• Non ci sono risultati.

la comprensione delle vicende umane nella cornice delle vicissitudini naturali Possiamo allora riconoscere nella «sapienza» dei pensatori arcaici ( sophía è espressione

Il modello milesio di ricerca

4. la comprensione delle vicende umane nella cornice delle vicissitudini naturali Possiamo allora riconoscere nella «sapienza» dei pensatori arcaici ( sophía è espressione

comprensiva ricalcata su sophói, termine con cui per lo più si indicavano quelle figure) un

progetto di spiegazione e sistematizzazione di tutte le cose a partire dalla loro origine, in un quadro d’insieme coerente e razionale, che doveva apparire, rispetto alla tradizione, critico (perché esplicativo e argomentativo) e provocatorio (in quanto non-convenzio- nale, nella sua intenzione di proporre una spiegazione adeguata del complesso dei feno- meni, spesso in conflitto con gli assunti dell’esperienza quotidiana).

D’altra parte, è bene ricordare, l’interesse cosmologico non sorse all’improvviso dal nulla, potendo reagire e talvolta appoggiarsi a concezioni popolari che duravano da secoli. Alcune di queste si possono intravedere nei poemi omerici ed esiodei.

sapienza arcaica

ricerca del principio di tutte le cose

determinazione dell’ordine del cosmo

spiegazione dei fenomeni celesti

inquadramento delle vicende umane

LA “SCUOLA” DI MILETO Intorno al 600 a.C. Mileto – una delle città dell’Asia Mino- re in cui, grazie alla favorevole posizione geografica e alle fiorenti attività economiche, si erano stabiliti fecondi rapporti tra i Greci e i popoli del Medio Oriente – era già un im- portante centro in espansione, che ferveva di traffici e in cui, con le merci, si scambiava- no naturalmente anche “beni culturali”.

Qui si sostiene sia sorta la prima “scuola” scientifico-filosofica, costituita da tre pen- satori che la tradizione posteriore ha presentato come i primi filosofi: Talete, Anassiman- dro e Anassimene. Il termine “scuola” è forse eccessivo: in base a quanto pervenuto fino a noi, non si può in effetti stabilire se essi abbiano formato una scuola in senso proprio ovvero se l’uno sia stato discepolo dell’altro; certo tutti e tre espressero significativamen- te almeno certi tratti di un preciso orientamento culturale.

TALETE Considerato dalla tradizione come uno dei sette sapienti, Talete (Mileto, 624- 545 a.C. circa) fu uomo di vasti interessi e attività, un genio multiforme: scienziato, consigliere politico per la città e maestro di vita per i suoi concittadini, tecnico militare, inventore, Talete incarna a tutti gli effetti il paradigma dell’antico sapiente, come sottoli- neato nelle testimonianze antiche:

«Questi [Talete] fu il primo a essere definito sapiente. Scoprì che l’eclissi di Sole è pro- dotta dalla Luna che gli corre sotto, e riconobbe l’Orsa minore e i solstizi e – primo tra i Greci – <determinò> la grandezza e la natura del Sole. Ma anche le cose animate <per lui> hanno un’anima, ciò desumendo dal magnete e dall’ambra. Sostenne che il prin- cipio degli elementi è l’acqua e che il cosmo è animato e pieno di dei. Fu cresciuto ed educato dai sacerdoti egiziani». (Esichio; DK 11 A3)

Una personalità complessa

26

Pr

ofilo

Non ci è dato stabilire se abbia effettivamente sostenuto le proprie tesi in un testo scritto: qualcuno gli attribuisce una Astronomia nautica; secondo altri avrebbe composto

anche Sul solstizio e Sull’equinozio (che potrebbero però essere parti dell’opera preceden-

te); non sappiamo neppure se il loro presunto contenuto fosse in prosa o in versi. Come politico, cercò di organizzare tra le città greche una confederazione difensiva con- tro i vicini Lidi e Persiani. La tradizione racconta anche, tuttavia, che in seguito fu a servi- zio di Creso – re dei Lidi – durante la guerra che questi condusse contro i Persiani di Ciro: Talete fece deviare il corso del fiume Halys per facilitare il passaggio dell’esercito lidio.

La sua proverbiale sapienza maturò probabilmente, come già si riconosceva nell’anti- chità, nel contatto con le vicine culture potamiche (egiziana e babilonese), da cui ricavò preziose conoscenze scientifiche. Una sapienza pubblicamente riconosciuta, che si sareb- be sostanziata anche in una serie eterogenea di massime di saggezza pratica, conservate in una cornice più o meno esplicitamente interrogativa:

«Interrogato su che cosa sia difficile, rispose: “Conoscere se stesso”; su che cosa sia facile: “Consigliare un altro”; su che cosa sia più piacevole: “Riuscire”; su che cosa sia il divino: “Ciò che non ha inizio né fine”; [...] su chi sia felice: “Chi è sano nel corpo, ricco nel- l’ani ma e nell’indole ben educato”». (Diogene Laerzio I, 36-37)

IL CONTRIBUTO SCIENTIFICO Il suo impegno scientifico (subordinato alle incombenze politiche) spaziava dalle osservazioni e previsioni in campo astronomico alle applica- zioni della geometria, utilizzate anche per risolvere problemi pratici (navigazione, mi- surazione ecc.), allo studio di fenomeni naturali, generali (animazione) e particolari (piene del Nilo).

Egli avrebbe introdotto, primo tra i Greci, il riferimento alla costellazione dell’Orsa Mi- nore per l’orientamento nautico (i navigatori greci si basavano allora invece sull’Orsa Maggiore), ispirandosi probabilmente a una prassi fenicia: una “scoperta” che implicava non solo un’utilità pratica (facilitando le rotte dei marinai), ma anche un affinamento dell’immagine del mondo, fissando più chiaramente i quattro punti cardinali e quindi definendo più stabilmente la cornice celeste.

D’altra parte, la sua attività astronomica (occupazione prestigiosa, tale da essere te- nuta a memoria nell’antichità) contribuì probabilmente a delineare coordinate generali per la misurazione del tempo:

«Puntiglioso indagatore della natura e osservatore molto esperto degli astri – scoprì con piccole linee grandi cose: il ciclo delle stagioni [...], il movimento delle stelle, [...] i corsi obliqui delle costellazioni, i ricorsi annuali del Sole». (Apuleio; DK 11 A19)

«Talete, dal canto suo, <scoprì> l’eclissi di sole e che il periodo dei solstizi di esso non è

sempre uguale». (Teone; DK 11 A17)

«Talete di Mileto fu il primo di tutti presso i Greci a investigare <la causa dell’eclissi> nell’anno quarto della quarantottesima olimpiade, avendo previsto l’eclissi di Sole che ebbe luogo durante il regno di Astiage, nell’anno 170 dalla fondazione di Roma [in

realtà 585 a.C.]». (Plinio; DK 11 A5)

L’osservazione sistematica della posizione solare, supportata da rilievi quantitativi, avrebbe consentito di scandirne l’andamento annuale (equinozi, solstizi) e determinarne i periodi in un unico schema cronologico (articolato probabilmente in quattro stagioni), Talete astronomo

27

Pr

ofilo

che poteva essere sfruttato per la previsione di eventi meteorologici (venti, tempeste e piogge) e in genere delle loro ripercussioni nella vita e nell’esperienza degli uomini. Alla luce degli interessi astronomici, non sorprenderanno le testimonianze circa le com- petenze e applicazioni di Talete in campo matematico, spesso collegate a una presunta dipendenza dalla cultura egizia. Se nel caso dell’astronomia, infatti, è probabile che l’os- servazione greca fosse debitrice nei confronti dell’area mesopotamica, almeno per l’in- troduzione di alcuni strumenti (gli orologi solari) e sistemi di calcolo, per la geometria già la tradizione antica individuava in Egitto l’originaria matrice della scienza che i Greci avrebbero poi sviluppato. Talete è comunque il primo autore cui si attribuiscano specifi- che proposizioni matematiche:

«Si dice che Talete per primo abbia dimostrato che il diametro divida a metà il cerchio. Si deve all’antico Talete – tra le altre cose – anche la scoperta di questo teorema; si dice, infatti, che egli per primo abbia conosciuto e affermato che gli angoli alla base di ogni trian- golo isoscele sono uguali, ma, nella sua lingua piuttosto arcaica, chiamò uguali i simili. Questo teorema dunque mostra che gli angoli al vertice formati da due rette che si inter- secano sono uguali è stato scoperto per primo da Talete, come afferma Eudemo.

Eudemo, nelle Ricerche geometriche, attribuisce a Talete questo teorema [identità dei

triangoli che hanno un lato e gli angoli adiacenti uguali]. Sostiene, in effetti, che il me- todo con cui mostrava la distanza delle navi in mare rendeva necessario servirsi di esso».

(Proclo; DK 11 A20)

Come rivela la conclusione della testimonianza, la tradizione ha registrato l’originale applicazione pratica delle conoscenze geometriche attribuite al Milesio:

«Talete milesio scoprì come calcolare la misura dell’altezza <delle piramidi>, misu- randone l’ombra quando essa risulta essere pari al corpo <che la proietta>».

(Plinio; DK 11 A21)

Il ragionamento che si intravede appare affatto empirico: forse è proprio partendo dall’interesse per la soluzione di problemi pratici che Talete giunse alla formulazione di qualche ipotesi generale. Ragionando sulle figure geometriche egli avrebbe elaborato pro- posizioni di valore universale, simili a teoremi, anche se dobbiamo considerare l’ipotesi che i suoi meriti non andassero al di là di qualche intelligente sviluppo o applicazione di conoscenze “importate”.

Talete non può, per esempio, aver dimostrato il teorema sul fascio di rette parallele ta- gliate da due trasversali che porta il suo nome; tale dimostrazione, infatti, si basa sulla teoria generale delle proporzioni che fu razionalmente sistematizzata solo nei secoli suc- cessivi da Eudosso. Allo stesso modo, per la predizione dell’eclissi di sole del 585 a.C., che tanta celebrità gli guadagnò fra i contemporanei, è possibile che egli utilizzasse le tavole su cui gli astronomi caldei avevano fissato da tempo i periodi delle eclissi solari e lunari.

IL PRIMO FILOSOFO Talete fu considerato da Aristotele il primo dei filosofi per aver so- stenuto e argomentato che «principio» di tutte le cose è l’acqua [ T1]. Il valore filosofico dell’affermazione consisteva nel ricondurre a un unico principio tutti i fenomeni della natura. Tuttavia non è chiaro, sempre che effettivamente Talete abbia sostenuto tale tesi, in quale senso essa debba essere intesa: il linguaggio impiegato da Aristotele è quello tec- nico della sua produzione scientifica e le fonti attestano che i termini principio (arché ) ed

Talete matematico L’acqua principio unico Le origini della filosofia T1

28

Pr

ofilo

elemento (stoichêion) furono in realtà introdotti in seguito. Egli attribuisce esplicitamen- te a Talete solo la tesi «la terra è sull’acqua» – che appare in effetti aver radici in un’evi- denza empirica –, sottolineandone la dipendenza dalla concezione dell’acqua come natu- ra originaria (phýsis): dall’acqua la terra sarebbe emersa e sopra l’acqua essa sussisterebbe. Forse, come ricostruisce Aristotele, l’acqua fu indicata come matrice di tutti gli enti per il suo ruolo essenziale nella vita e per la diffusione dell’umidità nei semi di tutte le cose. In questo senso essa potrebbe essere stata assunta come stato originario da cui avrebbero avuto «inizio» tutte le cose, senza implicare che esse siano immediatamente acqua (cioè che essa ne sia principio costitutivo).

«TUTTO È PIENO DI DEI» Per un certo aspetto – come ancora osserva Aristotele – la con- cezione di Talete è vicina ai miti delle cosmogonie di Omero e di Esiodo, che parlano di Oceano come «padre di tutte le cose». D’altra parte Talete avrebbe anche affermato che «tutto è pieno di dei», cioè che tutta la natura è animata e vivente (dottrina cui si dà il no- me di ilozoismo, dal greco hýle “materia” e záo “vivere”), portando a riprova di tale affer- mazione il fatto che la calamita, apparentemente inanimata, attrae a sé i metalli. In ogni caso, è notevole il fatto che Talete cercasse la spiegazione unitaria del cosmo non in una forza divina personale – come registriamo nelle precedenti teogonie – bensì in un ele- mento naturale, ancorché dotato di proprietà divine (animazione, vita, incorruttibilità), quale è appunto l’acqua, cui era possibile ricondurre i fenomeni dell’esperienza.

principio di tutte le cose acqua

tutto è animato

spiegazione unitaria del cosmo

ruolo dell’evidenza empirica

ANASSIMANDRO Anche Anassimandro (Mileto, 610-546 a.C. circa) fu uomo di mol- teplici attività e interessi, figura complessa come quella del concittadino Talete, di cui, ci ricorda Teofrasto, fu «successore e discepolo». Come Talete fu punto di riferimento po- litico per la città, guidando la colonia milesia di Apollonia Pontica. La tradizione più antica attesta una comunanza di ricerca con Talete in ambito matematico e astrono- mico, e nella produzione di strumenti di osservazione e misura: Anassimandro avrebbe messo a punto un orologio solare, impiegando lo gnomone – una squadra utilizzata co- me meridiana – per determinare l’altezza stagionale e la posizione quotidiana del Sole, collegando probabilmente la conseguente individuazione di solstizi ed equinozi a precise convinzioni circa la struttura del cosmo. Per rappresentarla, avrebbe infatti ideato e co- struito anche una “sfera” (sphaîra), un globo celeste, anche nel tentativo, forse, di defi- nire le dimensioni lineari delle sue componenti fondamentali (Terra, Luna, Sole, stelle). Ilozoismo

Interessi scientifici

Elemento Il termine stoichêion, tecnico nell’ambito

della ricerca aristotelica e in quella successiva (Euclide), designava in origine la lettera o il carattere, in quanto componente della sillaba. Prendendo spunto dal nesso lettera-sillaba, il termine fu utilizzato da Aristotele nella propria ricostruzione della tradizione di pensiero preso- cratica per indicare le componenti fondamentali che co- stituiscono un ente, ulteriormente irriducibili (indivisibili

in ulteriori specie). In questo senso, mentre principi e cau- se possono essere anche esterni a ciò di cui sono causa e principio, l’elemento è sempre costitutivo immanente. Per Aristotele rivestono un ruolo essenziale per la spiega- zione del mondo fisico i cosiddetti quattro elementi, risul- tato dell’incrocio delle quattro contrarietà fondamentali (caldo-freddo, secco-umido): acqua (freddo umido), aria (caldo umido), terra (freddo secco) e fuoco (caldo secco).

29

Pr

ofilo

Entro tale cornice avrebbe trovato posto la speculazione sull’origine di tutte le cose, espo- sta in un trattato dal titolo (che potrebbe non essere genuino) Sulla natura. Si trat- ta della prima pubblicazione di carattere “scientifico” di cui sia conservato un (breve) frammento, e mostra quanto ampio fosse ormai l’interesse per il sapere: un interesse non solo teorico, ma anche pratico, legato probabilmente all’attività nautica dei Milesi. Anas- simandro raccolse infatti elementi anche per la composizione di un atlante, tracciando una mappa del mondo abitato: un oggetto nuovo, a metà tra testo e immagine, capace di evidenziare l’insieme della superficie terrestre e le sue articolazioni spaziali, in cui la pratica della geometria doveva risultare essenziale. Esso fu poi aggiornato da Ecateo (Mileto, 560-480 a.C. circa), nella Periegesi della Terra.

L’ÁPEIRON Secondo quanto riferisce Aristotele, Anassimandro comprese che il «prin- cipio» di tutte le cose (il termine arché, “inizio”, sarebbe stato introdotto nell’indagine della natura proprio da lui), per dar ragione della continua generazione di una molte- plicità di enti e fenomeni diversi, non poteva essere un elemento determinato, come appunto l’acqua di Talete, ma qualcosa di illimitato, inesauribile e completamente indeterminato, indicato come ápeiron (termine che riassume quei valori). In questo Una mappa

del mondo

Il principio

I frammenti delle ope- re filosofiche più anti- che e le testimonianze relative ai loro autori furono catalogati nel 1903 dal filologo tedesco Her- mann Diels in una raccolta intitolata Frammenti dei

presocratici, e poi aggiornati in collaborazione con

Walther Kranz (anch’egli filologo); da qui la sigla DK che, nella loro edizione canonica, indica la posi- zione dell’autore (con un numero progressivo) e del materiale (A seguito da un numero progressivo per le testimonianze; B seguito da un numero progres- sivo per i frammenti). Per esempio nella scritta DK 12 A1 la A indica che si tratta di una testimonianza, mentre il numero 12 identifica l’autore (Anassiman- dro in questo caso); in DK 28 B1 la B ci dice che si tratta di un frammento. Le ricerche più recenti sulla tradizione di questo materiale sono giunte schemati- camente a individuarne le seguenti fonti:

1.le prime collazioni di testi dei filosofi del VI-V se-

colo a.C. risalirebbero alla seconda metà del V se- colo a.C. e sarebbero da attribuire ai sofisti Ippia, che avrebbe approntato una selezione per temi, e Gorgia, che invece avrebbe disposto il materiale per contrapposizioni teoriche;

2.da questo originario lavoro di collazione dipen-

derebbero Platone e Aristotele, che avrebbero comunque avuto modo di consultare direttamen- te una parte delle opere attribuite ai primi filosofi (Aristotele sarebbe anche autore di monografie su alcuni di essi) e quindi costituiscono fonti au- tonome; è stata in ogni modo espressa l’opinione che gli schemi sofistici abbiano condizionato la loro lettura;

3.ai discepoli di Aristotele Eudemo, Menone, e so-

prattutto Teofrasto si dovrebbe un esteso lavoro di indagine sulla tradizione più antica. Il risultato più significativo di tale sforzo sarebbero le Opi-

nioni dei fisici di Teofrasto, scelta sistematica di

tesi filosofiche organizzate per problemi, dive- nute nella successiva storia delle fonti un riferi- mento essenziale; il commentatore aristotelico Simplicio (VI secolo d.C.) le terrà ampiamente in considerazione, fornendoci abbondanti informa- zioni ed estratti dei filosofi antichi;

4.a partire dal materiale teofrasteo è probabile che

cominciasse già in età ellenistica un lavoro di sin- tesi e riesposizione – per lo più sempre per temi e problemi – che sarebbe culminato nella raccolta attribuita ad Aetius (I secolo d.C.), a sua volta alla base di due fondamentali selezioni: le Opinioni

dei filosofi attribuite allo Pseudo-Plutarco (II seco-

lo d.C.) e le Selezioni di filosofia naturale attribu- ite a Stobaeus (V secolo d.C.);

5.in età ellenistica si era anche sviluppato un altro

genere letterario afferente alla filosofia arcaica: quello delle successioni (diadochâi), intese a stabilire tradizioni di pensiero, relazioni di dipen- denza teorica tra filosofi. Questo genere si intrec- ciò con la raccolta di tesi e punti di vista delle Vite

e opinioni dei filosofi di Diogene Laerzio (III se-

colo d.C.), che, in modo a volte confuso, intreccia- va biografie, successioni filosofiche e cronologie;

6.a partire dal II-III secolo d.C. si origina una tra-

dizione di analisi critiche delle opinioni dei pen- satori greci da parte di studiosi cristiani, come il vescovo di Roma Ippolito, nel primo libro del suo

Rifiuto di tutte le eresie (II-III secolo d.C.). LE FONTI

30

Pr

ofilo

senso egli avrebbe adottato un unico fattore esplicativo: una natura primordiale sostan- zialmente amorfa e proteiforme, tale cioè da potersi facilmente trasformare negli ele- menti (acqua, aria, terra, fuoco) coinvolti nei processi di formazione e strutturazione del- l’uni verso. origine indeterminata ápeiron universo elementi determinati cose

È incerto nelle testimonianze se tale principio – l’ápeiron – fosse per Anassimandro una miscela di componenti elementari da cui avrebbero tratto origine poi le singole cose ovvero una realtà diversa, intermedia tra gli elementi conosciuti, da cui essi sareb- bero poi scaturiti: in ogni caso egli delineò su questo fondamento la prima rudimentale teoria evoluzionistica (una teoria cioè che considera la natura come sottoposta a trasfor- mazioni da uno stato meno determinato ad altri via via più determinati):

«Anassimandro ... sostenne che nell’ápeiron risiede l’intera causa della generazione e della dissoluzione dell’universo, e da quello, invero, afferma che si siano separati tutti i cieli e in generale tutti i mondi, che sono infiniti. Disse anche che la dissoluzione, e molto prima la generazione, hanno luogo da tempo infinito, ripetendosi tutte queste cose ciclicamente. Per quanto riguarda la figura, egli dice che la Terra è di forma cilin- drica, e ha un’altezza che sarebbe un terzo della sua larghezza. Sostiene anche che ciò che, derivato dall’eterno, è produttivo di caldo e freddo fu separato alla generazione di questo mondo, e da esso una sfera di fiamma si sviluppò intorno all’aria che circonda la Terra, come la scorza intorno all’albero. Essendosi questa <sfera> spezzata e <i suoi frammenti> racchiusi in certi cerchi, si formarono il Sole, la Luna e gli astri».

(Pseudo-Plutarco; DK 12 A10)

È chiaro, dalla testimonianza, quanto ardito fosse il disegno del Milesio: all’inesauribile vitalità e produttività dell’originaria natura infinita, infatti, egli riconduceva la genera- zione di mondi infiniti, sebbene i contorni della notizia non risultino del tutto perspi- cui relativamente al significato di quella infinità. Infinito succedersi di un numero fini- to di mondi o compresenza di un numero infinito di mondi? In ogni caso, essi risultano coinvolti in processi di generazione e corruzione e quindi irrimediabilmente segnati dalla vicissitudine di nascita e morte, come tutti gli altri enti.

moto originario

ápeiron formazione di mondi distruzione di mondi

LA COSMOGONIA Il cosmo (ogni singolo cosmo) sarebbe scaturito, a partire dal l’ápeiron – dall’infinito, indeterminato qualitativamente e quantitativamente, ingenerato e incor- ruttibile, eternamente in movimento –, attraverso un processo scandito in quattro sta- di essenziali.

1.A un certo punto, probabilmente come conseguenza di un movimento vorticoso,