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Le competenze trasversali: definizione e valore predittivo per il self marketing degli student

Vincenzo Russo

1.  Le competenze trasversali: definizione e valore predittivo per il self marketing degli student

Lo studio sul ruolo delle competenze trasversali, tra cui quelle legate alla gestione delle emozioni, è ormai ricco di evidenze scientifiche e di utili indicazioni sul rapporto che queste hanno sul successo personale e sulla performance professionale. Queste competenze (o soft skill) sono ormai entrate a fare parte del dibattito italiano già nella prima metà degli anni ʼ90, sebbene si possano ritrovare interessanti ricerche scientifiche sul loro valore già negli anni ʼ50 del secolo scorso.

Le competenze di cui ci occupiamo in questo lavoro, e che sono alla base del progetto InnoTal. Talenti per l’innovazione globale e la professionalizzazione, vengono denominate “trasversali” perché possono essere utilizzate in diversi ambiti e situazioni, e possono essere trasferite da una professione a un’altra e da un contesto di studio a uno professionale come bagaglio di risorse acquisite dal soggetto indipendentemente dalla professione specifica (Tessaro, 2005)�

Il termine competenza, anche in ragione del suo diffuso utilizzo nel linguaggio e nel senso comune, sfugge, tuttavia, a una definizione univoca. Connessi al termine di competenze, si ritrovano quelli di capacità e di abilità. La capacità si colloca gerarchicamente tra la conoscenza e l’azione: un individuo è capace se è in grado di mettere in atto determinati comportamenti derivanti da conoscenze. L’abilità, invece, rimanda idealmente a degli standard prefissati per cui l’abilità di un individuo consisterà nel “saper svolgere” determinati compiti in modo soddisfacente. Anche se nell’uso comune la parola abilità è collegata al “saper fare” in un’accezione esclusivamente operativa, alcuni autori evidenziano come, in realtà, «il concetto di competenza risulta assimilabile a quello di abilità nella misura in cui quest’ultima non viene ridotta a una capacità esecutiva ristretta, ma ricondotta al suo significato di metodo “adatto per”» (Tessaro, 2005, 6)�

Certamente le competenze trasversali sono riconducibili all’area dei comportamenti organizzativi, come ad esempio la leadership, l’efficacia relazionale, il teamwork, il problem solving. Queste possono essere divise in grandi categorie: quelle cognitive, relative al modello dinamico del processo decisionale (visione sistemica, problem solving, analisi e sintesi); quelle relazionali, relative alla dinamica di gestione dei rapporti con gli altri (comunicazione, gestione dei rapporti interpersonali, orientamento al cliente, collaborazione, teamwork, negoziazione); quelle definite realizzative riguardanti alle modalità con cui si traduce in azione ciò che si è programmato (iniziativa, proattività, orientamento al risultato, pianificazione, organizzazione, gestione del tempo e delle priorità, decisione); quelle manageriali relative al modo con cui si agisce il ruolo di capo (leadership, gestione e motivazione dei collaboratori, capacità di delega). Esistono poi le competenze trasversali, spesso abilitanti rispetto alle altre soft skill come la flessibilità, la tolleranza allo stress, la tensione al miglioramento continuo e la capacità di agire nell’innovazione.

Da quanto detto si può evidenziare come il termine faccia sempre riferimento, più o meno esplicitamente, a un sapere acquisito, non

appartenente ad un ambito meramente nozionistico e\o scolastico, ma diviene un sapere realizzato sul campo, facente parte di quei processi di apprendimento informale, conquistati in tempi e luoghi differenti che deriva anche dall’appartenenza a una comunità di pratica. Quest’accezione da una parte ci spiega come queste siano estremamente difficili da programmare in un percorso accademico e, dall’altra, segnala la necessità di svilupparle con una metodologia molto diversa da quella prevista per le altre conoscenze e competenze accademiche e scolastiche. Eppure alcuni studi già da tempo avevano segnalato l’esigenza di sviluppare tali competenze già in ambito scolastico ed accademico. Soprattutto per la loro capacità predittiva di successo lavorativo e di posizionamento nel mercato del lavoro.

Come abbiamo avuto modo di riportare più estesamente in un altro testo che raccoglie in dettaglio gli elementi di questo progetto (Russo e Bustreo, 2014), il valore predittivo delle competenze trasversali sono state studiate analizzando anche il fenomeno inverso, ovvero l’effetto che può avere la mancanza di una specifica “sensibilità” alle relazioni sociali sebbene vi fosse una forte competenza tecnica. A tal proposito come sostiene Stephen Rose, fisico teorico per formazione e capo di un progetto finalizzato allo studio del rapporto tra carriera professionale e competenze di ricerca, quando ci si riferisce alla specificità delle competenze dei ricercatori di altissimo profilo specialistico occorre stare in guardia rispetto al grosso pericolo dell’imperizia esperta”, ovvero quella paradossale situazione secondo la quale “quanto più (i Ph.D) sono intelligenti, tanto meno si dimostrano competenti sul piano emotivo e nel trattare con gli altri. È come se il QI fosse un muscolo che cresce e si rafforza a spese di quelli della competenza personale sociale” (Goleman, 1998, 62)

Whitla nel 1975 in uno studio condotto sui laureati di Harvard nel campo della legge, della medicina e dell’insegnamento ha dimostrato che non vi è alcuna correlazione, o vi è addirittura una correlazione negativa, fra i punteggi conseguiti agli esami di ammissione (una specie di QI) e il successo di carriera accademica e professionale. Nel 1973 McClelland nel suo lavoro dal titolo “Testing for Competence rather than Intelligence” ha dimostrato come i parametri tradizionali di misurazione dell’efficacia scolastica ed accademica – la disposizione agli studi, le votazioni scolastiche e gli attestati universitari - non siano sufficienti per prevedere il successo personale accademico, né la qualità delle prestazioni professionali. Secondo l’autore gli individui di successo, distinti da coloro che sono “semplicemente” in grado di preservarsi il posto, sono quelli che si distinguono per le loro specifiche competenze relazionali e personali come l’empatia, l’autodisciplina e l’iniziativa.

essere stimolate con adeguati percorsi formativi, così come possano essere promosse dalla semplice valutazione del grado di possesso di queste. Infatti la possibilità di “diagnosticare” con uno strumento specifico le competenze possedute e i punti di debolezza è il primo, e necessario, passaggio per lo sviluppo personale.

Questa esigenza formativa si rileva come necessaria per tutti coloro che svolgono un percorso di ricerca come quello offerto dal dottorato di ricerca, ma diventa soprattutto utile per tutti quei soggetti che paradossalmente si lasciano attrarre da alcune professioni in cui si prevede un consistente sforzo cognitivo – come nel campo delle scienze dure e in cui (anche stereotipicamente) la dimensione comunicativa, relazionale e sociale viene considerata meno rilevante nella carriera del ricercatore� Come sostiene Robert Kelley, uno psicologo della Carnergie-Mellon University, alcuni soggetti non sentono il peso della relazione con gli altri e non vivono la preoccupazione dell’esposizione emozionale come un elemento su cui investire, anzi queste dimensioni sono considerate un ambito da cui rifuggire (Goleman, 1998 pag. 63). Si tratta in questo caso del rifiuto di investimento in quelle competenze che, come abbiamo visto, sono alla base dell’accettazione sociale, del riconoscimento professionale e del successo personale. Nello specifico tra le competenze trasversali rientrano:

- la consapevolezza di sé (che comprende la conoscenza dei propri stati interiori, preferenze, risorse intuizioni);

- la padronanza di sé che comporta la capacità di dominare i propri stati interiori, impulsi, emozioni e le proprie risorse;

- la motivazione al successo che comporta le tendenze emotive che guidano o facilitano il raggiungimento degli obiettivi;

- lʼempatia che comporta la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui;

- le abilità sociali che fanno riferimento alle conoscenze e capacità nellʼindurre risposte desiderabili negli altri. Tra queste abilità vi sono la leadership, la capacità di persuadere, la comunicazione verbale e non verbale, la capacità di negoziazione e di gestione del conflitto, la capacità di collaborare e di stare in gruppo.

Questi dati, e altri che la letteratura offre, confermano l’importanza di investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze sia negli studenti universitari che nei PhD student che hanno caratterizzato il

nostro progetto sperimentale. Contribuire alla loro formazione e allo sviluppo delle competenze trasversali potrebbe, da una parte, aiutarli a promuovere la meglio le proprie abilità e competenze professionali e ad entrare nel contesto di lavoro e aziendale e, dall’altro, a facilitare il loro successo personale. Tra le competenze trasversali che aiutano il Dottorando a collocarsi professionalmente anche al di fuori della carriera accademica si trovano le seguenti abilità:

- raccolta e analisi dei dati;

- problem setting e problem solving;

- guida e motivazione al lavoro individuale e di gruppo; - project management;

- capacità e gestione delle relazioni interpersonali; - comunicazione;

- leadership e membership;

- autoimprenditorialità e competenze gestionali; - abilità nella negoziazione;

- controllo delle emozioni�

Dall’elenco è possibile osservare come ancor oggi alcuni datori di lavoro spesso sottovalutino il valore di alcune competenze acquisite durante il percorso dottorale, quali ad esempio lʼadattabilità, la capacità di affrontare problemi complessi, di misurarsi con lavori multidisciplinari e, spesso, la capacità di interagire in ambienti internazionali. In ogni caso ciò che viene chiesto al neo-dottore al suo affacciarsi sul mondo del lavoro è non solo e non più quello di essere formato al meglio, quanto quello di essere consapevole delle proprie competenze possedute e, ancor più, di saperle esprimere, di essere abile e coinvolgente nel comunicarle. E tutto questo a partire sia da un’ottima proprietà di gestione degli strumenti e delle metodologie di ricerca, avendo perfezionato capacità e conoscenze specifiche utili nel mondo accademico, sia dalla consapevolezza che tali apprendimenti altro non sono che solo un punto di partenza per il successo in un contesto assai diverso da quello accademico.

2. Lo sviluppo delle competenze trasversali per il self marketing