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Alessandra Sannella

3.  La ricerca-azione

Queste preziose fasi di ricerca di sfondo hanno tratteggiato la mappa delle relazioni per raggiungere gli obiettivi della ricerca [Marradi: 1984] e per utilizzare i risultati provenienti dalle fasi precedenti in particolare con le attività derivanti dai Lab-oratori� Gli indicatori emersi dagli incontri con gli studenti erano molteplici e necessitavano di una lettura multifocale. Il focus della survey si è pertanto rivolto a individuare come la violenza si sostenga attraverso azioni sociali e culturali, in un andirivieni di tradizione 11 Memoli R. (2007), Dall’analisi multidimensionale esplorativa ai modelli relazionali, in Cannavò L., Frudà L. (a cura di), Ricerca sociale. Dall’analisi esplorativa al data mining, Carocci, Roma, 24�

e innovazione, sia per un processo di mancato riconoscimento, che per l’uso di nuovi strumenti digitali. Si è cercato di intravedere quanto fossero considerate ‘normali’ alcune azioni violente, rituali sociali che perpetrano da secoli reati celati dietro la consuetudine, come i matrimoni forzati, la violenza domestica, la violenza psicologica, quella fisica ecc.. Da questo primo step si è successivamente analizzata la violenza diffusa nella società digitale. Per poter compiere un’analisi quanto più esaustiva, si è pertanto scelto di somministrare il questionario in modalità web survey, tramite la piattaforma di Ateneo12;

seppur la modalità digitale rappresenta un’opportunità è altresì noto quanto sia alto il rischio di mortalità del questionario. Si è ritenuto necessario pertanto costruire una web survey con un questionario ‘snello’ nella forma, per facilitare l’attività degli intervistati, seguendo il principio del least astonishment e composto da 22 domande chiuse più le domande relative ai dati sociografici (http://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/book/264)13

Sono state identificate tre macro aree relazionali entro cui è stato costruito lo strumento di indagine

: individuale, inter-personale, sociale. In base alla domanda di ricerca la popolazione di riferimento è stata individuata negli studenti dell’Università di Cassino, gruppo sperimentale con 8.487 iscritti; il gruppo di controllo è stato invece identificato negli studenti del corso di Laurea in Medicina, dell’Ateneo di Parma14. E’ stata pertanto compiuta una attività di sensibilizzazione, con

gli studenti di Cassino, che per lo più afferivano al corso di laurea in Servizio Sociale, avvenuta attraverso i Lab-Oratori15 (nel gruppo di controllo l’azione

di formazione sarà successiva). La survey presso l’Ateneo di Cassino è stata attivata in corrispondenza dell’apertura della sessione estiva di valutazione degli studenti il 15 giugno e il termine della somministrazione è stata

12 L’équipe di ricerca per la web survey è composto da Maria Ferrara e Elisa Langiano, docenti di Epidemiologia presso l’Ateneo di Cassino. Il pre-test del questionario è stato effettuato sia in modalità cartacea che digitale e, successivamente, è stato ‘messo on line’ attraverso la piattaforma GOMP.

13 Per un maggiore approfondimento sul questionario Cfr. Sannella A. (2017), La Violenza tra tradizione e digital society. Una riflessione sociologica, FrancoAngeli, Milano, 124- 132�

14 L’interesse mostrato verso il Progetto Alfa da parte di Rossana Cecchi, Ordinario di Medicina Legale presso l’Ateneo parmigiano, ha facilitato l’identificazione dell’Università di Parma come ‘campione di controllo’. Si ringraziano, per l’interesse e per l’alto contributo scientifico nell’ambito dell’indagine, la Prof.ssa Rossana Cecchi e la Prof.ssa Lorella Franzoni, Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma�

15 Nel periodo 1-14 giugno 2017 è stato fatto il pre-test con alcuni studenti del Corso di Laurea in Servizio Sociale, sia per effettuare dei controlli sull’impostazione dello strumento che per monitorare altri eventuali problemi metodologici.

identificata al 30 dicembre 2017.16 Nella fase prevista per la somministrazione

gli studenti che si collegavano sulla pagina di Ateneo visualizzavano un pop up che li invitava a partecipare, in forma anonima, alla ricerca. La struttura del questionario ha tenuto conto dell’importanza di poter ottenere un congruo numero di informazioni attraverso la rilevazione web; si è teso pertanto a non fare domande aperte e molti dei quesiti sono stati posti in modalità multiple e con scale Likert. Cercare dati è stata la missione principale proprio con l’intento di voler analizzare il ‘presente esteso’ (Luhmann, 1976), che procede indefesso nell’agire la violenza. Al termine della rilevazione i rispondenti sono stati 170217 ma i questionari completi e analizzabili sono 1649, di cui il

62.5% rispondenti sono studenti di Cassino e il 36.2% di Parma.

I questionari che avevano perso oltre il 50% dei dati o che non avevano informazioni socio-demografiche, ovvero il 3.6% dei rispondenti, sono stati esclusi dall’analisi. I risultati mostrano che gli intervistati sono di nazionalità italiana nel 93.1% con una età media di 26.6%. Dal gruppo sperimentale gli atti di violenza vengono identificati soprattutto nella molestia sessuale nel 71.8%, nel maltrattamento delle donne nel 72.1%, e gli abusi nel 51.2%, e l’abuso dei deboli nel 39.9% con differenze statisticamente significative tra i sessi (89.1% delle donne vs 65.2% degli uomini; p <0.05). Solo il 22% ha indicato altre forme di violenza come il razzismo nel 17.8%, la discriminazione nel 14.6% e gli atti di vandalismo nell’11.8%. Un dato che ricalca la percezione generale risulta essere quello sul considerare grave la violenza contro le donne 78.5%, e si riconosce la forma più grave di violenza quella contro i bambini nel 73.2%. Di minore importanza, secondo la nostra coorte, risultano esseri gli atti di violenza contro l’ambiente 11.1%, contro gli immigrati 9.8% e contro i beni pubblici 4.7%. Da questi dati si rintracciano, invero, le analogie con il concetto di violenza simbolica analizzata da Bourdieu (Bourdieu, 2009) e quella strutturale di Galtung. Il campione è concorde, nel 92.1% nel ritenere di vivere in un ambiente in cui gli atti di violenza non sono comuni e sono altresì consapevoli che azioni di violenza possono avere

16 Presso l’Università di Parma la rilevazione è iniziata il 13 Luglio (per motivi tecnici, per cui si è dovuto attendere un tempo più lungo per la messa on line). A seguito della partenza non allineata dei due Atenei, e dell’astensione dei docenti universitari a svolgere esami nel primo appello della sessione di settembre, cosiddetto ‘sciopero dei docenti’, si è ritenuta limitata la possibilità di poter proseguire con i tempi stabiliti in fase di disegno della ricerca. É stato necessario estendere la rilevazione fino a dicembre 2017�

17 L’elaborazione dei dati è effettuata dalla Prof. Maria Ferrara, Il software utilizzato è EpiInfo vers, 3.5.

un impatto sulla salute della persona in modo permanente nel 45.7% dei casi, sia in casi di violenza fisica, che per quanto riguarda gli effetti sulla salute psicologica; vengono riconosciuti come effetti della violenza psicologica la depressione 56.7%, i disturbi d’ansia 53.1% e la perdita di autostima 42%. Una consapevolezza quindi, sulle conseguenze ad azioni di violenza. Il campione ritiene che la violenza sia causata da storie di abusi e atti di violenza durante l’infanzia per il 73.1% dei rispondenti, dall’uso di droghe nel 69% dei casi e da disturbi di personalità 45%. L’habitus acquisisce quindi un ruolo importante per poter prevenire la violenza. Interessante notare come la percezione muti nel caso della violenza online� La trasformazione della società digitale mostra una mutazione notevole nelle relazioni, infatti, il 57% utilizza i social network per esprimere i propri sentimenti e stati d’animo nel 45 % delle donne contro il 39 % degli uomini (p <0,05). L’elemento comune è che l’utilizzo della rete è una scelta legata soprattutto all’anonimato e quindi liberi di sfogarsi (91%). Un’altra differenza negli intervistati è rilevata dalla convinzione di ritenere che i social network siano uno strumento per diffondere violenza nel 66.7% delle donne contro il 38.1% degli uomini (p <0,05). L’elemento comune risulta essere la condivisione di notizie e immagini violente nel 55% e la segnalazione di immagini e commenti molto violenti 48.9%. Un aspetto essenziale è rilevabile altresì dalle risposte relative alla possibilità di contrastare la violenza. La maggior parte ritiene necessario e possibile farlo iniziando dagli strumenti offerti dalla rete, infatti, gli stessi social vengono individuati come strumenti funzionali a contrastare le azioni di violenza per il 60.1% dei rispondenti. Seppure i giovani siano visti come motori del cambiamento sociale, un elemento importante, che rallenta questa percezione, è rilevato da un ultimo dato interessante relativo alla mancata conoscenza dell’uso dei termini come blastare, trollare, bannare come richiesto dalle domande n. 18, 19, 20 del questionario. Il campione non sembra sapere, o non risponde, su definizioni come blasting e trolling.

Questo va di pari passo con l’ipotesi relativa alla mancata conoscenza di un reale uso della tecnologia e con l’equazione inversa rispetto alla cyber- violenza, non nuova quindi, ma solo digitale. Infine, la maggior parte degli intervistati ritiene, nell’82% che, per affrontare il problema della violenza, le leggi esistenti dovrebbero essere rinforzate e che sarebbe utile creare percorsi di formazione fin dai primi anni della scuola primaria. Si ritiene quindi utile procedere alla fase di alcune non-conclusioni, perché i dati dimostrano che c’è molto da fare, seppure molto è stato fatto.

4. Conclusioni

Sia nella prospettiva storica, propria delle società occidentali, che in quella dei recenti rapporti statistici -World Health Organization (2014) e Istat (2015) - la violenza è diminuita. Seppure questo ci conforta dal punto di vista quantitativo, non è sufficiente a carpirne i significati, l’atrocità con sui si replica la violenza e che, come l’Idra di Lerna, si fortifica attraverso il digitale. I segni, iscritti nella grammatica del corpo e della mente, sociale e individuale, sono serbatoio di vuoti epistemologici, in cui si annidano, e poi consumano, ferocia e azioni violente. Dai risultati derivanti dal questionario, e dalle diverse fasi del Progetto Alfa, emerge un quadro non troppo dissimile dalle analisi storiche sulla violenza� Le variazioni si registrano in relazione ai dati relativi all’ampiezza del fenomeno che attraversa il web, dove si riscontra una grande assenza: la consapevolezza/conoscenza dello strumento digitale e la presenza della paura come strumento ‘aggiuntivo’ di violenza. Martha C� Nussbaum, nel suo testo The Monarchy of Fear pone l’attenzione sulla funzione importante che la paura gioca nella nostra attuale era politica, connesso altresì con il ruolo che essa possa avere sulla spirale della violenza. Possiamo così immaginare che questa interpretazione abbia dei punti di contatto importanti rispetto all’analisi della violenza. In particolare, le emozioni di rabbia, disgusto e invidia trovano un terreno di amplificazione nella paura, emozione atavica, asociale e narcisistica (Nussbaum: 2018) che genera frustrazione, aggressività, nel vuoto di un sostegno relazionale e sociale, fino a giungere alle atroci azioni di violenza. La paura immagina un nemico che divampa nell’immaginario, esclude, emargina e si ‘scatena’, attraverso il fascino della violenza18 che genera dis-ordine sociale� La Gewalt

si rintraccia sovente nella società dell’immagine, if it bleeds, it leeds19, forse

nell’intento di voler ‘esorcizzare’ il sentimento di paura. Eppure così agendo la violenza si amplifica nelle diverse forme: si registra nell’intolleranza, nel razzismo, nell’indifferenza alle periferie, nei vuoti assiologici, nel mancato riconoscimento delle strutture sociali di riferimento� La frantumazione dell’Io lieve, educato alla scuola del conformismo, schiacciato dal bisogno di approvazione e di successo, genera violenza, a cascade, dietro la solitudine troppo rumorosa dei propri monitor.

Il progetto ha consentito di poter delineare delle frontiere di analisi della violenza grazie agli elementi di innovazione introdotti nella ricerca, tra cui: la

18 Si veda Ferrarotti F. (1979), Alle radici della violenza, Rizzoli, Milano�

19 Pinker S. (2013), Il declino della violenza, Mondadori, Milano, 2; (ed. or. 2011, The Better

trans-disciplinarietà, l’interazione di ‘ricercatori e ricercati’(per consolidare un cambiamento a cui tendere), non ultima l’analisi volta alla luce della multifattorialità di elementi che costituiscono le azioni violente. «Il ruolo della ricerca è decisivo, sia per la comprensione del fenomeno stesso, che per un’opera di demistificazione. Attraverso l’indagine scientifica si può interpretare la frattura di senso nella reciprocità delle relazioni e, auspicabilmente, ridefinire ambiti concreti di applicazione, in cui le nuove generazioni sapranno ritrovare costruzioni di senso per una società più inclusiva e in grado di attivare azioni sociali utili al contrasto alla violenza e non al suo dilagare»20. La lettura

dei dati emersi dalla ricerca, inoltre, sottolineano variabili dominanti e determinanti, rispetto alla necessità/urgenza di poter perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs). In particolare, il sistema salute, goal n.3 (salute e benessere)21, risulta minacciato dall’imperversare della violenza, il

goal. n. 4 (istruzione di qualità), rappresenta il valido strumento per iniziare il cammino del declino della violenza. Ciò sarà possibile, in particolar modo, se saranno garantiti pari diritti tra i generi, ovvero goal il n.5, anche attraverso la possibilità di garantire il goal n.10 - riduzione delle disuguaglianze – sociali ed economiche. Perseguire gli Obiettivi dell’Agenda dell’ONU 2030, potrebbe facilitare così la qualità delle relazioni tra le persone, alimentare la rete tra le istituzioni, consolidare il riconoscimento e la riduzione della violenza. La svolta interpretativa risiede nell’opera di decostruzione del fenomeno, seppure «(…) udiremo in primo luogo risposte. Ma nessuna riposta sarà l’ultima; ognuna condurrà a nuovi problemi, finché l’ultimo problema resterà invero senza risposta, ma non per questo sarà un problema vano».22

Proprio per questo il Progetto Alfa contro la violenza è da ritenersi un progetto in itinere. L’elemento chiave risiede nel forte impatto che i digital

media svolgono nella riproduzione della violenza, proprio perché privi del

fondamentale ruolo svolto nell’individuo dalle relazioni e dalle istituzioni primarie e secondarie.

Nel nostro ruolo di docenti universitari abbiamo sperato di poter rispondere al mandato del futuro: far germogliare, attraverso il Progetto Alfa, il pensiero

20 Cfr� Sannella A� (2017), La Violenza tra tradizione e digital society. Una riflessione sociologica, FrancoAngeli, Milano, 124-132; http://ojs.francoangeli.it/_omp/index.php/oa/catalog/ book/264 (ultimo accesso 18�10�2018)�

21 Cfr� Maciocia L�, Sannella A� (2018), Crescere sostenibili e in salute� Strumenti per la promozione

e lo sviluppo, FrancoAngeli, Milano.

22 Fornari F. (2014), Introduzione. Naufragio con spettatore. Alcune considerazioni preliminari

sul narcisismo, in Aa.Vv. Sociologia: Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali, Issues, n� 2, 2014, Gangemi, Roma, 10-11�

critico, la capacità di costruire, orientare lo sguardo al ‘domani’, nutrire la linfa delle relazioni, coltivare il valore dell’etica23 e della reciprocità.

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la ras- segnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di  come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover es- sere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione  ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore (Peppino Impastato)�

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Estratto dalle Tesi Congressuali del 66° Congresso Nazionale della F.U.C.I., Pavia e Vigevano 4-7 maggio 2017

Nicola Zanardini