità di svolgimento del col- loquio, la decisione relativa ai campi da esplorare, la scelta delle attività da fare. Inoltre, il consulente può decidere di funzionare da specchio, uno specchio che sia il meno deformante possibile e rinvii all’utente l’immagi- ne che egli fornisce a chi lo guarda, senza mai giudicare o schierarsi.

Pertanto, il consulente di bilancio deve essere consapevole che non esiste un unico modo di esplorare e di supportare il soggetto, replicabile poi con ogni utente successivo, ma bisogna rifornirsi di un bagaglio professionale ta- le da consentire di calibrare l’intervento sulle caratteristiche del destinatario.

Per quanto concerne le competenze trasversali, invece, è possibile deli- neare due macro-aree di competenze che tale figura dovrebbe possedere: • competenze relazionali: consistono nel creare un clima di collaborazione

sia all’interno dell’organizzazione, sia con soggetti esterni con i quali si interagisce. Esse comprendono la capacità di saper coordinare un grup- po, stimolare la partecipazione dei suoi membri, gestire i conflitti e sa- per comunicare, facilitando la riflessione ed elaborazione di ipotesi nuo- ve. Fondamentale è la capacità di riformulazione, infatti, il consulente deve dare prova di una reale capacità di ascolto, «egli deve (grazie al- la sua attitudine alla comprensione, basata essenzialmente sui diversi tipi di riformulazione) sviluppare un clima di fiducia per permettere al sog- getto di sentire che il professionista l’ascolta per comprenderlo, non per influenzarlo né per giudicarlo» (Pombeni, 2003, pp. 57-61). La riformu- lazione rappresenta, per il consulente, la garanzia di non comprendere troppo rapidamente e anche lasciare che il soggetto spieghi di più il pro- prio punto di vista; in questo modo il consulente chiarifica quanto detto dal soggetto, riprendendo gli elementi emersi dal discorso per verificar- li e metterli in ordine;

• competenze emotive: il consulente di bilancio di competenze per eserci- tare la sua funzione orientativa e il suo “potere pedagogico” deve esse- re «consapevole delle proprie rappresentazioni emozionali e cognitive e dell’influenza che esse esercitano sui suoi interlocutori» (Contini, 1994, p. 12). In tal senso, è importante che si conosca in maniera profonda, che sappia conoscere e ri-conoscere le sue latenze, i vissuti emotivi che condizionano i suoi comportamenti, i suoi stili comunicativi e di inse- gnamento e le reazioni emotive possibili; deve, inoltre, sviluppare capa- cità empatiche che gli consentano di relazionarsi all’altro e di accogliere la diversità come risorsa. Non ultimo, deve saper leggere e gestire emoti- vamente la relazione educativa, saper interpretare i messaggi impliciti e, ancora, cogliere i bisogni profondi degli studenti.

Tali competenze vanno oltre il suo bagaglio di sapere, in quanto chia- mano in causa qualità personali, legate alla dimensione più prettamente emotivo-relazionale. La necessità di tale dotazione individuale sollecita una riflessione «sull’opportunità di fornire, a chi deve impegnarsi nella pratica formativa, anche un sistema di abilità relative alla sfera della comunicazio- ne interpersonale e dei processi emozionali-cognitivi, che ne costituiscono la trama» (Contini, 1992, p. 167).

Il consulente che possiamo definire “emotivo”, conosce ed è in grado di leggere le emozioni “dell’altro” e le riconosce come valore. È in grado di “gestire” (senza censurarle) le emozioni che caratterizzano la relazione educativa; fornisce, pertanto, gli strumenti per poter esprimere e gestire la paura, la rabbia, la tristezza, il dolore, il disorientamento, l’incertezza che colgono spesso i giovani nel loro processo di crescita. È colui che cono- sce le strategie per gestire i conflitti che nascono nel gruppo e che promuo- ve «quelle capacità metaemozionali e metacognitive, che consentono […] di elaborare e raccontare la propria storia a partire dalle sue possibili rico- struzioni» (Piazza e Saracino, 2001, p. 324) e di aprire le porte del dialogo, del confronto e dell’incontro con l’altro.

Tra le funzioni di un “consulente emotivo” vi sono sicuramente anche la sintonizzazione affettiva, il contenimento, la regolazione affettiva e il rico- noscimento del potenziale creativo del soggetto.

Le competenze emotive sono fondamentali per gestire la relazione di aiuto, che seguendo le indicazioni di Carl Rogers (1994) possono essere così enumerabili:

1. Fiducia: è fondamentale saper conquistare la fiducia dei propri utenti. Tale fiducia è legata all’autenticità del proprio modo di essere, in parti- colare, nello svolgersi della relazione di presa in cura dell’altro.

2. Espressività: nella relazione interpersonale con l’utente occorre accu- ratamente evitare situazioni in cui i messaggi possano apparire come contraddittori. È necessario saper controllare le forme comunicative ed espressive.

3. Empatia e ascolto attivo: corrispondono alla capacità di percepire in modo corretto il mondo soggettivo altrui come se si fosse l’altra per- sona. «L’empatia è un sentimento diverso dalla simpatia e dalla com- mozione, anche se le presuppone entrambe. Infatti, mentre la simpatia ci permette di essere con l’altro e la commozione di nutrire sentimen- ti profondi di solidarietà per l’altro, è soltanto ‘attraverso l’empatia che noi proviamo per brevi periodi i sentimenti dell’altro, ossia ci sentia- mo nello stesso modo in cui si sente lui. Non può esserci empatia senza compassione e senza simpatia ma perché si dia empatia un’altra espe- rienza deve integrarle: un’introspezione che, sulla base della nostra

esperienza, ci consente di avere gli stessi sentimenti dell’altra persona» (Cambi, 1998).

4. Comprensione: intraprendere una relazione di aiuto significa decidersi ad entrare in relazione con soggetti-persona nel rispetto della loro totali- tà di significati e del loro orizzonte di senso.

5. Atteggiamento avalutativo: la possibilità di esprimere un giudizio è una particolare pratica interpretativo-valutativa che può essere esercitata solo nei confronti di una situazione, non di un dato.

6. Conferma: si tratta di accogliere la possibilità trasformativa dell’altro come qualcosa “che è” già sempre proprio di ogni singolo soggetto-per- sona, nella forma di progetto in potenza e non ancora realizzato. «Se ac- cetto l’altra persona come qualcosa di rigido, di già diagnosticato e clas- sificato, di già formato dal suo passato, contribuisco a confermare questa ipotesi limitata. Se l’accetto come un processo di divenire, contribuisco invece, al limite delle mie possibilità, a confermare e a rendere reali le sue potenzialità» (Rogers, 1994, p. 84).

Oltre alle competenze finora descritte, in un percorso di bilancio di competenze on-line, si rendono necessarie competenze informatiche, ossia l’operatore deve avere buone conoscenze e capacità di utilizzo del com- puter e dei programmi più diffusi; deve anche essere in grado di navigare in Internet e di capirne la logica comunicativa. A tal proposito, sono sta- te realizzate alcune iniziative, come il progetto “ICTskills for guidance” (www.ictskills.org/), volte a strutturare il profilo dell’operatore virtuale (e- practitioner) per operatori di orientamento e, più in generale, per professio- nisti che operano nell’ambito dell’apprendimento permanente.

Ne consegue che le nuove tecnologie sono un’opportunità ma, al tem- po stesso, una delle sfide più rilevanti per i servizi ed i professionisti dell’o- rientamento, come emerso durante la conferenza internazionale “Quality and Ethics in Web-based Guidance”, promossa dalla Commissione Euro- pea e realizzata a Göteborg (Svezia) nel 2001.

In conclusione, orientare significa sostenere il soggetto nella costruzione di un suo progetto di vita, favorendo l’affermarsi dell’identità e dell’autono- mia, dimensioni costitutive della persona, idonee ad attivarlo globalmente rispetto alle sfide, alle difficoltà e agli ostacoli, ma anche alle opportunità, che la società contemporanea continuamente pone. Nella consulenza orien- tativa, nello specifico nel bilancio di competenze, la funzione del consulen- te è attivare il soggetto e supportarlo nel processo emancipativo, non certo fornendo soluzioni, ma aiutandolo nella re-interpretazione critica dei propri vissuti e delle proprie esperienze, indispensabile in un’ottica di riprogetta- zione esistenziale.

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