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4. Coscienza e interazione: il comportamento come attitudine

4.2. Comportamentismo logico e distinzione

La critica di Mead e James al riduzionismo fisicalista potrebbe essere rivolta anche alla corrente comportamentistica teorizzata negli anni Trenta a Vienna, il comportamentismo

495

D. L. Miller, George Herbert Mead, cit., pp. 146-47.

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Questa tesi è rintracciabile anche nelle riflessioni di Wittgenstein presenti in Zettel: «Nessuna assunzione mi sembra più naturale di quella che all’associare e al pensare non è coordinato nessun processo nel cervello; e, precisamente, in modo che dai processi cerebrali sarebbe impossibile leggere i processi del pensiero […] È dunque perfettamente possibile che certi fenomeni psicologici non si possano indagare fisiologicamente, perché ad essi non corrisponde nulla di fisiologico. […] Ho visto quest’uomo molti anni fa; ora lo vedo di nuovo, lo riconosco, mi ricordo del suo nome. E perché nel mio sistema nervoso dovrebbe esserci una causa di questo ricordo? Perché nel mio sistema nervoso dev’essere immagazzinata una cosa qualsiasi, qualunque cosa essa sia,

in qualunque forma sia? Perché quell’uomo deve aver lasciato una traccia dietro di sé? Perché non devono

esserci regolarità psicologiche a cui non corrisponda nessuna regolarità fisiologica? Se questo manda all’aria il nostro concetto di causalità, ebbene allora era ora che qualcosa lo mandasse all’aria» (L. Wittgenstein, Zettel, Einaudi, Torino 2007, §§ 608-10). Pascal Engel afferma in riferimento alla distinzione tra cause e ragioni in Wittgenstein: «Se un fisiologo descrive ciò che accade solo nel vocabolario neurologico, non riuscirà a cogliere necessariamente il senso del gesto compiuto [...]. Wittgenstein non nega certamente che si possano dare tali descrizioni, ma esse non ci diranno nulla di ciò che è essenziale alla nostra comprensione dell’azione, perché non ci diranno nulla delle ragioni per le quali l’agente ha agito» (P. Engel, Filosofia e psicologia, Einaudi, Torino 2000, p. 128. Cf. L. Wittgenstein, Brown Book, p. 15).

497

Cf. H. Putnam, Mente, corpo, mondo, il Mulino, Bologna 2003, pp. 125-26; L. Wittgenstein, Filosofia della

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logico, secondo la quale tutto ciò che è conoscibile dei fenomeni psichici è esprimibile dal

linguaggio fisico. Il comportamentismo logico sorge dalla proposta di Russell di eliminare entità come i numeri cercando di non eliminare anche «l’appropriato corpo del discorso (teoria dei numeri) trattando le entità in questione come costruzioni logiche». Questa proposta viene fatta propria dai positivisti di Vienna che nella loro fase ‘fisicalista’ (intorno al 1930) teorizzano il comportamentismo logico che identifica gli eventi mentali con «costruzioni logiche fuori da attuali e possibili eventi comportamentali».498 In particolare, l’obiettivo di questa dottrina è di ricondurre la spiegazione di ogni stato mentale ad attuali o possibili comportamenti evidenti, per cui ogni asserzione riguardante gli stati mentali può essere formulata in un linguaggio fisico universale e intersoggettivo.499 Il fisicalismo viene inteso tanto in termini neurofisiologici quanto nei termini del comportamento vero e proprio. La tesi fondamentale del comportamentismo logico vede quindi delle implicazioni tra le asserzioni riguardanti gli stati mentali e le asserzioni riguardanti il comportamento e rintraccia la sola distinzione che si ha tra i due nel fatto che le asserzioni riguardanti gli stati mentali si rivelano più ambigue di quelle riguardanti il comportamento. Sempre seguendo Putnam, il comportamentismo logico condivide con il dualismo l’idea secondo la quale ciò che accade nel cervello non ha niente a che vedere con ciò che intendiamo quando diciamo di avere dolore, e condivide con il materialismo ‘though-minded’ la negazione che dolore, pensieri, sentimenti, implichino la concezione di una mente come sostanza cartesiana. Ma questa dottrina non riesce a portare a compimento il proprio scopo, ovvero quello di superare il dualismo cartesiano, e nel corso del suo sviluppo sino agli anni ’60 la tesi estrema del comportamentismo logico si indebolisce fino ad ammettere sia che esistono connessioni fra gli stati mentali e gli stati comportamentali, connessioni che rispondono in qualche senso ai significati dei termini mentali, sia che tali connessioni non forniscono ancora una traduzione fra il ‘linguaggio’ della mente e quello del comportamento. In linea con la critica che stiamo cercando di argomentare qui, Putnam sostiene che il limite principale del comportamentismo logico stia proprio nell’ammettere la possibilità di connettere causalmente l’effetto – il comportamento osservabile – con la causa – il dolore provato, senza tenere in considerazione

498

H. Putnam, Brains and Behavior, in N. Block (ed.), Readings in Philosophy of Psychology, Vol. 1, 1980, p. 25.

499

Cf. R. Carnap, Psychology in Physical Language, in A. Ayer, Logical Positivism, The Free Press, New York 1959, pp.166-67.

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il fatto che «le cause (dolori) non sono costruzioni logiche dei loro effetti (comportamento)».500

Ai limiti di una riduzione della spiegazione del processo mentale al fenomeno fisico sembra rispondere la teoria dell’«anomismo mentale» di Davidson, secondo il quale non è possibile ridurre le relazioni del mentale con il fisico a leggi strette.501 In particolare, Davidson sostiene che la differenza irriducibile tra i concetti mentali e i concetti fisici stia nella natura intenzionale dei primi, natura che richiede all’interprete di rendere la creatura da interpretare una creatura dotata di ragione, e questo è possibile solamente fondandosi su di un principio normativo, ovvero decidendo dal punto di vista dell’interprete cosa massimizzi l’intelligibilità. I criteri utilizzati in questo caso sono quelli propri del soggetto interpretante, il quale ha i propri criteri di razionalità. Quando invece cerchiamo di comprendere il mondo con gli strumenti della fisica, necessariamente impieghiamo le nostre norme ma non tendiamo a scoprire una razionalità nei fenomeni. Leggi rigorose non impiegano concetti causali mentre la maggior parte dei concetti mentali è causale:

«L’elemento causale contenuto nei concetti mentali aiuta a dissimulare la mancanza di precisione che li caratterizza: fa parte del concetto di azione intenzionale che questa sia causata e spiegata da credenze e desideri; fa parte dei concetti di credenza e di desiderio che tendano a causare, e quindi a spiegare, le azioni di un certo tipo».502

Nonostante tale distinzione sul piano esplicativo, Davidson mantiene l’identità fra eventi mentali ed eventi fisici, asserendo che la distinzione sia rintracciabile solamente sul piano epistemologico (descrizioni di eventi in termini psicologici e descrizioni in termini fisici).

Questa distinzione è simile a quella che Block mette in atto nel suo Comparing the Major

Theories of Consciousness. In questo saggio Block afferma l’identità fra eventi mentali ed

eventi fisici, il cui ‘gap esplicativo’, che si esprime nell’impossibilità di avere due esperienze soggettive distinte sorrette da una stessa attivazione neuronale, possa essere compensato con un nuovo apporto concettuale nel campo delle neuroscienze:

500

Come contro argomento egli ipotizza l’esistenza di un mondo-X in cui gli abitanti provano dolore ma non lo esprimono attraverso il comportamento. L’unico modo per scoprire empiricamente se stanno provando dolore risulta l’emissione di certe onde-V dal cervello. Di certo, il limite di ridurre lo stato mentale del dolore all’emissione di onde del cervello se, da una parte rende possibile in qualche modo ridurre la spiegazione del dolore al suo fenomeno fisico, ciò non di meno non risolve il problema del dolore e degli stati mentali (H. Putnam, op. cit., pp. 24-36).

501

Cf. P. Engel, Filosofia e psicologia, Einaudi, Torino 2000, pp. 135ss.).

502

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«Quello che ci manca è un concetto neuroscientifico oggettivo che ci consenta di vedere come esso individua lo stesso fenomeno come il nostro concetto soggettivo dell’esperienza di verde. […] La soluzione dell’apparente conflitto tra il gap esplicativo e il fisicalismo è che soggettività e oggettività possono essere viste come proprietà di concetti anziché come proprietà degli stati di cui i concetti sono espressione».503

In particolare, secondo Block vedere lo stesso fenomeno con un nuovo apparato concettuale, ad esempio l’acqua come H2O, ci permette di imparare riguardo all’acqua non un

nuovo fatto ma «un nuovo tassello di conoscenza, che implica un nuovo concetto»,504 riguardo ad un fatto che già conosciamo. In realtà, ciò comporta a nostro avviso un dualismo concettuale che non risolve i limiti delle spiegazioni fisicaliste odierne: risolvere la questione della relazione mente/corpo cercando di compensare la mancanza di concetti neuroscientifici sul piano esplicativo non risolve la questione nella realtà. La confusione che potrebbe sorgere da un mutamento nella terminologia concettuale trova la propria origine nella constatazione che non ogni nuovo concetto implica nuova conoscenza della realtà, soprattutto per quanto riguarda il rapporto mente/corpo. Prendendo l’esempio di Block potremmo ribattere alla sua argomentazione sostenendo che quando parliamo dell’acqua e della sua composizione molecolare ci riferiamo sempre in termini fisici ad elementi fisici; al contrario, ammettere che i fenomeni cerebrali e i fenomeni mentali sono due espressioni della stessa “materia” significa assumere un punto di vista metafisico (il punto di vista meccanicistico del rapporto mente/corpo) con il quale neghiamo la differenza qualitativa che intercorre tra stato fisico e processo mentale.

503

N. Block, Comparing the Major Theories of Consciousness, in M. Gazzaniga (ed.), The Cognitive

Neurosciences IV, MIT Press, Cambdridge MA 2009, p. 1115. «What we lack is an objective neuroscientific

concept that would allow us to see how it could pick out the same phenomenon as our subjective concept of the experience of green. And we can except that we do not even have the right subjective concept of the experience of green, since we are not sure what subjective phenomena truly should be grouped together. The resolution of the apparent conflict between the explanatory gap and physicalism is that subjectivity and objectivity can be seen as properties of concepts rather than properties of the states that the concepts are concepts of».

504

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