La parola tutor deriva dal verbo latino tŭĕor, tŭēris che significa “pro- teggere”, “occuparsi di” o “prendersi cura di”. In origine il termine veni- va utilizzato in ambito giuridico per indicare la cura, l’attenzione prestate a individui fisicamente e socialmente deboli, come i minorenni, le donne, i malati di mente, nei confronti dei quali sostituiva le garanzie derivanti dall’esercizio della patria potestà, in assenza dei suoi depositari naturali (il padre o il marito) (Scandella, 1995). Analogamente, nella lingua italiana, il termine tutore indica colui che, per testamento o per legge, è deputato alla difesa o alla custodia di un altro soggetto.
Il termine tutore mantiene la sua radice etimologica e di senso anche in altri ambiti: in botanica per indicare lo strumento di appoggio per le gio- vani piante al fine di indirizzarne la crescita; in ortopedia per il sostegno a un arto bisognoso di guarigione. In un certo senso la trasposizione del ter- mine dal mondo giuridico a quello scientifico ne conserva l’etimo, insisten- do sui concetti di difesa e di custodia, nei confronti di qualcuno o qualco- sa in stato di fragilità o debolezza. La trasposizione del termine in ambito pedagogico conserva in parte la radice dell’etimo per individuare azioni di sostegno e di supporto ma ha quasi completamente perso la dimensione di attenzione esclusiva a soggetti deboli o didatticamente bisognosi di inter- venti compensativi.
In Italia verso la fine degli anni Ottanta il termine compare in corre- lazione con altre due figure, quella dell’insegnante e quella del formato- re. Ma come fa osservare Scandella (1995), il termine a livello lessicale
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ha radici lontane, ma dal latino tutor all’istruttore privato inglese, al tutor nell’eccezione moderna, i mutamenti di significato sono evidenti.
Nel Nuovo Lessico Pedagogico (1998) il tutor è “detto talvolta mentore, o monitore, è una guida e consigliere nello studio. Svolge un’attività di me- diazione tra l’insegnante e l’alunno, con approccio più strettamente perso- nalizzato a quest’ultimo. Nella vita universitaria può aiutare a scegliere un piano di studi e le letture appropriate, seguire i seminari, preparare gli esa- mi e scegliere una tesi”. Resta in questa definizione, anche se datata, il nu- cleo semantico di facilitatore, che si è però spostato sul conseguimento di obiettivi di apprendimento; si è perso il rapporto di dipendenza in cui le aspettative, gli obiettivi e le decisioni del soggetto tutorato sono subordina- te a quelle del tutore (Rotta, Ranieri, 2006, p. 18).
Con l’avvento e la diffusione delle nuove tecnologie, il ruolo del tutor mostra un progressivo ampliamento delle sue funzioni con cambi significa- tivi di scenari di azione. Pensiamo ad esempio al tutoraggio nelle aule sco- lastiche o universitarie, nelle aziende, alle pratiche di peer tutoring fino all’e-tutoring in piattaforme di apprendimento on line o nei gruppi di di- scussione che si strutturano sui social media (Facebook, Twitter).
Nel Tesauro Europeo dell’Educazione (1991) il tutoraggio viene defini- to come “assistenza educativa che, sviluppandosi nell’ambito di un rapporto personalizzato mira ad aiutare l’allievo ad assumersi la responsabilità della propria formazione”. La definizione del Tesauro apre ad una nuova dimen- sione del tutoraggio inteso come funzione ponendo l’attenzione sugli obiet- tivi e le modalità, piuttosto che sulla persona deputata ad esercitarla per competenze proprie della professione.
Possiamo sintetizzare assumendo come ormai effettuato il passaggio da una vecchia definizione della funzione del tutor che agisce in un rapporto di dipendenza duale, di carattere privatistico, che pone la volontà, gli obiet- tivi e le decisioni del tutor come prevalenti su quelli del soggetto tutora- to ad una definizione aperta della funzione del tutor capace di “abitare” le scene formative attuali. Pensiamo ad esempio ad un nuovo modo di espri- mere la funzione del tutor in rete (e-tutor), il quale, secondo la definizione di Trentin (2004) è “il gestore di processi educativi, spesso di tipo collabo- rativo, basato sull’uso intensivo di tecnologie telematiche”.
Se poi da un breve excursus storico sulle definizioni del termine si passa allo studio delle pratiche e dell’esercizio effettivo del tutoraggio, ad esem- pio, nelle università italiane il problema si fa ancora più complesso.
A conferma dell’importanza che ha assunto questa figura nel mondo del- la formazione, negli atenei italiani si individuano cinque tipologie prin- cipali di tutorato (aiuto all’inserimento iniziale, sostegno nei processi di apprendimento, supporto nell’apprendimento dei contenuti, accompagna- mento nel percorso di professionalizzazione, individuazione delle difficoltà
personali) e alcune sue funzioni (assistenza/accompagnamento, informazio- ne, orientamento, sostegno personale, controllo) (Torre, 2006). Di conse- guenza nella formazione il tutor è una figura di gestione di governo della complessità, questo perché facilitatore dei diversi livelli della relazione for- mativa in cui continui cambiamenti portano a vivere i soggetti nella mute- volezza di scenari e strumenti a disposizione.
Adesso, rispetto al passato, nella relazione insegnamento-apprendimen- to, si riflette la complessità di ambienti, metodologie, strumenti, che con- traddistingue il mondo della formazione. Il modello del complex learning inteso come l’ibridazione tra ambienti, linguaggi e modi di interazione in una comunità di apprendimento rappresenta la frontiera entro cui legge- re ed re-interpretare le funzioni didattiche tradizionali (docente, tutor). Le metodologie didattiche che rompono il tempo scuola, invertendolo, come nel caso della flipped classroom, e che infrangono i confini dello spazio classe traghettandoci, attraverso le tecnologie, verso una pluralità di am- bienti di apprendimento, promuovono l’attivazione di nuove dinamiche di insegnamento-apprendimento.
In sintesi, il complex learning, con la molteplicità di attori, risorse, for- me e mezzi di comunicazione, in cui il risultato è maggiore della somma dei suoi componenti (McDonald, 2005) rappresenta il nuovo paradigma en- tro cui leggere e re-interpretare le funzioni didattiche di docente e di tutor. Processo complesso quello dell’insegnamento-apprendimento in cui, oggi, si riflette la complessità del mondo reale costruito da interazioni multiple tra le persone, gli ambienti, tecnologie e finalità (McDonald, 2005).