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2.4. Il primum della cooperazione sociale per la formazione

2.4.1. Simulazione e neuroni specchio

Le intuizioni meadiane anticipano le ipotesi neuroscientifiche più recenti riguardo al sorgere del linguaggio dalla capacità percettivo-manipolatoria. Questa ipotesi viene sostenuta da Rizzolatti e Arbib nel noto articolo Language within our grasp, in cui si teorizza che la base fisiologica della comunicazione sia riconducibile al sistema mirror di riconoscimento dei gesti altrui e che tale sistema fornisca la base fisiologica necessaria per il passaggio dall’agire al comunicare, ovvero che il legame tra agente e osservatore possa essere visto anche come il legame tra soggetto emittente e soggetto ricevente dei messaggi.314 La tesi che portano avanti Rizzolatti e Arbib è che l’evoluzione della comunicazione umana dalla comunicazione dei primati sia dovuta allo sviluppo del sistema mirror e che la capacità mimetica, in quanto naturale estensione del riconoscimento delle azioni altrui, sia un aspetto centrale per lo sviluppo della cultura umana, così come può essere testimoniata nelle danze, nei giochi e nei rituali tribali.315 A questo aspetto, quindi, si lega necessariamente il riferimento all’ipotesi meadiana (e deweyana) riguardo allo sviluppo filogenetico degli stimoli istintivi in stimoli

312

G. H. Mead, Social Psychology as Counterpart of Physiological Psychology, cit., p. 102. Cf. H. Kang, G. H.

Mead’s Concept of Rationality: A study of the use of symbols and other implements, The Hague – Paris, Mouton

1976, pp. 144 ss.

313

Di questa distinzione ne rende merito Habermas. Cf. J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, cit., pp. 558-59.

314

Cf. G. Rizzolatti, M. A. Arbib, Language within our grasp, «Trends in neurosciences», Vol. 21, No. 5, 1998, pp. 188-194. Esperimenti recenti hanno mostrato che l’area dei primati corrispondente all’area di Broca degli esseri umani possiede la struttura neurale per controllare i movimenti oro-laringei, oro-facciali e branco-manuali. Inoltre sono dotati di meccanismi di connessione tra la percezione e la produzione dell’azione.

315

Questo aspetto viene evidenziato da Merlin Donald in L’evoluzione della mente. Per una teoria darwiniana

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estetici quali le danze di guerra o di amore. Questo passaggio, che nello scritto sull’emozione non era stato esplicato, può trovare il suo corrispondente fisiologico nel sistema mirror e la sua base sociale nell’interazione gestuale con l’ambiente. La capacità gestuale-manipolatoria connessa all’espressione delle emozioni, intese come stimoli estetici che coinvolgono le espressioni oro-facciali, permettono di rendere merito dell’ipotesi filogenetica dello sviluppo del linguaggio umano. Questo chiama in causa anche l’idea di un meccanismo pre-riflessivo, così come ipotizzato da Mead, in quanto presupposto della trasposizione emotiva che caratterizza la possibilità di comprensione dei movimenti degli altri. Nella descrizione meadiana sono a nostro avviso rintracciabili le basi stesse del carattere simulatorio preconscio proprio dei neuroni specchio.

Il sistema mirror offre un’interpretazione biologica dell’apprendimento del bambino e della nostra capacità di comprensione degli altri. Il meccanismo ‘comunicativo’ che si attiva con i neuroni specchio si rivela analogo alla conversazione di gesti in cui si ha il reciproco riaggiustamento delle risposte degli individui.316

Scrive Mead:

«Tutto ciò che è innato e ereditario, per quanto riguarda le menti e i Sé, è il meccanismo fisiologico del sistema nervoso centrale umano, per mezzo del quale è resa biologicamente possibile negli individui umani la genesi delle menti e dei sé dal processo sociale umano di esperienza e comportamento – dalla matrice umana di rapporti e interazioni sociali».317

Mead non poteva parlare di neuroni specchio, ma di certo avrebbe accolto la scoperta con entusiasmo. È inoltre paradigmatico notare che la fase manipolatoria, elemento di discrimine tra coscienza animale e coscienza umana, viene dai neuroscienziati Rizzolatti e Sinigaglia, inclusa all’interno del processo di comprensione pre-conscia che i neuroni specchio mettono in atto. La manipolazione, che fa parte del processo percettivo, coinvolge anche l’osservazione degli atti percettivo-manipolatori degli altri individui. Ma è nella relazione

316

Cf. G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai, Raffaello Cortina, Milano 2006, pp. 148-9.

317

MSS, p. 307n. Al giorno d’oggi possiamo rintracciare in Shaun Gallagher il promotore di una tesi simile ma maggiormente documentata empiricamente. Secondo Gallagher, infatti, una forma pre-riflessiva di auto- coscienza si formerebbe a partire dalla presenza di schemi corporei innati stimolati dall’interazione del soggetto con l’ambiente fisico in cui si muove (Cf. S. Gallagher, A. J. Marcel, The Self in Contextualized Action, «Journal of Consciousness Studies» 1999, 6 (4): 4-30; S. Gallagher, Emotion and Intersubjective Perception: A

Speculative Account, in A. Kaszniac (ed). Emotions, Qualia and Consciousness London, World Scientific

116

sociale che la dotazione biologica si rivela fondamentale per lo sviluppo della coscienza. Anzi, lo stesso Mead scrive che in ognuno di noi è presente

«un fondo di organizzazione sociale inesplorata che ci permette di agire con più sicurezza in un ambiente sociale piuttosto che in un ambiente fisico. […] Ciò che vediamo nei volti e attitudini degli altri non è il viso o il corpo. È l’indicazione di certi tipi di condotta, e l’evidenza della sensazione che la condotta implica».318

Il riconoscimento di questa sensazione si fonda su di un meccanismo bio-sociale di cui il «fondo di organizzazione sociale inesplorata» include tanto l’elemento biologico quanto l’elemento sociale. Questa fondo di organizzazione si basa sulla capacità simulatoria connessa alla capacità di interazione cooperativa alla base dello stesso meccanismo mimetico che ci consente di dare corpo alla comunicazione.

Il sistema mirror potrebbe essere inteso come la scoperta scientifica odierna che permetterebbe di corroborare l’intuizione meadiana di una capacità umana innata di interpretazione dell’atto dell’altro per la formulazione della risposta adeguata allo stimolo che l’osservazione di un’azione provoca nell’individuo che osserva, e questo proprio per la continuità presente tra corpo e mente, tra percezione e coscienza:

«Sarebbe un errore accettare l’assunto per cui l’uomo sarebbe un individuo biologico fornito di ragione, se con questa definizione si intende che egli conduce due vite separabili, una fondata sull’impulso, l’altra fondata sulla ragione – specialmente se si accetta l’assunto per cui il controllo esercitato dalla ragione si realizza per mezzo di idee considerate come contenuti mentali che non sorgono all’interno della vita impulsiva e in seguito a ciò formano una parte reale».319

Questo non significa che l’origine della coscienza umana sia riducibile al meccanismo biologico giacché le dinamiche di “comprensione”, di “riconoscimento”, di “intenzione” chiamano in causa un processo di interazione che coinvolge l’attivazione neurale di

simulazione come co-determinante della coscienza umana e non come causa esclusiva di essa.

D’altronde il significato del termine “simulazione” non è univoco nemmeno tra i neuroscienziati. Per alcuni, ad esempio, la simulazione è intesa come il meccanismo

318

G. H. Mead, The Social Character of Instinct, cit., p. 4.

319

117

attraverso il quale comprendiamo le menti altrui,320 mentre da altri essa viene intesa come un processo cosciente dipendente da una riattivazione deliberata di azioni precedentemente compiute.321 Noi intendiamo qui la simulazione come un meccanismo automatico incorporato non intenzionalmente rivolto alla comprensione dei comportamenti e stati mentali degli altri.322 Questo modo di intendere la simulazione ci permette di rendere merito della prospettiva meadiana che include tanto la necessaria attivazione neurale quanto l’idea di un’apertura ad una comprensione da parte dell’individuo delle azioni altrui all’interno di una dinamica in cui la formazione del Sé – ovvero dell’autocoscienza – avviene attraverso un processo di interazione cooperativo.323

Ed è qui, allora, che si lega l’aspetto fondamentale di differenziazione della prospettiva meadiana rispetto ad una prospettiva riduzionista del sorgere della coscienza. Nel momento in cui, infatti, noi assumiamo che alla base del processo del sorgere della coscienza ci sia un meccanismo neurale mimetico non rendiamo ancora merito dello sviluppo della differenziazione della risposta di un organismo ad uno stimolo proveniente dall’esterno. Il processo di attivazione neurale non implica necessariamente la comprensione, soprattutto se il meccanismo di attivazione rimane nella fase preriflessiva e pre-conscia.324 Per avere coscienza il processo di attivazione neurale è un pre-requisito ma è necessario anche che l’organismo possa essere in grado di anticipare l’azione dell’oggetto sociale, il che rende merito di un aspetto fondamentale: l’apparato fisiologico necessita di una controparte sociale che stimoli e risponda all’azione dell’individuo. Certo, è possibile intendere, insieme a Rizzolatti e Sinigaglia, il termine “comprensione” come «una immediata capacità di riconoscere negli ‘eventi motori’ osservati un determinato tipo d’atto, caratterizzato da una specifica modalità di interazione con gli oggetti, di differenziare tale tipo da altri ed

320

Cf. V. Gallese, A. I Goldman, Mirror neurons and the simulation theory, «Trends in Cognitive Science», 2, 1998, pp. 493-501.

321

Cf. J. Decety, D. H. Ingvar, Brain structures participating in mental simulation of moter behavior: a

neuropsychological interpretation, «Acta Psychologica, 73, 1990, pp. 13-24.

322

Al riguardo vedi V. Gallese, Motor abstraction: a neuroscientific account of how action goals and intentions

are mapped and understood, «Psychological Research», 73, 2009, pp. 486-98.

323

In questo senso l’autocoscienza viene intesa come riconoscimento del soggetto in quanto Sé distinto dagli altri Sé e questo è possibile nel momento in cui egli si vede come oggetto al pari di come viene visto dagli altri Sé. Ciò significa che in Mead la distinzione tra «riconoscimento di sé» va di pari passo con la capacità di «riflettere su se stesso» cioè di vedersi con gli occhi degli altri.

324

In un contesto fenomenologico Vincenzo Costa nota che «la capacità di compiere certi movimenti non è

affatto necessaria per riconoscere il senso delle azioni e delle intenzioni altrui, né è necessario imitare il gesto»

(V. Costa, Fenomenologia dell’intersoggettività. Empatia, socialità, cultura, Carocci, Milano 2010, p. 173). In particolare, Costa nota che anche se c’è comprensione di una azione attuata da un altro soggetto, ciò non significa che alla base ci sia una simulazione o imitazione del gesto altrui. Posso ad esempio comprendere come un cinese usa le bacchette per mangiare ma non essere in grado di usarli e quindi non avere l’attivazione neurale mimetica (Ivi, p. 174).

118

eventualmente di utilizzare una simile informazione per rispondere in modo appropriato».325 In questo caso la comprensione riguarderebbe la capacità di riconoscere pre-riflessivamente l’atto dell’altro. Come scrivono gli autori:

«[…] nel caso dei neuroni specchio lo stimolo visivo non è costituito da un oggetto o dai suoi movimenti, bensì dai movimenti compiuti da un altro individuo e oggettualmente correlati nel modo dell’afferrare, del tenere o del manipolare. Ma come gli oggetti, così tali movimenti assumono significato per chi li osserva in virtù del vocabolario d’atti di cui egli dispone e che ne regola le possibilità d’agire».326

Ma è proprio la capacità di rendere merito del passaggio dalla simulazione pre-riflessiva alla capacità di risposta differenziata ad uno stesso stimolo che chiama in causa alla base del meccanismo simulatorio il processo intenzionale di cooperazione. In tal senso, l’ipotesi meadiana riguardo all’evoluzione della comunicazione cosciente consente di rendere merito del meccanismo di simulazione pre-riflessivo, e in particolare del meccanismo inteso come un meccanismo automatico incorporato non intenzionale rivolto alla comprensione dei comportamenti e stati mentali degli altri. Ma post-ponendo il meccanismo imitativo al meccanismo cooperativo che chiama in causa la diretta interazione tra individui, e quindi la possibilità di risposte differenti, Mead rende merito dell’intreccio tra dimensione biologica e dimensione sociale. Ne risulta una possibile spiegazione della capacità comunicativa umana attraverso il condizionamento di canoni e strutture bio-sociali che affondano le proprie radici nei comportamenti sociali pre-linguistici – l’apprendimento dell’espressione delle emozioni rientra all’interno della dinamica di regole sociali.

In sintesi, nonostante le differenze terminologico-concettuali, crediamo che se Mead fosse stato al corrente della scoperta dei neuroni specchio al tempo in cui operava avrebbe sicuramente fatto propria l’ipotesi che certe aree del cervello servono a mettere in corrispondenza i movimenti compiuti da altri con i movimenti compiuti dall’osservatore.327 A questo riguardo, la stessa distinzione tra imitazione e cooperazione che Mead delinea nella critica alla teoria royceana della formazione del Sé viene ulteriormente confermata proprio dalle odierne scoperte in campo neuroscientifico: i neuroni specchio si rivelano parte di una

325

G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai, cit., p. 96.

326

Ibidem.

327

Cf. G. Rizzolatti, What Happened to Homo habilis? (Language and mirror neurons), in «Behavioral and Brain Sciences», 21, 1998.

119

funzione evolutivamente più originaria della semplice imitazione, essendo «alla base, prima ancora che dell’imitazione, del riconoscimento e della comprensione del significato degli

“eventi motori”, ossia degli atti, degli altri».328 Questo ci permette anche di rintracciare delle affinità con le più recenti ipotesi riguardanti la connessione tra origine del linguaggio e teoria della mente.

2.4.2. Dal gesto alla parola: le affinità con le recenti teorie evolutive del