• Non ci sono risultati.

È ormai opinione condivisa il ritenere l’orientamento un nodo cruciale e centrale per lo sviluppo della società contemporanea.

Lo ricordano i numerosi documenti nazionali e internazionali e, ancor più, le innumerevoli storie di successo o insuccesso formativo che ne evi- denziano l’imprescindibilità. Questo, nonostante il Report Challenges and objectives for a new Labour Market del 2011 ci ricordi che “in Italy the educational and vocational training system is rather fragmented and adult participation in lifelong learning is still low when compared to the EU ave- rage. Suffice to recall the priorities contained in the Europe 2020 strategy – in particular the Commission’s assessment of Italy’s National Reform Programme 2020– to seize the urgent need to further adapt the education and training systems according to the labour market needs and skill de- mands, while enhancing their efficiency and quality” (Isfol, 2007, p. 12).

Il progressivo ampliamento delle funzioni dell’orientamento è ovvia- mente parallelo al complessificarsi dell’idea stessa di orientamento e quin- di della sua mission, che si estende ben oltre le pur importanti funzioni di orientamento informativo per configurarsi come processo diacronico-for- mativo dall’alto valore trasformativo. Le più recenti teorie psicopedagogi- che ne sottolineano la narratività in quanto processo trasformativo e me-

* Daniela Dato è professore aggregato presso il Dipartimento di Studi Umanistici. Let- tere, Beni Culturali, Scienze della Formazione dell’Università di Foggia.

** Isabella Loiodice è professore ordinario presso il Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione dell’Università di Foggia.

A Daniela Dato si devono i paragrafi: Per introdurre; Orientamento al lavoro e career management skills; Buone prassi e modelli di intervento del gruppo Unifg. A Isabella Lo- iodice si devono i paragrafi: Il ruolo dell’università; La mission del gruppo di ricerca; Con- clusioni.

tabletico, che accompagna il soggetto per tutto il corso della sua vita e, in quanto esperienza narrativa e relazionale, si caratterizza per punti di svol- ta, eventi focali, presenza e assenza di mentori e antimentori, e così via. La dimensione narrativa dell’orientamento può così contribuire a sostenere il soggetto in formazione nel suo sforzo di indagare, problematizzare, riflet- tere sui propri saperi ed emozioni e sulle proprie esperienze, su ciò che già sa e sa fare e su ciò che può ancora imparare, a riscoprire continuità an- che nella discontinuità delle proprie esperienze personali e professionali, in funzione di ri-orientamento delle proprie risorse e delle proprie capacità. “Quando raccontiamo, infatti, diamo un senso non solo all’evento specifi- co ma ad una intera classe di eventi; cioè esplicitiamo l’interpretazione che diamo a ciò che ci accade” (Batini, in Loiodice, 2010).

In tale prospettiva si muovono, per l’appunto, i modelli della “career construction” e del “self constructin”: “both of these models refer to the epistemology of social constructionism and assert that (a) an individual’s knowledge and identity are the product of social and cognitive processes takingplace in context of interactions between people and group as well as negotiation between them, and (b) the meaning an individual give to reali- ty is co-constructed in a social, historical and cultural context through the discourse with which we form our relationships” (http://larios.psy.unipd.it/ files/life_design.pdf).

Il punto di partenza è, dunque, un’idea di orientamento come “progetto”, come “sistema dialogico-relazionale” in cui la comunicazione assume tratti di efficacia e di predittività del successo formativo di una persona.

In quanto processo dall’alta caratura pedagogica, esso si apre proprio al- la dimensione progettuale che è sempre legata alla capacità di prendere de- cisioni da parte del soggetto e alla sua capacità di attivarsi e di scoprirsi “in grado di affrontare il nuovo, l’imprevisto, il disordine, poiché appun- to il suo metodo si ristruttura retroagendo e riassestando il conosciuto con i nuovi eventi-processi conoscitivi. La conoscenza è sempre conoscenza del- la conoscenza e presuppone una competenza da parte del [professionista] che lo porta ad analizzare le sue stesse osservazioni, a coglierne gli impli- citi punti di vista, a svelarne i pregiudizi, a ripercorrere i processi e le di- namiche” (Righetti, 2007, p. 17).

Il processo di orientamento è qui inteso, dunque, come capace di atti- vare quella “tensione mentale” che il soggetto deve far propria per diveni- re competente, per imparare a “orientare, gestire, presidiare le direzioni del proprio essere parte attiva, soggettivamente intenzionale dei processi che coinvolgono la sua sfera di vita” (Patrizi 2005, p. 12). È così che la menta- lità progettuale si fa operativa in un saper agire in modo costruttivo e ge- nerativo sul proprio percorso di sviluppo formativo e professionale. Cer- tamente, alla base di una mentalità progettuale risiede una mentalità di

ricerca che aiuta ad analizzare la natura di una situazione, a evidenziarne i punti di forza e di debolezza, a individuare le possibili soluzioni alternative a un problema. Una mentalità, secondo Schon, che “probabilmente rappre- senta uno degli elementi del nucleo centrale della competenza professiona- le” (Schon, 1993) e che, secondo Sarchielli, rende possibile la “traduzione operativa del proprio self” (Sarchielli, 1998) e dunque delle proprie poten- zialità e risorse, rendendo inevitabilmente più empowered, resiliente e ca- pabilited il soggetto.

Proprio in tal senso Pombeni aveva evidenziato quanto l’orientamento sia: • «un processo attivo che accompagna la persona lungo tutto l’arco della

sua esperienza di vita;

• gestito dal soggetto con le proprie risorse (personali e sociali) e con ri- ferimento ai propri vissuti (formativi e lavorativi);

• influenzato  dalle proprie  appartenenze  (gruppi sociali, comunità locali, ambienti familiari);

• storicizzato, cioè dentro un certo tipo di sistema formativo e un mercato del lavoro complesso e globalizzato, primario e secondario;

• attento alle diversità culturali e alle specificità di genere dei singoli atto- ri del processo;

• promosso nella persona attraverso la diffusione di pratiche professionali dalle finalità diverse (educazione all’autorientamento, consulenza profes- sionale, ecc.)» (Pombeni in Isfol, 2006a, p. 67).

Si tratta quindi di un processo complesso e multimensionale che, come recita il documento redatto dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni sugli Standard minimi dei servizi e delle competenze degli operatori di orienta- mento (13 novembre 2014), risponde a differenti e integrate funzioni di se- guito elencate:

Educativa: indica le attività per lo sviluppo di risorse/competenze e con- dizioni favorevoli al processo di auto-orientamento della persona per favo- rirne il benessere, l’adattabilità ai contesti, il successo formativo e la piena occupabilità.

Informativa: riguarda le attività volte a sviluppare la capacità di attivazione della persona e di ampliamento, acquisizione e rielaborazione di conoscenze utili al raggiungimento di un obiettivo formativo/professionale specifico.

Accompagnamento a specifiche esperienze di transizione:  indica le at- tività di sostegno allo sviluppo di competenze e capacità di decisione e di controllo attivo sull’esperienza formativa e lavorativa in essere, al fine di prevenire rischi di insuccesso.

Consulenza orientativa: concerne le attività di sostegno alla progettualità personale nei momenti concreti di snodo della storia formativa e lavorati-

va e di promozione all’elaborazione di obiettivi all’interno di una prospetti- va temporale allargata e in coerenza con aspetti salienti dell’identità perso- nale e sociale.

Sistema: le funzioni e le attività dell’orientamento necessitano, inoltre, di essere supportate da funzioni di sistema, quali “assistenza tecnica”, “for- mazione operatori”, “promozione della qualità” e “ricerca e sviluppo” al fi- ne di assicurare l’efficacia degli interventi.

Queste funzioni non possono essere considerate come scollegate tra loro ma, al contrario, rappresentano gli anelli di congiunzione tra le moltepli- ci situazioni e i molteplici obiettivi di un intervento orientativo diacronico- formativo (Domenici, 2009).

Orientamento al lavoro e career management skills

In particolare, la Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 aprile 2013, dedicato all’istituzione di una garanzia per i giovani, recita che “in- vestendo ora nel capitale umano dei giovani europei si otterranno vantag- gi a lungo termine e si contribuirà ad una crescita economica sostenibile ed inclusiva”.

Questa citazione sintetizza in modo efficace il ruolo cruciale che la for- mazione e l’orientamento giocano oggi per tutti i soggetti e ancora più in particolare per le giovani generazioni. Già nel 2004, del resto, il comunica- to di Maastricht dei ministri di 32 paesi europei, delle parti sociali europee e della Commissione aveva richiamato l’attenzione sull’orientamento come priorità a livello nazionale e internazionale.

Il focus sulle giovani generazioni è altresì motivato dalla stessa Racco- mandazione del 2013 che ricorda come “i giovani sono stati particolarmen- te colpiti durante la crisi. Essi sono vulnerabili perché si trovano in una fa- se di transizione, non dispongono di esperienza professionale, talvolta la loro istruzione o formazione non è adeguata, spesso la loro copertura assi- stenziale è limitata, hanno un accesso ridotto a risorse finanziarie e condi- zioni di lavoro precarie”.

Anche nella Risoluzione del 6 luglio 2010 dedicata alla “promozione dell’accesso dei giovani al mercato del lavoro, rafforzamento dello statu- to dei tirocinanti e degli apprendisti” il Parlamento europeo aveva sotto- lineato quanto fosse necessario avviare policy in grado di assicurare “ad ogni persona giovane dell’Unione il diritto a un lavoro, a un apprendistato, a una formazione aggiuntiva o a una combinazione di formazione e lavoro dopo un periodo massimo di quattro mesi di disoccupazione”.

Quella del lavoro è, in tal senso, una delle più cogenti emergenze peda- gogiche e formative che richiede un preciso impegno da parte delle istitu- zioni formative e dell’università in particolare.

Scuola e università sono le prime istituzioni ad essere chiamate ad av- viare e consolidare una approfondita riflessione sugli obiettivi formativi, sui modelli e le strategie che possono promuovere – accanto alla mission costitutiva dell’istruzione e della formazione – anche l’esercizio esperto di competenze decisionali, di scelta, di self-assessment e di placement, attra- verso attività e servizi di supporto alla didattica curricolare.

Alle istituzioni formative spetta oggi l’inedito e impegnativo compito di promuovere nelle giovani generazioni non solo competenze di contenuto e tecnico-professionale ma anche competenze trasversali e di orientamento al lavoro.

Si tratta di offrire ai giovani l’opportunità di sviluppare capabilities ido- nee a compiere le scelte migliori per se stessi e, insieme, per la comunità di appartenenza e via via per un mercato del lavoro e per contesti economici, sociali e professionali globali.

Tra i molteplici obiettivi, sicuramente quelli relativi alla promozione di “capacitazioni”, intese come “competenze in azione”, quindi utili a rende- re i cittadini capaci di diventare competenti nella programmazione e nella gestione dei loro percorsi d’apprendimento e professionali e in tutte le fa- si di transizione e cambiamento; di divenire capaci, ancora, di attivare reti di collaborazioni con gli stakeholders, con le famiglie e la comunità intera.

In particolare, ciò significa anche migliorare le prestazioni sul lavoro, incentivare la motivazione e il tasso di conservazione del lavoro, ridurre il tempo trascorso alla ricerca di un impiego o senza lavoro, conciliare me- glio le competenze e gli interessi del singolo con le opportunità professio- nali e di carriera, aumentare la consapevolezza delle attuali e delle futu- re opportunità occupazionali e d’apprendimento nonché favorire la mobilità geografica e professionale (Cedefop, 2006).

La sfida più difficile è la progettazione e messa a punto di strategie ef- ficaci in grado di rispondere a tali bisogni formativi profondamente mutati rispetto anche a un recente passato.

Un discorso a sé merita, a partire da tali riflessioni, il dibattito recente sulle career management skills (CMS) utili al soggetto per analizzare, se- lezionare, condurre a sintesi in modo autonomo tutte le informazioni sul mondo dell’istruzione, della formazione e del lavoro, per “prendere decisio- ni e affrontare i momenti di transizione. La formazione a tali competenze può aiutare gli individui a gestire percorsi di carriera (formativa e profes- sionale) non lineari” (Linee guida, 2014).

La Rete Europea per l’Orientamento Permanente (Elgpn) le ha defini- te competenze utili a supportare la “capacità di orientamento al lavoro”, “un insieme di competenze che forniscono, a individui e gruppi, modali- tà strutturate per raccogliere, analizzare, sintetizzare e organizzare autono- mamente informazioni in materia di istruzione e lavoro nonché per prende-

re decisioni e affrontare i momenti di transizione. Si tratta di competenze necessarie ai cittadini per poter gestire le complesse transizioni che carat- terizzano i diversi percorsi educativi, formativi e occupazionali”.

Sono, queste, competenze che devono essere promosse in primis nei luo- ghi deputati alla formazione perché possono offrire gli strumenti per im- parare a gestire i propri percorsi di carriera che, come è noto, sono sempre più caratterizzati da liquidità e cambiamento.

Anche in ambito universitario, la promozione di tali competenze deve essere un obiettivo irrinunciabile, raggiungibile attraverso l’esercizio di for- me di apprendimento significativo e attivo in grado di attivare nelle giovani generazioni processi di self assessment e autoplacement.

La vera sfida è proprio quella di “integrare le CMS in un contesto edu- cativo. Le opzioni includono la possibilità di avere le CMS come una “ma- teria” autonoma e programmata; la trasmissione delle stesse attraverso il curriculum; l’inserimento delle CMS quale attività extracurricolare o un mix delle suddette strategie; • lo sviluppo di pedagogie sperimentali e in- novative. È fondamentale che gli educatori vadano oltre le indicazioni pu- ramente didattiche per includere una serie di strategie di apprendimento esperienziale, giochi interattivi di autovalutazione e orientamento alle scel- te professionali (career game), risorse informatiche, ecc.; • la valutazione delle CMS (Elgpn, 2011).